Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4528 del 11/02/2022

Cassazione civile sez. II, 11/02/2022, (ud. 20/01/2022, dep. 11/02/2022), n.4528

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIUSTI Alberto – Presidente –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. MASSAFRA Annachiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9516/2017 R.G. proposto da:

M.A.M., rappresentata e difesa dall’avv. Mauro Mengucci,

con domicilio eletto in Roma, Via Giulio Cesare n. 95, presso l’avv.

Sabrina Magrini.

– ricorrente –

contro

M.F., E M.O., rappresentati e difesi dagli avv.ti

Roberto Venturini, Astorre Mancini, e Michele Aureti, con domicilio

eletto in Roma, Via Ortigara n. 3.

– controricorrenti –

e

M.R.;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona n. 318/2016,

depositata in data 10.3.2016.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del giorno

20.1.2022 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 44/2008, il Tribunale di Pesaro ha dichiarato M.R. erede legittimaria della madre G.I., per la quota pari a 2/9 dell’asse, ma ha respinto le altre domande proposte in autonomi giudizi (poi riuniti) dall’attrice e dalla sorella M.A.M., volti a far dichiarare la rescissione per lesione del contratto di compravendita con cui G.I. aveva venduto un bene immobile al nipote M.F. (figlio di M.O., quest’ultimo fratello delle attrici) o, in subordine, a far accertare che l’atto di vendita dissimulava una donazione nulla per difetto di forma o un negozio misto con donazione, con richiesta di condanna del convenuto a rimborsare alla massa ereditaria del controvalore dell’immobile o la differenza tra il prezzo pattuito e il valore effettivo del bene.

La sentenza, impugnata dalla sola M.A.M., è stata confermata in appello.

La Corte territoriale di Ancona, respinta la domanda di rescissione per lesione per insussistenza dello stato di bisogno della disponente al momento del contratto, ha escluso che M.A.M. avesse interesse ad impugnare il negozio misto con donazione, osservando che, non configurandosi un’ipotesi di nullità assoluta del negozio, la domanda, essendo funzionale all’esercizio dell’azione di riduzione, doveva esser preceduta dall’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario.

La pronuncia ha inoltre negato che il contratto dissimulasse una donazione remuneratoria, evidenziando che la G. non aveva disposto del bene per motivi di riconoscenza verso il figlio O. e verso il nipote, sostenendo inoltre che l’intento di liberalità era escluso dalla previsione di un corrispettivo in denaro il cui versamento era stato contestato dalla M. solo nella comparsa conclusionale di primo grado e quindi tardivamente. Trattandosi, secondo il giudice distrettuale, di fatto rilevante al fine di dimostrare la fondatezza della domanda, la parte avrebbe dovuto allegarlo al più tardi con la memoria ex art. 183 c.p.c., comma 5.

La cassazione della sentenza è chiesta da M.A.M. con ricorso in due motivi, illustrati con memoria.

M.F. ed O. hanno depositato controricorso, mentre M.R. non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Sono infondate le eccezioni di inammissibilità del ricorso: l’impugnazione contiene una sufficiente, per quanto sintetica, esposizione dei fatti di causa, con richiamo ai documenti e agli atti processuali, nei limiti di quanto funzionale allo scrutinio di legittimità e all’esame delle questioni sollevate con le singole censure, in piena osservanza dei requisiti di specificità dei motivi imposti dall’art. 366 c.p.c. e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4.

2. Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 769,1417,2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, sostenendo che, nelle memorie ex art. 183 c.p.c., comma 5, la ricorrente aveva chiaramente dedotto l’esistenza di una donazione, quantomeno remuneratoria, o di un negozio misto con donazione, in cui l’attribuzione a titolo di liberalità risiedeva nella differenza tra il prezzo risultante dall’atto e il valore di mercato del bene. Nel rimarcare che il prezzo era stato solo asseritamente versato, la ricorrente aveva specificamente posto in dubbio il pagamento, circostanza che non poteva considerarsi pacifica e che doveva esser dimostrata dall’acquirente.

Peraltro, il versamento del prezzo doveva essere effettuato con l’impiego di somme derivanti da un mutuo bancario e poiché non vi era prova che l’acquirente avesse ottenuto alcun finanziamento, era rimasto accertato che, in mancanza del pagamento, la vendita dissimulava una donazione nulla per difetto di forma.

Il motivo è fondato.

La Corte territoriale ha escluso che la compravendita dissimulasse una donazione nulla per difetto di forma, evidenziando come – da un lato – l’atto dispositivo non fosse motivato dall’intento di remunerare il beneficiario per i servizi da questi resi alla disponente – e dall’altro – che mancavano gli elementi che connotano gli atti di liberalità, avendo le parti previsto un rilevante corrispettivo per il trasferimento il cui versamento non era stato oggetto di contestazione, dovendo considerarsi fatto pacifico e non bisognevole di dimostrazione.

