Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 453 del 11/01/2018

Cassazione civile, sez. trib., 11/01/2018, (ud. 05/12/2017, dep.11/01/2018),  n. 453

Fatto

ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA

1. La società Gorent s.p.a. impugnava l’avviso di accertamento notificato dalla società SA.FI. S.p.A. il 2 settembre 2008 relativamente alla debenza della TIA per il periodo 1 settembre 2005 – 30 giugno 2008 relativamente alle aree detenute dalla società consistenti in 180 m2 adibiti ad ufficio, 600 m2 adibiti ad officina e 5000 m2 adibiti a parcheggio. Sosteneva la contribuente che in data 7 settembre 2007, dopo aver ricevuto una lettera di richiesta di informazioni da parte della società SA.FI. S.p.A., aveva dichiarato di occupare dal 1 settembre 2005 le aree di che trattasi ed, in particolare, 5000 m2 adibiti a parcheggio. Dopo aver ricevuto la fattura per il pagamento della TIA, in data 20 giugno 2008, essendosi avveduta di aver per errore dichiarato di occupare 5000 m2 di area adibita a parcheggio in luogo di metri quadrati 1000, aveva presentato una dichiarazione integrativa segnalando l’errore commesso ed utilizzando a tal fine il modulo predisposto per la denuncia di variazione. La società SA.FI. S.p.A. S.p.A., senza tener conto della dichiarazione integrativa, aveva emesso l’avviso di accertamento impugnato con cui, per il periodo pregresso alla denuncia di variazione in data 20 giugno 2008, aveva applicato la tariffa sulla base della superficie adibita a parcheggio di metri quadrati 5000, tenendo conto della prima dichiarazione effettuata. La commissione tributaria provinciale di Firenze accoglieva in parte il ricorso della contribuente statuendo che la tariffa doveva essere calcolata considerando la superficie effettivamente occupata secondo la denuncia di variazione. Rigettava, poi, il ricorso nella parte in cui era stato sostenuto che la superficie di 600 m2 adibita ad officina doveva andare esente dalla tassazione sul presupposto che in essa si producevano esclusivamente rifiuti speciali. La commissione tributaria regionale della Toscana accoglieva l’appello della società SA.FI. S.p.A., respingendo l’appello incidentale della contribuente, sul rilievo che la emendabilità della dichiarazione doveva avere a suo fondamento un principio di ragionevolezza e, poichè la contribuente per tre anni aveva taciuto l’effettiva superficie tassabile, si doveva presumere un comportamento evasivo poichè non era mai stata ricevuta prova contraria idonea a vincere la presunzione. Ne conseguiva che solamente dal giugno 2008 la contribuente aveva diritto a correggere l’originaria denuncia ed ottenere la modifica della propria posizione debitoria.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione la contribuente affidato a quattro motivi illustrati con memoria. La società Quadrifoglio Servizi Ambientali Area Fiorentina S.p.A. (già SA.FI. S.p.A.) si è costituita in giudizio con controricorso pure illustrato con memoria.

3. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione agli artt. 53 e 97 Cost., D.P.R. n. 158 del 1999, art. 6, art. 4, comma 1, del regolamento del Comune di Scandicci del 4 marzo 2008. Sostiene che ha errato la CTR per non aver riconosciuto alla contribuente il diritto ad emendare retroattivamente la dichiarazione TIA.

4. Con il secondo motivo deduce omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nonchè violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione all’art. 2729 cod. civ.. Sostiene che la CTR ha errato nel ritenere che non sussistesse un errore nella redazione della dichiarazione per il solo fatto che la contribuente non aveva presentato immediatamente detta dichiarazione e non ha motivato adeguatamente l’affermazione secondo cui il fatto di aver atteso due anni per comunicare la dichiarazione di rettifica doveva considerarsi quale circostanza che faceva presumere, ai sensi dell’art. 2729 cod. civ., un comportamento evasivo.

5. Con il terzo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla L. n. 212 del 2000, art. 7, della L. n. 241 del 1990, art. 3, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 nonchè omessa motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non aver la CTR accolto l’appello incidentale promosso dalla contribuente relativo al difetto di motivazione dell’avviso di accertamento impugnato in quanto la società accertatrice aveva omesso di portare a conoscenza della contribuente il regolamento per l’applicazione della TIA numero 14 del 4 marzo 2008. Inoltre l’atto impositivo mancava delle indicazioni delle ragioni di diritto, dei presupposti di fatto e dei passaggi logici che avevano condotto alla determinazione delle superfici sulla base delle quali calcolare la tariffa.

6. Con il quarto motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 10 del regolamento del Comune di Scandicci del 4 marzo 2008, al D.P.R. n. 158 del 1999, art. 6 nonchè omessa motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non aver la CTR accolto l’appello incidentale promosso dalla contribuente e, conseguentemente, per non aver accertato l’illegittimità e/o l’infondatezza dell’atto di accertamento impugnato con cui non era stata esclusa da tassazione la superficie di metri quadrati 600 ove si producevano rifiuti speciali.

Diritto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è fondato. Mette conto, innanzitutto, chiarire la natura tributaria o meno del prelievo al fine di accertare se sia ammissibile emendare la dichiarazione resa. Il regime fiscale dei rifiuti, a partire dalla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), prevista dal D.Lgs. n. 507 del 1993, ha subito nel tempo numerose modifiche legislative, in quanto la TARSU è stata sostituita dalla TIA 1 (tariffa di igiene ambientale), introdotta dal D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49 (Decreto Ronchi), la TIA 1 è stata sostituita dalla TIA 2 (tariffa integrata ambientale), introdotta dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 238 (Codice dell’Ambiente), la TIA 2 è stata sostituita dal TARES (tributo comunale sui servizi), introdotto dal D.L. n. 201 del 2011, art. 14 convertito dalla L. n. 214 del 2011, ed il TARES è stato sostituito dalla TARI (tassa sui rifiuti), istituita dalla L. n. 147 del 2013, art. 1, commi 639, e seguenti), a decorrere dal 1 gennaio 2014.

Il legislatore, con il D.Lgs. n. 22 del 1997 (Decreto Ronchi), ha previsto l’introduzione del nuovo sistema incentrato sulla tariffa (TIA 1), sostitutivo di quello incentrato sul tributo. Il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 238, (Codice dell’Ambiente), che ha istituito la nuova “tariffa” sui rifiuti TIA 2, destinata a sostituire quella di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, ha previsto, al comma 1, che “La tariffa di cui al D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 49 è soppressa a decorrere dall’entrata in vigore del presente art., salvo quanto previsto dal comma 11”, il quale recita che “Sino alla emanazione del regolamento di cui al comma 6 e fino al compimento degli adempimenti per l’applicazione della tariffa continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti”. Tale regolamento ministeriale non è stato adottato (entro il prorogato termine del 30 giugno 2010), per cui sono rimaste in vigore, ed applicate dai Comuni nei rispettivi territori, per quanto qui d’interesse, sia la TARSU che la TIA 1, quella appunto prevista dal D.Lgs. n. 22 del 1997, alla quale, per effetto della L. n. 296 del 2006, commi 183 e 184 (Finanziaria 2007), sono stati estesi i criteri di determinazione della TARSU. Il D.L. n. 208 del 2008, art. 5, comma 2 quater, convertito dalla L. n. 13 del 2009, ha altresì disposto che, “Ove il regolamento di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 238, comma 6 non sia adottato dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (entro il 30 giugno 2010), i comuni che intendano adottare la tariffa integrata ambientale (TIA) possono farlo ai sensi delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti”. Dunque è stata prevista per gli Enti locali, inutilmente decorso il termine del 30 giugno 2010, la facoltà di adottare delibere di passaggio dalla TARSU alla TIA 2, con effetto dal 10 gennaio 2011. Con il D.L. n. 78 del 2010, art. 14, comma 33, è stato previsto che “le disposizioni di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 238, si interpretano nel senso che la natura della tariffa ivi prevista non è tributaria. Le controversie relative alla predetta tariffa, sorte successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, rientrano nella giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria”, e ciò al fine di sottoporre ad IVA le somme versate, in passato, a titolo di TIA. A detta norma non è stata riconosciuta natura interpretativa (Cass. S.U. n. 26268/2016) in considerazione del fatto che la giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione era, già al momento della entrata in vigore del D.L. n. 78 del 2010, pacificamente orientata nel senso di ritenere la natura tributaria e non di corrispettivo della TIA 1 (Cass., S.U. n. 5078/2016; Cass. S.U. n. 23114/2015). Dunque fino alla scadenza del termine per l’emanazione del regolamento di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 238, comma 6 (il 30 giugno 2010), i Comuni dovevano continuare ad applicare le discipline regolamentari vigenti in materia di TIA, ritenuta essere una mera variante della TARSU disciplinata dal D.P.R. 15 novembre 1993, n. 507, di cui conservava la qualifica di tributo (Cass. nn. 14903 del 2010; 25929 del 2011; 9600 del 2012; 2320, 3293 e 5831 del 2012; 11157 del 2013, 4723 del 2015; 23114 del 2015; n. 17271 del 2017).

