Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4533 del 24/02/2010

Cassazione civile sez. I, 24/02/2010, (ud. 24/11/2009, dep. 24/02/2010), n.4533

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.M., (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA VITTORIO ARMIJON 8, presso l’avvocato AZZONI

CARLO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

CASTELLANO FABRIZIO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.F. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA VALADIER 53, presso l’avvocato LUCIANI

ANDREA, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5195/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 30/11/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

24/11/2009 dal Consigliere Dott. FRANCESCO FELICETTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. P.F., con ricorso al tribunale di Roma in data 8 febbraio 2000 (chiedeva che fosse pronunciato lo scioglimento del matrimonio da lui contratto con M.M.. La convenuta si costituiva chiedendo che le fosse attribuito un assegno divorzile. Il tribunale, con sentenza 17 maggio 2001, accoglieva sia la domanda dell’attore che quella della convenuta, attribuendole un assegno di Euro 762,00 mensili, con rivalutazione ISTAT, a decorrere dalla data della sentenza. La sentenza veniva impugnata dal P. che contestava l’attribuzione di detto assegno, mentre la M. proponeva appello incidentale chiedendo che le fosse liquidato in misura maggiore. La Corte di appello, con sentenza depositata il 30 novembre 2005, notificata alla M. il 27-30 gennaio 2006, in riforma della sentenza di primo grado, riduceva l’assegno ad Euro 400,00 mensili, con la decorrenza e rivalutazione stabilite dalla sentenza del tribunale. La M. ha proposto ricorso avverso tale sentenza con atto notificato il 30 marzo 2006. Il P. resiste con controricorso notificato il 5 maggio 2006.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso si denunciano vizi motivazionali in ordine alla disposta retroattività della misura dell’assegno di divorzio. Si deduce al riguardo che la Corte di appello, pur avendo ridotto l’assegno con riferimento alle condizioni dei coniugi al momento del giudizio di appello, ha poi fatto retroagire, contraddittoriamente, la decorrenza dell’assegno ridotto dal momento della sentenza di primo grado.

Il motivo è infondato, avendo la Corte di appello ridotto la misura dell’assegno – liquidato a far data dalla sentenza del tribunale, depositata il 17 maggio 2001 – sulla base della considerazione che il P. sin dal 1992 non aveva più ottenuto incarichi retribuiti dall’ENPAIA ed avendo, sostanzialmente e ragionevolmente, considerato che in seguito alla cessazione di detti incarichi i redditi in relazione ai quali potesse essere calcolato l’assegno di divorzio fossero quelli risultanti dal modello UNICO 2003 del resistente (riferibile quindi al 2002) e dal CUD 2003 della ricorrente, depositati in atti, non essendovi ragioni per ritenerli sostanzialmente diversi da quelli relativi all’anno 2001, a metà del quale fu pronunciata la sentenza di divorzio. Non allegandosi con il motivo il mancato esame di documentazione in atti dalla quale risultasse una diversa consistenza dei rispettivi redditi in tale anno, ne deriva l’infondatezza del motivo.

2. Con il secondo motivo si denunciano ancora vizi motivazionali in ordine alla disposta riduzione dell’assegno, la cui funzione è quella di conservare all’avente diritto il tenore di vita goduto durante il matrimonio. Si deduce in proposito che tale tenore era molto elevato, stante il cumularsi della retribuzione d’impiegata della ricorrente con il reddito di libero professionista del marito.

La Corte d’appello avrebbe omesso di considerare che la ricorrente è stata operata di neoplasia al seno e che le e stata riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa del 70%, ha a carico un figlio e deve pagare l’affitto per l’abitazione, mentre l’ex marito continua a svolgere la libera professione di geometra ed è proprietario di numerosi immobili, come da visure immobiliari in atti.

Il motivo è infondato.

La motivazione della sentenza impugnata ha accertato una differenza di reddito fra i due ex coniugi – entrambi in precarie condizioni di salute – tale da giustificare l’assegno nella misura liquidata, in considerazione di una migliore situazione dell’odierno resistente, non tanto reddituale, quanto patrimoniale. Avendo la Corte d’appello preso in specifica considerazione anche la situazione patrimoniale dell’ex marito, motivando la concessione e la misura dell’assegno anche in relazione ad essa, la relativa statuizione appare motivata, così risultando insuscettibile di riesame in questa sede.

3. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e la ricorrente condannata alle spese del giudizio di Cassazione.

PQM

LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, che liquida nella misura di euro milleduecento, di cui euro duecento per spese vive, oltre spese generali e accessori come per legge. In caso di diffusione del presente provvedimento dispone che siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi di P.F. e M.M..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 24 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2010

 

 

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