Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4549 del 22/02/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile, sez. VI, 22/02/2017, (ud. 24/01/2017, dep.22/02/2017),  n. 4549

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 929/2016 proposto da:

D.C.S., elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE

DELLA VITTORIA 10, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA

ANASTASIO, a che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AZIENDA TERRITORIALE EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA del Comune di

Roma (Ater di Roma), C.F. (OMISSIS), P.I. (OMISSIS), in persona del

Direttore Generale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA PAOLUCCI CALBOLI 20-E, presso lo studio dell’avvocato EDMONDA

ROLLI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6931/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 29/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 24/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. ENRICO

SCODITTI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

D.C.S. propose ricorso innanzi al Tribunale di Roma avverso il provvedimento con cui l’Azienda Territoriale Edilizia Residenziale Pubblica del Comune di Roma (ATER di Roma) le aveva intimato il rilascio dell’immobile del quale era conduttrice la di lei nonna G.L. in base a contratto stipulato con l’Istituto Autonomo per le Case Popolari della Provincia di Roma in data (OMISSIS). Espose la parte attrice di avere abitato con la nonna fin dall’aprile 1995 e che la G. era deceduta il giorno (OMISSIS). Si costituì la parte convenuta chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale adito rigettò la domanda. Avverso detta sentenza propose appello D.C.S.. Si costituì la parte appellata chiedendo il rigetto dell’appello. Con sentenza di data 29 maggio 2015 la Corte d’appello rigettò l’appello. Motivò la corte territoriale nel senso che inidonea a fondare il diritto al subentro dell’appellante nella locazione era la clausola n. 4 del contratto, la quale prevedeva solo l’obbligo di comunicazione all’Istituto della variazione della composizione del nucleo familiare e l’autorizzazione da parte dell’Istituto alla coabitazione, autorizzazione di cui non constava la concessione, e che l’appellante non poteva invocare la L.R. Lazio n. 12 del 1999, art. 11, comma 5 e art. 12, comma 1, che consentono il subentro in caso di decesso dell’assegnatario ai componenti del nucleo familiare originariamente assegnatario, non facendone parte l’appellante. Ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi D.C.S. e resiste con controricorso la parte intimata. Il relatore ha ravvisato un’ipotesi di manifesta infondatezza del ricorso. Il Presidente ha fissato l’adunanza della Corte e sono seguite le comunicazioni di rito.

Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1035 del 1972, art. 2, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Osserva la ricorrente che, essendosi verificato l’ampliamento del nucleo familiare sotto la vigenza del D.P.R. n. 1035 del 1972, ed in epoca antecedente l’entrata in vigore della L.R. Lazio n. 12 del 1999 (priva di efficacia retroattiva), trova applicazione la legge del 1972, la quale non contiene le condizioni limitative all’ampliamento del nucleo familiare previste dalla legge regionale, e che in base alla clausola 4 del contratto era sufficiente una comunicazione, senza necessità di autorizzazione da parte dell’ATER.

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione della L.R. n. 12 del 1999, art. 12, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. Osserva la ricorrente che proprio in base alla L.R. n. 12 del 1999, art. 12, doveva essere riconosciuto il diritto al subentro perchè la ricorrente era parte del nucleo familiare originario, facendo parte al momento dell’entrata in vigore della legge regionale del nucleo familiare della propria nonna, sorto e legittimatosi nel vigore delle legge precedente e delle clausole contrattuali.

I motivi, da valutare unitariamente, sono manifestamente infondati. Prevede la L.R. Lazio n. 12 del 1999, art. 12, comma 1, che “in caso di decesso o negli altri casi in cui l’assegnatario non faccia più parte del nucleo familiare, subentrano nell’assegnazione i componenti del nucleo familiare di cui all’art. 11, comma 5 originariamente assegnatario o ampliato ai sensi del comma 4, secondo l’ordine stabilito nel citato art. 11, comma 5”. La legge prevede pertanto il subingresso nell’assegnazione dei componenti del nucleo familiare originariamente assegnatario così come definiti dall’art. 11, comma 5 (fra i quali sono previsti anche i discendenti). Il fatto a cui la norma collega l’effetto giuridico del subingresso è il decesso dell’assegnatario, sicchè la disposizione a cui bisogna avere riguardo è quella vigente all’epoca del decesso. Come esposto dalla ricorrente, e accertato dalla sentenza impugnata, la D.C. non ha abitato presso l’immobile a partire dall’originaria assegnazione nel 1975, ma solo a partire dall’anno 1999, sicchè non può essere ritenuta componente del nucleo familiare originariamente assegnatario. Nè può trovare applicazione il comma 4 dell’art. 12, che contempla i casi di ampliamento del nucleo, non facendo i discendenti parte delle categorie di soggetti ivi menzionate.

Va peraltro considerato che, come è stato affermato con riferimento alla disciplina previgente rispetto alla L.R. n. 12 del 1999, di cui la ricorrente invoca l’applicazione, si richiede un provvedimento ricognitivo da parte dell’ente concedente dei presupposti di fatto dell’ampliamento del nucleo familiare (Cass. 13 maggio 2015, n. 9783), e che il giudice di merito ha accertato che non risulta il provvedimento dell’ente. Tale accertamento di fatto non è sindacabile nella presente sede se non per vizio motivazionale.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del T.U. di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese processuali che liquida in Euro 6.060,00 per compenso, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2017

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA