Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4527 del 22/02/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 4527 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: SAMBITO MARIA GIOVANNA C.

SENTENZA
sul ricorso 31572-2007 proposto da:
ELIA ANGELO, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA
CAVOUR, presso la cancelleria della CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato PACE
FABIO con studio in MILANO CORSO DI PORTA ROMANA 89/3
(avviso postale), giusta delega a margine;
– ricorrente –

2012

contro

2646

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO LOCALE DI AGROPOLI,
MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE, AGENZIA DELLE
ENTRATE;

Data pubblicazione: 22/02/2013

- intimati avverso la sentenza n. 209/2006 della
COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di SALERNO, depositata il
25/10/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
Dott. MARIA

GIOVANNA C. SAMBITO;
udito per il ricorrente l’Avvocato DE SANCTIS, delega

Avvocato PACE, che si riporta;
udito il P.M. in persona del

Sostituto

Procuratore

Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso in subordine rigetto.

udienza del 20/12/2012 dal Consigliere

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Elia Angelo, titolare dell’Istituto tecnico per geometri ed
odontotecnici PL Nervi, ha impugnato l’avviso d’accertamento

reddito d’impresa da lui dichiarato, ai fini IRPEF, ILOR,
contributi per servizio sanitario, per l’anno 1994, e comminato le
relative sanzioni, in considerazione del maggior numero di
alunni desunto dagli appunti contenuti su quaderni rubrica
rinvenuti dalla Guardia di Finanza, nel corso di un’ispezione. Il
ricorso, con cui il contribuente contestava, per quanto ancora
interessa, i presupposti per l’accertamento induttivo ed il valore
probatorio dei detti quaderni, evidenziando la coerenza dei
versamenti bancari coi dati desumibili dal registro dei
corrispettivi, è stato respinto dalla CTP di Salerno, con decisione
confermata in appello dalla CTR della Campania, che, con
sentenza n. 209/12/06, depositata il 25.10.2006, ha ritenuto che,
pur in assenza di irregolarità contabili, la documentazione
informale atta ad evidenziare l’esistenza di operazioni non
contabilizzate era idonea a fondare la ripresa, conclusione che
non era smentita -pure tenuto conto dei dati acquisiti
dall’indagine bancaria svolta, anche, nei confronti del coniugedalle testimonianze scritte, rese da alcuni studenti, di valore
meramente indiziario.
Il contribuente ha proposto ricorso per la cassazione della
sentenza, nei confronti del Ministero dell’Economia e delle

con cui l’Ufficio delle Entrate di Agropoli aveva elevato il

Finanze e dell’Agenzia delle Entrate, che non hanno presentato
difese.

MOTIVI DELLA DECISIONE

incorsa in violazione e falsa applicazione dell’art. 39 del dPR n.
600 del 1973, per avere attribuito efficacia probatoria alla
documentazione extracontabile, senza valutare se i dati in essa
contenuti erano idonei a costituire presunzioni gravi, precise e
concordanti. In conclusione, il ricorrente formula il seguente
quesito di diritto: “dica codesta Suprema Corte se la
documentazione extracontabile reperita presso un’azienda possa
costituire ex se presunzione grave, precisa e concordante idonea
a fondare un accertamento induttivo ex art 39 del Dpr. n. 600 del
1973”. Il motivo è infondato. In tema di accertamento delle
imposte sui redditi, questa Corte (Cass. n. 24051 del 2011, n.
25610 del 2006) ha condivisibilmente affermato che la
“contabilità in nero”, costituita da appunti personali ed
informazioni dell’imprenditore: 1) va inquadrata tra le scritture
contabili, che ricomprendono tutti i documenti che registrano, in
termini quantitativi o monetari, i singoli atti d’impresa, o che
rappresentano la situazione patrimoniale dell’imprenditore ed il
risultato economico dell’attività svolta; 2) fa fede contro
l’imprenditore stesso, a norma dell’art. 2709 cc. Ne consegue
che, per tale suo valore probatorio, la contabilità in nero
legittima di per sé, ed a prescindere dalla sussistenza di

Col primo motivo, il ricorrente deduce che la CTR

qualsivoglia altro elemento, il ricorso all’accertamento induttivo
di cui all’art. 39 del dPR n. 600 del 1973, incombendo al
contribuente l’onere di fornire la prova contraria, al fine di

riferimento all’analoga disposizione di cui all’art 54 del dPR n.
633 del 1972, Cass. n. 6949 del 2006; n. 7184 del 2009; n. 21697
del 2010).
Col secondo motivo, deducendo il vizio di “omessa
pronuncia in relazione alla violazione dell’art 39, co 2, del dPR
n. 600 del 1973”, il ricorrente evidenzia di aver dedotto, in
entrambi i gradi di merito, l’illegittimità dell’accertamento
induttivo, per l’assenza dei relativi presupposti, domanda sulla
quale i giudici d’appello non avevano pronunciato. Il ricorrente,
che contesta la pertinenza delle argomentazioni della Guardia di
Finanza relative alla mancata tenuta delle scritture contabili ai
fini dell’IVA, avendo effettuando, solo, operazioni esenti,
sottopone, in conclusione, il seguente quesito: “dica codesta
Suprema Corte se incorra nel vizio di omessa pronuncia
desumibile dall’art. 112 cpc, il giudice d’appello che, dinanzi ad
una chiara domanda rivoltagli, tesa ad una riforma totale della
sentenza gravata per un motivo ben identificato, non risponda,
nemmeno indirettamente o parzialmente alla detta domanda”.
Col terzo motivo, deducendo “insufficiente motivazione su un
punto decisivo della controversia” il ricorrente lamenta che i
giudici d’appello hanno attribuito efficacia probatoria alla

