Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4526 del 19/02/2021

Cassazione civile sez. II, 19/02/2021, (ud. 09/12/2020, dep. 19/02/2021), n.4526

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12466/2019 proposto da:

G.R., rappresentato e difeso dall’avv. Andrea di Porto,

con domicilio eletto in Roma, via G.B. Martini n. 13:

– ricorrente-

contro

CONSIGLIO NOTARILE DI MILANO, in persona del legale rappresentante

p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Matteo Gozzi, Remo Danovi, e

Francesco Giorgianni, con domicilio eletto in Roma, alla Via Sistina

n. 42.

– controricorrente –

e

PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLIICA PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI

MILANO;

– intimato –

avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Milano, depositata il

11.2.2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/12/2020 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. Sgroi Carmelo, che ha concluso, chiedendo di

rigettare il ricorso;

Uditi gli avv.ti Andrea di Porto e Matteo Gozzi.

 

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Il notaio G.R. ha impugnato dinanzi alla Corte d’appello di Milano la decisione n. 198/2017 della COREDI della Lombardia del 16.11.2017 con la quale gli sono state irrogate le seguenti sanzioni pecuniarie:

– Euro 15.493,00 per violazione dell’art. 28 L.N., poichè l’art. 2 dell’atto di conferimento della procura alle cariche e ai ruoli organizzativi della BPM, ricevuto in data 18.2.2015, era formulato in modo da prevedere una limitazione sia delle persone che potevano richiedere il rilascio delle copie, sia delle stesse modalità del rilascio;

– Euro 118.720,00 per violazione dell’art. 72, comma 3 L.N., per la mancata tenuta a raccolta di 11872 atti di quietanza di mutui soggetti a pubblicità immobiliare relativi ad operazioni di surroghe ipotecarie;

– Euro 59.630,00 per violazione dell’art. 147, lett. a) L.N., in relazione alla mancata annotazione a repertorio, per i suddetti atti di quietanza, dei parametri repertoriali per il calcolo dei contributi da versare agli enti di categoria e per il calcolo della tassa da versare all’Archivio notarile distrettuale.

Con ordinanza depositata in data 11.2.2019, la Corte d’Appello di Milano ha respinto il reclamo, regolando le spese.

Il Giudice distrettuale ha ritenuto infondata l’eccezione di incompetenza del Presidente del Consiglio notarile a promuovere il procedimento sanzionatorio in relazione alla natura non deontologica delle violazioni, riconoscendo una generalizzata potestà di iniziativa disciplinare al Consiglio notarile, ai sensi dell’art. 153 L.N., ferma la possibilità per il Capo dell’Archivio di promuovere il procedimento disciplinare per le sole infrazioni rilevate durante le proprie ispezioni.

In merito alla violazione dell’art. 28 L.N., la pronuncia ha ritenuto che la clausola contenuta nella procura al conferimento degli incarichi e ai ruoli organizzativi della Banca BMP del 18.2.2015, ove sottoponeva a condizioni restrittive l’obbligo del notaio di rilasciare le copie, contrastasse con la norma inderogabile dell’art. 743 c.p.c., comma 1, non essendo diretta semplicemente a stabilire particolari modalità per la circolazione delle copie nell’ambito della banca.

Riguardo alla violazione dell’art. 72, comma 3 L.N., la Corte milanese ha osservato che, in virtù del richiamo all’art. 1202 c.c. contenuto nell’art. 120 quater TUB, le operazioni di portabilità dei mutui si attuano mediante la surrogazione per volontà del debitore, fattispecie complessa che richiede la manifestazione di volontà del debitore di surrogare il mutuante nei diritti dell’originario creditore e il pagamento del debito pregresso mediante l’utilizzo delle somme prese a mutuo.

Quindi, secondo la pronuncia, per procedere all’annotazione finalizzata al subentro del nuovo creditore nelle garanzie del credito, il titolo che – ai sensi dell’art. 2843 c.c. – deve essere presentato al conservatore comprende il contratto di mutuo, con il consenso alla surrogazione, e la quietanza rilasciata dal creditore surrogato, come previsto anche dall’art. 161, comma 7 TUB e come ritenuto unanimemente dalla dottrina notarile e ciò sebbene il secondo inciso dell’art. 120 quater, comma 3 TUB preveda che l’annotamento della surrogazione può essere richiesto senza formalità, allegando copia autentica dell’atto di surrogazione.

