Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4550 del 25/02/2010

Cassazione civile sez. un., 25/02/2010, (ud. 09/02/2010, dep. 25/02/2010), n.4550

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente f.f. –

Dott. PAPA Enrico – Presidente di Sezione –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –

Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – rel. Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 27319-2007 proposto da:

REGIONE LOMBARDIA ((OMISSIS)), in persona del Presidente della

Giunta Regionale pro tempore, 105 elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA BONCOMPAGNI 71-C, presso lo studio dell’avvocato POMPA GIULIANO,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato CEDERLE MARCO,

per delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO DELL’ADDA ((OMISSIS)), in persona del Presidente pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 36/B,

presso lo studio dell’avvocato SCARDIGLI MASSIMO, rappresentato e

difeso dall’avvocato DI PALMA RAFFAELE, per delega a margine del

controricorso;

– ricorrente adesivo –

e contro

EDIPOWER S.P.A., A.E.M. S.P.A., CONSORZIO DI BONIFICA NAVIGLIO

VACCHELLI, CONSORZIO NAVIGLIO CITTA’ DI CREMONA, ENEL PRODUZIONE

S.P.A., EDISON S.P.A.;

– intimati –

sul ricorso 29346-2007 proposto da:

CONSORZIO DI BONIFICA NAVIGLIO VACCHELLI ((OMISSIS)), NAVIGLIO

DELLA CITTA’ DI CREMONA, in persona dei rispettivi legali

rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA

COSSERIA 5, presso lo studio dell’avvocato ROMANELLI GUIDO FRANCESCO,

che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato BOCCHI MAGNOLI

ENRICA, per delega in calce al controricorso e ricorso incidentale in

adesione;

– ricorrenti incidentali adesivi –

contro

EDIPOWER S.P.A., A.E.M. S.P.A., EDISON S.P.A., ENEL PRODUZIONE

S.P.A., CONSORZIO DELL’ADDA, REGIONE LOMBARDIA;

– intimati –

sul ricorso 30812-2007 proposto da:

EDIPOWER S.P.A. ((OMISSIS)), in persona del legale rappresentante

pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA FARNESINA

272/274, presso lo studio dell’avvocato MOLE’ MARCELLO, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati BRUTI LIBERATI

EUGENIO, BUCELLO MARIO, per delega a margine del controricorso e

ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

REGIONE LOMBARDIA, A.E.M. S.P.A., CONSORZIO DELL’ADDA, FEDERAZIONE

PROVINCIALE COLTIVATORI DIRETTI DI CREMONA, CONSORZIO DI BONIFICA

DOGALI DI CREMONA, CONSORZIO DI BONIFICA NAVIGLIO BONIFICA VACCHELLI,

DEL NAVIGLIO CITTA’ DI CREMONA, CONSORZIO NAVAROLO AGRO CREMONESE

MANTOVANO, LIBERA ASSOCIAZIONE AGRICOLTORI CREMONESI, EDISON S.P.A.,

ENEL PRODUZIONE S.P.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 130/2007 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE

PUBBLICHE, depositata il 24/08/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/02/2010 dal Consigliere Dott. FRANCESCO FELICETTI;

uditi gli avvocati Giuliano POMPA, Giampaolo TORSELLI per delega

dell’avvocato Guido Francesco Romanelli, Raffaele DI PALMA, Marcello

MOLE’;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso della

Regione Lombardia; rigetto del ricorso del Consorzio Adda;

accoglimento, p.q.r., del secondo motivo del Consorzio Cremona e

Vacchelli; rigetto degli altri due motivi; rigetto del primo motivo

del ricorso incidentale Edipower; inammissibilità del secondo

motivo.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

l La Regione Lombardia, con ricorso notificato il 19/23 ottobre 2007 all’A.E.M. s.p.a., il 19 ottobre 2007 al Consorzio dell’Adda ed all’E.N.E.L. Produzione s.p.a., il 19/22 ottobre 2007 all’Edipower s.p.a., all’Edison s.p.a., al Consorzio di Bonifica Naviglio Vacchelli ed al Naviglio Città di Cremona, ha impugnato la sentenza del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche n. 130, depositata il 24 agosto 2007, che ha annullato il Decreto 6 luglio 2006. n. 715, con il quale la Direzione Generale Reti e Servizi di Pubblica Utilità della Regione Lombardia aveva disposto l’obbligo dei concessionari idroelettrici a monte del lago di (OMISSIS) di provvedere al rilascio, entro il 24 luglio, di volumi d’acqua trattenuti negli invasi, nonchè di garantire, in aggiunta, l’afflusso delle acque fluenti naturalmente fino al raggiungimento delle portate riconosciute di spettanza delle utenze sublacuali, esercitando gl’impianti idroelettrici oltre la data del 24 luglio e sino al 31 agosto, in assenza di un significativo mutamento della situazione idrica, ad acqua fluente.

