Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4533 del 22/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 22/02/2017, (ud. 15/12/2016, dep.22/02/2017),  n. 4533

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28987/2015 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE,in persona del Ministro pro

tempore e, per quanto occorra, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che le

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrenti –

e contro

A.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA, 48,

presso lo studio dell’avvocato AMILCARE BUCETI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato OSVALDO MOSSINI;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1935/22/2015 emessa il 22/01/2015 della

COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di MILANO, depositata il

07/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 15/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ENRICO

MANZON;

disposta la motivazione semplificata su concorde indicazione del

Presidente e del Relatore.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

Con sentenza in data 22 gennaio 2015 la Commissione tributaria regionale della Lombardia accoglieva l’appello proposto da A.L. avverso la sentenza n. 288/29/13 della Commissione tributaria provinciale di Milano che ne aveva respinto il ricorso contro l’avviso di accertamento IRPEF ed altro 2007. La CTR osservava in particolare l’atto impositivo impugnato era stato notificato al contribuente oltre il termine decadenziale di legge.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo un motivo unico.

Resiste con comparsa di costituzione di nuovo difensore -che ha depositato memoria – il contribuente.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

In via preliminare va rioevata l’inammissibilità del ricorso del MEF, essendo pacifico che dopo l’istituzione dell’Agenzia delle entrate con D.Lgs. n. 300 del 1999, la legittimazione processuale nelle liti tributarie di sua competenza gestionale spetti in via esclusiva alla medesima.

Con l’unico motivo dedotto – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – l’Agenzia fiscale ricorrente lamenta violazione/falsa applicazione di plurime disposizioni normative in punto affermazione della tardività della notifica dell’avviso di accertamento rispetto al termine decadenziale di legge, tale da causare la nullità della sentenza impugnata.

La censura è inammissibile e comunque infondata.

Va anzitutto ribadito che “In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione” (ex multis, da ultimo v. Sez. 5, n. 26610 del 2015).

Seguendo il percorso argomentativo del mezzo dedotto risulta che più che prospettare la violazione delle disposizioni di legge richiamate l’Agenzia fiscale ricorrente si duole – appunto inammissibilmente, poichè non denunciato (ne all’evidenza denunciabile) come vizio motivazionale (nella vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – del giudizio di fatto della CTR sul punto decisionale de quo.

Se tuttavia si volesse intravedere nella censura una critica per la falsa applicazione delle norme richiamate, allora essa è infondata, poichè la CTR pare averne invece fatto applicazione corretta, sulla base delle risultanze degli atti, evidenzianti appunto la tardività della notifica dell’atto impositivo impugnato a mezzo posta ed in particolare la tardività della spedizione del plico raccomandato che lo conteneva.

Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese del presente giudizio vanno tassate secondo generale principio della soccombenza, posto che, come sopra rilevato, il contribuente, pur costituendosi tardivamente, ha comunque svolto una propria difesa mediante deposito di memoria e quindi deve esserne ristorato dell’onere correlativo in virtù di detto principio generale.

Va soggiunto peraltro che tale statuizione si conforma alle previsioni del protocollo d’intesa tra la Corte di Cassazione, il Consiglio nazionale forense e l’Avvocatura generale dello Stato -siglato in data 15 dicembre 2016- avente ad oggetto la prima applicazione del nuovo rito civile di cassazione introdotto con D.L. n. 168 del 2016, nella parte in cui (punto 1) in via transitoria, per i ricorsi depositati prima del 30 ottobre 2016 per i quali venga successivamente fissata adunanza camerale (non più partecipata) detta facoltà difensiva viene espressamente prevista, in chiara attuazione dei principi costituzionali e convenzionali del giusto processo, con particolare riguardo al principio del contraddittorio.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell’economia e delle finanze e rigetta il ricorso dell’Agenzia delle Entrate; condanna detto Ministero e l’Agenzia fiscale ricorrenti in solido al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 2.300 oltre Euro 200 per esborsi, 15% per contributo spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2017

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