Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4551 del 22/02/2017

Cassazione civile, sez. VI, 22/02/2017,  n. 4551

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1464/2016 proposto da:

A.D., A.S., AL.DA.,

A.A., A.P., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA L.

DENZA 15, presso lo studio dell’avvocato STEFANO MASTROLILLI,

rappresentati e difesi unitamente e disgiuntamente dagli avvocati

ANDREA DI MICCO e MAURIZIO TAMBURINI;

– ricorrenti –

contro

– C.P., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALI

CLODIO 56, presso lo studio dell’avvocato SIMONITTA ABBONDANZIERI,

rappresentato e difeso dall’avvocato PATRIZIO CITTADINI;

– R.F., elettivamente domiciliato in ROMA, CLODIO 56,

presso lo studio dell’avvocato SIMONETTA ABBONDANZIERI rappresentato

e difeso dall’avvocato PATRIZIO CITTADINI;

– R.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE

CLODIO 56, presso lo studio dell’avvocato SIMONETTA ABBONDANZIERI,

rappresentato e difeso dall’avvocato PATRIZIO CITTADINI;

– controricorrenti –

e contro

GENERALI ITALIA S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del procuratore

speciale elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 35

presso lo studio dell’avvocato MARCO VINCENTI che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7557/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 10/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. ENRICO

SCODITTI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

A.D., A.S., Al.Da., A.A. e A.P., rispettivamente coniuge e figli di P.P., convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Frosinone – sez. distaccata di Alatri, con atto di citazione notificato in data 11 maggio 2000, C.P., RI.COS. s.r.l. e INA Assitalia s.p.a., chiedendo il risarcimento dei danni subiti a seguito del sinistro stradale avvenuto il giorno (OMISSIS), alle ore 6,30, in cui aveva perso la vita la propria congiunta per effetto dell’investimento da parte del furgone condotto dal C.. Si costituì INA Assitalia s.p.a. chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale adito accolse la domanda, valutando la responsabilità del C. nella misura del 60%. Avverso detta sentenza proposero appello A.D., A.S., Al.Da., A.A. e A.P., deducendo l’esclusiva responsabilità del conducente del mezzo, e appello incidentale INA Assitalia s.p.a.. Si costituì anche C.P., chiedendo il rigetto dell’appello. Con sentenza di data 10 dicembre 2014 la Corte d’appello di Roma accolse l’appello incidentale e rigettò l’originaria domanda. La corte territoriale rilevò preliminarmente che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, utilizzabile era la documentazione concernente lo stato di salute mentale della P. e quella relativa al giudizio penale conclusosi con l’assoluzione del C.. Osservò quindi che il limite di velocità era di 90 km/h e non di 70 km/h, come ritenuto dal Tribunale, perchè dopo il segnale di velocità vi era un’intersezione (art. 104 del Regolamento del Codice della Strada), e che il furgone viaggiava tutto al più ad una velocità di circa 90 km/h. Aggiunse che non vi era alcun margine per ritenere una responsabilità concorrente del C., condividendo sul punto quanto affermato dal giudice penale, e che nè il conducente del furgone nè il passeggero a bordo avevano visto la P., pur avendo una visuale di poco inferiore ai cento metri, segno che la donna non era in quel momento, al sopraggiungere del veicolo, sulla carreggiata, ma al lato della stessa e di qui, al momento non compos sui, aveva posto una condotta totalmente imprevedibile, parandosi improvvisamente dinanzi al furgone che sopraggiungeva, in una situazione di visibilità scarsa per l’ora, la pioggia e gli indumenti di colore scuro, sicchè il C. non ebbe il tempo di fare alcunchè.

Hanno proposto ricorso per cassazione A.D., A.S., Al.Da., A.A. e A.P. sulla base di due motivi e resistono con controricorso le parti intimate. Il relatore ha ravvisato la manifesta infondatezza del ricorso. Il Presidente ha fissato l’adunanza della Corte e sono seguite le comunicazioni di rito. E’ stata presentata memoria.

Con il primo motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 104, comma 2, del Regolamento del Codice della Strada, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti. Osservano i ricorrenti che, contrariamente a quanto valutato dal CTU, il limite di velocità era di 70 km/h perchè, come si evinceva da documentazione fotografica, fino ad ottanta metri dal punto del sinistro non vi era alcuna intersezione. Il motivo è inammissibile, in quanto esso mira ad una lettura delle risultanze processuali diversa da quella del giudice di merito, invocando un sindacato di merito precluso nella presente sede di legittimità.

