Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4537 del 22/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 22/02/2017, (ud. 06/12/2016, dep.22/02/2017),  n. 4537

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11970/2015 proposto da:

F.I., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTI PARIOLI

38, presso lo studio dell’avvocato MARCELLO GROTTA, rappresentata e

difesa dall’avvocato SALVATORE FERRARA, giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

R.A.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE

FERRARI 11, presso lo studio dell’avvocato ANTONINO GUIDA,

rappresentata e difesa dagli avvocati MANFREDI CARRIGLIO, EMANUELE

CATANIA, giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4903/2014 del TRIBUNALE di PALERMO, depositata

il 13/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

06/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO ROSSETTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il consigliere relatore ha depositato, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione:

“1. Nel 2013 R.A.C. iniziò nei confronti di F.I. una procedura di esecuzione per rilascio dell’immobile sito in (OMISSIS), concesso in locazione dalla prima alla seconda.

L’esecuzione venne fondata su due titoli esecutivi giudiziali, con i quali venne – rispettivamente – accertata la cessazione della locazione, e stabilito il termine di rilascio.

2. Nello stesso anno F.I. convenne R.A.C. dinanzi al Tribunale di Palermo, deducendo la nullità del titolo esecutivo posto a fondamento dell’esecuzione, a causa della mancata apposizione su esso della formula esecutiva.

Il Tribunale qualificò la domanda come opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c. e con sentenza 13.10.2014 n. 4903 la rigettò, ritenendola tardiva.

Il Tribunale fondò la propria decisione sul rilievo che il precetto fu notificato a F.I. il 14.1.2013, mentre l’opposizione fu notificata l’11.2.2013, e dunque oltre il termine di venti giorni stabilito dalla legge.

Soggiunse il Tribunale che la decadenza non era stata evitata dalla circostanza che, nel termine di legge, l’opponente avesse notificato l’atto di opposizione personalmente ad R.A.C., in quanto la notifica dell’opposizione si sarebbe dovuta eseguire nel domicilio eletto con l’atto di precetto.

Infine, il Tribunale rilevò che l’opponente non chiese, nella prima udienza, di essere rimessa in termini per eseguire una nuova notifica.

3. La sentenza del Tribunale di Palermo è stata impugnata per cassazione da F.I., con ricorso fondato su tre motivi. R.A.C. ha resistito con controricorso.

4. La controricorrente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse. Ha dedotto che la procedura esecutiva oggetto del presente giudizio “si è perenta per la mancata riattivazione del processo esecutivo”.

4.1. Allo stato degli atti, dal fascicolo degli “atti regolamentari” predisposto dalla Cancelleria, e sul quale si basa la presente relazione, non risulta che la procedura esecutiva sia stata abbandonata o si sia estinta.

Nondimeno, si vera sunt exposita (e quindi nell’ipotesi che la suddetta circostanza dovesse emergere, nelle forme prescritte dall’art. 372 c.p.c.), l’eccezione di inammissibilità per sopravvenuta cessazione della materia del contendere dovrebbe ritenersi fondata.

E’ infatti pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che l’estinzione del procedimento esecutivo comporta la cessazione della materia del contendere, per sopravvenuto difetto di interesse a proseguire il giudizio, dei giudizi di opposizione agli atti esecutivi (ex multis, Sez. 3, Sentenza n. 15761 del 10/07/2014, Rv. 631879).

Nè la ricorrente subirebbe pregiudizio per il fatto di essere stata condannata alle spese nel grado di merito: infatti la pronuncia di “cessazione della materia del contendere” produce la caducazione di tutte le pronunce emanate nei precedenti gradi di giudizio e non passati in cosa giudicata (come stabilito dalle Sezioni Uni te di questa Corte con la sentenza Sez. U, Sentenza n. 1048 del 28/09/2000, Rv. 541106; nello stesso senso, in seguito, anche Sez. 1, Sentenza n. 4714 del 03/03/2006, Rv. 590244, e Sez. 3, Sentenza n. 12887 del 04/06/2009, Rv. 608554).

5. Nell’ipotesi in cui non dovesse risultare dagli atti, nemmeno all’esito dell’udienza camerale, la estinzione del giudizio di esecuzione; ovvero nell’ipotesi in cui il Collegio dovesse ritenere non cessata la materia del contendere, si sottopongono al collegio ed alle parti le seguenti conclusioni nel merito.

6. Col primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 291 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. Sostiene che l’errore in cui incorse l’opponente (l’avere notificato l’atto di opposizione personalmente alla parte, invece che nel domicilio eletto) avrebbe dovuto indurre il giudice non già a dichiarare tardiva l’opposizione, ma a ritenere sanata la nullità per effetto della rinnovazione della notificazione. Tale rinnovazione, infatti, anche se compiuta dopo lo spirare del termine per proporre opposizione, aveva prodotto i suoi effetti ex tunc, ai sensi dell’art. 291 c.p.c..