Quanto alla violazione dell’art. 62, comma 2, n. 7 L.N. (per la mancata annotazione a repertorio dei parametri previsti dalla legge notarile per il calcolo del contributi da versare agli enti di categoria e della tassa da corrispondere all’Archivio Notarile con riferimento alle quietanza rilasciate nell’ambito delle operazioni di portabilità dei mutui), la decisione gravata ha evidenziato che, nel caso in cui la surroga venga attuata con due atti separati, il notaio è comunque tenuto, per i mutui fondiari, all’indicazione del parametro del 25% del valore risultante dall’atto, e, negli altri contratti di finanziamento, al parametro del 50%, restando inapplicabili sia il D.M. n. 265 del 2012, art. 6 che fa riferimento alle quietanze rilasciate dal mutuatario (e quindi non dal mutuante) al momento del perfezionamento del mutuo, sia l’art. 39, comma 7 TUB, che si riferisce al compimento agli atti successivi e del tutto autonomi rispetto all’originario finanziamento.

A parere del giudice distrettuale, il ricorrente non poteva confidare agli effetti della L. n. 689 del 1981, art. 3 – nè nel fatto di non essere stato in passato censurato dall’Archivio notarile o dal Consiglio notarile, nè nella dichiarazione di non luogo a provvedere emessa il 28.4.2017 nei confronti di altro notaio sottoposto ad analogo procedimento, nè nella comunicazione che il Sovrintendente aveva inoltrato all’Archivio notarile in data 29.11.2016 (e con cui aveva espresso perplessità in ordine alla necessità di presentare la quietanza di pagamento per annotare la surroga), mancando un orientamento univoco che avallasse la condotta del notaio.

Non erano – anzi – emerse prassi notarili difformi e, peraltro, dai dati forniti alla Coredi con la missiva del 9.10.2017 risultava che solo in un numero limitato di casi il ricorrente non aveva applicato alcun parametro repertoriale alle quietanze.

La pronuncia ha disatteso anche la censura con cui era stata contestata l’applicabilità del cumulo materiale di sanzioni, osservando che il cumulo giuridico non può essere invocato allorquando, come nel caso di specie, si sia in presenza di una pluralità di violazioni commesse con più azioni ed omissioni autonome.

Avverso tale ordinanza propone ricorso G.R. con ricorso in sei motivi, illustrati con memoria.

Il Consiglio Notarile di Milano resiste con controricorso e con memoria ex art. 378 c.p.c..

Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Milano è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 93 ter, art. 153, comma 1, lett. c), art. 156 bis, comma 5 e art. 158 L.N., nonchè dell’art. 12 preleggi e art. 3 Cost., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.

Secondo il ricorrente, discutendosi della violazione di norme non deontologiche rilevate in sede di ispezione biennale, la competenza ad esercitare l’azione disciplinare competeva esclusivamente al Sovrintendente agli archivi notarili, essendo riservato al Presidente del Consiglio notarile il potere di iniziativa per le sole violazioni di carattere deontologico. La diversa interpretazione sposata dalla Corte di merito avallerebbe un’evidente disparità di trattamento, poichè, ai sensi dell’art. 156 bis, comma 5 L.N. al Capo dell’archivio sarebbe precluso il potere di intervenire (e di impugnare la decisione) nei procedimenti promossi dal Presidente del Consiglio anche ove sia contestata un’infrazione non deontologica.

Il secondo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 3 Cost., art. 25 Cost., comma 2, art. 97 Cost., L. n. 689 del 1981, art. 1, commi 1 e 2, art. 3 nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per la decisione e vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3-5.

La Corte, esaminando documenti successivi alle condotte sanzionate e perciò inconferenti, avrebbe infondatamente ritenuto sussistente l’elemento soggettivo dell’illecito disciplinare, senza considerare che il Sovrintendente agli archivi notarili, competente per la violazione, aveva – all’esito di un’ispezione – ritenuto corretto il comportamento del ricorrente, generando un legittimo affidamento nella liceità della mancata tenuta a repertorio delle quietanze e nella mancata indicazione dei parametri repertoriali per le quietanze emesse nelle operazioni di portabilità dei mutui.