Con il secondo motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2054 c.c., comma 1, e dell’art. 141 C.d.S., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nonchè motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile. Osservano i ricorrenti che la corte territoriale ha omesso di considerare che la velocità tenuta del conducente non era commisurata alle condizioni di tempo e di luogo, ed in particolare di non aver considerato le seguenti circostanze da cui emergeva la condotta colposa del C.: tratto di strada rettilineo, privo di attraversamenti pedonali, con segnale stradale di pericolo in caso di pioggia, il veicolo procedeva a velocità superiore rispetto a quella consentita, il pedone era avvistabile già ad una distanza di ottanta metri, il punto della carreggiata in cui era avvenuto l’investimento era costeggiato da un alto muro di contenimento. Aggiungono che il conducente deve essere sempre in grado di arrestare tempestivamente il mezzo, salva la prova di movimenti rapidi e inaspettati, e che quanto all’imprevedibilità e repentinità della condotta del pedone la motivazione è perplessa ed obiettivamente incomprensibile. Precisano inoltre che, stante la presenza di un alto muro di contenimento nel punto della carreggiata in cui era avvenuto l’investimento, era da escludere l’improvvisa immissione sulla carreggiata della P. provenendo da una diramazione laterale.

Il motivo è manifestamente infondato. La sentenza del giudice di merito è conforme all’orientamento di questa Corte, alla stregua del quale in materia di responsabilità civile da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, in caso di investimento di pedone la responsabilità del conducente è esclusa quando risulti provato che non vi era da parte di quest’ultimo alcuna possibilità di prevenire l’evento, situazione questa ricorrente allorchè il pedone tenga una condotta imprevedibile ed anormale, sicchè l’automobilista si trovi nell’oggettiva impossibilità di avvistarlo e comunque di osservarne tempestivamente i movimenti; tanto si verifica quando il pedone appare all’improvviso sulla traiettoria del veicolo che procede regolarmente sulla strada, rispettando tutte le norme della circolazione stradale e quelle di comune prudenza e diligenza incidenti con nesso di causalità sul sinistro (Cass. 16 giugno 2003, n. 9620; 29 settembre 2006, n. 21249). In questo quadro è stato anche affermato che la prova liberatoria di cui all’art. 2054 c.c., nel caso di danni prodotti a persone o cose dalla circolazione di un veicolo, non deve essere necessariamente data in modo diretto, cioè dimostrando di avere tenuto un comportamento esente da colpa e perfettamente conforme alle regole del codice della strada, ma può risultare anche dall’accertamento che il comportamento della vittima sia stato il fattore causale esclusivo dell’evento dannoso, comunque non evitabile da parte del conducente, attese le concrete circostanze della circolazione e la conseguente impossibilità di attuare una qualche idonea manovra di emergenza; pertanto il pedone, il quale attraversi la strada di corsa sia pure sulle apposite strisce pedonali immettendosi nel flusso dei veicoli marcianti alla velocità imposta dalla legge, pone in essere un comportamento colposo che può costituire causa esclusiva del suo investimento da parte di un veicolo, ove il conducente, sul quale grava la presunzione di responsabilità di cui alla prima parte dell’art. 2054, dimostri che l’improvvisa ed imprevedibile comparsa del pedone sulla propria traiettoria di marcia ha reso inevitabile l’evento dannoso, tenuto conto della breve distanza di avvistamento, insufficiente per operare un’idonea manovra di emergenza (Cass. 11 giugno 2010, n. 14064).

La valutazione del giudice di merito è stata nel senso dell’improvvisa ed imprevedibile comparsa del pedone sulla traiettoria di marcia del veicolo. Le circostanze enunciate nel motivo di censura sono state esaminate dal giudice di merito. La circostanza di cui risulta omesso l’esame è quella della presenza di un alto muro di contenimento nel punto della carreggiata in cui era avvenuto l’investimento. Trattasi tuttavia di fatto privo dei requisiti di decisività perchè la circostanza non è incompatibile con l’accertamento del giudice di merito. La valutazione di questi è stata nel senso che al sopraggiungere del veicolo la P. si trovava al lato della carreggiata. Lo stato di quiete al lato della carreggiata non è incompatibile con la presenza del muro laterale. Non si evincono infine le denunciate perplessità ed incomprensibilità della motivazione circa la condotta del pedone, avendo la Corte argomentato chiaramente nel senso della presenza di una visuale di cento metri, sicchè la donna non poteva che essere apparsa improvvisamente sulla carreggiata.

Conformemente alla valutazione effettuata dal giudice di appello, la peculiarità della vicenda costituisce giusto motivo di compensazione delle spese processuali. Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto l’art. 13, comma 1 quater, del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e dispone la compensazione delle spese processuali;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta – 3 Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 24 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2017

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