Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4552 del 11/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 11/02/2022, (ud. 16/09/2021, dep. 11/02/2022), n.4552

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4385/2020 R.G. proposto da:

FALLIMENTO (OMISSIS) SNC, rappresentato e difeso dall’Avv. RIBAUDO

SEBASTIANO, con domicilio eletto in ROMA, VIA LUCREZIO CARO, 62,

presso lo studio dell’Avv.;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, rappresentato e difeso dall’Avv. JOUVENAL

DANIELA, con domicilio eletto in ROMA, PIAZZA DI PIETRA 26, presso

il suo studio;

– controricorrente –

avverso il decreto del Tribunale di Bergamo del 23/12/2019;

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 16/09/2021

dal Consigliere Mauro Di Marzio.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. – Il Fallimento (OMISSIS) S.n.c. ricorre per un mezzo, illustrato da memoria, nei confronti del Fallimento (OMISSIS) S.r.l., contro il decreto del 23 dicembre 2019 con cui il Tribunale di Bergamo, provvedendo in accoglimento dell’opposizione allo stato passivo da quest’ultimo Fallimento proposta, ha disposto l’ammissione allo stato passivo del Fallimento odierno ricorrente per l’importo di Euro 32.000,00, in prededuzione, regolando di conseguenza le spese di lite.

2. – Ha osservato il Tribunale:

-) con atto del (OMISSIS) R.G. e Ro.Gu., in veste di soci illimitatamente responsabili della società (OMISSIS) S.n.c., avevano venduto taluni immobili a (OMISSIS) S.r.l., percependo un acconto sul prezzo di Euro 32.000,00;

-) (OMISSIS) S.n.c. era fallita il (OMISSIS);

-) il 17 marzo 2016 il Fallimento (OMISSIS) S.n.c. aveva stipulato con (OMISSIS) S.r.l. un atto di scioglimento consensuale del precedente contratto di vendita, in dipendenza del quale gli immobili erano divenuti di piena proprietà del Fallimento menzionato;

-) (OMISSIS) S.r.l., in seguito anch’essa fallita, si era insinuata al passivo fallimentare per l’importo pagato a titolo di acconto sul prezzo, ossia per Euro 32.000,00, in prededuzione;

-) il giudice delegato aveva ritenuto che il credito fatto valere avesse natura concorsuale e fosse compensato con controcrediti del Fallimento (OMISSIS) S.n.c.;

-) il Fallimento (OMISSIS) S.r.l. aveva proposto opposizione allo stato passivo;

-) la L. Fall., art. 72, che consente al curatore di sciogliersi dai contratti non compiutamente eseguiti da entrambe le parti non è applicabile nel caso per cui è causa, in quanto L. Fall., detto art. 72, fa salvo il caso dei contratti ad effetti reali in cui sia già avvenuto il trasferimento del diritto, e le parti avevano stipulato (non un contratto preliminare di vendita, ma) una compravendita immobiliare, con la quale era stata immediatamente trasferita la proprietà del bene;

-) con l’atto notarile di mutuo dissenso del (OMISSIS) le parti avevano invece assunto obbligazioni nuove, seppure collegate a quelle del precedente contratto di vendita;

-) in tema di risoluzione consensuale del contratto, il mutuo dissenso, realizzando per concorde volontà delle parti la ritrattazione bilaterale del negozio, dà vita a un nuovo contratto, di natura solutoria e liberatoria, con contenuto eguale e contrario a quello del contratto originario; pertanto, dopo lo scioglimento, le parti non possono proporre domande ed eccezioni relative al contratto risolto, né possono invocare cause di risoluzione per inadempimento relative al contratto risolto, giacché ogni pretesa o eccezione può essere fondata esclusivamente sul contratto solutorio e non su quello estinto;

-) pertanto la fonte della obbligazione restitutoria dell’acconto di prezzo di Euro 32.000,00 a suo tempo versato dalla società era da rivenirsi non tanto nell’originario contratto di compravendita, quanto piuttosto nel contratto di mutuo dissenso stipulato dal curatore del Fallimento (OMISSIS) S.n.c., con la conseguenza che il diritto alla restituzione dell’acconto di prezzo di Euro 32.000,00 a favore del Fallimento (OMISSIS) s.r.l. era credito prededuttivo, perché sorto in occasione ed in funzione del Fallimento, come stabilito dalla L. Fall., art. 111, sicché la natura prededucibile del credito vantato dal Fallimento (OMISSIS) s.r.l. escludeva in radice l’operatività dell’art. 56 L.F., cosicché il credito non poteva essere compensato con controcrediti vantati dal Fallimento (OMISSIS) S.n.c..

3. – Il Fallimento (OMISSIS) S.r.l. resiste con controricorso e deposita memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. – L’unico mezzo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1372 c.c., e della L. Fall., art. 111, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, censurando la sentenza impugnata per aver richiamato un principio affermato dalla giurisprudenza di questa Corte senza intenderne il significato, e cioè senza avvedersi che l’obbligazione di restituzione dell’acconto sul prezzo, per l’importo di Euro 32.000,00, non poteva essere nata, secondo un inesistente automatismo, dalla stipulazione del contratto di scioglimento per mutuo consenso, ma richiedeva un’apposita pattuizione, nel caso di specie mancante.

