Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4532 del 19/02/2021

Cassazione civile sez. II, 19/02/2021, (ud. 14/12/2020, dep. 19/02/2021), n.4532

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9341-2020 proposto da:

B.F., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in

Napoli centro direzionale, via G. Porzio ed. G1, presso lo studio

dell’avv.to MARIA FERRANTE, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositato il

26/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/12/2020 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso depositato dinanzi alla Corte d’Appello di Perugia i ricorrenti proponevano opposizione avverso il decreto emesso dalla medesima Corte d’Appello, in composizione monocratica, lamentando l’erronea liquidazione del compenso professionale attribuito nella fase monitoria.

La Corte d’Appello con decreto del 26/08/2019 confermava il decreto opposto, ritenendo infondata l’opposizione.

In particolare, la Corte d’Appello rilevava che le spese di cui al decreto opposto erano state correttamente liquidate ex D.M. n. 55 del 2014, secondo gli scaglioni previsti per i procedimenti monitori, con l’aumento dovuto per la pluralità delle parti. Pertanto, la liquidazione di Euro 450 era del tutto in linea con la previsione di cui al citato D.M. n. 55 del 2014, con conseguente adeguatezza del quantum liquidato rispetto al valore e alla natura della lite, avente ad oggetto altra domanda di equa riparazione e alla particolare semplicità dell’opera professionale prestata e delle questioni giuridiche trattate.

3. I ricorrenti come sopra indicati in rubrica hanno proposto ricorso per cassazione avverso il suddetto decreto sulla base di un motivo di ricorso.

4. Il Ministero della Giustizia si è costituito con controricorso e ha proposto ricorso incidentale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del D.M. n. 55 del 2014, art. 4. Liquidazione del compenso inferiore alla tabella ministeriale violazione dei minimi tariffari.

A parere del ricorrente la Corte d’Appello avrebbe violato la tariffa professionale, andando al di sotto dei minimi previsti per i procedimenti monitori di valore fino a Euro 5200, con una motivazione apparente e tautologica, senza indicare in concreto gli elementi da considerare. A tal fine il ricorrente prospetta due distinte ipotesi di liquidazione: una prima pari a Euro 258,75 moltiplicato per 22 parti per un importo pari a 5692,50; una seconda, subordinata, nel caso in cui si consideri una sola posizione processuale, pari a Euro 258,75 incrementato del 390% per un importo pari a Euro 1009,12.

Dunque, secondo il ricorrente la liquidazione sarebbe erronea qualunque criterio si voglia applicare sia, nell’ipotesi principale, dovendo considerarsi la pluralità di parti per l’autonomia delle loro posizioni processuali, sia considerandole come un’unica posizione processuale.

2. Il motivo è infondato.

In tema di liquidazione delle spese del giudizio, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, artt. 4 e 8 in caso di difesa di più parti aventi identica posizione processuale e costituite con lo stesso avvocato, è dovuto un compenso unico, salva la possibilità di aumento nelle percentuali indicate dall’art. 4. In particolare, il citato art. 4, comma 2 prevede che: “Quando in una causa l’avvocato assiste più soggetti aventi la stessa posizione processuale, il compenso unico può di regola essere aumentato per ogni soggetto oltre il primo nella misura del 30 per cento, fino a un massimo di dieci soggetti, e del 10 per cento per ogni soggetto oltre i primi dieci, fino a un massimo di trenta. La disposizione di cui al periodo precedente si applica quando più cause vengono riunite, dal momento dell’avvenuta riunione e nel caso in cui l’avvocato assiste un solo soggetto contro più soggetti”.

Ciò premesso deve ribadirsi che: “Ai fini della determinazione del compenso spettante al difensore che abbia assistito una pluralità di parti, costituisce valutazione di merito, incensurabile in sede di legittimità, lo stabilire se l’opera difensiva sia stata unica, nel senso di trattazione di identiche questioni in un medesimo disegno difensionale a vantaggio di più parti, o se la stessa abbia, invece, comportato la trattazione di questioni differenti, in relazione alla tutela di posizioni giuridiche non identiche” (Sez. 6-2, Sent. n. 11591 del 2015). Peraltro, l’aumento dovuto per la pluralità delle parti ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 3 rientra nella discrezionalità del giudice del merito così come la possibilità di diminuirne fino al 50 per cento il valore.

In conclusione, non merita censura la decisione della Corte d’Appello che ha ritenuto correttamente liquidate le spese della fase monitoria L. n. 89 del 2001, ex art. 3 tenuto conto della natura e del valore della lite avente ad oggetto altra domanda di equa riparazione e considerata la particolare semplicità dell’opera professionale prestata e delle questioni giuridiche trattate.

Infatti, a tale fase del giudizio, che culmina nel decreto del presidente della Corte d’appello o di un magistrato della Corte a tal fine designato (a differenza dell’opposizione di cui all’art. 5 ter medesima legge, la quale realizza una fase a contraddittorio pieno, da considerare quale procedimento avente natura contenziosa) si applica la Tabella per i procedimenti monitori. Tale Tabella in relazione alle domande di valore da Euro O ad Euro 5.200,00 stabilisce il compenso unico di Euro 450,00, riducibile in ogni caso in misura non superiore al 50 per cento, e dunque fino ad Euro 225,00.

Ne consegue che la liquidazione delle spese operata dal giudice della fase monitoria risulta superiore ai minimi tariffari ed è quindi immune dalle censure mosse, anche in relazione alla censura di motivazione apparente.

3. Con il ricorso incidentale si propone un unico motivo così rubricato: violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 bis, comma 1 bis.

Il ricorrente incidentale evidenzia che in base alla norma citata in rubrica il giudice nella liquidazione dell’indennizzo può diminuire la somma fino al 20% quando le parti sono più di 10. Pertanto, essendo stati riuniti e trattati congiuntamente i ricorsi proposti separatamente in sede presupposta avrebbe dovuto applicarsi la riduzione del 20% per essere le parti in numero superiore a 10.

Di conseguenza il decreto impugnato andrebbe riformato per avere liquidato l’indennizzo per l’irragionevole durata del processo facendo riferimento solo al limite della posta in gioco e quantificandolo in Euro 1000 per ciascuno degli istanti.

4. Il ricorso incidentale è inammissibile.

Il ricorrente incidentale, infatti, pone questioni nuove che non risultano poste dinanzi alla Corte d’Appello e che, pertanto, sono inammissibili.

Secondo l’indirizzo consolidato di questa Corte, infatti, “In tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di specificità, anche indicare in quale atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacchè i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito nè rilevabili di ufficio” (ex plurimis Sez. 2, Sent. n. 20694 del 2018, Sez. 6-1, Ord n. 15430 del 2018).

5. In conclusione, la Corte dichiara infondato il ricorso principale e inammissibile quello incidentale. In virtù della reciproca soccombenza le spese del giudizio di legittimità devono essere compensate.

P.Q.M.

La Corte dichiara infondato il ricorso principale, inammissibile quello incidentale e compensa le spese del giudizio di legittimità;

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione seconda civile, il 14 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2021

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