Va premesso, in fatto, che l’Edipower è titolare di due strutture idroelettriche a monte del lago di (OMISSIS) e relativi serbatoi, denominati (OMISSIS) sulla base di concessioni rilasciate nel 1922. Nel 2006 il Consorzio dell’Adda, che consorzia i concessionari irrigui a valle del lago di (OMISSIS), ebbe a segnalare alla Regione Lombardia, in concomitanza con una situazione di siccità, che l’Edipower tratteneva acqua nei bacini in danno delle esigenze dei concessionari irrigui. In data 21 giugno, a seguito di una riunione con tutti gli operatori interessati, i concessionari titolari di concessioni idroelettriche a monte del lago, compresa l’Edipower, presentarono un programma di rilascio dei volumi d’acqua accumulatisi entro il 3 luglio. Il Consorzio dell’Adda non aderì, tuttavia, a tale programma, facendo rilevare che gli operatori idroelettrici non avevano titolo a trattenere i volumi d’acqua che in effetti trattenevano dall’1 maggio 2006, poichè da tale data non risultavano soddisfatte le utenze a valle, cosicchè indebitamente non era stato lasciato defluire un quantitativo d’acqua pari alla somma dei volumi assentiti in epoca anteriore alle concessioni idroelettriche. La Regione Lombardia aveva emanato, allora, il decreto impugnato. L’Edipower ne aveva dedotto vari, motivi d’illegittimità e, fra l’altro, la violazione del R.D. n. 1775 del 1933, artt. 19, 43 e 45 del R.D. n. 1285 del 1920, art. 17 della L. n. 36 del 1994, artt. 28 e 30; eccesso di potere per travisamento dei presupposti ed erroneità della motivazione; violazione della L. n. 36 del 1994, artt. 28 e 30; violazione del principio di proporzionalità e del principio di leale collaborazione; mancato bilanciamento degl’interessi, con una scorretta distribuzione del volume dell’acqua da rilasciarsi fra i vari concessionari. Il ricorso, come si è detto, era stato accolto dal TSAP. L’impugnazione della sentenza del TSAP da parte della Regione Lombardia si articola in tre motivi. Il Consorzio di Bonifica Naviglio Vacchetti e il Naviglio Città di Cremona hanno proposto ricorso incidentale adesivo, notificato il 12/14 novembre 2007 all’A.E.M., al Consorzio dell’Adda ed all’Edipower, il 12/15 novembre 2007 all’Edison s.p.a. Il Consorzio dell’Adda ha proposto a sua volta ricorso adesivo con atto notificato il 27/28 novembre 2007 all’A.E.M., all’Edipower e alla Regione Lombardia. L’Edipower resiste con controricorso e ricorso incidentale condizionato notificato il 28 novembre 2007 alla Regione Lombardia, all’A.E.M., all’ENEL, al Consorzio di Navarolo Agro Cremonese Mantovano, al Naviglio della Città di Cremona, all’EDISON, alla Libera Associazione Agricoltori Cremonesi. L’Edipower ha anche depositato memoria. Questa Corte, con ordinanza depositata il 30 giugno 2009, riuniti i giudizi, ordinava al Consorzio di Bonifica Naviglio Vacchelli ed al Naviglio Città di Cremona di integrare il contraddittorio nei confronti della Regione Lombardia e dell’E.N.E.L. Produzione s.p.a.; al Consorzio dell’Adda d’integrare il contraddittorio nei confronti del Consorzio di Bonifica Naviglio Vacchelli, del Naviglio Città di Cremona, dell’Edison s.p.a. e dell’E.N.E.L. Produzione s.p.a.; all’Edipower s.p.a. d’integrare il contraddittorio nei confronti del Consorzio di Bonifica Naviglio Vacchelli, concedendo termine a tal fine.

L’Edipower, il Consorzio di Bonifica Naviglio Vacchelli e il Naviglio città di Cremona provvedevano alla disposta integrazione del contraddittorio producendo anche ricevute di ritorno relative alla già avvenuta notifica del ricorso alle parti su dette prima dell’ordinanza che 30 giugno 2009 di questa Corte. Il Consorzio dell’Adda non provvedeva invece a depositare alcun atto d’integrazione del contraddittorio. L’Edipower ha anche depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Dato atto dell’avvenuta riunione dei giudizi con l’ordinanza 30 giugno 2009 di questa Corte ai sensi dell’art. 335 c.p.c., in via pregiudiziale va dichiarata l’improcedibilità del ricorso adesivo del Consorzio dell’Adda ai sensi dell’art. 371 bis c.p.c. per non avere esso provveduto alla disposta integrazione del contraddittorio.