Ritenuto che:

5. – Il Fallimento controricorrente formula eccezione di inammissibilità del ricorso “perché l’esistenza e consistenza del credito è circostanza coperta da giudicato: non avendo formato oggetto del giudizio di opposizione allo stato passivo, ove si è discusso della sola natura, (prededucibile o meno) del credito, non può essere rimessa in discussione” (così nella memoria illustrativa). L’eccezione è però destituita di fondamento.

Il Fallimento (OMISSIS) S.r.l. ha insinuato il proprio preteso credito, che il giudice delegato non ha ammesso, sicché lo stesso Fallimento ha opposto lo stato passivo, ottenendo la pronuncia a sé favorevole, che il Fallimento (OMISSIS) S.n.c. ha impugnato in questa sede: il che rende palese che la statuizione adottata dal Tribunale in sede di opposizione, essendo stata impugnata, avuto riguardo al precetto dettato dall’art. 324 c.p.c., non può essere, ovviamente, passata in giudicato. Ne’ rileva che il giudice delegato abbia denegato l’ammissione per aver ritenuto che il credito del creditore insinuatosi fosse compensato con controcredito dell’altro fallimento: il giudicato, difatti, si forma sulla sussistenza del diritto in contesa, non sulla motivazione che il giudice adduce per riconoscerlo o negarlo, il che sta alla base, ad esempio, del consolidato orientamento secondo cui il vincitore non può impugnare per dolersi dell’erroneità della motivazione (tra le tante Cass. 7 aprile 2015, n. 6894).

Può supporsi che il Fallimento controricorrente, nello spiegare l’eccezione di giudicato, come si è appena visto errata, abbia in realtà inteso dolersi di un diverso aspetto, e cioè del fatto che l’altro Fallimento non aveva svolto, in sede di merito, la tesi giuridica che ha invece prospettato in questa sede: ma anche in tale prospettiva l’eccezione non coglie nel segno, dal momento che la tesi qui proposta altro non è che una replica all’inquadramento della questione data dal Tribunale, laddove ha ritenuto che la fonte del credito del Fallimento (OMISSIS) S.r.l. fosse da individuare non tanto nell’originario contratto di compravendita, quanto nel contratto di mutuo dissenso; replica certamente consentita, sol che si consideri che nel giudizio di legittimità è preclusa la proposizione di nuove questioni di diritto solo quando esse presuppongano o comunque richiedano nuovi accertamenti o apprezzamenti di fatto, mentre deve ritenersi consentito dedurre per la prima volta in tale sede questioni di diritto che lascino immutati i termini, in fatto, della controversia così come accertati e considerati dal giudice del merito (tra le tante Cass. 14 ottobre 2005, n. 20005).

6. – Il ricorso è manifestamente fondato.

6.1. – E’ cosa nota che la previsione dell’art. 1372 c.c., comma 1, secondo periodo, secondo cui il contratto, intendendosi con ciò il rapporto contrattuale, può essere “sciolto… per mutuo consenso”, o, secondo una formula suggerita dalla dottrina ed invalsa nella pratica, probabilmente senza che ne sia sempre intesa l’implicazione, per mutuo dissenso.

Ora, il congegno di funzionamento dello scioglimento per mutuo consenso è oggetto di dibattito in dottrina, e ciò con particolare riguardo al tema della sua applicabilità ai contratti ad effetti reali. In breve, ed in modo semplificato, può dirsi che, secondo una parte della dottrina, la quale pone l’accento sull’assonanza tra la nozione di “scioglimento” ed il sinonimo “risoluzione”, lo scioglimento per mutuo consenso possiederebbe una connotazione di naturale retroattività, rapportabile, secondo costruzioni dogmatiche non sempre coincidenti, a quella contemplata dall’art. 1458 c.c.; secondo altri, scioglimento per mutuo consenso (configurabile in relazione a qualunque contratto, una volta che le parti ritengano che esso non soddisfi più i loro interessi) e risoluzione (configurabile nei contratti sinallagmatici, in presenza delle condizioni previste dalla legge, ossia per inadempimento, impossibilità sopravvenuta e eccessiva onerosità) non sarebbero sovrapponibili, ed in particolare il mutuo consenso, per quanto attiene allo scioglimento dei contratti ad effetti reali, andrebbe ricostruito come contrarius actus, operante ex nunc, fatta salva la diversa volontà delle parti, nella materia sovrana, con il limite ovviamente della tutela dei terzi.

In proposito, questa Corte ha stabilmente aderito a quest’ultimo orientamento.

E cioè, muovendo dalla premessa che nei contratti ad effetti reali, detti effetti si sono ormai realizzati, almeno di regola, con la stipulazione, si ritiene che essi non possono essere rimossi con il mutuo consenso, in virtù della sua naturale efficacia retroattiva, ma solo attraverso un apposito, per così dire, “contronegozio”, i.e., in caso di vendita, di una “retrovendita”, un contrarius actus a mezzo del quale si crea un nuovo rapporto contrattuale in cui il dante causa assume la posizione di avente causa e viceversa per l’altro contraente, nuova pattuizione che, tendenzialmente, ridefinisce integralmente i rapporti tra le parti.

