Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4531 del 19/02/2021

Cassazione civile sez. II, 19/02/2021, (ud. 14/12/2020, dep. 19/02/2021), n.4531

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 486-2020 proposto da:

S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GREGORIO VII,

384, presso lo studio dell’avvocato VANIA SERENA OLIVERIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO PALUMBO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS) elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositato il

16/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/12/2020 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso depositato dinanzi alla Corte d’Appello di Salerno il ricorrente proponeva opposizione avverso il decreto, emesso dalla medesima Corte d’Appello in composizione monocratica, che aveva dichiarato tardivo il ricorso proposto per ottenere la condanna del Ministero della Giustizia all’equa riparazione per l’irragionevole durata di una procedura fallimentare iniziata con istanza depositata in data 3 luglio 1990 di dichiarazione del fallimento del medesimo ricorrente e terminata con decreto di chiusura pubblicato il 1 febbraio 2018.

L’opponente rilevava che in assenza di notifica del decreto di chiusura della procedura fallimentare era applicabile il termine di un anno e non quello di 90 giorni ravvisato dal giudice. Dunque, il ricorso per equa riparazione era stato proposto addirittura in pendenza del giudizio presupposto ed era ammissibile anche alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 88 del 2018.

La Corte d’Appello con decreto del 16/05/2019 confermava il decreto opposto, ritenendo infondata l’opposizione.

In particolare, la Corte d’Appello rilevava che quando il processo presupposto è definito, ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 4 il termine per la presentazione del ricorso per equa riparazione è quello semestrale, mentre quando il giudizio presupposto è ancora pendente è comunque possibile presentare domanda di equo indennizzo.

Nella specie, il giudice delegato aveva ravvisato la tardività del ricorso per equa riparazione in quanto depositato il 14 dicembre 2018 oltre la scadenza dei sei mesi decorrenti dalla definitività del decreto di chiusura del fallimento. Infatti, il provvedimento di chiusura del fallimento era divenuto definitivo il 4 maggio 2018, quindi i 6 mesi per proporre ricorso scadevano il 5 dicembre 2018.

Il ricorrente aveva dedotto che nella specie non fosse applicabile la disciplina sulla definitività del decreto di chiusura del fallimento prevista dal D.L. n. 267 del 1942, art. 119 come modificato dal D.Lgs. n. 5 del 2006 e dal D.Lgs. n. 169 del 2007, dovendosi invece applicare il regime previgente, con conseguente non definitività della chiusura del fallimento al momento della presentazione del ricorso per equa riparazione.

La Corte d’Appello, richiamata la disciplina di cui all’art. 119 sopra citato, evidenziava che, ai sensi della L.Fall., art. 26, espressamente richiamato dall’art. 119, comma 3, indipendentemente dalla comunicazione dalla notificazione del provvedimento di chiusura, il reclamo non poteva più proporsi decorso il termine perentorio di 90 giorni dal deposito del provvedimento in cancelleria. Pertanto, il provvedimento di chiusura del fallimento diventava definitivo una volta respinto il reclamo oppure decorso il termine per proporlo.

Nella specie, il decreto di chiusura della procedura fallimentare era stato depositato in cancelleria il 1 febbraio 2018 ed era divenuto definitivo, a prescindere dalla sua comunicazione, dopo 90 giorni, ai sensi dell’art. 26, comma 4, e cioè in data 4 maggio 2018. Da tale data decorreva il termine semestrale per proporre ricorso per equa riparazione che, dunque, andava depositato entro il 5 dicembre 2018, sicchè il deposito avvenuto in data 14 dicembre doveva considerarsi tardivo.

3. S.G. ha proposto ricorso per cassazione avverso il suddetto decreto sulla base di un motivo di ricorso.

4. Il Ministero della Giustizia si è costituito con controricorso.

5. Il ricorrente con memoria depositata in prossimità dell’udienza ha insistito nella richiesta di accoglimento del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione della L.Fall., art. 119 e del D.Lgs. n. 5 del 2006, art. 150.

La censura attiene alla erronea applicazione della L.Fall., art. 119 nella versione introdotta dal D.Lgs. n. 5 del 2006, nonostante l’art. 150 medesimo decreto prevedesse una disciplina transitoria in virtù della quale alle procedure di fallimento o di concordato fallimentare pendenti alla data di entrata in vigore del decreto doveva applicarsi la legge anteriore. Nella versione previgente la riforma del 2006, infatti, la L.Fall., art. 119 prevedeva solo la possibilità del reclamo avverso il decreto di chiusura entro 15 giorni dalla data di affissione dinanzi alla Corte d’Appello.

Il ricorrente richiama la sentenza della Corte Costituzionale n. 279 del 2010 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 119, comma 2 e la successiva giurisprudenza di questa Corte che ha ritenuto che per le procedure di reclamo relative a procedure concorsuali soggette alla disciplina precedente la riforma del 2006 trova applicazione la regola generale di cui all’art. 327 c.p.c..

Pertanto, in caso di mancata comunicazione, il decreto di chiusura del fallimento diviene definitivo solo dopo il decorso del termine lungo ex art. 327 c.p.c.. Di conseguenza, in applicazione del termine ex art. 327 c.p.c., il ricorso per equa riparazione nella specie dovrebbe ritenersi tempestivo.

2. Il ricorso è fondato.

Nel caso in esame, infatti, la procedura fallimentare è iniziata nel 1990 e, dunque, D.Lgs. n. 5 del 2006, ex art. 150 deve applicarsi la disciplina previgente la riforma e il decreto di chiusura del fallimento, non risultando comunicato, è divenuto definitivo solo a seguito del decorso del termine di cui all’art. 327 c.p.c., computato a partire dal deposito in cancelleria avvenuto in data 1 febbraio 2018. Ne consegue che il termine per proporre domanda di equa riparazione per irragionevole durata del processo, il 14 dicembre 2018, data di deposito del ricorso, non era ancora decorso e che erroneamente la Corte d’Appello lo ha dichiarato inammissibile per tardività.

In proposito deve darsi continuità al seguente principio di diritto: In tema di domanda di indennizzo ex L. n. 89 del 2001 per irragionevole durata della procedura fallimentare cui non siano applicabili le modifiche introdotte con D.Lgs. n. 5 del 2006 e dal D.Lgs. n. 169 del 2007, il termine semestrale di decadenza decorre dalla data di definitività del decreto di chiusura del fallimento da individuarsi, qualora il provvedimento non sia stato comunicato, decorso il termine di cui all’art. 327 c.p.c. (Sez. 6-2, Ord. n. 8088 del 2019).

3. In conclusione la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Salerno in diversa composizione che deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso cassa e rinvia alla Corte d’Appello di Salerno in diversa composizione che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 14 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2021

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