Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4546 del 22/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 22/02/2017, (ud. 24/01/2017, dep.22/02/2017),  n. 4546

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 571/2016 proposto da:

G.V., G.P., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dall’avvocato GIOVANNI FRANCO;

– ricorrente –

contro

ENEL DISTRIBUZIONE S.P.A. (succeduta da Enel S.p.A.) società con

socio unico, in persona del legale rappresentante, C.F. (OMISSIS),

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CHISIMAIO 29, presso lo

studio dell’avvocato OLIVIA POLIMANTI, rappresentata e difesa dagli

avvocati GIANCARLO POMPILIO e MARCO MAMMOLITI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 501/2015 del TRIBUNALE di CASTROVILLARI,

depositata il 03/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 24/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. ENRICO

SCODITTI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

G.V. e G.P. convennero in giudizio innanzi al Giudice di Pace di Trebisacce Enel Distribuzione s.p.a., chiedendo il risarcimento del danno derivato dalla mancata ultimazione di manufatto edilizio a causa della presenza di un palo in cemento per il passaggio di cavi elettrici. Espose la parte attrice che, nonostante la richiesta alla convenuta, il palo non era stato spostato. Si costituì la parte convenuta chiedendo il rigetto della domanda e proponendo domanda riconvenzionale di accertamento dell’intervenuto acquisto per usucapione della servitù di linea elettrica. Il giudice adito, previa separazione della causa relativa alla domanda riconvenzionale, accolse la domanda attorea, condannando la convenuta al pagamento della somma di Euro 4.987,50.

Avverso detta sentenza propose appello Enel Distribuzione s.p.a.. Si costituì la parte appellata chiedendo il rigetto dell’appello. Con sentenza di data 3 settembre 2015 il Tribunale di Castrovillari accolse l’appello e dichiarò l’acquisto per usucapione da parte di Enel Distribuzione s.p.a. del diritto di servitù occorrente al passaggio con appoggio dei fili, cavi ed impianti sull’edificio di proprietà degli appellati. Motivò il giudice di appello nel senso che gli attori non avevano mai contestato il possesso ventennale da parte di Enel e che l’allegazione, non smentita da alcuna evidenza contraria, dell’esistenza ultraventennale degli impianti sul fondo attoreo comprovava l’esercizio di fatto del possesso, sicchè la fondatezza della domanda di usucapione comportava il rigetto di quella risarcitoria. Con riferimento alla pretesa di ottenere il trasferimento della servitù di elettrodotto amovibile a spese dell’esercente, ai sensi del R.D. n. 1775 del 1933, art. 122, affermò il giudice di appello che gli appellati non avevano mai fornito o indicato un luogo adatto per la collocazione delle linee elettriche. Hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi G.V. e G.P. e resiste con controricorso la parte intimata. Il relatore ha ravvisato un’ipotesi di manifesta infondatezza del ricorso con riferimento al primo motivo e di inammissibilità quanto agli ulteriori motivi. Il Presidente ha fissato l’adunanza della Corte e sono seguite le comunicazioni di rito.

Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 34 e 40 c.p.c., art. 2909 c.c., artt. 100 e 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva la parte ricorrente che, avendo gli attori con la memoria ai sensi dell’art. 321 c.p.c., emendato la domanda nei termini del mancato spostamento della servitù di elettrodotto, che presupponeva la sopravvivenza del diritto come diritto allo spostamento della servitù, l’appellante era priva di interesse ad agire relativamente alla domanda di accertamento dell’usucapione.

Il motivo è manifestamente infondato. In disparte il mancato assolvimento dell’onere di autosufficienza del ricorso in punto di modifica della domanda, l’interesse a proporre appello discende dall’accoglimento nel giudizio di primo grado della domanda risarcitoria. La deduzione dell’acquisto per usucapione mirava alla neutralizzazione dell’illecito alla base della responsabilità risarcitoria ritenuta dal Giudice di Pace.

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 2697 c.c., in relazione all’art. 1158 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4. Osserva la parte ricorrente che il Tribunale ha accolto la domanda di accertamento dell’usucapione sulla base del principio di non contestazione e che la negazione del possesso ultraventennale costituiva allegazione implicita della prospettazione dell’occupazione abusiva. Aggiunge che la deduzione dell’obbligo di spostamento dell’elettrodotto era stata subordinata alla prova del possesso ventennale da parte della convenuta.

Il motivo è inammissibile. Con la censura si denuncia la violazione della norma processuale di cui all’art. 115 c.p.c., nella parte in cui prevede che il giudice pone a fondamento della decisione i fatti non specificatamente contestati, deducendo che invece vi è stata contestazione. Il giudice non ha fatto però applicazione puramente e semplicemente della regola di giudizio della non contestazione. Egli non si è infatti limitato a rilevare una “non contestazione”, ma ha aggiunto che l’allegazione del possesso ventennale non era stata smentita da alcuna evidenza contraria. L’affermazione implica il rilievo della mancanza di prova contraria a quanto allegato dalla controparte, e dunque la risoluzione della controversia non sulla base della mera non contestazione, ma sulla base della valutazione del materiale probatorio. La censura resta perciò estranea alla ratio decidendi.

Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del R.D. n. 1175 del 1933, art. 122 e D.Lgs. n. 259 del 2003, art. 92, comma 7, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Lamenta la parte ricorrente che, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, gli attori avevano adempiuto l’onere di indicazione del luogo di destinazione dell’elettrodotto, avendo fatto riferimento nella diffida del 21 giugno 2012 al sottosuolo quale luogo di destinazione attraverso l’interramento.

Il motivo è inammissibile. Sub specie di violazione di legge parte ricorrente denuncia in realtà il mancato accertamento di fatto dell’avvenuta indicazione del luogo ove collocare l’elettrodotto. La censura è pertanto inammissibile quale violazione di legge.

Con il quarto motivo si denuncia travisamento della prova per omesso esame dell’offerta di altro luogo idoneo per il collocamento dell’elettrodotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Osserva parte ricorrente che all’atto di citazione era stato allegato, quale prova documentale, l’atto di diffida con cui era stato chiesto l’interramento dell’elettrodotto e che il giudice non aveva preso in considerazione tale circostanza.

Il motivo è inammissibile. L’apprezzamento del giudice del merito, che abbia ritenuto pacifica e non contestata una circostanza di causa, qualora sia fondato sulla mera assunzione acritica di un fatto, può configurare un travisamento, denunciabile solo con istanza di revocazione, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, mentre è sindacabile in sede di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, ove si ricolleghi ad una valutazione ed interpretazione degli atti del processo e del comportamento processuale delle parti (fra le tante da ultimo Cass. 4893 del 2016). Secondo quanto denunciato dal motivo di ricorso, il giudice di merito ha affermato che gli appellati non avevano mai offerto all’esercente altro luogo adatto all’esercizio della servitù, ai sensi del R.D. n. 1175 del 1933, art. 122, laddove invece agli atti era presente la richiesta di diversa localizzazione. In tal modo si impugna la decisione non sotto il profilo della valutazione (nel senso ad esempio che il giudice di merito potrebbe non avere ritenuto idonea offerta la richiesta in atti), che avrebbe richiesto la denuncia del vizio motivazionale, ma sotto il profilo dell’errore di percezione (del resto gli stessi ricorrenti parlano di travisamento della prova). La censura doveva quindi farsi valere con il mezzo della revocazione.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il T.U. di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese processuali che liquida in Euro 2.050,00 per compenso, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2017

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