3

contestare l’atto impositivo notificatogli (cfr. inoltre, in

documentazione extracontabile in modo apodittico, senza
procedere ad alcuna valutazione critica dei dati in essa contenuti
e senza tener conto delle dichiarazioni rese da alcuni studenti

dall’indagine bancaria sui conti correnti suoi e del coniuge,
prosegue il ricorrente, è del tutto generico ed incongruo, tenuto
conto che di tali indagini non vi è traccia nell’atto
d’accertamento impugnato. I due motivi, che, per comodità
espositive, vanno congiuntamente esaminati, sono inammissibili
per violazione dell’art. 366 bis cpc, applicabile ratione temporis.
Premesso che l’enunciazione del quesito di diritto deve ritenersi
richiesta anche nell’ipotesi in cui si denunci la violazione dell’art.
112 cpc -secondo l’indirizzo giurisprudenziale che appare
preferibile (v. Cass. n. 4329 del 2009, 4146 del 2011), perché
fondato sul dato testuale della norma richiamata, che non opera
distinzioni tra i motivi d’impugnazione in diritto, e non esclude
quelli concernenti errores in procedendo- va poi osservato che,
in relazione ad una censura in diritto, il quesito assolve alla
funzione di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione
del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico
generale e non può, pertanto, esser generico e teorico, ma deve
essere calato nella fattispecie concreta, onde far comprendere,
dalla sua sola lettura, l’errore asseritamente compiuto dal giudice
di merito e la regola applicabile (cfr. Cass. n. 3530 del 2012). Il
quesito formulato, come nella specie, come mero interpello in

della scuola. Il riferimento a non meglio precisati dati acquisiti

ordine alla fondatezza della propugnata petizione di principio,
non svolge, all’evidenza, tale sua funzione ed è pertanto
inammissibile. Parimenti, il ricorrente che deduca un vizio di

di indicare, pur senza rigidità formali, in una parte del motivo a
ciò deputata, il fatto, decisivo e controverso, in relazione al quale
la motivazione si assume rispettivamente, omessa,
contraddittoria, o inidonea a giustificare la decisione, non
essendo sufficiente che il fatto stesso sia rilevabile dal
complesso della censura proposta (cfr. Cass. n 24255 del 2011).
L’assenza del momento di sintesi rende inammissibile, anche, il
terzo motivo.
Col quarto motivo, il ricorrente deduce la “nullità della
sentenza in violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 art.
24” non constando che il pvc ed i relativi allegati siano stati
prodotti in giudizio, né dandone atto la sentenza impugnata. In
conclusione, la ricorrente formula il seguente quesito: “dica
codesta Suprema Corte se sussista violazione dell’art. 24 del
d.lgs. n. 546 del 1992 che prescrive le regole per il deposito di
documenti nel processo tributario non risultando dall’elenco dei
documenti prodotti in calce alle controdeduzioni dell’Ufficio il
Processo verbale e gli allegati sui quali il giudice ha fondato il
suo convincimento”. Con il quinto motivo, il ricorrente deduce la
“nullità della sentenza in violazione del D.Lgs. 31 dicembre
1992 n. 546 art. 32 e 58”, evidenziando che la produzione del

motivazione è onerato di formulare il c.d. quesito di fatto, e cioè

processo verbale di constatazione e i relativi allegati, se
effettuata dalla controparte, è illegittima perché “parte appellata
avrebbe dovuto produrre i documenti non prodotti nel giudizio di

successivamente”. Il ricorrente formula, in conclusione, il
seguente quesito: “dica codesta Suprema Corte se sussista nullità
della pronuncia allorchè il giudice fondi il suo convincimento su
documenti prodotti tardivamente nel corso del giudizio d’appello
in violazione degli artt. 32 e 58 comma 2 del D. Lgs. n. 546 del
1992”.
I motivi, da valutarsi congiuntamente, per la loro
connessione, sono, entrambi, inammissibili. 11 ricorrente, come
pure si desume dal quesito formulato a chiusura del quarto
motivo, focalizza la sua attenzione sul mancato rispetto

ex

adverso della norma processuale per il deposito del pvc e degli
allegati, qualificati “atti avversari”, ma omette di precisare,
come, invece, avrebbe dovuto in ossequio al principio di
specificità dei motivi del ricorso per cassazione, se tale
documentazione -di cui egli aveva copia, come affermato
nell’atto impugnato (trascritto nel ricorso)- fosse già in atti per
esser stata da lui prodotta contestualmente al deposito del ricorso
unitamente all’atto impositivo (ex art 22, co 4 del d.lgs. n. 546
del 1992), con conseguente suo legittimo utilizzo da parte del
giudice, in base al principio di acquisizione della prova,
secondo cui l’emergenza istruttoria e documentale, una volta

primo grado al momento della costituzione in giudizio e non

-=.SENT7 fl

7.. \71.01\7,

N. Li
MATIL1ru,

raccolta, è utilizzabile indipendentemente dalla sua provenienza.
Il quinto motivo non supera il vaglio dell’ammissibilità, essendo
formulato in termini puramente ipotetici.

assenza di attività difensiva della parte intimata.
PQM
La Corte, rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2012./

Il ricorso va rigettato. Non va provveduto sulle spese, in

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