Nell’esigere la formulazione di una contestazione esplicita e tempestiva del pagamento, la Corte di merito non si è avveduta che tale contestazione era implicita nella stessa domanda di simulazione relativa del contratto.

Pur avendo esaminato nel merito – reputandola infondata – la domanda volta a far emergere il perfezionamento di una donazione (remuneratoria o meno), la sentenza ha omesso di considerare che la stessa proposizione dell’azione implicava – per sua natura – la negazione del versamento del prezzo e la contestazione del pagamento.

In definitiva, l’attrice, avendo sostenuto che la vendita dissimulava una donazione nulla per vizio di forma, non era tenuta a prendere ulteriormente posizione riguardo all’effettuazione del pagamento, avendolo già posto implicitamente in discussione con la stessa proposizione della domanda, con deduzione, peraltro, ulteriormente circostanziate, nel rispetto delle preclusioni, nella memoria illustrativa dell’art. 183 c.p.c., comma 5, ove appunto era stata ribadita la configurabilità di una donazione (cfr. ricorso, pag. 3).

Va ritenuto ininfluente che la ricorrente non abbia censurato la pronuncia nel punto in cui ha accertato l’insussistenza del particolare motivo che connota la donazione remuneratoria (cfr. pag. 11), avendo – più in generale – allegato il compimento di un atto diretto di liberalità ad opera della de cuius, nulla per vizio di forma e lesivo dei suoi interessi: l’insussistenza del motivo remuneratorio escludeva la configurabilità dell’ipotesi regolata dall’art. 770 c.c., ma non anche la sussistenza di una normale donazione, che l’erede aveva inteso comunque impugnare.

3. Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 564 c.c., comma 1 e art. 100 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 per aver la Corte di merito erroneamente ritenuto che la ricorrente non avesse interesse a far valere la sussistenza di un negozio misto con donazione, non avendo accettato l’eredità con beneficio di inventario, omettendo di considerare che M.A.M. era legittimaria totalmente pretermessa, poiché la G. aveva nominato erede universale il figlio M.O..

Il motivo è fondato.

Come dà atto lo stesso giudice distrettuale, la ricorrente aveva evidenziato che G.I. aveva nominato erede universale il solo figlio M.O., estromettendo entrambe le figlie ( M.A.M. e M.R., quest’ultima già riconosciuta legittimaria per la quota di 3/9 dell’asse con la pronuncia di primo grado; cfr. sentenza, pag. 4).

Ciò nonostante, la Corte d’appello ha ritenuto preclusa l’impugnazione della vendita, quale negozio misto con donazione, per non aver la ricorrente accettato l’eredità materna con beneficio di inventario.

Essendo M.A.M. legittimaria totalmente pretermessa dalla testatrice, un tale adempimento non poteva condizionare l’esercizio della domanda, né privava la ricorrente dell’interesse ad agire.

Il legittimario pretermesso è per definizione privo di una vocazione ereditaria e pertanto gli è preclusa la possibilità di accettare l’eredità (Cass. 25441/2017; 30079/2019).

La preventiva accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario richiesta dall’art. 564 c.c., per la proposizione dell’azione di riduzione delle donazioni e dei legati – non è richiesta per chi sia stato totalmente estromesso dall’eredità, neppure nel caso in cui abbia ricevuto beni dal “de cuius” a titolo di donazione, ovvero si sia impossessato, dopo la sua morte, di beni ereditari, potendo acquisire la qualità di erede soltanto a seguito del favorevole esercizio dell’azione di riduzione e del passaggio in giudicato della relativa sentenza (Cass. 12496/2007; Cass. 16635/2013).

Ove pertanto impugni per simulazione un atto compiuto dal “de cuius”, a tutela del proprio diritto alla reintegrazione della quota di legittima, agisce, sia nella successione testamentaria che in quella “ab intestato”, in qualità di terzo e non in veste di erede, come tale, non è tenuto agli adempimenti prescritti dall’art. 564 c.c., né vi è tenuto quando agisca per far valere una simulazione assoluta od anche relativa, ma finalizzata a far accertare la nullità del negozio dissimulato. In queste ipotesi, l’accertamento della realtà effettiva consente al legittimario di recuperare alla massa ereditaria i beni donati, mai usciti dal patrimonio del defunto (Cass. 30079/2017; Cass. 16635/2013; Cass. 8215/2013).

Risulta infine irrilevante che la sentenza abbia escluso l’esistenza di un atto di liberalità, per non aver la ricorrente contestato il pagamento del prezzo della vendita, trattandosi di conclusione già ritenuta erronea, come evidenziato nell’esame del primo motivo di ricorso.

Discende – per tali ragioni – l’accoglimento di entrambi i motivi di ricorso.

La sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.

P.Q.M.

accoglie entrambi i motivi di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 20 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2022

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