Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4530 del 11/02/2022

Cassazione civile sez. II, 11/02/2022, (ud. 26/01/2022, dep. 11/02/2022), n.4530

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26894-2017 proposto da:

M.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CELIMONTANA n.

38, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PANARITI, rappresentato e

difeso dall’avvocato CECILIA COLLINI;

– ricorrente –

contro

P.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE ANGELICO n.

301, presso lo studio dell’avvocato ARTURO PERUGINI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO BANFI;

– controricorrente –

nonché contro

N.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1609/2016 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 07/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/01/2022 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO;

udito il P.G., nella persona del Sostituto Dott. CERONI FRANCESCA, la

quale ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’avv. ARTURO PERUGINI, per parte controricorrente, il quale ha

concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione ritualmente notificato M.L. e M.D. evocavano in giudizio P.A. e N.G. innanzi il Tribunale di Grosseto, invocandone la condanna a rimuovere alcune catene apposte su un terreno sito in territorio del Comune di Roccastrada. A sostegno della domanda, gli attori allegavano di essere comproprietari di una parte di detto bene immobile e di aver quindi diritto di accedervi senza limitazioni.

Si costituivano i convenuti, resistendo alla domanda ed allegando di essere, al contrario, gli esclusivi proprietari dell’area contesa.

Con sentenza n. 997/2009 il Tribunale accoglieva la domanda, ordinando “la rimozione delle catene apposte sulla porzione di terreno che va dal fabbricato ai sassi, posto all’interno della particella (OMISSIS) del foglio (OMISSIS) del Comune Censuario di Roccastrada (GR), come individuato nella planimetria allegata alla CTU”.

Interponevano appello avverso detta decisione gli originari convenuti e la Corte di Appello di Firenze, con la sentenza impugnata, n. 1609/2016, resa nella resistenza di M.D. e nella contumacia degli eredi di M.L., riformava la decisione di prime cure, rigettando la domanda proposta dai M. in prime cure e condannando gli appellati alle spese del doppio grado di giudizio.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione M.D., affidandosi a tre motivi.

Resistono con controricorso P.A. e N.G..

Il P.G., nella persona del Sostituto Dott. CERONI FRANCESCA, ha concluso per il rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente lamenta l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su una circostanza decisiva, nonché l’erronea valutazione di un elemento di fatto, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

In particolare, la Corte di Appello avrebbe, da un lato, erroneamente considerato assolto l’onere della prova della proprietà esclusiva del bene in contestazione, da parte degli odierni controricorrenti, sulla base di titoli non idonei a tal fine. Il giudice di secondo grado, infatti, avrebbe valorizzato, ai fini di detta prova, la denuncia di successione di M.A., proprietaria dei 6/36 dell’intera area, la cui erede è P.A., e la scrittura privata autenticata nelle firme del 30.11.1991, con la quale gli eredi di B.S. trasferirono alla predetta P. ed al N. i restanti 30/36 dell’area. Secondo la parte ricorrente, né il primo, né il secondo atto, sarebbero idonei ai fini della prova della proprietà esclusiva del cespite oggetto di causa.

Dall’altro lato, la Corte distrettuale avrebbe ritenuto erroneamente non opponibile alla P. ed al N. il testamento relitto da B.D., originario dante causa di ambo le parti, nel quale era stato previsto che la porzione del terreno oggetto di causa “che va dal fabbricato ai sassi” dovesse rimanere di proprietà comune tra tutti i suoi eredi. Anche la dante causa degli odierni controricorrenti, B.S., traeva infatti il proprio titolo di legittimazione da quel testamento, essendo una delle coeredi del B.D.. L’errore denunziato consisterebbe, in sostanza, nell’aver ritenuto non opponibile il testamento del B.D. agli odierni controricorrenti, senza considerare che essi avevano acquistato i 30/36 dell’area proprio da una delle coeredi del predetto testatore.

Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione ed errata applicazione dell’art. 2665 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché la Corte di Appello avrebbe ritenuto invalida la trascrizione del testamento del B.D., in presenza di incertezza sul bene che ne costituiva oggetto, senza considerare che la nota di trascrizione, risalente al 1934, conteneva l’esplicita indicazione che “tutte le suddette porzioni sono ormai state delimitate da termini, che gli eredi conoscono e che dovranno rispettare”. La Corte territoriale avrebbe erroneamente considerato non individuata con certezza la porzione di suolo che sarebbe rimasta in comune, oggetto del giudizio, senza tener conto che la verifica dell’idoneità, o meno, della nota di trascrizione, e quindi la presenza, o l’assenza, di incertezza sull’individuazione del cespite, avrebbe dovuto essere Condotta sulla sola base del contenuto della nota stessa, e non di altri elementi, in ossequio ai precedenti di questa Corte (Cass. n. 5002 del 2005). Inoltre, il giudice di seconde cure avrebbe dovuto considerare che nel 1934 l’attuale sistema di identificazione catastale dei terreni e fabbricati ancora non esisteva, essendo stato il catasto terreni, istituito con L. n. 3682 del 1886, ultimato soltanto nel 1956, ed il relativo Regolamento per la conservazione approvato solo con R.D. n. 2153 del 1938. La nota di trascrizione, inoltre, sarebbe stata redatta e trascritta nella vigenza del codice civile del 1865, che prevedeva l’individuazione dei beni immobili mediante l’indicazione del Comune nel cui territorio essi si trovavano e di almeno tre confini: elementi, questi, che nella specie ricorrevano. Le mappe censuarie, invece, dovevano -secondo le previsioni del codice del 1865-essere indicate soltanto ove esistenti. La nota di trascrizione del testamento relitto da B.D., quindi, non avrebbe potuto essere più precisa di quanto essa era in concreto.

Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2650 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto valida, ai fini della prova della proprietà esclusiva del bene oggetto di causa in capo agli odierni controricorrenti, la scrittura privata con firme autenticate del 30.11.1991 dai medesimi prodotta nel corso del giudizio di merito. Ad avviso del M., infatti, poiché anche tale atto deriva, indirettamente, dalla successione del B.D., con esso, in ogni caso, gli eredi di B.S., coerede di B.D., non avrebbero potuto disporre dei diritti di comproprietà sulla porzione comune di cui è causa spettanti, per espressa volontà del remoto testatore, agli altri coeredi, B.E. madre del M.D.- e B.E..

Le tre censure, suscettibili di esame congiunto, sono fondate.

Risulta dalla lettura della sentenza impugnata e del ricorso che B.D., con il testamento trascritto nel 1934, aveva lasciato una parte del terreno oggi distinto dalla particella (OMISSIS), poi divenuta (OMISSIS), in comune tra i suoi eredi S., E. ed E.. Detta porzione, che costituisce l’oggetto della controversia, non è mai stata individuata catastalmente. Ciò, tuttavia, non preclude la sua individuazione in concreto, anche in considerazione del fatto che la successione di B.D. risale al 1934 e che in quel tempo la trascrizione degli atti aventi ad oggetto beni immobili era regolata dalle norme del codice civile del 1865, che non prevedevano la necessaria individuazione dei beni mediante le risultanze catastali, bensì con la sola indicazione del Comune nel cui territorio i cespiti si trovavano ad insistere e di almeno tre confini. Va, sul punto, valorizzato anche il fatto, di per sé certamente rilevante, che il catasto terreni è stato completato, ed è quindi andato a regime, soltanto in epoca successiva all’apertura della successione del B.D.. La nota di trascrizione del testamento relitto da quest’ultimo, inoltre, faceva riferimento ai termini esistenti in loco, noti ai coeredi, e dunque identificava la zona rimasta in comune con modalità che, secondo le regole applicabili all’epoca, avrebbero dovuto essere considerate dal giudice di merito sufficienti ed idonee.