2.1. Il ricorso principale e il ricorso incidentale adesivo del Consorzio di Bonifica Naviglio Vacchelli vanno esaminati congiuntamente, contenendo censure convergenti al medesimo risultato.

3.1. Per ragioni di ordine logico deve, essere previamente esaminato il terzo motivo del ricorso incidentale adesivo proposto dal Consorzio di Bonifica Naviglio Vacchelli e dal Naviglio della Città di Cremona. Con tale motivo si denuncia la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 4 e la nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione. Si deduce al riguardo che la sentenza impugnata sarebbe il risultato di una mera adesione acritica alle tesi di parte attrice.

Si formula in proposito il seguente quesito di diritto: “Se la mera adesione acritica alla tesi prospettata da una delle parti si traduca in mera carenza di motivazione e possa comportare violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 4, con conseguente nullità della sentenza”.

Il motivo è inammissibile, stante l’assoluta astrattezza del quesito e la mancanza di autosufficienza del motivo, non essendo in essi riportato alcun elemento che consenta di apprezzarne il fondamento, a fronte di una sentenza ampiamente motivata.

3.2. Vanno quindi esaminati il primo motivo del ricorso principale della Regione Lombardia ed il primo motivo del ricorso adesivo del Consorzio di Bonifica Naviglio Vacchelli e del Naviglio della Città di Cremona.

La Regione Lombardia denuncia la violazione e mancata applicazione del R.D. n. 642 del 1907, art. 2. Deduce in proposito che il ricorso al TSAP presuppone la titolarità di un interesse legittimo da parte del ricorrente che agisce per l’annullamento di un atto amministrativo: interesse legittimo in mancanza del quale non può esservi una sua legittimazione attiva. Nel caso di specie, invece, secondo la Regione, l’Edipower non era titolare, rispetto all’atto impugnato, di un interesse legittimo, in quanto aveva agito quale concessionaria per la tutela dell’oggetto della concessione in una misura non riconosciutale nè dalla concessione nè dalla legge, poichè il provvedimento impugnato l’obbligava a rilasciare i volumi d’acqua in questione, non avendo diritto di trattenerli in base alla regola dettata dal r.d. n. 1775 del 1933, art. 19, comma 1, e dal R.D. n. 1285 del 1920, art 17, comma 1. Regola secondo la quale le concessioni s’intendono sempre assentite dedotti i quantitativi d’acqua dovuti ai concessionari che detengono sulle stesse acque un titolo anteriore. Riguardando il provvedimento impugnato quantità d’acqua sulle quali l’Edipower non aveva alcun diritto essa, secondo la Regione, non era titolare di un interesse legittimo e quindi non era attivamente legittimata a proporre il giudizio dinanzi al TSAP. La Regione ha formulato quindi il seguente quesito di diritto: “Se si possa ritenere che il ricorrente avverso un provvedimento della p.a.

che ordina il rilascio di volumi d’acqua trattenuti in violazione del R.D. n. 1775 del 1933, art. 19, comma 1, e del R.D. n. 1285 del 1920, art. 17, comma 1, sia titolare di una posizione d’interesse legittimo e perciò legittimato attivamente a proporre ricorso”.

Il motivo è infondato, muovendo da un presupposto che è oggetto del merito del giudizio.

Come questa Corte ha già avuto modo di affermare (Cass. Sez. un. 14 maggio 2009, n. 11194 e 11195) il titolare di una concessione amministrativa di derivazione d’acqua si pone, nei confronti di ogni provvedimento amministrativo riguardante la concessione, con il quale la p.a. gl’imponga modalità di esercizio ed obblighi, come portatore di un interesse alla legittimità dell’azione amministrativa esercitata, azionabile dinanzi al Tribunale superiore delle acque pubbliche. Cosicchè egli è legittimato all’impugnativa del provvedimento per il solo fatto di dedurre, come nel caso di specie, un pregiudizio alla gestione della concessione della quale è titolare. Attiene al merito l’accertamento della fondatezza della domanda e della legittimità o illegittimità del provvedimento impugnato, in relazione al contenuto ed ai limiti della concessione, secondo il disciplinare, secondo gli eventuali accordi fra concessionari e secondo le norme di legge al riguardo.

