Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4549 del 26/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 4549 Anno 2014
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: SCRIMA ANTONIETTA

SENTENZA
sul ricorso 11533-2008 proposto da:
FARCAUTO S.R.L. 02879720619 in persona del legale rappresentante
p.t. Dott. GUGLIELMO FARINA, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA FLAMINIA 380, presso lo studio dell’avvocato
SINDONA CIRO, rappresentata e difesa dall’avvocato
PASCARELLA CARMINE giusta procura in atti;

– ricorrente RiztO
2.2aQ0

contro
AROLLI GIUSEPPINA;

– intimata –

Data pubblicazione: 26/02/2014

sul ricorso 15006-2008 proposto da:
AROLLI GIUSEPPINA RLLGPP60T45L540S, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA POSTUMIA 3, presso lo studio
dell’avvocato ORLANDO ANGELA, rappresentata e difesa dagli
avvocati GEREMIA IDA ANGELA, CERCHIA ANTONIO giusta

– ricorrente contro
FARCAUTO S.R.L.;

– intimata avverso la sentenza n. 7/2008 del TRIBUNALE DI SANTA MARIA
CAPUA VETERE SEZIONE DISTACCATA DI CARINOLA,
depositata il 10/01/2008, R.G.N. 796/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
05/12/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CARMELO SGROI che ha concluso per il rigetto di entrambi i
ricorsi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato nel 2006 Arolli Giuseppina, premesso di aver
acquistato dalla Farcauto S.r.l. un’autovettura Toyota in relazione alla
quale era in vigore la promozione del primo anno di abbonamento
gratuito del servizio di monitoraggio satellitare, di essersi vista poi
recapitare una fattura per il pagamento, a titolo di corrispettivo per tale
servizio, di € 192,00, che aveva versato temendo la sospensione del
servizio, e di aver ricevuto nelle more una lettera dalla Farcauto S.r.l. in
cui era specificato che l’abbonamento in questione era da intendersi
gratuito solo se installato direttamente dalla casa produttrice laddove,
2

procura in atti;

o
invece, sull’autovettura dell’attrice era stato curato dalla medesima
società, conveniva in giudizio, dinanzi al Giudice di Pace di Teano, la
Farcauto S.r.l. per sentirla condannare al rimborso di quanto pagato a
titolo di canone per il sistema satellitare nonché al risarcimento del
danno.

territorio del Giudice adito, contestava nel merito la domanda e
chiedeva di chiamare in causa il venditore dell’auto, Barbato Pasquale
che aveva trattato la vendita con l’attrice.
Il Giudice di Pace di Teano, con sentenza non definitiva depositata in
data 8 agosto 2006, accogliendo l’eccezione – sollevata dall’Arolli – di
difetto di procura, essendo stato il mandato apposto sulla comparsa di
costituzione e risposta rilasciato da soggetto diverso dal legale
rappresentante della convenuta, dichiarava la contumacia di
quest’ultima e la condannava al pagamento delle spese di lite.
Avverso tale decisione la Farcauto S.r.l. proponeva appello, cui
resisteva l’Arolli che interponeva appello incidentale condizionato.
Il Tribunale di Santa Maria C.V., sezione distaccata di Carinola, con
sentenza del 10 gennaio 2008, per quanto ancora rileva in questa sede,
riteneva non censurabile la decisione di primo grado nella parte in cui
aveva rilevato il difetto di ius postulandi in capo al procuratore della
convenuta, essendo la procura posta a margine della comparsa
conferita non dal legale rappresentante della convenuta ma da soggetto
diverso – tale Farina Giovanna -, legale rappresentante di una diversa
società, la Farina S.r.l.. Secondo il Giudice del gravame, trattandosi nel
caso di specie di inesistenza della procura ad litem, in cui l’attività del
difensore non riverbera alcun effetto sulla parte e resta attività
processuale di cui il legale si assume esclusivamente la responsabilità,
era nella facoltà del giudice di primo grado, in sede di sentenza
3