L’interpretazione della normativa da parte del notaio era comunque plausibile perchè confermata dall’ordinanza del Tribunale di Milano del 22.8.2018, espressasi specificamente sul punto in contestazione, atteso inoltre che: a) le migliaia di operazioni di portabilità effettuate dal notaio erano state sempre regolarmente annotate e la medesima prassi era stata seguita anche da altri notai del distretto; b) l’attestazione proveniente dal Sovrintendente dell’Archivio Notarile di Milano, contenuta nel verbale ispettivo 2014/2015, dava atto che “in passato non si era giunti a conclusioni diverse da quelle verbalizzate in precedenza in casi analoghi”, allorchè alcun rilievo era stato sollevato quanto alla mancata raccolta delle quietanze; c) dalle risposte fornite dai Sovraintendenti dei maggiori archivi notarili d’Italia alla richiesta dell’Ufficio Centrale Archivi Notarili del 12/3/2018, era emerso che in alcuni distretti i notai non indicavano alcun parametro, che in altri veniva indicato il parametro fisso e che, anche nel caso in cui si era proceduto a recuperare tasse e contributi, non era stata applicata alcuna sanzione disciplinare.

La questione concernente la necessità di presentare la quietanza per l’annotazione delle operazioni di surroga non era stata risolta in modo uniforme all’epoca cui risalgono i fatti contestati, mancando precise indicazioni anche da parte degli stessi organi del notariato, tanto che il Presidente del Consiglio notarile aveva erroneamente ascritto al ricorrente la violazione dell’art. 147, lett. a) L.N., salvo poi a modificare la contestazione e a ritenere violato l’art. 62, comma 2, n. 7.

Il terzo motivo contesta la violazione o falsa applicazione dell’art. 120 quater, art. 161, comma 7 quater TUB, artt. 1202,2678,2843 e 2835 c.c., nonchè dell’art. 72, comma 3 e art. 137, comma 1 L.N. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Secondo il ricorrente, la quietanza emessa nell’ambito delle operazioni di portabilità non doveva essere presentata al conservatore per la successiva annotazione, poichè la surrogazione di cui all’art. 120 quater TUB è fattispecie del tutto distinta dall’ipotesi regolata dall’art. 1202 c.c., potendo operare anche per i crediti inesigibili o qualora il contratto preveda un termine di adempimento nell’interesse del creditore.

La portabilità sarebbe essenzialmente diretta a consentire al debitore di rinegoziare i mutui contratti in precedenza e di scegliersi un nuovo creditore a condizioni economicamente più vantaggiose, rendendo possibile il subentro nel rapporto e nelle eventuali garanzie ipotecarie mediante la sola annotazione dell’atto di surrogazione, che, valendo come titolo, è l’unico a dover essere messo a raccolta e ciò sebbene anche la quietanza debba essere presentata al conservatore.

Nessun elemento contrario potrebbe trarsi dal disposto dell’art. 161, comma 7-quater TUB, trattandosi di norma speciale operante solo per le categorie di mutui ivi espressamente disciplinati, dovendosi invece considerare che le istruzioni dell’Agenzia delle entrate di cui alla circolare 24/E del 17.6.2015 in tema di formalità di annotazione, prevedono l’assegnazione di un codice al solo atto di surrogazione. Il quarto motivo denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 39, comma 7 TUB, D.M. n. 265 del 2012, art. 6, lett. d), n. 11, art. 62, comma 2, n. 7 e art. 137, comma 1 L.N., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La Corte distrettuale avrebbe erroneamente sostenuto che, nel caso la surrogazione venga attuata mediante due distinti atti (cd. surroga trilaterale), la quietanza sarebbe sottoposta ad autonoma tassazione e contribuzione, mentre ove le parti abbiano perfezionato un atto unico, nessuna tassazione andrebbe applicata, ciò in adesione alle tesi sostenute con nota dell’UCAN del 27/12/2017.

Si espone in contrario che, in tale ultima ipotesi, sarebbe applicabile il D.M. n. 265 del 2012, art. 7, comma 8, che esenta dall’applicazione di un autonomo parametro i casi in cui l’atto notarile contenga più disposizioni connesse e derivanti per loro natura le une dalle altre.

La pronuncia sarebbe errata anche nel punto in cui ha ritenuto che nelle operazioni di portabilità vi sia un duplice pagamento (quello a mani del mutuatario che contrae il mutuo con la nuova banca e quello eseguito alla vecchia banca) attestato da due diverse quietanze, per cui la seconda di esse, in quanto rilasciata da un soggetto diverso da quello destinato a divenire parte del rapporto, sarebbe soggetta ad autonoma tassazione.