Ne consegue che per il periodo 1 settembre 2005 – 30 giugno 2008 la natura della tariffa applicata alla contribuente aveva natura tributaria, con conseguente applicabilità dei principi ad essa afferenti. Ora, costituisce principio ormai consolidato che la dichiarazione dei redditi del contribuente, affetta da errore, sia esso di fatto che di diritto, anche se non direttamente rilevabile dalla stessa dichiarazione, è una mera esternazione di scienza o di giudizio ed è quindi emendabile e ritrattabile (cfr Cass. n. 6609 del 23/03/2011). L’emendabilità, da parte del contribuente, degli errori, anche non meramente materiali o di calcolo, contenuti in dichiarazioni (o, comunque, in atti dello stesso contribuente costituenti il presupposto dell’imposizione fiscale), deve essere riconosciuta quale espressione di un principio generale del sistema tributario, atteso che la dichiarazione non ha valore confessorio, nè costituisce fonte dell’obbligazione tributaria – inserendosi nell’ambito di un più complesso procedimento di accertamento e di riscossione -, ed alla luce dei principi costituzionali di capacità contributiva e di buona amministrazione (i quali rendono intollerabile un sistema legale che impedisca al contribuente di dimostrare l’inesistenza di fatti giustificativi del prelievo), nonchè del principio esistente ancor prima dell’espresso riconoscimento contenuto nella L. n. 212 del 2000, art. 10, – della collaborazione e della buona fede, che deve improntare i rapporti tra contribuente ed amministrazione finanziaria (cfr. Cass. n. 11192 del 10/05/2013).

Data la ritenuta natura tributaria della TIA 1, non si ravvisano ragioni per le quali non possa ritenersi emendabile la dichiarazione resa dal contribuente, al pari delle altre entrate tributarie dello Stato e degli enti locali (in materia di Ici si veda Cass. n. 2926 del 10/02/2010), salvo contraria previsione esplicita. E va inoltre considerato che la Corte di legittimità (Cass. S.U. n. 13378 del 30/06/2016) ha affermato il principio secondo cui, ferma restando la possibilità di emendare errori od omissioni, il contribuente può, in ogni caso, opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria.

2. Il secondo motivo è parimenti fondato. Invero la CTR non ha chiarito le ragioni per le quali il fatto di aver la contribuente presentato la dichiarazione integrativa a distanza di oltre due anni dalla dichiarazione originaria costituiva elemento presuntivo del comportamento evasivo che la contribuente avrebbe dovuto vincere adducendo prova contraria. Ed ha altresì erroneamente ritenuto che la prova dei presupposti relativi alla modifica della dichiarazione originaria incombesse sulla contribuente, posto che la Corte di legittimità ha già affermato il principio, al quale questo collegio intende dare continuità, secondo cui, se la modifica ha luogo prima della notificazione dell’avviso di liquidazione della maggiore imposta, l’Ufficio è tenuto a rispettare le risultanze della correzione, fermo restando l’esercizio dei suoi poteri in ordine ai valori emendati, ma con onere della prova a carico dell’Amministrazione, mentre, se la modifica ha luogo dopo la notifica dell’avviso, pur non potendo considerarsi precluso l’esercizio della facoltà di correzione, quest’ultima, venendo necessariamente ad operare in sede contenziosa, pone a carico del contribuente l’onere di dimostrare la correttezza della modifica proposta (Cass. n. 11192 del 10/05/2013; n. 2926 del 10/02/2010; Cass. n. 20852 del 05/10/2007; Cass. n. 5361 del 10/03/2006).

2. Il ricorso va, dunque, accolto e l’impugnata decisione va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana in diversa composizione che, adeguandosi ai principi esposti, procederà alle necessarie verifiche e deciderà nel merito oltre che sulle spese di questo giudizio di legittimità.

3. Gli altri motivi di ricorso rimangono assorbiti.

PQM

La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbiti il terzo ed il quarto, cassa l’impugnata decisione e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 dicembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2018

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