Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4545 del 24/02/2011

Cassazione civile sez. I, 24/02/2011, (ud. 17/01/2011, dep. 24/02/2011), n.4545

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 14885/2005 proposto da:

E.F. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA G. PISANELLI 2, presso l’avvocato ANGELETTI

ALBERTO, rappresentato e difeso dall’avvocato VANTAGGIATO Angelo,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MIGGIANO (C.F. (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 2, presso

PLACIDI ALFREDO, rappresentato e difeso dall’avvocato QUINTO Pietro,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 741/2004 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 22/12/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

17/01/2011 dal Consigliere Dott. SALVATORE SALVAGO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di appello di Lecce con sentenza del 22 dicembre 2004, ha determinato l’indennità dovuta dal comune di Miggiano a E. F. per l’espropriazione di un terreno di sua proprietà (con decreto sindacale del 3 marzo 1999), in Euro 18.742,22 e quella di occupazione in Euro 1.843: in quanto l’immobile aveva destinazione non edificatoria essendo ubicato in zona classificata E/1 e destinata a verde pubblico attrezzato dal Piano di fabbricazione vigente al tempo della vicenda ablativa.

Per la cassazione della sentenza, l’ E. ha proposto ricorso per due motivi; cui resiste con controricorso l’amministrazione comunale. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, E.F., deducendo omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, censura la sentenza impugnata per aver acriticamente recepito le osservazioni del c.t.u. sulla natura non edificabile del fondo espropriato,discostandosi dalla giurisprudenza di questa Corte che aveva elaborato una nozione elastica ed allargata di edificabilità;

che non si esaurisce in quella abitativa ed include anche le aree destinate a servizi pubblici, quali i parcheggi.

Con il secondo motivo,deducendo violazione dell’art. 5 bis in relazione all’art. 84 N.T.A. dello strumento urbanistico censura la sentenza per non aver considerato che quest’ultimo prevede che il volume delle costruzioni realizzabili non debba superare l’indice di densità fondiaria di 0,20 mq/mc. e che tale realizzazione possa avvenire anche con l’intervento di privati:perciò attribuendo alla zona destinazione legale edificatoria.

Il ricorso è infondato.

Avendo la sentenza impugnata accertato ed il ricorrente specificamente confermato che il suo terreno è incluso dal P.F. del comune in zona E1, destinata a verde attrezzato, nessun dubbio può sussistere sulla sua natura non edificabile postulata dalla giurisprudenza di questa Corte del tutto consolidata a partire quanto meno dalla decisione 172/2001 delle Sezioni Unite invocata dallo stesso ricorrente, secondo cui: 1) la stima dell’indennizzo espropriativo nella normativa dell’art. 5 bis è caratterizzata dalla rigida dicotomia, che non lascia spazi per un tertium genus, tra “aree edificabili” (indennizzabili in percentuale del loro valore venale) ed “aree agricole” o “non classificabili come edificabili” (tuttora indennizzabili in base a valori agricoli tabellari ex legge n. 865 del 1971); 2) detta normativa enuncia la regola assoluta che – un’area va ritenuta edificabile quando, e per il solo fatto che, come tale, essa risulti classificata al momento della vicenda ablativa dagli strumenti urbanistici, secondo un criterio di prevalenza o autosufficienza della edificabilità legale: perciò escludendo le possibilità legali di edificazione tutte le volte in cui la zona sia stata concretamente vincolata ad un utilizzo meramente pubblicistico (verde pubblico, attrezzature pubbliche, viabilità ecc.) in quanto dette classificazioni apportano un vincolo di destinazione che preclude ai privati tutte quelle forme di trasformazione del suolo che sono riconducibili alla nozione tecnica di edificazione e che sono, come tali, soggette al regime autorizzatorio previsto dalla vigente legislazione edilizia. (Da ultimo: Cass. 665/2010; 404/2010;

21396/2009; 21095/2009; 17995/2009).

Pertanto non è esatto che la successiva sentenza 173/2001 delle stesse Sezioni Unite abbia qualificato edificabile un’area destinata a parcheggi pubblici, tale qualifica avendo riservato a quei parcheggi localizzati nell’ambito di una zona edificatoria (esemplificativamente: all’interno di un PEEP), posto che per l’art. 5 bis, comma 3, non si deve tener conto del vincolo preordinato all’esproprio (ma della classificazione di zona); ed avendola invece esclusa allorquando vengano costruiti in zona destinata e vincolata in via generale ed astratta, come nella fattispecie, ad utilizzazioni meramente pubblicistiche. E d’altra parte a nulla rileva (Cass. 2702/2010) che lo strumento attuativo preveda che il comune per la esecuzione (necessariamente) dei relativi impianti ed attrezzature di interesse generale possa avvalersi dell’intervento di privati: in quanto per attribuire destinazione edificatoria alla zona occorreva che il P.F. (e non lo strumento attuativo) prevedesse destinazioni realizzabili anche ad iniziativa privata e quindi attuabili per volontà e scelta rimesse alla discrezionalità del soggetto privato (da ultimo Cass. sez. un. 28051/2008). Laddove nel caso tutte le utilizzazioni individuate dallo stesso strumento attuativo (giardini, parchi per lo sport, ecc.) sono devolute all’iniziativa esclusiva dello stesso comune,come da ultimo conferma la circostanza che non è previsto alcun indice territoriale di edificazione (onde definire il complessivo carico di edificazione che può gravare sull’intera superficie della zona), ma soltanto quello fondiario per ciascuna tipologia di opera pubblica realizzanda.

Il rigetto del ricorso comporta la condanna del soccombente E. al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in favore del comune in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per onorario di difesa, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2011

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