In realtà, a differenza della fattispecie regolata dall’art. 1202 c.c., nelle surroghe ricadenti nell’ambito dell’art. 120 quater TUB, realizzate con due atti distinti, il mutuatario emetterebbe solo l’atto di surrogazione, indicando la banca surrogata, mentre l’eventuale quietanza di pagamento, ove comunque rilasciata, varrebbe come semplice accettazione, ora per allora, del futuro pagamento, finendo semplicemente per integrare l’atto di surrogazione, come riconosciuto anche da due distinte delibere del Consiglio nazionale dei notai (secondo cui, nelle operazioni di surroga, la quietanza è atto della banca passiva, successivo al mutuo, che non si ricollega all’estinzione del contratto, ma si inserisce all’interno del contratto stesso, nell’ambito della vicenda modificativa del lato attivo del rapporto, venendo sottratta all’onere di annotazione). Pertanto, in applicazione dell’art. 39, comma 7 TUB, l’importo da indicare a repertorio è unico ed è quello relativo al mutuo, come conferma anche il D.M. n. 265 del 2012, art. 6, lett. d), n. 11 che, nel prevedere che il parametro per le quietanze di somme concesse a mutuo stipulate con atto successivo è pari ad Euro 46,00, fa eccezione per le quietanze dei mutui di credito fondiario, agrario ed equiparati.

Il quinto motivo denuncia la violazione o falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 8 e art. 135, comma 4 L.N., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che la pronuncia, avendo confermato la sanzione per un importo corrispondente alla pena prevista per ogni singola violazione moltiplicata per il numero di quietanze autenticate, abbia erroneamente negato l’applicazione del cumulo giuridico. Tale soluzione andrebbe rimeditata alla luce del fatto che le diverse violazioni avrebbero carattere seriale e sarebbero scaturite da un unico errore di interpretazione della legge, dovendosi valutare temperare il trattamento sanzionatorio secondo ragionevolezza e proporzionalità.

Il sesto motivo denuncia la violazione degli artt. 1362,1367,1369 c.c., art. 743 c.p.c., art. 28, n. 1 L.N., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la Corte di merito ritenuto che la clausola contenuta nella procura per il conferimento degli incarichi e dei ruoli organizzativi della BMP fosse nulla per contrasto con l’art. 743 c.p.c., pur trattandosi di pattuizione finalizzata esclusivamente a monitorare la circolazione delle copie nell’ambito della banca, senza incidere sugli obblighi gravanti sul notaio.

In ogni caso, l’art. 743 c.p.c. non potrebbe considerarsi norma imperativa e, comunque, prevedendo che in caso di rifiuto illegittimo del rilascio della copia, possa esperirsi un autonomo rimedio giurisdizionale ed ottenere anche il risarcimento del danno, renderebbe ammissibili eventuali deroghe al dovere generale gravante sul notaio.

3. Il primo motivo di ricorso è infondato.

Va anzitutto ribadita l’ammissibilità della censura che – in sostanza – denuncia un error in procedendo.

Il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 26 che si limita a consentire la ricorribilità in cassazione delle decisioni adottate dalle Corte d’Appello in materia di procedimenti disciplinari concernenti i notai solo per violazione di legge, non esclude la possibilità di censurare eventuali violazioni di norme processuali riconducibili ai vizi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, ciò in forza di un’interpretazione costituzionalmente orientata ed al fine di garantire la piena tutela delle garanzie primarie del diritto di difesa e del diritto al contraddittorio (Cass. S.U. 1415/2019).

3.1. A norma della L. n. 89 del 1913, art. 53 l’iniziativa del procedimento disciplinare spetta: a) al procuratore della Repubblica presso il Tribunale nel cui circondario ha sede il notaio ovvero nel cui circondario è stato commesso il fatto; b) al Presidente del Consiglio notarile del distretto nel cui ruolo è iscritto il notaio ovvero del distretto nel quale il fatto è stato commesso; c) al Capo dell’archivio notarile territorialmente competente per l’ispezione di cui all’art. 128, limitatamente alle infrazioni rilevate durante le ispezioni di cui agli artt. 128 e 132 o nel corso di altri controlli demandati allo stesso capo dell’archivio dalla legge, nonchè al conservatore incaricato ai sensi dell’art. 129, comma 1, lett. a), secondo periodo.

L’utilizzo dell’avverbio “limitatamente” di cui alla lett. c) della disposizione induce a ritenere, alla luce dei criteri interpretativi fissati dall’art. 12 preleggi, che la norma abbia imposto un limite alle attribuzioni del Sovrintendente (prevedendo non una competenza esclusiva di quest’ultimo, ma una competenza limitata) con riferimento alle sole infrazioni rilevate nel corso dell’attività ispettiva, limite che invece non è contemplato per la concorrente iniziativa disciplinare che compete al PM e al Presidente del Consiglio distrettuale, ancorchè le violazioni siano emerse nel corso dell’attività ispettiva di cui agli artt. 128 e 132 L.N..

