Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4553 del 24/02/2011

Cassazione civile sez. I, 24/02/2011, (ud. 26/01/2011, dep. 24/02/2011), n.4553

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.P.A. (C.F./P.I. (OMISSIS)), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA C. MONTEVERDI 16, presso l’avvocato CONSOLO

GIUSEPPE, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO N. (OMISSIS) DELLA E.C.A. S.P.A. IN LIQUIDAZIONE

(C.F.

(OMISSIS)), in persona del Curatore Avv. V.A.M.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA RUFFINI 2/A, presso l’avvocato

MOSCHESE PATRIZIA, che lo rappresenta e difende, giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1728/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 18/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/01/2011 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato G. RUGGIERI, per delega, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato P. MOSCHESE che ha chiesto

il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta che ha concluso per l’accoglimento del secondo

motivo, rigetto del primo assorbito il terzo motivo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 20897, depositata il 24 maggio 2002, il Tribunale di Roma rigettava la domanda del Fallimento della s.p.a. E.C.A. in liquidazione (dichiarato il 19 aprile 1995) nei confronti della Banca Monte dei Paschi di Siena per la revoca, ai sensi della L. Fall., art. 67, comma 2, del pagamento della somma di L. 100.000.000 ricevuto in conto di maggior credito in data 22 novembre 1994.

Avverso tale sentenza, con atto di appello notificato il 4 dicembre 2002, proponeva impugnazione il Fallimento chiedendone la riforma per l’unico sostanziale motivo dell’erronea valutazione delle condizioni di legge legittimanti l’accoglimento della proposta azione revocatoria.

Nel costituirsi la banca appellata si opponeva alle avverse pretese chiedendone il rigetto sostenendo la bontà del decisum di prime cure.

La Corte d’appello di Roma, con sentenza 1728/05, accoglieva l’appello e, in riforma della sentenza di primo grado, condannava il Montepaschi alla restituzione di Euro 51,645,69 oltre interessi legali dalla domanda ritenendo che, nel caso di specie, si era verificato un pagamento effettuato dal terzo tramite versamento sul conto corrente del debitore e che detto versamento non fosse revocabile.

Avverso detta sentenza ricorre per cassazione il Montepaschi sulla base di tre motivi cui resiste con controricorso, illustrato con memoria, il fallimento che ha depositato altresì note d’udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La banca ricorrente deduce con il primo motivo di ricorso la violazione dell’art 112 c.p.c., per avere la sentenza ritenuto il pagamento effettuato dal B. come il pagamento di un terzo senza avere tenuto conto che lo stesso era invece il fideiussore della società poi fallita.

Con il secondo motivo deduce l’erroneità della decisione poichè il fideiussore che paga un debito dell’imprenditore successivamente fallito adempie una obbligazione propria non suscettibile di revocatoria e contesta, comunque, la sentenza laddove ha ritenuto che il pagamento effettuato dal terzo tramite versamento sul conto corrente del debitore non fosse revocabile.

Con il terzo motivo contesta la ritenuta conoscenza dello stato d’insolvenza.

Il primo motivo del ricorso è infondato.

La sentenza impugnata da come pacifico tra le parti e basato su documentazione non contestata dall’istituto bancario che il 10 novembre 1994 venne versato sul conto corrente presso l’agenzia 12 del Monte dei paschi intestato alla società ECA l’assegno circolare dell’importo di L. 100 milioni all’ordine di B.M..

Con il motivo in esame la Banca ricorrente contesta tale affermazione come erronea ed ultra petita, sostenendo che il versamento non avvenne in conto corrente ma per cassa e che il fallimento si era limitato a chiedere la revoca del pagamento.

Invero in base alle argomentazioni della stessa ricorrente deve escludersi l’esistenza del vizio di ultra petizione. La domanda del fallimento era infatti quella di revocatoria del pagamento di L. 100 milioni; le modalità con cui detto pagamento sia intervenuto (su conto corrente, per cassa, tramite assegno, per contanti etc.) rientrano tutte nella domanda proposta e possono costituire oggetto di accertamento da parte del giudice senza che nel far ciò vada ultra petita.

Venendo all’esame del secondo motivo, ritiene la Corte di dovere esaminare per prima quella parte in cui si censura direttamente la motivazione della sentenza impugnata laddove questa ha ritenuto che il pagamento effettuato da un terzo tramite versamento sul conto corrente del debitore non fosse suscettibile di revocatoria.

La doglianza è fondata.

L’affermazione della Corte d’appello, secondo cui “il diaframma del rapporto di conto corrente nel quale il versamento del terzo è attratto” fa sì che il versamento stesso deve essere equiparato a quello effettuato dallo stesso correntista fallita ed è pertanto revocabile, contrasta, infatti, con l’orientamento giurisprudenziale in più occasioni affermato da questa Corte secondo cui la rimessa effettuata da un terzo sul conto corrente dell’imprenditore, poi dichiarato fallito, non esclude automaticamente la possibilità di conseguenze pregiudizievoli per i creditori, in quanto la non revocabilità del pagamento del terzo è subordinata alla duplice condizione che questo non sia stato eseguito con denaro del fallito e che il terzo, utilizzatore di somme proprie, non abbia proposto azione di rivalsa verso l’imprenditore prima della dichiarazione di fallimento. (Cass 27390/05; Cass. 9504/98; Cass. 4040/96; Cass. 2899/94; Cass. 1785/89). A dette condizioni impeditive deve aggiungersi quella che il terzo non abbia effettuato il pagamento per adempiere ad un debito proprio. (Cass. sez. un 16874/05).

Nel caso di specie dunque, la Corte d’appello, al fine di escludere la revocabilità del versamento, avrebbe dovuto accertare se questo era stato effettuato con denaro del fallito o se il terzo si era successivamente rivalso nei confronti del debitore poi fallito ovvero avesse adempiuto ad una propria obbligazione anche come garante.

La mancanza di tale accertamento impone la cassazione della decisione.

Restano assorbiti il terzo motivo nonchè la prima doglianza contenuta nel secondo motivo, poichè nel rivalutare la controversia alla luce del principio dianzi enunciato, il giudice del rinvio dovrà anche esaminare, ove necessario, se il pagamento del ricorrente sia stato effettuato nella sua qualità di fideiussore traendone, in caso di accertamento positivo, le conseguenze del caso.

Il ricorso va, pertanto, accolto nei termini di cui in motivazione.

La sentenza impugnata va di conseguenza cassata con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione,che si atterrà nel decidere al principio di diritto dianzi enunciato e che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2011

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