Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4544 del 27/02/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 4544 Anno 2018
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: BERRINO UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso 17089-2012 proposto da:
LATELLA LORENZA, in qualità di erede di NUCERA
GUERINO, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA
CAVOUR,

presso

Cassazione,

la

cancelleria

della

Corte

di

rappresentata e difesa dall’Avvocato

ANTONIO MEDIATI, giusta delega in atti;
– ricorrente contro
2017
4420

I.N.P.S.
SOCIALE C.F.

ISTITUTO NAZIONALE
80078750587,

DELLA PREVIDENZA

in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto rappresentato e difeso dagli

Cl

/

Data pubblicazione: 27/02/2018

avvocati EMANUELA CAPANNOLO, MAURO RICCI, CLEMENTINA
PULLI, giusta delega in atti;
– controricorrente nonchè contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE C.F. 80415740580;

avverso
D’APPELLO

1126/2011

la sentenza n.
di

REGGIO

CALABRIA,

28/04/2011 R.G.N. 1108/2006.

della CORTE
depositata

il

– intimata –

Rilevato
che Latella Lorenza, vedova di Nucera Guerino, premesso che questi aveva
chiesto l’indennità di accompagnamento il 13.12.2001 e che era deceduto il
13.4.2004, in data 5.10.2006 ricorreva al giudice per ottenere i ratei
dell’indennità che sarebbero spettanti al suo dante causa;

dalla Latella per ottenere i ratei decorrenti dalla domanda amministrativa, la
Corte d’appello di Reggio Calabria (sentenza del 5.7.2011) rigettava
l’impugnazione, rilevando che il consulente tecnico d’ufficio aveva accertato, in
base alla documentazione, che l’assicurato aveva avuto necessità di assistenza
continua solo dal 19.2.2004;
che non poteva ritenersi, per il solo fatto che il soggetto richiedente aveva
superato la soglia dei sessantacinque ae anni di età, che fosse sufficiente per
il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento la semplice verifica
dell’esistenza di persistenti difficoltà a svolgere i compiti e le funzioni proprie
dell’età;
che per la cassazione della sentenza ricorre Latella Lorenza con un solo
motivo;
che resiste l’Inps con controricorso;
Considerato
che con un solo motivo, dedotto per vizio di motivazione e per violazione
dell’art. 1, legge n. 18 dell’11.2.1980, la ricorrente osserva che il giudice di
primo grado avrebbe potuto verificare che già dal 3.12.2003 Nucera Guerino
era affetto da neoplasia polmonare metastatica allo scheletro, con
conseguente necessità di assistenza continua, per cui a fronte della denunzia
delle gravi carenze della consulenza medica d’ufficio espletata in primo grado
la Corte d’appello avrebbe dovuto disporre la rinnovazione della perizia o la
riconvocazione del consulente;
che il motivo è infondato;
che, infatti, la ricorrente si limita a contestare l’accertamento compiuto dal
consulente d’ufficio, fatto proprio dal giudice di merito, con considerazioni di
mero dissenso diagnostico e senza censurare nemmeno la ricostruzione
eseguita dalla Corte d’appello circa la rilevata persistenza, nel periodo

che accolta la domanda per il periodo 19.2 – 13.4.2004 e proposto appello

antecedente a quello individuato dal perito, di un grado di autosufficienza che
consentiva al dante causa dell’odierna ricorrente un regime di vita senza
necessità di assistenza continua;
che questa Corte ha già avuto occasione di ribadire (Cass. Sez. 6 – L,
Ordinanza n. 1652 del 3.2.2012) che “nel giudizio in materia d’invalidità il

prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, è ravvisabile
in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui
fonte va indicata, o nell’omissione degli accertamenti strumentali dai quali,
secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una
corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero
dissenso diagnostico che si traduce in un’inammissibile critica del
convincimento del giudice, e ciò anche con riguardo alla data di decorrenza
della richiesta prestazione”;
che sotto questo specifico aspetto non è sufficiente, per la sussistenza del vizio
di motivazione, la mera prospettazione di una semplice difformità tra le
valutazioni del CTU e quella della parte circa l’entità e l’incidenza del dato
patologico, poiché in mancanza degli errori e delle omissioni sopra specificate
le censure di difetto di motivazione costituiscono un mero dissenso diagnostico
non attinente a vizi del processo logico e si traducono in una inammissibile
richiesta di revisione del merito del convincimento del giudice (cfr. tra le tante
Cass. n. 7341/2004);
che è, altresì, corretta la considerazione della Corte di merito secondo la quale
per i soggetti ultrasessantacinquenni non sono previsti requisiti diversi da
quelli previsti dalla legge per l’indennità di accompagnamento;
che si è, infatti, precisato che “le condizioni previste dall’art. 1 della legge 11
febbraio 1980, n. 18 (nel testo modificato dall’art. 1, comma secondo, della
legge 21 novembre 1988,n. 508) per l’attribuzione dell’indennità di
accompagnamento consistono, alternativamente, nell’impossibilità di
deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore oppure
nell’incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita senza continua
assistenza; ai fini della valutazione non rilevano episodici contesti, ma è
richiesta la verifica della loro inerenza costante al soggetto, non in rapporto ad

vizio, denunciabile in sede di legittimità, della sentenza che abbia

una soltanto delle possibili esplicazioni del vivere quotidiano, ovvero della
necessità di assistenza determinata da patologie particolari e finalizzata al
compimento di alcuni, specifici, atti della vita quotidiana, rilevando, quindi,
requisiti diversi e più rigorosi della semplice difficoltà di deambulazione o di
compimento degli atti della vita quotidiana e configuranti impossibilità. Tali

d.lgs. 23 novembre 1988, n. 509 (che ha aggiunto il terzo comma all’art. 2,
della legge 30 marzo 1971, n. 118), lungi dal configurare un’autonoma ipotesi
di attribuzione dell’indennità, pone solo le condizioni perché detti soggetti
siano considerati mutilati o invalidi – in analogia a quanto disposto per i minori
di anni diciotto dall’art. 2, comma secondo, della legge n. 118 del 1971 nel
testo originario – non potendosi, per entrambe le categorie, far riferimento alla
riduzione della capacità lavorativa” (v. in tal senso Cass. Sez. Lav. n. 12521
del 28.5.2009);
che, pertanto, il ricorso va rigettato;
che non va adottata alcuna statuizione in ordine alle spese di lite in quanto
ricorrono nella fattispecie le condizioni di esenzione di cui all’art. 152 disp. att.
c.p.c., così come novellato a seguito della entrata in vigore dell’art. 42,
comma 11, del d.l. 30/9/03 n. 269, convertito nella legge 24/11/03 n. 326.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma il 14 novembre 2017

requisiti sono richiesti anche per gli ultrasessantacinquenni, poiché l’art. 6 del

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