Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4532 del 27/02/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 4532 Anno 2018
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: GARRI FABRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso 27154-2012 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro

domiciliata

tcmpor, elettivamente

in ROMA, VIALE EUROPA 175, presso la

DIREZIONE AFFARI LEGALI DI ROMA DI POSTE ITALIANE,
rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONINO AMATO,
giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2017
4099

ARICO’

NICOLA,

AUTERI

CARMELO,

DUCA GIUSEPPE,

STELLUCCIO ENRICO, tutti domiciliati in ROMA, PIAZZA
CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato

Data pubblicazione: 27/02/2018

NICOLA COCCIA, giusta delega in atti;
– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 944/2012 della CORTE D’APPELLO

di MILANO, depositata il 29/05/2012 r.g.n. 1732/2011.

r.g. n. 27154 del 2012

RILEVATO IN FATTO
1. La Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa
città che aveva accolto la domanda di Nicola Aricò ed altri tre lavoratori, tutti
dipendenti della società Poste Italiane s.p.a. già da prima dell’anno 2004 con mansioni
di autista presso il centro di meccanizzazione postale di Milano Peschiera Borromeo ed
addetti al trasporto di dispacci postali ed alla vuotatura di cassette con mezzi

chieste a titolo di indennità di cui all’art. 67 del c.c.n.l. del 2003 e 71 del c.c.n.l. del
2007.
2. La Corte territoriale ha premesso che l’indennità chiesta trovava origine nell’art. 75
del c.c.n.l. del 1994, che prevedeva un compenso sia per il personale viaggiante di
messaggere addetto al servizio negli uffici ambulanti e natanti sia per quello addetto
al trasporto degli effetti postali da Comune a Comune e, al comma 3, anche per la
vuotatura delle cassette postali.
2.1. Ha precisato che, quanto alla vuotatura delle cassette postali, la disposizione non
era stata più riprodotta nei successivi accordi collettivi che invece facevano riferimento
ad una indennità per i servizi viaggianti precisando (nei contratti del 2001, 2003 e
2007) che il riferimento era ai dispacci postali e non agli effetti postali.
2.2. Ha quindi evidenziato che nella nozione di dispaccio rientra l’insieme dei singoli
plichi di corrispondenza e pacchi rinchiusi in appositi sacchi e contenitori in plastica.
2.3. Ha sottolineato che l’istruttoria aveva confermato che i furgoni partivano dal CMP
di Peschiera Borromeo già carichi di sacchi e casse di corrispondenza da consegnare
alle Agenzie di Milano e che il centro di Peschiera non era una mera autorimessa
presso il quale era accumulata la posta da consegnare a Milano e quella che, in uscita
da Milano, doveva essere successivamente inoltrata ma una vera e propria unità
produttiva inserita nella distribuzione.
2.4. Ha evidenziato che l’attività di svuotamento delle cassette postali si inserisce nell’
ambito della distribuzione e da luogo all’erogazione dell’indennità al pari delle altre
attività di consegna, a prescindere dal fatto che non sia stata più specificatamente
richiamata dalla contrattazione collettiva.

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ca

aziendali, di condanna della società datrice al pagamento delle somme da ciascuno

r.g. n. 27154 del 2012

2.5. Con riguardo alle somme chieste il giudice di appello ha osservato che una volta
esposte in prospetti contabili avrebbero dovuto essere compiutamente contestate e
non lo erano state.
2. Per la cassazione della sentenza ricorre Poste Italiane s.p.a. ed articola sei motivi ai
quali resistono con controricorso Nicola Aricò, Carmelo Auteri, Giuseppe Duca e Enrico
Stelluccio.

3. Con il ricorso sono formulate le seguenti censure:
3.1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 67 c.c.n.l. Poste Italiane s.p.a.
11.7.2003 e 71 c.c.n.l. Poste s.p.a. 11.7.2007 in relazione agli artt. 1362 e ss. cod.
civ. ed omessa ed insufficiente motivazione su un punto decisivo per il giudizio, in
relazione all’art. 360 primo comma nn. 3 e 5 cod. proc. civ.. Sostiene la ricorrente che
le disposizioni collettive, se correttamente interpretate secondo il criterio letterale da
coniugare con quello della ricerca della comune intenzione delle parti, avrebbero
dovuto convincere il giudice che solo per il trasporto dei dispacci postali da Comune a
Comune, non anche dal Centro Rete postale al Comune, era accordabile l’indennità
chiesta, avente natura di diaria e non di semplice indennità oraria.
3.2. Violazione dell’art. 2697 cod. civ. ed ex art. 414 n. 4 cod. proc. civ. ed omessa
motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 primo
comma nn. 3 e 5 cod. proc. civ.. Sostiene la ricorrente che il calcolo delle ore
prestate nei servizi viaggianti era solo presuntivo e privo di allegazioni e riscontri che
consentissero una adeguata difesa della società. A tale carente allegazione, ad avviso
della società, non può supplirsi con indagini istruttorie e richieste di esibizione
meramente esplorative.
3.3. Omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo per il giudizio. Sostiene
la società che la differenza terminologica tra dispacci ed effetti postali non solo non è
trascurabile ma, al contrario, è fondamentale per comprendere la mutata ratio della
disciplina collettiva che delinea le condizioni per l’erogazione dell’indennità azionata.
La diaria sarebbe infatti erogata in considerazione della maggiore gravosità
dell’attività chiesta (necessità di sollevare pacchi che possono pesare fino a 30 kg) e lo
spostamento da un Comune all’altro. Evidenzia allora la ricorrente che i lavoratori non
avevano offerto la prova del trasporto di dispacci oltre che dei rilevanti spostamenti da
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CONSIDERATO IN DIRITTO

