Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4547 del 25/02/2010

Cassazione civile sez. un., 25/02/2010, (ud. 17/11/2009, dep. 25/02/2010), n.4547

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente f.f. –

Dott. PREDEN Roberto – Presidente di Sezione –

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente di Sezione –

Dott. VIDIRI Guido – Consigliere –

Dott. ODDO Massimo – Consigliere –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26240-2008 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, MINISTERO DELL’ISTRUZIONE,

DELL’UNIVERSITA’, DELLA RICERCA E DELLA SALUTE, in persona del

rispettivi Ministri pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

li rappresenta e difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

A.G. ((OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA MONTE DELLE GIOIE 13, presso lo studio dell’avvocato

VALANSISE CAROLINA, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ZACCONE MARIO, per procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 41/2008 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 10/01/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/11/2009 dal Consigliere Dott. FILIPPO CURCURUTO;

uditi gli avvocati Pierluigi DI PALMA dell’Avvocatura Generale dello

Stato, Carolina VALANSISE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARTONE Antonio, che ha concluso per il rigetto del ricorso, A.G.O..

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La Corte d’Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza di primo grado, per quanto ancora interessa, ha condannato il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, il Ministero della Salute ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze a pagare a A.G. per ciascun anno di frequenza della scuola di specializzazione in chirurgia d’urgenza e pronto soccorso dal (OMISSIS) gli importi corrispondenti all’ammontare della borsa di studio prevista dal D.Lgs. n. 257 del 2001, ed ha rigettato l’appello incidentale proposto dalle Amministrazioni anzidette. La Corte territoriale ha considerato applicabile al diritto azionato dall’ A. il termine decennale di prescrizione, anzichè quello quinquennale, ritenendo che esso non fosse maturato, non potendo decorrere da data anteriore all’entrata in vigore del citato Decreto Legislativo.

Le Amministrazioni sopra indicate chiedono la cassazione di questa sentenza con ricorso per tre motivi, corredati da quesito ex art. 366 bis c.p.c. A.G. ha depositato controricorso, illustrato anche da memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con il primo motivo di ricorso, è denunziato difetto di giurisdizione del giudice ordinario e si addebita alla sentenza impugnata di non aver considerato che il petitum sostanziale della pretesa azionata atteneva a pretese economiche incardinate su rapporti di lavoro intercorrenti con una pubblica amministrazione nell’ambito di contratti di formazione specialistica, sicchè esso riguardava il riconoscimento di un titolo sulla base di una direttiva comunitaria, mediante un’attività organizzatori a ampiamente discrezionale dell’amministrazione statale, o comunque un servizio pubblico.

Secondo la giurisprudenza di queste Sezioni Unite, la domanda con cui il laureato in medicina, ammesso alla frequenza di un corso di specializzazione (nella specie, a partire dal (OMISSIS)), chieda la condanna della P.A. al pagamento in suo favore del trattamento economico pari alla borsa di studio per la frequenza di detto corso – fondando detta richiesta o sull’obbligo dello Stato di risarcire il danno derivante dalla mancata trasposizione, nel termine prescritto, delle direttive comunitarie (ed in particolare, della direttiva 82/76/CEE) prevedenti l’obbligo di retribuire la formazione del medico specializzando, ovvero sull’applicazione retroattiva della normativa nazionale di trasposizione (D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257), spetta alla giurisdizione del giudice ordinario, atteso che – come riconosciuto dalla Corte di giustizia di Lussemburgo – le dette direttive hanno natura incondizionata e sufficientemente precisa, di tal che la natura della situazione giuridica che esse attribuiscono, in favore degli specializzandi, ad una adeguata remunerazione non può che avere natura e consistenza di diritto soggettivo, laddove una qualificazione in termini di interesse legittimo, presupponendo la presenza di una scelta discrezionale della P.A., non sarebbe idonea ad assicurare una soddisfazione incondizionata della pretesa nascente dal diritto comunitario. Nè la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo potrebbe fondarsi sulla L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 7 di novellazione del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 33 atteso che detta norma è stata dichiarata in parte costituzionalmente illegittima con la sentenza n. 204 del 2004 della Corte costituzionale, la quale ha fatto così cadere la previsione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per tutta la materia dei servizi pubblici. (Cass. Sez. Un. 2203/2005; conf.

24465/2007).