Tale conclusione trova conferma anche nell’art. 93 ter L.N. che, per l’ipotesi di inosservanza di leggi, di regolamenti, di principi e norme deontologiche elaborati dal Consiglio nazionale del notariato ovvero per la violazione di altri doveri da parte del notaio, conferisce l’iniziativa disciplinare, senza alcuna limitazione, al Presidente del Consiglio Notarile, che quindi può attivarsi anche per la contestazione degli illeciti non deontologici.

L’ipotizzata disparità di trattamento, discendente dall’impossibilità per il Capo dell’Archivio di intervenire e di impugnare le decisioni relative a sanzioni non deontologiche applicate all’esito di procedimenti promossi dal Pm o dal Presidente del Consiglio, è del tutto insussistente: tale conseguenza appare il frutto della scelta discrezionale, in sè non irragionevole, di concentrare i poteri processuali in capo ad un unico organo di vigilanza.

4. Ragioni di ordine logico impongono di anteporre la disamina del terzo e del quarto motivo di ricorso, dato il carattere preliminare delle questioni che attengono alla sanzionabilità della condotta, rispetto a quelle afferenti alla sussistenza dell’elemento soggettivo dell’illecito.

Le due censure non possono essere accolte.

Il tema dibattuto è se la quietanza di pagamento rilasciata nell’ambito di un’operazione di portabilità costituisca titolo per l’annotazione ai sensi dell’art. 2843 c.c. e debba essere depositata a raccolta dal notaio ai sensi della L. n. 89 del 2013, art. 72, comma 3. Giova ricordare che la cd. portabilità del mutuo è stata introdotta dal D.L. n. 7 del 2007, art. 8 e 8 bis convertito con L. n. 40 del 2007. La disciplina, dopo numerose modifiche successive, è definitivamente transitata nel D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 120 quater per effetto del disposto del D.Lgs. n. 141 del 2010, art. 2.

La norma prevede che, in caso di contratti di finanziamento conclusi da intermediari bancari e finanziari, l’esercizio da parte del debitore della facoltà di surrogazione di cui all’art. 1202 c.c. non è precluso dalla non esigibilità del credito o dalla pattuizione di un termine a favore del creditore. Per effetto della surrogazione, il mutuante surrogato subentra nelle garanzie, personali e reali, accessorie al credito cui la surrogazione si riferisce.

Quest’ultima comporta il trasferimento del contratto, alle condizioni stipulate tra il cliente e l’intermediario subentrante, con esclusione di penali o altri oneri di qualsiasi natura.

Non possono essere imposte al cliente spese o commissioni per la concessione del nuovo finanziamento, per l’istruttoria e per gli accertamenti catastali, che devono svolgersi secondo procedure di collaborazione tra intermediari improntate a criteri di massima riduzione dei tempi, degli adempimenti e dei costi. In ogni caso, gli intermediari non applicano alla clientela costi di alcun genere, neanche in forma indiretta, per l’esecuzione delle formalità connesse alle operazioni di surrogazione.

E’ nullo ogni patto, anche posteriore alla stipulazione del contratto, con il quale si impedisca o si renda oneroso per il debitore l’esercizio della facoltà’ di surrogazione di cui al comma 1.

Per eventuali attività aggiuntive non necessarie all’operazione, espressamente richieste dalle parti, gli onorari di legge restavano a carico della parte richiedente.

Il D.Lgs. n. 141 del 2010, art. 6 recependo l’analoga previsione del D.L. n. 185 del 2008, art. 2, comma 1 bis, ha introdotto il comma 7-quater dell’art. 161 TUB, secondo cui, per i mutui a tasso variabile e a rata variabile per tutta la durata del contratto, stipulati o accollati, anche a seguito di frazionamento, per l’acquisto, la ristrutturazione o la costruzione dell’abitazione principale entro il 29 gennaio 2009, gli atti di consenso alla surrogazione di cui all’art. 120-quater, comma 1, dovevano essere autenticati dal notaio senza l’applicazione di alcun onorario e con il solo rimborso delle spese. A tal fine, la quietanza rilasciata dal finanziatore originario e il contratto stipulato con il creditore surrogato dovevano essere forniti al notaio per essere prodotti unitamente all’atto di surrogazione.