La convenuta si costituiva eccependo l’incompetenza per valore e per

o
definitiva, disporre la condanna del procuratore al pagamento delle
spese di lite, nei limiti di quelle provocate dalla comparsa di
costituzione e risposta priva di procura. Affermava il Tribunale che la
sentenza impugnata non era definitiva in ordine al rapporto tra l’attrice
e il procuratore della convenuta, avendo il primo giudice statuito sul

sicché esulavano dal thema decidendum in quella sede il rapporto
instauratosi tra l’attrice e il predetto procuratore e la questione inerente
il regolamento delle spese. Riteneva / inoltre, il Tribunale che
erroneamente il primo Giudice aveva condannato la parte
soccombente alle spese con sentenza non definitiva, disponendo poi la
prosecuzione del giudizio, atteso che Part. 93 c.p.c. consente al giudice
di comminare la condanna della parte soccombente alla rifusione delle
spese processuali sopportate dalle parte vittoriosa solo con la sentenza
che chiude il processo davanti a lui.
Il Tribunale adito, tra l’altro, accoglieva in parte l’appello principale e
per l’effetto annullava la sentenza di primo grado limitatamente al capo
del dispositivo relativo alla condanna della società convenuta alle spese
e rigettava l’appello incidentale.
Avverso la sentenza di secondo grado la Farcauto S.r.l. ha proposto
ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
Arolli Giuseppina ha resistito con controricorso contenente ricorso
incidentale articolato in due motivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente deve procedersi alla riunione dei ricorsi ai sensi
dell’art. 335 cod. proc. civ., in quanto proposti contro la stessa
sentenza.
2. Ai ricorsi in esame si applica il disposto di cui all’art. 366 bis c.p.c. inserito nel codice di rito dall’art. 6 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed
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solo rapporto processuale intercorso tra l’attrice e la Farcauto s.r.1.,

abrogato dall’art. 47, comma 1, lett. d) della legge 18 giugno 2009, n.
69 – in considerazione della data di pubblicazione della sentenza
impugnata (1° gennaio 2008).
2.1. Questa Corte ha in più occasioni chiarito che nei casi previsti
dall’art. 360, primo comma, nn. 1, 2, 3 e 4, c.p.c. “i quesiti di diritto

40, art. 6, comma 1, secondo una prospettiva volta a riaffermare la
cultura del processo di legittimità – rispondono all’esigenza di
soddisfare non solo l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite
diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata ma, al tempo
stesso e con più ampia valenza, anche di enucleare il principio di diritto
applicabile alla fattispecie, collaborando alla funzione nomofilattica
della Corte di Cassazione, il cui rafforzamento è alla base della nuova
normativa secondo N’esplicito intento evidenziato dal legislatore
all’art. 1 della Legge Delega 14.5.2005, n. 80; i quesiti costituiscono,
pertanto, il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico
e l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando, altrimenti,
inadeguata e, quindi, non ammissibile l’investitura stessa del giudice di
legittimità” (v. Cass., sez. un., 6 febbraio 2009, n. 2863; Cass. 9 maggio
2008, n. 11535; Cass., sez. un., 14 febbraio 2008, n. 3519; Cass., sez.
un., 29 ottobre 2007, n. 22640; Cass., sez. un., 21 giugno 2007, n.
14385).
Pertanto, affermano le Sezioni Unite di questa Corte che,
“travalicando” “la funzione nomofilattica demandata al giudice di
legittimità” “la risoluzione della singola controversia, il legislatore ha
inteso porre a carico del ricorrente l’onere imprescindibile di
collaborare ad essa mediante l’individuazione del detto punto di
congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del
più generale principio giuridico, alla quale il quesito è funzionale,
5

imposti dall’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n.

o
diversamente risultando carente in uno dei suoi elementi costitutivi la
stessa devoluzione della controversia ad un giudice di legittimità:
donde la comminata inammissibilità del motivo di ricorso che non si
concluda con il quesito di diritto o che questo formuli in difformità dai
criteri informatori della norma. Incontroverso che il quesito di diritto