Una volta acclarato che, nella specie, la nota di trascrizione non presentava alcuna incertezza circa l’individuazione della porzione di terreno rimasta in comune tra le parti – poiché quest’ultima era individuata in coerenza con le norme in vigore al momento dell’apertura della successione del comune stipite B.D., va ribadito il principio secondo cui: “In tema di trascrizione, al fine di stabilire se ed in quali limiti un determinato atto sia opponibile ai terzi, deve aversi riguardo esclusivo al contenuto della nota di trascrizione, unico strumento funzionale, ex lege, alla conoscenza, per gli interessati, del contenuto, dell’oggetto e del destinatario dell’atto. Ciò posto, a mente dell’art. 2665 c.c., è da ritenersi causa di invalidità della nota de qua non ogni generica omissione od inesattezza, ma soltanto la erronea indicazione inducente incertezza sulle persone, sul bene o sul rapporto giuridico cui l’atto si riferisce” (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 21758 del 04/12/2012, Rv. 624441). Più in particolare, va considerato che “Per quanto dispone l’art. 2665 c.c., inesattezze ed omissioni della nota di trascrizione non determinano l’invalidità della trascrizione, eccetto che inducano incertezza sulle persone, sul bene o sul rapporto giuridico cui si riferisce l’atto trascritto avendo in tal modo il legislatore inteso sostanzialmente dare ad esse rilievo invalidante soltanto quando determinino una inidoneità della nota all’individuazione dell’atto da trascriversi (cioè della notizia da pubblicizzare) nei suoi profili personali e oggettivi (questi ultimi sia inerenti l’oggetto materiale cui l’atto si riferisce, sia l’oggetto in senso giuridico, questo essendo il senso del riferimento al “rapporto giuridico”). Tanto la permanenza quanto il venir meno della idoneità debbono, tuttavia, risultare configurabili esclusivamente sulla base dell’apprezzamento della nota, mentre la norma dell’art. 2665 c.c., non consente di supplire ad omissioni ed inesattezze attraverso il ricorso ad elementi esterni alla nota di trascrizione, cioè desunti aliunde, atteso che ciò sarebbe in manifesta contraddizione con un sistema di pubblicità – notizia formale come il nostro, nel quale la nota, nel suo contenuto rappresentativo dell’atto cui si riferisce, è espressione di una iniziativa del dichiarante di partecipazione ai terzi della notizia dell’atto, della quale egli si assume la responsabilità e che come tale non si concreta in una dichiarazione, riguardo alla quale rilevi l’effettiva corrispondenza alla realtà di cui fornisce la rappresentazione (e meno che mai l’intento del dichiarante), bensì in una partecipazione della notizia con il contenuto con cui essa è indicata. Ne consegue che, allorquando la nota rechi una indicazione inesatta rispetto al tenore dell’atto da trascriversi ed essa, messa in relazione con il residuo contenuto della nota, non determini un’incertezza in ordine all’individuazione delle persone, del bene e del rapporto cui si riferisce l’atto, nel senso che dalla nota risulti comunque identificato sotto tutti questi aspetti un atto, non ha alcun rilievo invalidante della trascrizione la circostanza che sussista quella inesattezza, cioè che la rappresentazione complessiva dell’atto che dalla nota risulti non sia fedele rispetto all’atto stesso. In questi casi, infatti, si è in presenza di una inesattezza, che determina soltanto il riferirsi della trascrizione ad un atto di contenuto diverso da quello del quale si intendeva ottenere la trascrizione e ciò comporta solo che la trascrizione sarà riferibile da parte dei terzi estranei a detto atto e non a quello al quale il trascrivente intendeva riferirla, senza che, rispetto alla posizione del terzo, possa avere rilievo il fatto che, in effetti, l’atto al quale la nota e, quindi, la trascrizione si riferisce in conseguenza dell’inesattezza sia in realtà come tale insussistente, poiché nella logica del sistema della pubblicità immobiliare mediante l’istituto della trascrizione ha rilievo solo che esso, come atto trascritto, non potrà essere considerato pregiudizievole per il terzo, come invece avrebbe potuto essere l’atto in relazione al quale era stata richiesta effettivamente la trascrizione. Allo stesso modo ed a maggior ragione, allorché non vi sia discrepanza fra il tenore della nota e l’atto trascritto, ma sia quest’ultimo a recare un’inesattezza in relazione a quello che avrebbe dovuto essere il suo effettivo contenuto circa alcuno degli elementi che vengono poi indicati nella nota, di modo che la nota viene a ritrarre fedelmente quanto risulta dall’atto, non è in alcun modo possibile riferire la trascrizione all’atto identificato nei termini in cui lo sarebbe stato senza quell’inesattezza” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5002 del 08/03/2005, Rv. 581596).

Alla luce dei richiamati principi, il ricorso merita di essere accolto, con cassazione della decisione impugnata e rinvio della causa alla Corte di Appello di Firenze, la quale dovrà rivalutare la sufficienza, o meno, della nota di trascrizione del testamento relitto dal B.D. tenendo conto soltanto del suo contenuto, e non anche di altri elementi, e considerando che all’epoca dell’apertura della successione del predetto B.D. era in vigore il codice civile del 1865.

Il giudice del rinvio terrà altresì conto del fatto che ambedue le parti traggono la loro legittimazione dal testamento relitto dal B.D.: quest’ultimo, infatti, ha istituito coeredi B.E., B.E., madre di M.D., e B.S., i cui eredi hanno sottoscritto, in veste di venditori, la scrittura del 30.11.1991, dalla quale gli odierni controricorrenti traggono il loro titolo. Con l’atto del 1991, dunque, i coeredi di B.S. non possono aver trasferito agli odierni controricorrenti un diritto più esteso di quello a loro pervenuto dalla successione del B.D..

Le spese del presente giudizio di legittimità saranno regolate dal giudice del rinvio, in funzione del complessivo esito della controversia.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Firenze, in differente composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della seconda sezione civile, il 26 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2022

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