3.3. Venendo all’esame del primo motivo del su detto ricorso incidentale adesivo, con esso i ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 100 c.p.c., avendo il TSAP erroneamente disatteso l’eccezione di difetto d’interesse ad agire, per avere il decreto impugnato già interamente esaurito i suoi effetti, espressamente limitati alla stagione irrigua de 2006. Si deduce al riguardo che il TSAP ha respinto l’eccezione affermando che, anche se alla data della decisione il provvedimento della Regione ha “prodotto appieno i suoi effetti” ciò non priva la società attrice dell’interesse ad agire “dato il permanere dell’interesse alla decisione sulla legittimità del provvedimento sia per la possibilità di proporre azione di risarcimento del danno subito sia per la possibilità d’inibire l’adozione nel prosieguo di successivi analoghi provvedimenti similari”. Viceversa l’interesse ad agire va valutato sul piano strettamente processuale e deve essere attuale mentre, tenuto conto che l’annullamento dell’atto non è pregiudiziale all’esperimento dell’azione risarcitoria, quello affermato dalla decisione impugnata è meramente eventuale, considerato anche che la decisione non potrebbe inibire alla Regione di emanare in futuro altri provvedimenti consimili.

In proposito si formula il seguente quesito di diritto: “Se possa sussistere interesse al ricorso avverso un provvedimento amministrativo, allorchè questo abbia esaurito i propri effetti all’atto della proposizione del ricorso o comunque in tempo anteriore alla spedizione a sentenza e quali siano i presupposti per la sua sussistenza”.

Il motivo va dichiarato infondato, dovendo confermarsi il principio già enunciato al riguardo (Cass. sez. un., 25 febbraio 2009, n. 4460; 14 maggio 2009, n. 11194 e 11195), secondo il quale il fatto che un provvedimento amministrativo abbia spiegato interamente i suoi effetti non priva i destinatari dell’interesse a chiederne l’annullamento al giudice amministrativo.

Infatti l’annullamento dell’atto eventualmente pronunciato dal giudice amministrativo potrà essere utilizzato in sede di giudizio per il risarcimento dei danni ai fini della valutazione, alla stregua dell’art. 2043 cod. civ., del comportamento dell’amministrazione.

Fermo restando che la pronuncia dell’illegittimità del provvedimento non comporta automaticamente un diritto al risarcimento del danno.

Poichè questo dovrà essere provato e dovendosene, inoltre, dimostrare l’ingiustizia in relazione al carattere non meramente formale dell’illegittimità del provvedimento – non bastando che questa sia dichiarata per meri vizi procedimentali o di motivazione – sulla base di autonomo giudizio, di natura sostanziale, circa il carattere “contra jus” e colpevole del comportamento dell’Amministrazione.

3.4. Vanno ora esaminati il secondo motivo e il terzo motivo del ricorso principale la Regione Lombardia.

Con il secondo motivo la Regione denuncia la violazione ed errata applicazione del R.D. n. 1775 del 1933, art. 19, comma 1, e del R.D. n. 1285 del 1920, art. 17 nonchè del D.L. n. 1775 del 1933, art. 43 e degli artt. 1419 e 1372 cod. civ., per avere la sentenza del TSAP annullato il provvedimento impugnato per la mancata valutazione dell’interesse dei titolari delle concessioni idroelettriche. In forza delle norme su dette, infatti, secondo la Regione, il provvedimento doveva ritenere vincolato, con la conseguente irrilevanza di ogni vizio inerente alla sua motivazione ed alla mancata ponderazione degl’interessi di tutti i concessionari coinvolti. La sentenza avrebbe erroneamente fondato la decisione sogli accordi intercorsi tra il Consorzio dell’Adda ed altri concessionari, diversi dall’Edipower. Tali accordi, secondo la ricorrente, dovevano ritenersi nulli, perchè contrastanti con le norme su dette, che impongono il rispetto dei diritti dei concessionari precedenti e, comunque, privi di efficacia nei confronti della p.a., e della Edipower, che erano terzi rispetto ad essi. Erroneamente, ancora, la sentenza del TSAP avrebbe fondato la decisione sul presupposto che la siccità verificatasi nell’estate 2006 fosse un fenomeno ordinario e ricorrente, escludendo che la Regione potesse far uso del potere di cui al R.D. n. 1775 del 1933, art 43 che presupponeva un evento eccezionale. La Regione pone pertanto il seguente quesito di diritto: dica la Corte “se si possa ritenere che l’ordine di rilascio di beni trattenuti in abuso di concessione, cioè in violazione del R.D. n. 1775 del 1933, art. 19, comma 1, e del R.D. n. 1285 del 1920, art. 17 ovvero in forza di previsioni contrattuali contrarie a norme imperative debba comunque comparare e contemperare l’interesse dell’usurpatore in rapporto a quello dei soggetti danneggiati”.