Poichè non v’è ragione per discostarsi da tali principi, il primo motivo di ricorso è da ritenere infondato.

Con il secondo motivo di ricorso, previa denuncia di violazione del D.Lgs. n. 257 del 1991, della L. n. 370 del 1999; degli artt. 2043, 2946, 2947, e 2948 c.c., nonchè di omessa motivazione sul punto della contestazione del credito azionato, si addebita anzitutto alla sentenza impugnata di aver ritenuto applicabile al credito azionato la prescrizione decennale, anzichè quella quinquennale, mentre la corresponsione in sei rate bimestrali per ciascun anno delle borse di studio delle quali si era lamentata la mancata erogazione avrebbe reso necessario far riferimento all’art. 2948 c.c., n. 4, e di non aver considerato che la prescrizione quinquennale sarebbe stata applicabile anche nel caso in cui la domanda fosse stata interpretata come diretta ad ottenere il risarcimento del supposto danno per la mancata attuazione delle direttive comunitarie.

Con riferimento alla data di decorrenza della prescrizione, sulla premessa del carattere sufficientemente preciso ed incondizionato della direttiva 82/76/CEE, si addebita poi alla sentenza impugnata di non aver considerato che l’interessato, anche prima del recepimento della direttiva stessa, avrebbe potuto far valere il proprio diritto, a decorrere dalla data di maturazione, e perciò dalla data di conclusione dei singoli anni accademici nei quali aveva frequentato la scuola di specializzazione, e che in ogni caso egli avrebbe potuto agire dalla data in cui il diritto era stato negato, coincidente con l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 257 del 1991, che aveva attuato la direttiva ma solo con decorrenza dall’anno accademico (OMISSIS).

La giurisprudenza di queste Sezioni Unite ha recentemente affermato che in caso di omessa o tardiva trasposizione da parte del legislatore italiano nel termine prescritto delle direttive comunitarie (nella specie, le direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, non autoesecutive, in tema di retribuzione della formazione dei medici specializzandi) sorge, conformemente ai principi più volte affermati dalla Corte di Giustizia, il diritto degli interessati al risarcimento dei danni che va ricondotto – anche a prescindere dall’esistenza di uno specifico intervento legislativo accompagnato da una previsione risarcitoria – allo schema della responsabilità per inadempimento dell’obbligazione “ex lege” dello Stato, di natura indennitaria per attività non antigiuridica, dovendosi ritenere che la condotta dello Stato inadempiente sia suscettibile di essere qualificata come antigiuridica nell’ordinamento comunitario ma non anche alla stregua dell’ordinamento interno. Ne consegue che il relativo risarcimento, avente natura di credito di valore, non è subordinato alla sussistenza del dolo o della colpa e deve essere determinato, con i mezzi offerti dall’ordinamento interno, in modo da assicurare al danneggiato un’idonea compensazione della perdita subita in ragione del ritardo oggettivamente apprezzabile, restando assoggettata la pretesa risarcitoria, in quanto diretta all’adempimento di una obbligazione “ex lege” riconducibile all’area della responsabilità contrattuale, all’ordinario termine decennale di prescrizione (Cass. Sez. Un. 9147/2009).

In ragione di tale orientamento, dal quale non vi sono ragioni per discostarsi, anche il motivo in esame deve essere rigettato, in tutte le sue articolazioni.

Con il terzo motivo di ricorso, previa denuncia di violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 257 del 1991, della L. n. 370 del 1999, nonchè di omessa motivazione circa la ricorrenza delle condizioni di legge riguardo alla frequentazione di scuole di specializzazione quale titolo alla concessione del beneficio dell’adeguata remunerazione, si addebita alla sentenza impugnata di aver considerato come pacifica e comunque documentata la frequenza della scuola di specializzazione da parte dell’ A., negli anni accademici dal (OMISSIS) senza tuttavia accertare se tale frequenza fosse avvenuta nel rispetto delle condizioni per la concessione del beneficio previste dal D.Lgs. n. 257 del 1991.

Il motivo non può trovare accoglimento, perchè contesta in termini generici un accertamento di fatto contenuto nella sentenza impugnata, senza indicare quali specifiche circostanze sottoposte alla sua attenzione la Corte di merito avrebbe trascurato o male interpretato.

In conclusione, il ricorso deve esser rigettato, ma le oggettive incertezze che caratterizzano la materia, rendono opportuna la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 17 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2010

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