sostegno della censura, ma debba essere esplicitamente formulato,
nell’elaborazione dei canoni di redazione di esso la giurisprudenza di
questa Suprema Corte è, pertanto, ormai chiaramente orientata nel
ritenere che ognuno dei quesiti formulati per ciascun motivo di ricorso
debba consentire l’individuazione tanto del principio di diritto che è
alla base del provvedimento impugnato, quanto, correlativamente, del
principio di diritto, diverso dal precedente, la cui auspicata
applicazione ad opera della Corte medesima possa condurre ad una
decisione di segno inverso rispetto a quella impugnata; id est che il
giudice di legittimità debba poter comprendere, dalla lettura del solo
quesito inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di
diritto asseritamente compiuto dal giudice e quale sia, secondo la
prospettazione del ricorrente, la diversa regola da applicare. Ove tale
articolazione logico-giuridica manchi, il quesito si risolverebbe in
un’astratta petizione di principio che, se pure corretta in diritto,
risulterebbe, ciò nonostante, inidonea sia ad evidenziare il nesso tra la
fattispecie concreta, l’errore di diritto imputato al giudice a quo ed il
difforme criterio giuridico di soluzione del punto controverso che si
chiede venga affermato, sia ad agevolare la successiva enunciazione del
principio cui la Corte deve pervenire nell’esercizio della funzione
nomofilattica. Il quesito non può, pertanto, consistere in una mera
richiesta d’accoglimento del motivo o nell’interpello della Corte in
ordine alla fondatezza della censura così come illustrata nello
6

non possa essere desunto per implicito dalle argomentazioni a

svolgimento dello stesso, ma deve costituire la chiave di lettura delle
ragioni esposte e porre la Corte medesima in condizione di rispondere
ad esso con l’enunciazione d’una regula iuris che sia, in quanto tale,
suscettibile, al contempo, di risolvere il caso in esame e di ricevere
applicazione generale, in casi analoghi a quello deciso” (v., in

luglio 2008, n. 20409).
2.2. Nella giurisprudenza di questa Corte é stato, inoltre, precisato che,
secondo l’art. 366 bis c.p.c., anche nel caso previsto dall’art. 360, primo
comma, n. 5, c.p.c., l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a
pena di inammissibilità, la chiara indicazione, sintetica ed autonoma,
del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assuma
omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la
decisione, e la relativa censura deve contenere un momento di sintesi
(omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i
limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione
del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass., sez. un., 10
ottobre 2007, n. 20603; Cass. 27 ottobre 2011, n. 22453). Con
l’ulteriore precisazione che tale requisito non può dirsi rispettato
qualora solo la completa lettura della complessiva illustrazione del
motivo – all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore e
non di una indicazione da parte del ricorrente – consenta di
comprendere il contenuto e il significato delle censure (Cass., ord., 18
luglio 2007, n. 16002; Cass. 19 maggio 2011, n. 11019), in quanto la

ratio che sottende la disposizione indicata è associata alle esigenze
deflattive del filtro di accesso alla suprema Corte, la quale deve essere
posta in condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito,

7

motivazione, Cass., sez. un., 6 febbraio 2009, n. 2863; v. Cass., ord., 24

quale sia l’errore commesso dal giudice di merito (v. Cass. 18
novembre 2011, n. 24255).
2.3. Secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza di questa
Corte, che va ribadito, è ammissibile il motivo di ricorso con cui siano
denunziati sia vizi di violazione di legge che di motivazione, qualora

corrispondenti alle censure proposte, poiché nessuna prescrizione è
rinvenibile nelle norme processuali che ostacoli tale duplice denunzia, a
nulla rilevando l’art. 366 bis c.p.c., inserito dall’art. 6, d.lgs. 2 febbraio
2006 n. 40, il quale esige che, nel caso previsto dal n. 3 dell’art. 360
c.p.c., il motivo sia illustrato con un quesito di diritto e, nel caso
previsto dal n. 5, che l’illustrazione contenga la chiara indicazione del
fatto controverso, in relazione al quale si assuma che la motivazione sia
omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza la renda inidonea a giustificare la decisione ma non
richiede anche che il quesito di diritto e gli elementi necessari alla
illustrazione del vizio di motivazione siano prospettati in motivi distinti
(Cass. 18 gennaio 2008, n. 976; Cass. 26 marzo 2009, n. 7621).
3. Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia “Violazione
degli artt. 1367, 2702 c.c., 83, 125, 159, 221 c.p.c. in relazione all’art.
360 nn. 3 e 5 c.p.c.. Violazione del combinato disposto degli artt. 99 e
112 c.p.c in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.”.
3.1. Nell’illustrazione del motivo si assume che la sottoscrizione
apposta in calce alla procura sarebbe del dott. Guglielmo Farina,
amministratore unico e legale rappresentante della società convenuta,
che detta procura avrebbe data certa sicuramente anteriore o
quantomeno contestuale alla costituzione e che sarebbe riferibile al
giudizio proposto dall’Arolli in relazione al contratto di vendita di
un’autovettura stipulato con la Farcauto S.r.l., sicché non rileverebbe
8

tale motivo si concluda con la formulazione di tanti quesiti

che in calce a detta procura sia apposto un timbro riferibile ad altra
società estranea al giudizio e, comunque, il presunto difetto di procura
sarebbe stato sanato, avendo la Farcauto impugnato, a mezzo dello
stesso difensore e nella persona del medesimo legale rappresentante, la
decisione di primo grado.