Il motivo è inammissibile, dovendo essere esaminato in base e nei limiti del quesito formulato, il quale muove dall’erroneo presupposto che la sentenza impugnata abbia affermato il principio che l’ordine di rilascio di beni trattenuti in abuso di concessione, cioè in violazione del R.D. n. 1775 del 1933, art 19, comma 1 e del D.L. n. 1285 del 1920, art. 17 ovvero in forza di previsioni contrattuali contrarie a norme imperative debba comunque comparare e contemperare l’interesse dell’usurpatore in rapporto a quello dei soggetti danneggiati”, richiedendo una risposta negativa e l’affermazione dell’opposto principio. La sentenza impugnata, muove invece dal presupposto, non censurato nel quesito, che l’ordine di rilascio abbia riguardato quantità d’acqua legittimamente trattenute dalla società concessionaria sulla base dell’atto di concessione, che potevano esserle sottratte dal provvedimento impugnato solo sulla base di un motivato (e mancante) contemperamento delle proprie esigenze con quelle dei concessionari irrigui a valle del lago di (OMISSIS).

3.5. Con il terzo motivo del ricorso principale si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, per avere la sentenza impugnata censurato il provvedimento amministrativo in quanto avrebbe omesso di tenere conto dell’interesse dei concessionari idroelettrici in comparazione con quello dei concessionari irrigui, mentre tali interessi non erano stati affetto prospettati dagli operatori elettrici, con i quali risulta dalla sentenza che vi erano stati vari incontri, nei corso dei quali, come era detto nel preambolo dell’atto impugnato, i concessionari non avevano “contestato … nè il presupposto della conclamata, emergenza idrica nè i volumi da rilasciare in concreto, nè infine il potere dell’amministrazione regionale di adottare provvedimenti in merito”.

Il motivo è ammissibile, sulla base del vigente testo dell’art. 360 c.p.c., u.c., anche in relazione alle sentenze dei TSAP, ma è infondato, risultando dalla narrativa della sentenza impugnata che i concessionari elettrici si erano opposti alle richieste, così come formulate, dei concessionari sublacuali, così dimostrando un conflitto dei rispettivi interessi che non richiedeva specifica motivazione.

3.6. Con il secondo motivo del ricorso incidentale adesivo dei Consorzio di Bonifica Naviglio Vacchelli e del Naviglio della Città di Cremona si denuncia la violazione del R.D. n. 1775 del 1933, art. 43, della L. n. 36 del 1994, art. 30 del D.Lgs. n. 152 del 2006, artt. 144 e 167.

Si deduce ai riguardo che la sentenza impugnata avrebbe violato le norme che privilegiano l’uso agricolo rispetto a quello idroelettrico od caso di siccità estiva, il TSAP avrebbe errato nel ritenere inapplicabile, nella specie, l’art. 43 su detto in quanto norma eccezionale, applicabile solo a situazioni speciali ed imprevedibili e non alle ricorrenti crisi idriche del periodo estivo, quale era quella in questione. Si sostiene che l’art 43, prevedendo che la pubblica autorità possa imporre limitazioni temporanee all’uso delle derivazioni per speciali motivi di pubblico interesse o quando si verifichino eccezionali deficienze dell’acqua disponibile, era invece applicabile nel caso di specie, avendo l’emergenza idrica dell’estate 2006 carattere eccezionale, come dimostrato dalla documentazione allegata alla memoria 8 dicembre 2006 e dalla circostanza che il Consiglio dei Ministri già in data 5 maggio 2007 aveva dichiarato lo stato di emergenza idrica del bacino del Po. Si lamenta che la sentenza non abbia tenuto conto del disposto del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 167 che in caso di scarsità di risorse idriche dà priorità all’uso agricolo subito dopo a quello per il consumo umano, nè del disposto del R.D. n. 1775 del 1933, art. 19 e del R.D. n. 1285 del 1920, art. 20 a norma dei quali debbono essere rispettati i preesistenti diritti dei terzi.

Si formula in proposito il seguente quesito di diritto: “Se nella fattispecie, trattandosi di emergenza regionale e non nazionale sia o meno legittima l’applicazione del R.D. n. 1775 del 1933, art. 43 in relazione al D.P.R. n. 152 del 2006, art. 167 ed ai principi di cui al R.D. n. 1775 del 1933, art. 19, del R.D. n. 1285 del 1920, art. 17 e del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 144”.

Il motivo è parzialmente fondato.