r.g. n. 27154 del 2012

un Comune ad un altro,

necessariamente presupposti al conseguimento del

compenso.
3.4. Omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo per il giudizio. La Corte
territoriale, omettendo sostanzialmente di pronunciare su un motivo di gravame, ha
trascurato che la giurisprudenza richiamata si era formata su disposizioni collettive
(art. 75 c.c.n.l. del 1994) diverse rispetto a quelle invocate ed applicabili al caso

delle parti e del significato che oggettivamente più consono al contesto in cui deve
essere applicata, la disciplina collettiva che qui viene in considerazione non può
condurre a riconoscere l’indennità ai ricorrenti attesa la limitatezza dello
“sconfinamento” della struttura aziendale dal Comune di Milano da riconnettersi a
mere esigenze logistiche e contenuta in poche decine di metri.
3.5. Omesso e/o insufficiente esame su un punto decisivo della controversia.
Sottolinea la ricorrente che la Corte territoriale avrebbe omesso di prendere in
considerazione la circostanza, pure evidenziata sin dal primo grado, che il servizio non
comportava il trasporto di dispacci postali – condizione indispensabile alla luce della
disciplina collettiva applicabile per riconoscere l’indennità azionata – atteso che i mezzi
partivano e rientravano vuoti dal CMP e che l’autorimessa non poteva essere
equiparata ad un centro postale.
3.6. Violazione e falsa applicazione degli artt. da 39 a 67 c.c.n.l. 2003, da 42 a 71
c.c.n.l. 2007 in connessione con l’art. 1362 e ss cod. civ. e omessa ed insufficiente
motivazione su un punto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 primo comma
nn. 3 e 5 cod. proc. civ.. Ad avviso della società ricorrente la sentenza è carente di
motivazione e fraintende la natura dell’ indennità servizi viaggianti che, pur prevista
autonomamente, rientra nella nozione di trasferta ed è quindi assoggettata alle regole
dettate per l’erogazione di quest’ultima.
4. Le censure da esaminare congiuntamente, poiché investono sotto vari profili
l’individuazione dei criteri per l’erogazione dell’indennità azionata nel presente ricorso,
nel regime contrattuale dettato dai c.c.n.l. seguiti al contratto del 1994, sono
infondate.
4.1. Questa Corte nell’esaminare una vicenda del tutto analoga a quella oggi
sottoposta alla sua attenzione (cfr. Cass. 30/09/2016 n. 19556), ha ritenuto che
l’attività che viene ad essere indennizzata con l’indennità per i servizi viaggianti è
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concreto. Evidenzia che, se rettamente interpretata alla luce della comune volontà

r.g. n. 27154 del 2012

quella di trasporto del materiale postale. La circostanza che nel contratto del 1994
fossero contemplate due indennità (di trasporto e di vuotamento cassette) e che con i
successivi contratti la seconda sia stata soppressa, non incide sulla prima indennità.
Inoltre si è evidenziato che l’attività di trasporto avvenuta promiscuamente con quella
di vuotatura non ne esclude indennizzabilità a maggior ragione ove si consideri che
per il periodo in discussione la doppia indennità non era più prevista. Del pari la
sentenza 19556 del 2016 ha sottolineato che é irrilevante la sostituzione del termine

materiale postale. In definitiva l’indennità per servizio viaggiante è posta a
compensazione dell’attività di trasporto del materiale postale ed è dovuta sia con
riguardo ai dispacci chiusi che alla posta sfusa, anche successivamente alla
sostituzione del termine “effetti”, utilizzato dal c.c.n.l. dipendenti postali del 1994, con
il termine “dispacci” adottato nei c.c.n.l. successivi del 2001, 2003 e 2007.
5. Quanto alle censure che investono sotto il profilo dell’onere probatorio la sentenza
va rilevato in primo luogo che nel denunciare, in relazione all’art. 360 primo comma
nn. 3 e 5 cod. proc. civ., la mancanza di allegazioni sufficienti a stabilire quali fossero
le giornate e gli orari da compensare (secondo motivo) la società ricorrente con
censura generica non offre alla Corte elementi per valutare, sin dalla lettura del
ricorso, la fondatezza o meno della doglianza che, perciò, sotto tale profilo va
dichiarata inammissibile. Nel dolersi poi di una omessa pronuncia su un motivo di
appello (quarto motivo), denunciato come vizio di motivazione, da un conto omette di
riprodurre il contenuto della censura così da consentire alla Corte di valutarne la
fondatezza e comunque propone , nella sostanza, una ricostruzione diversa e più
favorevole delle attività svolte e degli elementi costitutivi della fattispecie contrattuale
azionata ingenerando una confusione nei piani di denuncia della censura che stante la
scarsa chiarezza deve essere dichiarata inammissibile. Del pari con il quinto motivo
si chiede, inammissibilmente, alla Corte di valutare diversamente i fatti allegati (in
particolare la circostanza dello svolgimento di viaggi a vuoto da e per il CMP) che al
contrario la Corte ha puntualmente accertato ed esaustivamente chiarito.
6. In conclusione, per le ragioni su esposte, il ricorso deve essere rigettato e le spese,
liquidate in dispositivo, vanno poste a carico della società soccombente.
P.Q.M.

La Corte,rigetta il ricorso.
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“effetti” con quello di “dispacci”, laddove il riferimento è, in ogni caso, al trasporto di

r.g. n. 27154 del 2012

Condanna Poste Italiane s.p.a. alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che
si liquidano in € 4.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, 15% per
spese forfetarie ed accessori dovuti per legge.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 19 ottobre 2017

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