Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4548 del 11/02/2022

Cassazione civile sez. lav., 11/02/2022, (ud. 18/01/2022, dep. 11/02/2022), n.4548

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. DI PAOLA Luigi – rel. Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27937-2017 proposto da:

COTRAL S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POMPEO MAGNO, 23/A, presso lo

studio dell’avvocato GIAMPIERO PROIA, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

R.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANGELO EMO 147/A,

presso lo studio dell’avvocato ALDO SIPALA, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ALDO SCHIAVI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4858/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 17/11/2016 R.G.N. 2991/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/01/2022 dal Consigliere Dott. LUIGI DI PAOLA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con la sentenza impugnata è stata confermata la pronunzia del Tribunale di Frosinone nella parte in cui era stata dichiarata la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra R.L. e la “Cotral S.p.A.” a far data dal 1 gennaio 2003;

per la cassazione della decisione ha proposto ricorso la società, affidato ad un motivo;

R.L. ha resistito con controricorso;

entrambe le parti hanno depositato memoria;

il P.G. non ha formulato richieste.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico articolato motivo la società ricorrente – denunciando violazione e falsa applicazione del D.L. n. 112 del 2008, art. 18, comma 2-bis, conv. in L. n. 133 del 2008, del D.L. n. 90 del 2014, art. 3, comma 5-quinquies, conv., con modif., in L. n. 114 del 2014, anche con riguardo all’art. 11 preleggi, del D.Lgs. n. 175 del 2016, artt. 19 e 25, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – si duole che il giudice di appello abbia ritenuto non ostativa all’accertamento dell’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato tra le parti, a seguito di violazione della normativa sul divieto di interposizione di manodopera, la formulazione del D.L. n. 112 del 2008, art. 18, comma 2-bis, conv. in L. n. 133 del 2008 (a seguito delle modifiche apportate dal D.L. n. 90 del 2014, art. 3, comma 5-quinquies), che non richiamerebbe più, per le società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo, i limiti ed i divieti alle assunzioni di personale in vigore nel settore del pubblico impiego; in particolare, la ricorrente evidenzia, da un lato, che la normativa “ratione temporis” applicabile al momento di emissione (nel caso, 19 maggio 2011) della sentenza di primo grado poneva tali limiti e divieti, e, dall’altro, che le modifiche successivamente introdotte dalla L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 557, dal D.L. n. 66 del 2014, art. 4, comma 12-bis, e dal D.L. n. 90 del 2014, art. 3, comma 5-quinquies, non hanno comunque intaccato la “ratio” sottesa alla disciplina, incentrata sul contenimento dei costi del personale (come ulteriormente confermato dal D.Lgs. n. 175 del 2016, art. 19, che prevede l’adozione di provvedimenti, ad opera delle società a controllo pubblico, contenenti criteri e modalità per il reclutamento del personale, nel rispetto, tra l’altro, dei principi di trasparenza, pubblicità e imparzialità).

Ritenuto che:

il motivo va rigettato, pur con motivazione diversa da quella contenuta nella sentenza impugnata, poiché nella articolata vicenda (nell’ambito della quale si registra una pronunzia di questa Corte -Cass. 14/10/2021, n. 27988 – in ordine a pretese monetarie fatte valere dal lavoratore in conseguenza dell’accertata interposizione) viene in considerazione, alla stregua del principio “tempus regit actum”, non la disciplina vigente al momento della pronuncia della sentenza di primo grado, bensì quella applicabile al momento anteriore, per come accertato, all’introduzione della norma limitativa – dell’insorgenza del rapporto di lavoro dedotto in giudizio (cfr., per il richiamo all’applicabilità della legge vigente al tempo dell’esecuzione del rapporto, Cass. 2/11/2020, n. 24199, in relazione a controversia analoga a quella in esame);

le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi e in Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2022

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