Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4543 del 26/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4543 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: GARRI FABRIZIA

ORDINANZA
sul ricorso 25795-2011 proposto da:
FANCELLU ALFREDO FNCLRD56H11A794V, FANCELLU
ADRIANA FNCDRN59A44A794W, FANCELLU FRANCESCA
FNCFNC67R66A794F, FANCELLU MAURO
FNCMRA60H26A794F, tutti quali eredi di Borelli Alberta,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BENEDETTO CROCE 49,
presso lo studio dell’avvocato PIETRANGELI ALESSANDRO,
rappresentati e difesi dall’avvocato ALBERTO CAPPELLARO giusta
delega in calce al ricorso;
– ricorrenti contro

MINISTERO DELLA SALUTE 96047640584;
– intimato –

Data pubblicazione: 26/02/2014

avverso la sentenza n. 438/2010 della CORTE D’APPELLO di
BRESCIA, depositata il 03/11/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
30/01/2014 dal Consigliere Relatore Dott. FABRIZIA GARRI.

Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Brescia riformando la
statuizione di primo grado di accoglimento della domanda proposta da
Borelli Alberta nei confronti del Ministero della Salute negava il diritto
della stessa, e per lei dei suoi eredi, ad ottenere la rivalutazione, sulla
base degli indici Istat, anche dell’indennità integrativa speciale,
computata nell’indennizzo di cui alla L. n. 210 del 1992 di cui godeva.
Avverso detta sentenza propongono ricorso gli eredi della Borelli
sulla base di un articolato motivo.
Il Ministero è rimasto intimato.
Il ricorso è fondato conformemente alla giurisprudenza di questa
Corte (da ultimo, Cass. 12590/2012 e 29914/2011).
Era stato affermato (Cass. n. 21703 del 13/10/2009, disattendendo il
precedente orientamento di cui a Cass. N. 15894 del 2005) che “In
materia di danni da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni od
emoderivati, la rivalutazione annuale non si applica
all’indennità integrativa speciale, prevista dalla L. 25 luglio 1992, n.
210, art. 2, comma 2, sia perché il legislatore ne ha espressamente
stabilito il riconoscimento solo per l’indennizzo, autonomamente
disciplinato dall’art. 2 cit., comma 1 (così come modificato dalla L. 25
luglio 1997, n. 238), sia perché l’indennità integrativa speciale ha
proprio la funzione di attenuare od impedire gli effetti della
svalutazione monetaria, per cui è ragionevole che ne sia esclusa
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Fatto e diritto

normativamente la rivalutabilità”.
L’infondatezza della pretesa era stata poi confermata dalla successiva
sentenza n. 22112 del 2009, che si era data carico di risolvere il
contrasto.
Inoltre con il D.L. n. 78 del 2010, art. 11, comma 13 convertito in L. n.

comma 2 e successive modifiche, si interpreta nel senso che la somma
corrispondente all’importo della indennità integrativa speciale non è
rivalutato secondo il tasso di inflazione”.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 293 del 2011, ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 11,
commi 13 e 14, ritenendo tale disciplina non conforme al canone di
ragionevolezza.
Con detta sentenza si è affermato che : “(…) come questa Corte ha già
chiarito, la menomazione della salute conseguente a trattamenti sanitari
può determinare, oltre al risarcimento del danno in base alla previsione
dell’art. 2043 c.c., il diritto ad un equo indennizzo, in forza dell’art. 32
in collegamento con l’art. 2 Cost., qualora il danno, non derivante da
fatto illecito, sia conseguenza dell’adempimento di un obbligo legale,
come la sottoposizione a vaccinazioni obbligatorie (fattispecie alla
quale è stato assimilato il caso in cui il danno sia derivato da un
trattamento sanitario che, pur non essendo giuridicamente
obbligatorio, sia tuttavia, in base ad una legge, promosso dalla pubblica
autorità in vista della sua diffusione capillare nella società: sentenza n.
27 del 1998); nonché il diritto, qualora ne sussistano i presupposti a
norma dell’art. 2 Cost. e dell’art. 38 Cost., comma 2, a misure di
sostegno assistenziale disposte dal legislatore nell’ambito della propria
discrezionalità (sentenze n. 342 del 2006, n. 226 del 2000 e n. 118 del
1996). La situazione giuridica di coloro che, a seguito di trasfusione,
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122 del 2010, si è disposto che “la L. 25 febbraio 1992, n. 210, art. 2,