Alla luce del delineato quadro normativo, pare indubbio che lo scopo normativo – perseguito sin dall’adozione del D.L. n. 7 del 2007 – di introdurre elementi di concorrenzialità tra le imprese bancarie non solo nella fase dell’accesso ai finanziamenti, ma anche in quella successiva della circolazione dei rapporti di mutuo e di consentire ai mutuatari di sfruttare eventuali dinamiche al ribasso dei tassi di interesse, sia stato perseguito mediante una rivitalizzazione della surrogazione di pagamento per volontà del debitore (art. 1202 c.c.), superando le rigidità, presunte o reali, della disciplina codicistica che ne avevano ostacolato un più diffuso utilizzo e gli ostacoli provenienti da pattuizioni eventualmente introdotte nei contratti, dirette alla conservazione, in capo alle originarie imprese di credito, della titolarità dei rapporti in essere, per la convenienza che dipende dal progressivo attenuarsi, nello svolgimento del rapporto, del rischio di insolvenza del mutuatario.

Univoco in tal senso è l’esplicito rimando alla disposizione dell’art. 1202 c.c. contenuto nell’art. 120 quater TUB, e segnatamente nei commi 1 (in ordine all’ammissibilità della surroga anche in caso di inesigibilità del credito o di fissazione di un termine di adempimento nell’interesse della banca), 5 (concernente la possibilità di pattuire con l’originario finanziatore la variazione senza spese delle condizioni del contratto in essere, mediante scrittura privata anche non autenticata, nel caso in cui il debitore intenda avvalersi della surrogazione), 6 (che commina la nullità dei patti che rendono più onerosa la surroga), 7 (che fissa il termine per il perfezionamento dell’operazione), 8 (che esclude la perdita dei benefici fiscali).

La continuità tra i due istituti appare innegabile anche sul piano degli effetti.

La surrogazione ex art. 1201 c.c. e ss. non determina un’estinzione del debito, ma una modificazione soggettiva del rapporto obbligatorio originario, con la sostituzione di un terzo all’originario creditore senza alcuna incidenza sull’aspetto oggettivo del rapporto, con la conseguenza che, nonostante il soddisfacimento del creditore mediante il pagamento, la struttura del rapporto obbligatorio rimane inalterato ed il debito mantiene le sue iniziali caratteristiche (Cass. 4808/1984).

Analogamente, la disciplina speciale, pur riferendo la vicenda successoria al contratto anzichè alla conseguente obbligazione (art. 120 quater, comma 3), lascia persistere le originarie condizioni contrattuali, come eventualmente (e prevedibilmente) modificate in senso più favorevole per il debitore, con esclusione dei patti che prevedano penali o oneri di qualsivoglia natura.

Per esplicita scelta normativa, la portabilità ex art. 124 quater si realizza, quindi, tramite la surrogazione per volontà del debitore disciplinata dal codice civile, salve le limitate deroghe ed integrazioni apportate dalla legislazione speciale, che però non attingono le disposizioni contenute nell’art. 1202 c.c., comma 2 che restano integralmente applicabili anche nelle operazioni di portabilità.

Conducono a tale conclusione l’onnicomprensività del rinvio alle norme codicistiche contenuto nell’art. 120 quater TUB e le indicazioni interpretative che provengono dall’. 161, comma 7 quater TUB, che – sia pure con riferimento al regime transitorio dei mutui a tasso variabile conclusi entro il 29.1.2009 – richiede che il contratto di mutuo e la quietanza siano presentati al conservatore per l’annotazione, atti che, quindi, concorrono ad integrare il titolo dell’annotazione richiesto dall’art. 2843 c.c., unitamente all’atto di consenso alla surrogazione, essendo indicati proprio nella disposizione codicistica quali condizioni di efficacia della surroga.

Le medesime condizioni e le medesime formalità di pubblicità erano poi rievocate nel D.L. n. 185 del 2009, art. 2, comma 1-bis.

Nessuna esclusione circa l’applicabilità del regime codicistico può ricavarsi in via interpretativa: la quietanza munita di data certa è diretta a garantire, anche nell’ambito della portabilità dei mutui, la tutela sia dei terzi controinteressati alla surrogazione che dello stesso debitore; solo dal momento del suo rilascio, con i contenuti prescritti per legge, questi può confidare sull’efficacia del subentro e sulla carenza di legittimazione a richiedere il pagamento ad opera del creditore originario.