“Può essere dichiarato il difetto di jus postulandi quando una procura è stata
conferita dal legale rappresentante della persona giuridica convenuta anche se
apposta su timbro rz:fèribik ad altra società? Può essere considerata invalida una
procura che dallo stretto contenuto letterale della stessa e dell’atto cui accede non
esclude la rz:feribilità al procedimento per il quale viene conferita? Può infine una
procura invalida essere successivamente confermata e ratificata anche per facta
concludentia?’
3.4. Il motivo — pur a prescindere, in relazione alle dedotte violazioni
di legge, dalla non del tutto adeguata formulazione dei relativi quesiti
rispetto alle prescrizioni di cui all’art. 366 bis c.p.c., nella lettura datane
dal diritto vivente (al riguardo si rinvia a quanto evidenziato nel
paragrafo 2.2.), risolvendosi i detti quesiti nel mero interpello della
Corte in ordine alla sussistenza o meno della lamentata violazione di
legge e alla correttezza o meno dell’operato del giudice del merito — é,
comunque, infondato.
Ed invero la risposta ai proposti quesiti non può che essere negativa,
tenuto conto che la procura posta a margine della comparsa di risposta
risulta sottoscritta, con firma illeggibile da “Farina s.r.l. il legale
rappresentante p.t. Farina Giovanna”, come ivi indicato
specificatamente — senza apposizione di alcun timbro, diversamente da
quanto sostenuto in ricorso — e rilevato che a tale sottoscrizione non
può che riferirsi l’autentica del difensore posta in calce della stessa
(“Per autentica”).
9

3.3. Con riferimento al mezzo all’esame si formulano i seguenti quesiti:

Ne consegue che risulta chiaramente che la procura in parola è stata
rilasciata da società del tutto diversa da quella convenuta in giudizio e
avente quale legale rappresentante altra persona (Guglielmo Farina,
come indicato nell’intestazione della comparsa di risposta della
Farcauto S.r.l.).

esplicitamente “espresso mandato di proporre querela di falso avverso
le due comunicazioni con le quali Studio Gamma Pubblicità
comunicava alla Farina S.r.l. di dover procedere allo spostamento di
due cartelloni pubblicitari datate 19.6.1992 e 19.1.1993”, il che
conferma che alcuna attinenza o connessione sussiste tra la procura in
parola e l’atto cui accede.
Non vi è, quindi, spazio per alcuna ratifica, tanto meno in virtù del
proposto appello, svolto in forza di altra procura rilasciata dal legale
rappresentante dott. Gugliemo Farina della Farcauto S.r.l..
Si evidenzia, altresì, che, pur essendo richiamato nella rubrica del
motivo all’esame il n. 5 del primo comma dell’art. 360 c.p.c.,
nell’illustrazione del detto mezzo non si deducono vizi motivazionali e
difetta comunque un idoneo momento di sintesi (cd. quesito di fatto),
secondo le prescrizioni di cui all’art. 366 bis c.p.c, nella lettura datane
dal “diritto vivente” – e al riguardo si rinvia a quanto osservato nel
paragrafo 2.2. -, con conseguente inammissibilità del motivo sotto tale
profilo.
4. Con il secondo mezzo, deducendo “violazione degli artt. 5, 10, 12,
14 c.p.c. in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.”, la parte ricorrente
lamenta l’omessa pronuncia sul motivo di appello relativo all’eccezione
di incompetenza per valore del Giudice di pace.
4.1. Il motivo all’esame si conclude con i seguenti quesiti: “Quando
l’attore propone più domande di cui solo alcune di valore indeterminato queste
10

Inoltre, nella procura in questione risulta, tra l’altro, conferito

ultime si presumono di valore indeterminato e pertanto rientrano nella competenza
del Tribunale ratione valotis? Può l’attore ridurre la domanda in corso di causa?
Deve ribadire tale riduzione anche in sede di precisazione delle conclusioni e nei
successivi gradi di giudizio?’
5. Con il terzo motivo, denunciando la “violazione dell’art. 92 c.p.c. in