Va osservato che con il ricorso al TSAP, secondo quanto risalta dalla sentenza impugnata, l’Edipower aveva dedotto la violazione dell’art. 43, del cit. T.U. e della L. n. 36 del 1994, artt. 28 e 30 deducendo che la Regione aveva esercitato una competenza attribuita al Ministero dell’ambiente. Il TSAP ha disatteso la censura d’incompetenza della Regione, stante l’abrogazione della L. n. 36 anteriormente all’emanazione del provvedimento impugnato e nonostante che la disposizione dell’art. 30 al riguardo fosse stata riprodotta nel D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 168. Ha disatteso altresì l’applicabilità dell’art. 43, cit. T.U., ma ha ritenuto che la Regione, pur potendo intervenire con il provvedimento emanato ai sensi degli art. 19, cit. T U. e del D.Lgs. n. 112 del 1998, art 89, lett. i), poteva farlo solo contemperando le esigenze dei diversi concessionari. Ai fini della valutazione della fondatezza del motivo in esame, deve esaminarsi se, ancorchè esistesse l’affermata competenza della Regione – sulla quale nè la ricorrente principale, nè i ricorrenti adesivi avevano interesse a propone gravame – questa dovesse contemperare, con il provvedimento, gli interessi dei vari concessionari, ovvero dovesse dare necessariamente prevalenza ai concessionari per uso irriguo ai sensi dell’art. 167 su detto (che ha riprodotto la legge n. 36 del 1994, abrogato art. 28), a norma del quale “nei periodi di siccità e comunque nei casi di scarsità delle risorse idriche, durante i quali si procede alla regolazione delle derivazioni in atto, deve essere assicurata, dopo il consumo umano, la priorità dell’uso agricolo”.

In proposito va premesso che il D.Lgs. n. 112 del 1998, art. 86 demanda alle Regioni ed agli enti locali competenti per territorio la gestione dei demanio idrico ed il successivo art. 89 demanda ad essi tutte le funzioni amministrative relative alle derivazioni d’acqua, comprese quindi quelle in materia idroelettrica.

L’art. 167 riguarda la regolazione delle derivazioni in atto, mentre nel caso di specie il provvedimento impugnato concerneva sia l’afflusso delle acque naturalmente fluenti – e quindi la regolazione delle relative derivazioni – per il periodo preso in considerazione dal provvedimento impugnato, sia il rilascio di acque già invasate a scopo idroelettrico.

L’art. 167, con una scelta di politica legislativa che non lascia margini di discrezionalità in sede di regolazione delle derivazioni in atto in relazione ad ogni ipotesi di scarsità delle risorse idriche, stabilisce la preferenza, dopo gli usi umani, agli usi agricoli. Con la conseguenza che il motivo è fondato per quanto attiene alla decisione impugnata nella parte in cui ha ritenuto che il provvedimento impugnato andasse motivato, in relazione alla preferenza accordata agli usi agricoli, per quanto concerneva l’afflusso delle acque naturalmente fluenti, inibendone il trattenimento negli invasi, per farle affluire al lago di (OMISSIS) ed alle utenze sublacuali. Viceversa il motivo non è fondato in relazione all’ordine di rilascio di acque già invasate a scopo idroelettrico, che non sono direttamente regolate dall’art. 167, ed in relazione alle quali la Regione doveva tenere conto di esso, quale norma generale d’indirizzo, ma doveva prendere in considerazione anche le esigenze dei concessionari idroelettrici, sulla base del principio generale, fissato dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 144 secondo il quale “le acque costituiscono una risorsa che va utilizzata secondo criteri di solidarietà”. In proposito va infetti considerato che il regime delle acque trattenute dai concessionari negli invasi da essi costruiti, pur non potendo prescindere dalla circostanza che sono ivi trattenute in base alla concessione, deve anche tener conto che non sono assimilabili alle acque naturalmente fluenti, ai fini della foro utilizzazione in casi di scarsità di risorse idriche essendo la disponibilità delle prime dovuta adopera dei concessionari, che hanno sostenuto il costo economico degli invasi e quelli correlativi della loro gestione, mentre ciò non avviene per le seconde. A conferma di ciò, quanto agli invasi in questione a monte del lago di (OMISSIS), va considerato che le relative quantità d’acqua non possono considerarsi necessariamente sottratte ai concessionari irrigui a valle, potendo provenite anche da piene di fiumi e torrenti che non avrebbero potuto essere trattenute nel lago, superando il livello consentito, cosicchè la loro utilizzazione da parte dei concessionaria irrigui, mediante un rilascio nei momenti di emergenze idriche di ogni tipo, non può ragionevolmente avvenire senza tenere conto di tale diversità di situazioni.