4.1. Il subentro nel rapporto originario e nelle relative garanzie presuppone la sussistenza di un contratto di finanziamento ancora in corso ed esige la stipula di un nuovo mutuo volto ad estinguere il precedente rapporto, il pagamento del saldo ancora dovuto (attestato dalla quietanza), con impiego delle somme messe a disposizione dal nuovo mutuante e, infine, una dichiarazione di surroga del debitore (art. 1202 c.c., comma 1).

In applicazione dell’art. 1202 c.c., comma 2 il subentro del nuovo finanziatore ha effetto se: a) il mutuo e la quietanza risultino da atto avente data certa; b) nell’atto di mutuo è indicata espressamente la specifica destinazione della somma mutuata; c) nella quietanza è menzionata la dichiarazione del debitore circa la provenienza della somma impiegata per il pagamento.

La portabilità può essere effettuata con la stipula di un unico atto cui partecipino tutte le parti interessate (e che, secondo le indicazioni operative di cui al protocollo d’intesa del 12.11.2007 tra Consiglio nazionale del notariato e l’ABI, racchiuda il nuovo mutuo e la quietanza di pagamento), o mediante il perfezionamento di atti separati (il nuovo contratto di finanziamento e la successive quietanza rilasciata dal creditore originario, con i contenuti stabiliti dall’art. 1202 c.c.).

In ogni caso, quale che sia lo schema operativo prescelto dalle parti, e pur essendo riservato all’originario mutuante un ruolo attivo nell’operazione di portabilità che non ha riscontro nella disciplina codicistica, resta che nè la contrazione del nuovo mutuo per estinguere quello precedente, nè il pagamento del debito pregresso o la sola dichiarazione di surroga, isolatamente considerati, possono produrre gli effetti voluti dagli art. 1202 e s.s..

E’ necessaria la concorrenza di tutti i suddetti elementi, i quali, determinando l’effetto surrogatorio, integrano congiuntamente il titolo utile per l’annotazione richiesto dall’art. 2843 c.c..

4.2. In definitiva, nelle operazioni di portabilità dei mutui di cui al D.Lgs. n. 385 del 1933, art. 120 quater trovando applicazione l’art. 1202 c.c., comma 2, anche la quietanza di pagamento deve essere presentata al conservatore ai fini dell’annotazione, quale documento essenziale per l’efficacia della surrogazione.

Se contenuta in una scrittura privata è necessaria l’autentica della relativa sottoscrizione, stante l’applicabilità dell’art. 2835 c.c., in virtù del rinvio contenuto nell’art. 2843 c.c..

L’art. 120 quater, comma 3 TUB, nel prevedere che l’annotazione sia effettuata senza formalità, va – dunque – inteso nel senso che la parte, comunque tenuta a produrre la copia autentica dell’atto di surroga, è sollevata dall’onere della presentazione della nota, alla cui redazione dovrà provvedere l’ufficio.

Stante l’applicabilità dell’art. 1202 c.c., comma 2, e alla luce di un’interpretazione sistematica della disciplina, non può ritenersi che l’art. 120 quarter, comma 3 TUB consenta l’annotazione in base alla sola presentazione dell’atto di surrogazione (atto che l’art. 161, comma 7 quarter TUB, individua con quello contenente il consenso del debitore, previsto, secondo la dottrina, anche dall’art. 1202 c.c., comma 1).

Tale atto non determina – di per sè – la surrogazione (in mancanza delle altre condizioni prescritte dall’art. 1202 c.c., comma 2) e non integra il titolo utile per l’annotazione, come conferma il fatto che l’art. 161, comma 7 quarter TUB (come già il D.L. n. 185 del 2008, art. 2, comma 1 bis), esige, per tale effetto, anche la presentazione della quietanza.

Nessuna deroga all’art. 2843 c.c. può considerarsi introdotta riguardo ai requisiti formali che deve possedere il titolo dell’annotazione: quest’ultima può compiersi solo sulla base di un atto notarile o di una scrittura privata autenticata, data l’inderogabile esigenza che la pubblicità riguardi un atto di cui sia attestata, nelle forme prescritte dall’art. 2835 c.c., la provenienza dal soggetto che ne risulta sottoscrittore.

La surrogazione per scrittura privata semplice può produrre effetto solo tra le parti (come in effetti sembra prescrivere l’art. 120 quarter, comma 3 TUB, con previsione che, come osservato in dottrina, rievoca la formulazione dell’art. 2818 c.c.), ma non è sufficiente per ottenere il subentro nelle garanzie reali da parte del nuovo finanziatore.