E’ in tale prospettiva che si spiega l’inveterata affermazione secondo cui: “Lo scioglimento per mutuo consenso di un contratto di trasferimento della proprietà immobiliare, per la conclusione del quale è richiesta la forma scritta ad substantiam ex art. 1350 c.c., n. 1, deve anch’esso risultare da atto scritto, perché per effetto dello scioglimento si opera un nuovo trasferimento della proprietà al precedente proprietario” (Cass. 7 marzo 1997, n. 2040; Cass. 15 maggio 1998, n. 4906; Cass. 14 aprile 2011, n. 8504: non occorre riandare ulteriormente indietro nel tempo, al fine di evidenziare che la stessa massima è ben più remota). E nella stessa prospettiva è formulata l’affermazione di principio che segue: “Devesi tener presente al riguardo che, per principio generale, il negozio risolutorio ha per sua natura efficacia ex nunc, nel senso che da esso deriva la caducazione delle obbligazioni scaturenti dal contratto originario relative alla prosecuzione del rapporto, onde, in ordine al mancato adempimento delle prestazioni ulteriori previste, non può configurarsi responsabilità contrattuale per omissione: invece, nessun effetto liberatorio esplica il negozio risolutorio in ordine ad altri eventuali aspetti di responsabilità per un corretto adempimento delle prestazioni già eseguite o per danni cagionati da comportamenti accessori, in cui alcuna delle parti possa incorrere nell’esecuzione dello stesso accordo risolutorio; ferma restando ovviamente la possibilità per le parti di prevedere, nell’esercizio della loro autonomia contrattuale, l’estensione dell’effetto liberatorio dell’accordo risolutorio ad altri titoli di responsabilità, al di là dei limiti suindicati ad esso connaturali. Orbene, la già ricordata affermazione, da parte della Corte territoriale del “carattere liberatorio rispetto a pregresse inadempienze della parte”, nei termini generali in cui riceve espressione, si palesa non solo in se stessa confliggente con i principi teste enunciati, ma altresì incompatibile con il riconoscimento della efficacia ex nunc da cui è immediatamente preceduta in un contesto argomentativo che vorrebbe essere di reductio della fatti specie a una costruzione dogmatica di carattere generale e che risulta invece insanabilmente contraddittorio” (Cass. 6 agosto 1997, n. 7270; tale la massima ripresa da Cass. 30 agosto 2005, n. 17503, e quindi da Cass. 31 ottobre 2019, n. 27999, citate anche dal decreto impugnato). In breve: “La risoluzione del contratto per mutuo dissenso costituisce un caso di ritrattazione bilaterale del contratto con la conclusione di un nuovo negozio uguale e contrario a quello da risolvere. La efficacia della risoluzione per mutuo dissenso, come avviene normalmente per ogni contratto, decorre ex nunc. Nei contratti ad esecuzione continuata o periodica la risoluzione per mutuo dissenso non pregiudica le prestazioni già eseguite” (Cass. 10 marzo 1966, n. 683).

Ebbene, non ha bisogno di essere ulteriormente evidenziato che, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte, se lo scioglimento per mutuo consenso opera ex nunc, esso non può essere naturalmente retroattivo, e far sorgere, attraverso un automatismo che il dato normativo non contempla, obblighi restitutori la cui regolamentazione è rimessa alla volontà delle parti, a seconda dei loro interessi e della peculiarità della vicenda contrattuale di volta in volta creatasi.

6.2. – Ciò detto, occorre considerare che, nel caso di specie, il Tribunale non ha desunto l’obbligazione dell’istituto dall’analisi del contenuto del contratto di scioglimento del vincolo, ma sembra aver ritenuto, seppur confusamente, che lo scioglimento comportasse ex se il sorgere dell’obbligazione restitutoria.

Così stando le cose, ha errato il Tribunale nel far discendere l’obbligo di restituzione dell’acconto (che per la verità è pacificamente quantificato in Euro 32.000, ma in realtà sembra fosse stato in effetti corrisposto nell’importo di Euro 32.500) dallo scioglimento del contratto per mutuo consenso, in sé considerato, peraltro in patente contraddizione con la riferita considerazione secondo cui “il mutuo dissenso, realizzando per concorde volontà delle parti la ritrattazione bilaterale del negozio, dà vita a un nuovo contratto”, mentre avrebbe dovuto scrutinare il contenuto dell’atto a mezzo del quale le parti avevano stipulato l’accordo risolutorio, al fine di verificare se la restituzione dell’acconto fosse o non fosse stata convenuta.

7. – Il decreto impugnato è cassato e rinviato per nuovo esame al Tribunale di Bergamo, il quale si atterrà a quanto dianzi indicato e provvederà anche sulle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia anche per le

spese al Tribunale di Bergamo in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 16 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2022

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