Ne consegue che il motivo risulta fondato sul punto, sia che il provvedimento potesse trovare fondamento nell’art. 19, cit. T.U. e del D.Lgs. n. 112 del 1998, art. 89, lett. i) come ha statuito la sentenza, sia che potesse trovarlo, come dedotto con il motivo, nell’art. 43, cit. T.U..

4. Un conseguenza dell’accoglimento parziale del ricorso incidentale del Consorzio di Bonifica Naviglio Vacchelli e del Naviglio Città di Cremona, deve essere esaminato il ricorso incidentale condizionato proposto dall’Edipower, nascendo il relativo interesse, ancorchè il primo motivo inerisca a una preliminare di merito, unicamente dal parziale accoglimento del su detto ricorso.

L’Edipower, con il primo motivo del ricorso incidentale, deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 36 del 1994, art. 30 e del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 168. Deduce al riguardo che l’art. 168, riproduttivo della (abrogata) L. n. 36 del 1994, art. 30 statuisce che è di competenza del Ministero dell’ambiente di concerto con quello dello sviluppo economico disciplinare l’utilizzazione dell’acqua invasata a scopi idroelettrici per fronteggiare situazioni di emergenza idrica. Il TSAP si è limitato a rilevare in proposito che la Regione non avrebbe richiamato nel provvedimento detto articolo e pertanto non avrebbe inteso esercitare il potere ivi previsto. Ciò, peraltro, secondo la ricorrente non toglie che la Regione abbia emanato, in relazione ad una situazione di asserita emergenza idrica, un provvedimento che esulava dalla sua competenza.

In proposito si formula il seguente quesito ai sensi dell’art. 366 bis: “In forza del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 168 solo il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, agendo di concerto con quello dello sviluppo economico, sentite le Autorità di bacino, nonchè le Regioni e Province autonome interessate, può dettare prescrizioni in merito all’utilizzazione dell’acqua invasata a scopi idroelettrici per fronteggiare situazioni di emergenza idrica”.

Il motivo è fondato nei sensi appresso indicati.

Il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 168 dispone: “Tenuto conto dei principi di cui alla parte terza del presente decreto e del piano energetico nazionale, nonchè degli indirizzi per gli osi plurimi delle risorse idriche, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, sestile le Autorità di bacino, nonchè le Regioni e Province autonome, disciplina, senza che ciò possa dare luogo alla corresponsione d’indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la riduzione del canone di concessione …

l’utilizzabilità dell’acqua invasata a scopi idroelettrici per fronteggiare situazioni di emergenza idrica”.

La norma va interpretata inquadrandone la lettera ad sistema delle competenze regionali e statali in materia di derivazioni di acque pubbliche.

In proposito va considerato che la lettera della norma, nel riservare allo Stato la competenza in essa indicata, fa testuale riferimento alla utilizzazione dell’acqua “invasata” a scopi idroelettrici al fine di fronteggiare “situazioni di emergenza idrica”. Con ciò apparendo per un verso riferirsi all’acqua già presente negli invasi al momento dell’insorgere dell’emergenza idrica; per altro verso apparendo la norma riferirsi ad ogni tipo di emergenza idrica, sostanziantesi in una scarsità d’acqua, prescindendo dalla sua assoluta imprevedibilità ed eccezionalità, ovvero dalla sua ricorrenza nel tempo.

Dal punto di vista sistematico, va considerato che la materia delle concessioni relative al demanio idrico è stata profondamente innovata dal D.Lgs. n. 112 del 1998, art. 86 il quale ha attribuito alle Regioni l’intera gestione di tale demanio, comprese le concessioni interessanti i territorio di più Regioni (l’art. 89, comma 2, detta la disciplina al riguardo) ed il successivo art. 88 ha specificato che detta gestione comprende tutte le funzioni amministrative relative alle derivazioni di acqua pubblica, nonchè alla determinazione dei canoni di concessione ed all’introito dei relativi proventi. Nel conferire dette funzioni il D.Lgs. n. 112 del 1998, aveva temporaneamente fatta salva (art. 29, comma 3) la competenza dello Stato in materia di grandi derivazioni, prevedendo che, fino all’entrata in vigore delle norme di recepimento della direttiva 96/92/CE (Norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica), le concessioni fossero rilasciate dallo Stato d’intesa con la Regione interessata ovvero, in caso di mancata intesa, nel termine di sessanta giorni dallo Stato. Successivamente, con D.Lgs. n. 79 del 1999 è stata data attuazione a tale direttiva e si è pertanto realizzata la condizione per il trasferimento anche di tale competenza.

Quindi con D.P.C.M. 12 ottobre 2000, adottato ai sensi della L. n. 59 del 1997 si è provveduto a dare definitiva attuazione del passaggio di dette competenze alle Regioni con il trasferimento del personale, dei mezzi strumentali e di tutti gli atti relativi agli affari pendenti in materia di derivazioni di acque pubbliche.

