Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4531 del 11/02/2022

Cassazione civile sez. II, 11/02/2022, (ud. 27/01/2022, dep. 11/02/2022), n.4531

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. CARRATTO Aldo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 34187/2019 RG proposto da:

COMUNE DI SPERLONGA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, domiciliato in Roma presso l’avv. Corrado Morrone,

rappresentata e difesa dall’avv. Corrado De Simone;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO ACQUEDOTTI RIUNITI DEGLI AURUNCI in persona del legale

rappresentante pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 6135/2018 della CORTE D’APPELLO di Roma,

depositata il 3.10.2018.

Udita la relazione della causa svolta dal Consigliere ORILIA Lorenzo.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza 3.10.2018 ha confermato le pronunce del Tribunale di Cassino (la non definitiva n. 323/2011 e la definitiva n. 300/2013) con cui, ritenuta la giurisdizione del giudice ordinario, era stata accolta la domanda di pagamento della somma di Euro 1.028.225,95 dovuti per le annualità 1999, 2000, 2001, 2002 a titolo di rendicontazione annuale per la gestione degli impianti di depurazione dei comuni consorziati.

Il rigetto del gravame dell’ente territoriale è stato motivato in base alle seguenti considerazioni:

– la controversia sull’obbligo di contribuzione del Comune alle spese sostenute dal Consorzio appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario;

– la Delib. comunale 20.9.1992 di revoca della adesione del Comune al Consorzio non aveva avuto seguito perché l’ente negli anni successivi si era limitato contestare il quantum delle pretese;

– la censura sul quantum era generica in quanto il mero richiamo alle note critiche del consulente tecnico di parte non soddisfa il requisito di specificità dell’appello, dovendo tale requisito essere intrinseco all’atto di appello e la radicale originaria inammissibilità di tale motivo di appello rendeva irrilevanti le doglianze circa il mancato reperimento di cui alla nota del difensore dell’appellante in data 10.7.2018;

– l’eccezione di prescrizione era infondata perché a fronte dell’allegazione relativa all’invio di atti interruttivi da parte del Consorzio, il Comune aveva affermato di averli ricevuti limitandosi ad eccepire genericamente la prescrizione quinquennale.

Per la cassazione di detta sentenza propone ricorso il Comune di Sperlonga con sette motivi illustrati da memoria.

Il Consorzio non ha svolto difese in questa sede.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1 Con il primo motivo il Comune di Sperlonga lamenta la violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. e la motivazione fondata su atti inesistenti nel giudizio, dolendosi del fatto che la Corte di merito ha deciso la lite in senso favorevole al Consorzio senza avere a diposizione gli atti da questo depositati, non essendo stato rinvenuto il fascicolo di parte attrice e non essendo stato dato corso alla relativa istanza di ricerche.

1.2 Con il secondo motivo si denunzia la violazione dell’art. 37 c.p.c. e del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 34, in materia di accordo di programma, riproponendosi la questione di giurisdizione disattesa dalla Corte territoriale.

1.3 Con il terzo motivo, l’ente ricorrente, lamentando la motivazione palesemente inconferente, insufficiente e difettosa anche in relazione alla natura di consorzio obbligatorio del C.A.R.A, propone una diversa questione di giurisdizione per essere le controversie in tema di derivazione e utilizzazione di acque pubbliche devolute al TSAP.

1.4 Con il quarto motivo, il Comune di Sperlonga, lamenta la motivazione palesemente inconferente, insufficiente e difettosa sul quantum anche in relazione alla natura di consorzio obbligatorio del C.A.R.A. Si duole altresì del ritenuto difetto di specificità dell’appello.

1.5 Col quinto motivo si denunzia la motivazione palesemente inconferente, insufficiente e difettosa anche in relazione al rinvio a tre pronunce della Suprema Corte, assolutamente inconferenti criticandosi ancora il giudizio di inammissibilità per difetto di specificità del gravame in ordine del motivo sul richiamo alle note critiche del CTP.

1.6 Col sesto motivo si denunzia la motivazione palesemente inconferente, insufficiente e difettosa anche in relazione al tema del mancato reperimento in atti della documentazione che l’impugnata sentenza invece richiama.

1.7 Col settimo ed ultimo motivo si denunzia violazione dell’art. 2948 c.c., n. 4, in materia di prescrizione del diritto e motivazione palesemente erronea in relazione ed alla luce delle norme vigenti e della consolidata giurisprudenza.

2. Ragioni di priorità logica impongono di partire dall’esame della questione di giurisdizione, posta col secondo motivo e, in parte anche col terzo, sulla quale però si sono pronunciate più volte le sezioni unite (e ciò spiega l’assegnazione del presente ricorso alla sezione semplice in applicazione dell’art. 374 c.p.c., comma 1).