siano affetti da epatite è riconducibile all’ultima delle ipotesi ora
indicate. E il legislatore, nell’esercizio dei suoi poteri discrezionali, è
intervenuto con la L. n. 210 del 1992, prevedendo (tra l’altro) un
indennizzo consistente in una misura di sostegno economico, fondato
sulla solidarietà collettiva garantita ai cittadini, alla stregua dei citati artt.

(sentenza n. 342 del 2006, punto 3 del Considerato in diritto), misura
che trova fondamento nella insufficienza dei controlli sanitari
predisposti nel settore (sentenza n. 28 del 2009). Le scelte del
legislatore, nell’esercizio dei suoi poteri di apprezzamento della qualità,
della misura, della gradualità e dei modi di erogazione delle
provvidenze da adottare, rientrano nella sfera della sua discrezionalità.
Tuttavia, compete a questa Corte verificare che esse non siano affette
da palese arbitrarietà o irrazionalità, ovvero non comportino una
lesione della parità di trattamento o del nucleo minimo della garanzia
(sentenze n. 342 del 2006 e n, 226 del 2000). Ciò posto, si deve rilevare
che con la L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 363
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato — Legge Finanziaria 2008), è stato disposto che “L’indennizzo di
cui alla L. 29 ottobre 2005, n. 229, art. 1 è riconosciuto, altresì, ai
soggetti affetti da sindrome da talidomide, determinata dalla
somministrazione dell’omonimo farmaco, nelle forme dell’amelia,
dell’emimelia, della focomelia e della macromelia”. La L. 29 ottobre
2005, n. 229, art. 1 rinvia, a sua volta, ai soggetti di cui alla L. n. 210 del
1992, art. 1, comma 1 e disciplina l’ulteriore indennizzo ai medesimi
spettante, determinandone importo e modalità di erogazione (comma
1). Il comma 4 della norma statuisce che “L’intero importo
dell’indennizzo, stabilito ai sensi del presente articolo, è rivalutato
annualmente in base alla variazione degli indici ISTAT”. Per il
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2 e 38 Cost., a fronte di eventi generanti una situazione di bisogno

richiamo effettuato dalla L. n. 24 del 2007 all’intero L. n. 229 del 2005,
art. 1 anche quest’ultima disposizione si applica all’indennizzo
riconosciuto ai soggetti affetti da sindrome da talidornide. Del resto, il
regolamento di esecuzione della L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 363,
recato dal D.M. 2 ottobre 2009, n. 163 ribadisce nell’art. 1, comma 4,

annualmente in base alla variazione degli indici ISTAT.
Orbene, come già chiarito da questa Corte, non è ravvisabile
irrazionale disparità di trattamento dei soggetti danneggiati in modo
irreversibile da emotras fusioni rispetto a quanti abbiano ricevuto una
menomazione permanente alla salute da vaccinazioni obbligatorie,
trattandosi di situazioni diverse che non si prestano ad entrare in una
visione unificatrice (sentenza n. 423 del 2000 e ordinanza n. 522 del
2000). Non altrettanto, però, può dirsi per la situazione delle persone
affette da sindrome da talidomide. Invero, la ratio del beneficio
concesso a tali persone è da ravvisare nell’immissione in commercio
del detto farmaco in assenza di adeguati controlli sanitari sui suoi
effetti, sicché esso ha fondamento analogo, se non identico, a quello
del beneficio introdotto dalla L. n. 210 del 1992, art. 1, comma 3. Nella
sindrome da talidomide, come nell’epatite post-trasfusionale, i danni
irreversibili subiti dai pazienti sono derivati da trattamenti terapeutici
non legalmente imposti e neppure incentivati e promossi dall’autorità
nell’ambito di una politica sanitaria pubblica.
Entrambe le misure hanno natura assistenziale, basandosi sulla
solidarietà collettiva garantita ai cittadini alla stregua degli arti. 2 e 38
Cost..
In questo quadro non si giustifica, e risulta, quindi, fonte di una
irragionevole disparità di trattamento in contrasto con l’art. 3 Cost.,
comma 1, la situazione venutasi a creare, a seguito della normativa
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che l’importo dell’indennizzo suddetto “è interamente rivalutato