In correlazione con tale quadro normativo, il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 61 in relazione alla gestione delle risorse idriche, ha a sua volta statuito che “le Regioni, ferme restando le attività da queste svolte nell’ambito delle competenze del Servizio nazionale di protezione civile, ove occorra d’intesa fra loro, esercitano le funzioni ad esse spettanti nel quadro de e competenze costituzionalmente determinate e nel rispetto delle competenze statali”. In particolare ha previsto che assumano ogni iniziativa ritenuta necessaria in materia di “tutela ed uso delle acque nei bacini idrografici di competenza”.

Tale quadro normativo, attributivo dell’intero ambito di competenze alle Regioni in materia di derivazioni idriche, comporta che l’interpretazione letterale dell’art. 168 in esame, risulta coerente con il sistema, con il quale il legislatore statale ha inteso attribuire nella sua interezza alle Regioni la gestione delle derivazioni di acqua pubblica, ivi comprese la loro utilizzazione in situazioni emergenziali, siano esse ricorrenti o del tutto eccezionali ed imprevedibili. Mentre ha riservato allo Stato, ritenendo di dover rimettere a lui la tutela di un interesse pubblico di valenza nazionale, l’utilizzazione dell’acqua “invasata” a scopi idroelettrici al fine di fronteggiare “situazioni di emergenza idrica”, intesa come situazione di scarsità d’acqua, con ciò riferendosi all’acqua già presente negli invasi al momento dell’insorgere di tale scarsità e la cui disciplina atteneva a materia sistematicamente estranea alla regolazione delle derivazioni idriche, di competenza regionale. E ciò tanto più che, secondo quanto già esposto al precedente n. 3.6., il regime delle acque trattenute dai concessionari negli invasi, pur non potendo prescindere dalla circostanza che esse sono ivi trattenute in base a concessione, deve anche tener conto che si tratta di acque non assimilabili alle acque naturalmente fluenti, cosicchè in ogni situazione di scarsità idrica la disciplina dei prelievi, in relazione alla graduazione degl’interessi in conflitto, è suscettibile di un trattamento differenziato rispetto a quello relativo all’utilizzo delle derivazioni.

Il motivo, pertanto, deve essere accolto entro tali limiti.

Il secondo motivo del ricorso incidentale dell’Edipower, come precisato nello stesso ricorso, si riferisce al mancato accoglimento di una censura (proposta dinanzi al TSAP e riguardante la graduazione degli obblighi dei singoli concessionari idroelettrici, in relazione ai loro obblighi verso le utenze irrigue preesistenti, con riferimento all’anteriorità delle rispettive concessioni) dichiarata assorbita dalla sentenza ed è perciò inammissibile in questa sede, e dovrà essere presa in considerazione in sede di giudizio di rinvio.

6.1. Conclusivamente la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al primo motivo del ricorso dell’Edipower, il cui accoglimento, stante la sua pregiudizialità, comporta l’assorbimento del parziale accoglimento del secondo motivo del ricorso del Consorzio di Bonifica Naviglio Vacchelli e del Naviglio Città di Cremona. La causa va rinviata al TSAP, il quale deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione, e farà applicazione del seguente principio di diritto: “Il D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 168 riservando allo Stato di disporre in ordine alla utilizzazione dell’acqua invasata a scopi idroelettrici, va riferito all’acqua già presente negli invasi al momento dell’insorgere dell’emergenza idrica e tale competenza gli è conferita al fine di fronteggiare, nell’interesse nazionale, ogni tipo di situazione di emergenza idrica, intesa come situazione di scarsità d’acqua, sia essa imprevedibile ed eccezionale, ovvero suscettibile di prevedibile reiterazione nel tempo”.

PQM

LA CORTE DI CASSAZIONE Riuniti i ricorsi, dichiara improcedibile il ricorso adesivo del Consorzio dell’Adda. Rigetta il ricorso principale. Rigetta il primo e parzialmente il secondo motivo e dichiara inammissibile il terzo del ricorso incidentale adesivo del Consorzio di Bonifica Naviglio Vacchelli e del Naviglio Città di Cremona. Accoglie il primo motivo del ricorso incidentale dell’Edipower s.p.a. e dichiara assorbito, per la parte non rigettata, il secondo motivo del ricorso incidentale adesivo del Consorzio di Bonifica Naviglio Vacchelli e del Naviglio Città di Cremona. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa al Tribunale superiore delle acque pubbliche in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle sezioni unite civili della Corte di cassazione, il 9 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2010

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