La censura è infondata.

Infatti, in tema di riparto di giurisdizione, è devoluta alla cognizione del giudice ordinario la controversia concernente l’esistenza dell’obbligo di un Comune consorziato di contribuire alle spese sostenute dal Consorzio, in quanto la questione, che non è riconducibile ad un procedimento amministrativo né riguarda l’estrinsecazione di poteri autoritativi, ha ad oggetto posizioni di diritto soggettivo derivanti dalle ragioni di credito fatte valere dal Consorzio e non rientra tra quelle concernenti la formazione, conclusione ed esecuzione di un accordo tra pubbliche amministrazioni, ai sensi della L. n. 241 del 1990, art. 15, in relazione al quale sussisterebbe la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, a norma dell’art. 133 c.p.a., comma 1, lett. a), n. 2 (cfr. Sez. U -, Ordinanza n. 21770 del 29/07/2021 Rv. 661870; Sez. U, Ordinanza n. 26972 del 22/12/2009 Rv. 610744).

3 Sempre seguendo un ordine di trattazione logica delle questioni, vanno esaminati congiuntamente il quarto e il quinto motivo, che sono fondati.

Innanzitutto, è bene chiarire che in tema di ricorso per cassazione, l’erronea indicazione della norma processuale violata nella rubrica del motivo non determina “ex se” l’inammissibilità di questo se la Corte possa agevolmente procedere alla corretta qualificazione giuridica del vizio denunciato sulla base delle argomentazioni giuridiche ed in fatto svolte dal ricorrente a fondamento della censura, in quanto la configurazione formale della rubrica del motivo non ha contenuto vincolante, ma è solo l’esposizione delle ragioni di diritto della impugnazione che chiarisce e qualifica, sotto il profilo giuridico, il contenuto della censura (cfr. Sez. 5 – Ordinanza n. 12690 del 23/05/2018 Rv. 648743; Sez. 5 -, Ordinanza n. 23381 del 06/10/2017 Rv. 645638; Sez. 5, Sentenza n. 14026 del 03/08/2012 Rv. 623656).

Nel caso in esame, le due doglianze, a prescindere dalla non corretta formulazione della rubrica che allega vizi di motivazione (peraltro neppure più censurabili in sede di legittimità: cfr. art. 360 c.p.c., n. 5), denunziano in sostanza un error in procedendo in cui sarebbe incorsa la Corte romana e precisamente il giudizio di inammissibilità dell’appello per difetto di specificità dei motivi sul quantum debeatur.

Le sezioni unite, chiamate a pronunciarsi sulla questione di massima di particolare importanza relativa all’esatta interpretazione dell’art. 342 c.p.c. (nel testo introdotto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134) hanno affermato il seguente principio di diritto:

Gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (cfr. Sez. U, Sentenza n. 27199 del 16/11/2017 Rv. 645991).

E ancora, qualora l’atto d’appello denunci l’erronea valutazione, da parte del giudice di primo grado, degli elementi probatori acquisiti o delle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, è sufficiente, al fine dell’ammissibilità dell’appello, l’enunciazione dei punti sui quali si chiede al giudice di secondo grado il riesame delle risultanze istruttorie per la formulazione di un suo autonomo giudizio, non essendo richiesto che l’impugnazione medesima contenga una puntuale analisi critica delle valutazioni e delle conclusioni del giudice che ha emesso la sentenza impugnata ovvero l’espressa indicazione delle questioni decisive non esaminate o non correttamente esaminate (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 18674 del 12/09/2011 Rv. 618982; Sez. L, Sentenza n. 16190 del 18/08/2004 Rv. 576532).

Nel caso in esame la Corte territoriale ha dichiarato inammissibili le censure mosse dall’ente territoriale alla sentenza di primo grado senza confrontarsi con tali principi e soprattutto proprio sulla base di tale giudizio di inammissibilità – ha reputato irrilevanti le doglianze dell’appellante Comune di Sperlonga circa il mancato reperimento del fascicolo di parte del Consorzio di cui alla nota del difensore dell’appellante del 10.7.2018.

Si rende pertanto necessario un nuovo esame.

Restano in tal modo logicamente assorbite le doglianze relative al mancato reperimento del fascicolo di ufficio (contenente – è bene sottolinearlo – tutta la documentazione posta a base della domanda di pagamento), alle mancate ricerche e alla sua ricostruzione, così come quella sulla prescrizione del credito, questione che la Corte di merito ha però risolto anche sulla base di argomentazioni che presupponevano comunque l’esame degli atti di causa (riesame annuo della sussistenza dei presupposti contributivi e valutazione della eventuale insufficienza dei canoni versati).

Il giudice di rinvio, che si individua nella Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, provvederà anche sulle spese.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2022

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