6.1. Il motivo è fondato.

Con recente decisione, le Sezioni Unite di questa Corte hanno stabilito che qualsiasi vizio della notificazione ne comporta la nullità, e che può parlarsi di “inesistenza” della notificazione solo in casi residuali estremi, quali la mancata consegna all’ufficiale giudiziario da parte del notificante. Se ne è tratta la conseguenza che il luogo in cui la notificazione è stata eseguita attiene agli elementi costitutivi essenziali dell’atto, sicchè i vizi relativi alla sua individuazione ricadono sempre nell’ambito della nullità dell’atto, come tale sanabile, con efficacia ex tunc, o per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione della parte intimata (anche se compiuta al solo fine di eccepire la nullità), o in conseguenza della rinnovazione della notificazione, effettuata spontaneamente dalla parte stessa oppure su ordine del giudice ex art. 291 c.p.c. (Sez. U, Sentenza n. 14916 del 20/07/2016, Rv. 640604).

Nel caso di specie, pertanto, essendo stata la notificazione rinnovata, la seconda notificazione ha sanato retroattivamente la nullità della prima, ed il giudice dell’opposizione avrebbe dovuto esaminare nel merito le doglianze dell’opponente.

7. Col secondo e col terzo motivo di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente, la ricorrente lamenta che il giudice di merito avrebbe trascurato di prendere in esame l’eccezione con la quale l’opponente aveva dedotto l’avvenuta stipula tra le parti di un pactum de non exequendo.

Da ciò sarebbero derivati due errori: da un lato, il tribunale avrebbe violato il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato; dall’altro, avrebbe erroneamente qualificato l’opposizione come “opposizione agli atti esecutivi”, invece che come “opposizione all’esecuzione”, con conseguente inapplicabilità del termine decadenziale di 20 giorni per proporla.

7.1. Il motivo appare infondato.

La domanda giudiziale può essere sì formulata in modo implicito (sebbene sia sommamente sconsigliabile), ma “formulazione implicita” non vuol dire formulazione ambigua. Non basta, dunque, inserire nella narrativa dell’atto di citazione il riferimento ad un atto o ad un fatto, per potere poi sostenere che in tal modo l’attore abbia inteso porre quel fatto o quell’atto a fondamento d’una domanda o d’una eccezione.

In giudizio occorre parlar chiaro, e nel nostro caso l’atto di citazione opposizione è, sul punto qui in esame, totalmente ambiguo: sicchè correttamente il Tribunale ha omesso di pronunciarsi su una domanda che non poteva ritenersi validamente proposta.

8. Si propone, pertanto:

(a) la dichiarazione di cessazione della materia del contendere, ove dall’esame dei fascicoli di parte dovesse emergere la prova dell’estinzione del processo esecutivo;

(b) in subordine, l’accoglimento del primo motivo di ricorso, ed il rigetto degli altri due”.

2. La parte controricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2, con la quale ha ribadito le difese svolte nel controricorso, ed insistito comunque sulla sopravvenuta cessazione della materia del contendere.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio preliminarmente ritiene che sia infondata l’eccezione di sopravvenuta cessazione della materia del contendere, sollevata dalla controricorrente.

La sig.a R.A.C., controricorrente, ha dedotto (p. 8 del controricorso) che il processo di esecuzione iniziato con la notifica del precetto, contro il quale è stata proposta l’opposizione oggetto del presente giudizio, “si è perento per la mancata riattivazione del processo esecutivo”.

Spiega, a tal riguardo, che la creditrice procedente, F.I., due anni dopo la notifica del precetto oggetto del presente giudizio, le ha notificato un secondo precetto, fondato sul medesimo titolo esecutivo del primo. Soggiunge di non avere proposto opposizione a tale precetto, e che di conseguenza la ricorrente non ha più interesse a coltivare il presente giudizio.

1.1. Tali rilievi tuttavia non sono decisivi.

In primo luogo, la rinnovazione della notifica del precetto non fa venir meno l’interesse del creditore al rigetto dell’opposizione proposta contro il precetto notificato per primo.

In secondo luogo, ove la controricorrente con la sua eccezione abbia inteso far riferimento alla c.d. perenzione (non già del processo esecutivo, ma) del precetto, per mancato inizio dell’esecuzione entro il termine di 90 giorni dalla notifica di esso, essa sarebbe infondata, dal momento che la proposizione dell’opposizione a precetto sospende il termine di perenzione di cui all’art. 481 c.p.c., sino a quando non sia concluso il giudizio di opposizione, e non sia decorso il termine per la riassunzione fissato dal giudice o, in mancanza, stabilito dall’art. 627 c.p.c..

2. Nel merito, il collegio condivide le osservazioni contenute nella relazione.

Ritiene, invece, non decisive le contrarie osservazioni svolte dalla ricorrente nella propria memoria.

Va di conseguenza accolto il primo motivo di ricorso, per i motivi indicati al p. 6.1 della relazione preliminare sopra trascritta, e la sentenza cassata con rinvio al Tribunale di Palermo.

3. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.

PQM

(-) accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Palermo, in persona di diverso magistrato, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte di cassazione, il 6 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2017

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