censurata, per le persone affette da epatite post- trasfusionale rispetto a
quella dei soggetti portatori della sindrome da talidomide.
A questi ultimi è riconosciuta la rivalutazione annuale dell’intero
indennizzo, mentre alle prime la rivalutazione (sulla base del tasso di
inflazione programmato: L. n. 210 del 1992, art. 2, comma 1) è negata

dell’indennizzo stesso, con la conseguenza, tra l’altro, che soltanto
questo rimane esposto alla progressiva erosione derivante dalla
svalutazione. E ciò ad onta delle caratteristiche omogenee come sopra
riscontrate tra i due benefici.
La tesi della difesa dello Stato, secondo cui essi in realtà resterebbero
differenziati ab origine, “nel senso che il relativo ammontare è
comunque diverso”, anche a prescindere dalla rivalutabilità o meno
della componente commisurata alla indennità
integrativa speciale inclusa nella base di calcolo, non può essere
condivisa.
Infatti, il diverso ammontare dell’indennizzo attiene alla
determinazione del quantum e, quindi, risponde a legittime scelte
discrezionali del legislatore che non sono qui in discussione. Esse,
comunque, non incidono sulle ragioni unificanti sopra evidenziate.
Conclusivamente, alla stregua delle esposte considerazioni, deve essere
dichiarata l’illegittimità costituzionale del D.L. n. 78 del 2010, art. 11,
comma 13 convertito, con modificazioni, dalla L. n. 122 del 2010, art.
1, comma 1. La declaratoria riguarda anche il successivo comma 14,
trattandosi di disposizione strettamente connessa alla precedente, in
quanto diretta a regolare gli effetti intertemporali della norma
interpretativa, della quale, dunque, segue la sorte (Corte cost.
293/2011)”.

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proprio sulla componente diretta a coprire la maggior parte

A seguito della sentenza n. 293/2011 della Corte Costituzionale è da
escludere che possa essere negata la rivalutabilità — secondo il tasso
annuale di inflazione programmata di cui alla L. n. 210 del 1992, art. 2,
comma 1 — della componente dell’indennizzo costituita
dall’indennità integrativa speciale di cui all’art. 2 citato, comma 2,

della disciplina dell’istituto, inteso della sua globalità (in termini già
Cass. n. 15894 del 28/07/2005).
Alla luce delle esposte considerazioni il ricorso va accolto, la sentenza
cassata, e non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito ed
incontestata la somma chiesta con la domanda introduttiva del giudizio
a titolo di rivalutazione monetaria della indennità integrativa speciale
facente parte dell’equo indennizzo ex L. n. 210 del 1982, il
Ministero della Salute va condannato al pagamento della somma di €
9651,72 oltre agli interessi legali dalle singole scadenze al saldo.
Quanto alle spese del giudizio di Cassazione queste vanno regolate
secondo il criterio della soccombenza e sono liquidate nella misura
precisata in dispositivo. Al contrario vanno compensate quelle dei
gradi di merito alla luce della oscillazioni giurisprudenziali registratesi.
P.Q.M.
La Corte
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito,
dichiara il diritto degli odierni ricorrenti alla
rivalutazione monetaria della indennità integrativa speciale facente
parte dell’equo indennizzo ex L. n. 210 del 1982 e condanna
il Ministero della Salute al pagamento della somma di € 9651, 79 oltre
interessi legali dalle singole scadenze al saldo.
Condanna il Ministero della Salute al pagamento delle spese del
presente giudizio di cassazione liquidate in € 2500,00 per compensi
Ric. 2011 n. 25795 sez. ML – ud. 30-01-2014
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essendo — questa — l’interpretazione “costituzionalmente orientata”

professionali ed in € 100,00 per esborsi, oltre I.V.A. e C.P.A..
Compensa tra le parti le spese dei gradi di merito.

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2014

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