Tribunale, pur avendo accolto parzialmente l’appello principale, abbia
integralmente compensato le spese di lite.
5.1. In relazione al motivo in questione la Farcauto S.r.l. pone i
seguenti quesiti: “Quando il giudice accoglie pai-zialmente la domanda deve,

analogamente liquidare le spese di lite? Quando il giudice decide di compensare le
spese di lite deve congruamente motivare il relativo capo della decisione?”
6. Sia il secondo che il terzo motivo sono inammissibili.
Come più volte affermato da questa Corte e come già sopra
evidenziato, il quesito di diritto non può essere generico e astratto ma
deve compendiare la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto
sottoposti al giudice di merito, la sintetica indicazione della regola di
diritto applicata da quel giudice e la diversa regola di diritto che, ad
avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie. La
mancanza – come nel caso all’esame – anche di una sola di tali
indicazioni nel quesito di diritto rende inammissibile il motivo cui il
quesito così formulato sia riferito (Cass. Cass., ord., 25 settembre 2007,
n. 19892 e 17 luglio 2008, n. 19769; Cass. 30 settembre 2008, n. 24339;
Cass. 13 marzo 2013, n. 6286, in motivazione). Né, peraltro, il quesito
può consistere nel mero interpello della Corte in ordine alla fondatezza
o meno delle propugnate petizioni di principio o della censura così
come illustrata nello svolgimento del motivo (Cass. 7 marzo 2012, n.
3530), e in interpelli siffatti pure si risolvono sostanzialmente i
formulati quesiti.
11

relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.”, la ricorrente lamenta che il

o
Inoltre i motivi in parola, pur richiamando nelle rubriche l’art. 360,
primo comma, n. 5 c.p.c., non sono assistiti, con riferimento a vizi
motivazionali, da distinti e idonei momenti di sintesi (cd. quesiti di
fatto), rinviandosi al riguardo a quanto già osservato nel paragrafo 2.2..
7. Il ricorso principale deve essere, pertanto, rigettato.

e falsa applicazione degli artt. 342 e 163 cpc in riferimento all’art. 360
comma 1 n. 3 e n. 5″, l’Arolli si duole che il Tribunale abbia rigettato
l’eccezione preliminare di inammissibilità dell’appello proposto ex
adverso.
9. Il mezzo é inammissibile per difetto di autosufficienza, non avendo
detta parte assolto l’onere di trascrivere, nel controricorso contenente
ricorso incidentale, il contenuto dell’atto di appello nella misura
necessaria ad evidenziarne la lamentata genericità (Cass. 20 luglio 2012,
n. 12664; Cass. 10 gennaio 2012 n. 86; Cass. 20 settembre 2006, n.
20405).
10. Con il secondo motivo del ricorso incidentale si lamenta
“violazione e falsa applicazione degli artt. 279 comma 2 n. 2, 100 e 91
cpc in riferimento all’art. 360 comma 1 n. 3 cpc”.
Sostiene l’Arolli che erroneamente il Tribunale ha qualificato la
sentenza appellata dinanzi a sé come non definitiva, in quanto, a suo
avviso, detta sentenza definirebbe il rapporto processuale intercorso
tra l’attrice e il procuratore privo di mandato ad litem della società
convenuta estromettendolo sicché quest’ultimo – e non la parte
convenuta contumace – dovrebbe essere condannato alle spese.
11. Il motivo è inammissibile per difetto di interesse concreto ed
attuale dell’Arolli, evidenziandosi che la sentenza impugnata non ha
definito il processo tra le vere parti e, quanto alla eventuale
imputazione delle spese, a carico del difensore privo di mandato, per la
12

8. Con il primo motivo del ricorso incidentale, lamentando “violazione

o
parte a questi eventualmente imputabile, ha solo prospettato questa
possibilità, da valutare, in ogni caso, in sede di regolazione finale delle
spese.
12. Il ricorso incidentale deve, quindi, essere dichiarato inammissibile.
13. Tenuto conto della reciproca soccombenza, le spese del presente

P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale; dichiara
inammissibile il ricorso incidentale; compensa per intero tra le parti le
spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza
Civile della Corte Su .r a di Cassazione, il 5 dicembre 2013.

giudizio di cassazione vanno compensate, per intero, tra le parti.

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