Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4530 del 08/03/2016


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 4530 Anno 2016
Presidente: FORTE FABRIZIO
Relatore: DIDONE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 8896-2013 proposto da:
CO.GE .

COSTRUZIOINI

GENERALI

S.R.L.

(c.f.

05099980964), in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. B.
VICO 31, presso l’avvocato GIOVAN CANDIDO DI GIOIA,
che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
SANDRO BONELLI, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro

BANCA NAZIONALE DEL LAVORO S.P.A., in persona del
legale rappresentante pro tempore,

elettivamente

Data pubblicazione: 08/03/2016

domiciliata in ROMA, VIA DI VAL GARDENA 3, presso
l’avvocato LUCIO DE ANGELIS, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato PAOLA FAGIOLINI,
giusta procura in calce al controricorso;
CURATELA DEL

FALLIMENTO DELLA SOCIETA’

CO.GE .

dott. AGOSTINI FILIPPO, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA CASSIODORO 1/A, presso l’avvocato GIULIANO
SCARSELLI, che la rappresenta e difende, giusta
procura a margine del controricorso;
– controricorrenti contro

MURDOLO GIUSEPPE;
– intimato-

avverso la sentenza n. 376/2013 della CORTE D’APPELLO
di FIRENZE, depositata il 28/02/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 03/02/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO
DIDONE;

COSTRUZIONI GENERALI S.R.L., in persona del Curatore

udito, per la ricorrente, l’Avvocato GIOVAN CANDIDO DI
GIOIA che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per la controricorrente CURATELA, l’Avvocato
GIULIANO SCARSELLI che ha chiesto il rigetto del
ricorso;
udito, per la controricorrente B.N.L., l’Avvocato
ATTILIO TERZINO, con delega, che ha chiesto il rigetto

2

del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. UMBERTO DE AUGUSTINIS che ha concluso
per l’inammissibilità o in subordine rigetto del

ricorso.

3

Ragioni di fatto e di diritto della decisione
1.- Con la sentenza impugnata (depositata il 28.2.2013) la
Corte di appello di Firenze ha rigettato il reclamo
proposto dalla s.r.l. “CO.GE. Costruzioni Generali” contro
la sentenza del Tribunale di Pistoia che ne aveva

dichiarato il fallimento.
In sintesi la corte di merito ha disatteso le censure della
reclamante evidenziando che la BNL, creditore istante,
vantava un credito di euro 1.050.000,00, oltre interessi e
spese, garantito da ipoteca di primo grado, derivante da
contratto di mutuo le cui rate scadute non erano state
pagate, con conseguente decadenza dal beneficio del
termine. La proposta opposizione al precetto era
irrilevante, l’allegata (ma non dimostrata) titolarità di
patrimonio immobiliare non rilevava, non essendosi in
presenza di società in liquidazione, né era necessaria
l’esecutività del titolo vantato dal creditore.
Contro la sentenza della Corte di appello la società
fallita ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre
motivi.
Resistono con controricorso il curatore del fallimento e la
BNL.
2.1.- Tutti e tre i motivi del ricorso denunciano vizio di
motivazione.
Il primo motivo (con il quale si denuncia anche la
violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., che
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attengono comunque alla motivazione: cfr. Sez. l,

n.

3337/2015) la ricorrente lamenta che la corte di merito non
abbia valutato il contratto di finanziamento posto a base
del credito azionato e la relativa documentazione. Deduce
che non si trattava di mutuo fondiario ma di finanziamento

diretto a ripianare debiti pregressi nei confronti di terzi
(anche banche), quindi il contratto non costituiva titolo
esecutivo, come riconosciuto dal Tribunale di Pistoia in
sede di opposizione all’esecuzione, e non costituisce prova
del credito.
Il motivo – là dove non è inammissibile perché veicola
censure in fatto – è inammissibile perché, come risulta
dalla stessa trascrizione della sentenza del Tribunale di
Pistoia contenuta nel ricorso (pag. 26), risulta «provata
l’effettiva successiva erogazione della somma oggetto del
contratto di finanziamento>>. Sì che era certo l’ingente
credito posto a base dell’istanza di fallimento.
Il difetto di esecutività del titolo, come ha rilevato la
corte di merito, se poteva rilevare in sede di esecuzione
individuale è del tutto irrilevante ai fini della
dichiarazione di fallimento e tale ratio decidendi non è
fatta oggetto di specifica censura. Ciò che rende
inammissibile il motivo.
2.2.- Con il secondo motivo la ricorrente denuncia vizio di
motivazione e violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc.
civ. per omesso esame del contenuto e della rilevanza dei
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mezzi di prova in ordine alla «sufficienza patrimoniale
costituita dall’ipoteca e dalla perizia di stima del
patrimonio immobiliare nonché della mancata ammissione dei
mezzi di prova in argomento>>.
Il motivo è infondato perché la ricorrente contesta con il

mero richiamo a dottrina autorevole ma risalente, il
costante e consolidato principio giurisprudenziale
correttamente applicato dalla corte di merito – secondo il
quale to stato di insolvenza richiesto ai fini della
pronunzia dichiarativa del fallimento dell’imprenditore non
è escluso dalla circostanza che l’attivo superi il passivo
e che non esistano conclamati inadempimenti esteriormente
apprezzabili. In particolare, il significato oggettivo
dell’insolvenza, che è quello rilevante agli effetti
dell’art. 5 legge tali., deriva da una valutazione circa le
condizioni economiche necessarie (secondo un criterio di
normalità)

all’esercizio di

attività

economiche,

si

identifica con uno stato di impotenza funzionale non
transitoria

a

soddisfare

le

obbligazioni

inerenti

all’impresa e si esprime, secondo una tipicità desumibile
dai dati dell’esperienza economica, nell’incapacità di
produrre beni con margine di redditività da destinare alla
copertura delle esigenze di impresa (prima fra tutte
l’estinzione dei debiti), nonché nell’impossibilità di
ricorrere al credito a condizioni normali, senza rovinose
decurtazioni del patrimonio. Il convincimento espresso dal
6

giudice di merito circa la sussistenza dello stato di
insolvenza costituisce apprezzamento di fatto,
incensurabile in cassazione, ove sorretto da motivazione
esauriente e giuridicamente corretta (Sez. 1, n.
7252/2014).

2.3.- Il principio di incensurabilità da ultimo richiamato
rende palese l’inammissibilità del terzo motivo di ricorso,
che verte proprio sull’apprezzamento da parte del giudice
di merito degli elementi indiziari dai quali ha tratto il
convincimento in ordine alla sussistenza dello stato di
insolvenza, dandone adeguata giustificazione.
E’

applicabile,

ratione temporis,

la riformulazione

dell’art. 360, primo coma, n. 5, cod. proc. civ., disposta
dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge
7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce

dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi,
come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di
legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in
cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in
violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto
attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il
vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a
prescindere dal confronto con le risultanze processuali.
Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di
motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella
“motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra
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affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa
ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque
rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della
motivazione (Sez. un., n. 8053/2014).
Il ricorso deve essere rigettato.

dispositivo – seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società
ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di
legittimità – liquidate in euro 7.000,00, di cui euro
200,00 per esborsi oltre accessori di legge – in favore di
ciascuna parte controricorrente.
Ai

sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, coma 1-

quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo
a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per
il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, coma 1
bis.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 3
febbraio 2016

Le spese del giudizio di legittimità – liquidate in

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