Per tutte le suindicate ragioni, le quietanze relative alla surrogazione, redatte dal ricorrente nelle forme della scrittura privata, dovevano essere autenticate e presentate per l’annotazione nei registri immobiliari, con obbligo di conservarle a raccolta, ai sensi della L. n. 89 del 1913, art. 72, comma 3.

Il fatto la Circolare 24/E dell’Agenzia delle Entrate, in tema di aggiornamento delle tabelle degli atti soggetti a trascrizione, iscrizione o annotazione, preveda un codice solo per l’atto di surrogazione, non elimina la necessità che si tenga traccia della quietanza, quale elemento comprovante l’intervenuto pagamento e il perfezionamento della surroga stessa.

5. Il quarto motivo è infondato.

Secondo il ricorrente, per le quietanze non sarebbe necessario indicare i parametri repertoriali: difatti, ove l’attestazione dell’avvenuto pagamento sia contenuta nell’unico atto utilizzato per la surroga, opererebbe l’esenzione sancita dal D.M. n. 265 del 2012, art. 7, comma 8, essendosi in presenza di più disposizioni connesse; se invece contenuta in un atto separato, varrebbe la previsione dell’art. 6, lett. d), n. 11 medesimo decreto, che esclude dall’applicazione del parametro fisso (Euro 46) le quietanze relative ai contratti di mutuo fondiario.

Tale tesi non può essere condivisa.

In primo luogo, la pronuncia impugnata non ha affatto differenziato il trattamento delle quietanze (ai fini dell’indicazione dei parametri per la determinazione delle tasse e dei contributi), a seconda che la portabilità venga attuata mediante un unico atto o con atti separati, essendosi limitata ad esaminare solo tale ultima eventualità.

Occorre poi ribadire che, per quanto detto in precedenza, non si riscontra alcuna significativa diversità, agli effetti di cui si discute, tra le operazioni di portabilità ex art. 120 quarter TUB e la surrogazione per volontà del debitore, richiedendosi in entrambi i casi che nel nuovo contratto di mutuo sia indicata la destinazione delle somme date in prestito e che la quietanza menzioni la provenienza delle somme utilizzate per tacitare il primo creditore. Dovendosi soddisfare il credito originario, viene in considerazione solo la quietanza rilasciata dall’originario istituto mutuante, già indicata come condizione di efficacia della surrogazione dall’art. 1202 c.c., comma 2 (nonchè dal D.L. n. 185 del 2008, art. 2, comma 1 bis).

Proprio con riferimento agli atti di quietanza, il D.M. n. 265 del 2012, art. 5, comma 2, rinvia nelle previsioni dell’allegato B, che a sua volta prevede – in via generale- l’applicazione dei parametri graduali (50%) sul valore dell’atto senza ulteriori distinzioni (se però la quietanza è contenuta nell’atto di cancellazione di ipoteca o nell’atto di consenso alla riduzione di ipoteca (ex art. 6, lett. d), n. 6), il parametro è applicato sull’importo maggiore risultante dal documento).

Ai sensi dell’art. 6, lett. d), n. 11, si applica il parametro fisso di 46,00 qualora la quietanza sia contenuta in un atto successivo al mutuo, salvo che si tratti di mutui fondiari.

Solo a questi ultimi si applica l’art. 39, u.c. TUB, che, allo scopo di contenere i costi del finanziamento, dispone che “agli effetti dei diritti di scritturato e degli emolumenti ipotecari, nonchè dei compensi e dei diritti spettanti al notaio, gli atti e le formalità ipotecarie, anche di annotazione, si considerano come una sola stipula, una sola operazione sui registri immobiliari e un solo certificato. Gli onorari notarili sono ridotti alla metà.

Anche in tal caso, la norma (che riproduce il disposto del D.P.R. n. 7 del 1976, art. 3), in coerenza con la ratio che la sostiene e con lo suo stesso tenore letterale, riguarda le quietanze emesse dal mutuatario (e non, come nella surroga, quelle rilasciate dall’originario finanziatore), nella fase di concessione del primo finanziamento. Gli atti successivi che presentino una propria autonomia funzionale e strutturale (quali le quietanze di surrogazione) non possono considerarsi come “un unico atto” ai fini al compimento delle formalità ipotecarie, ciò secondo un principio che appare confermato anche dall’art. 161, comma 7 TUB (e dal D.L. n. 185 del 2009, art. 2, comma 1 bis), che, con esclusivo riferimento alle operazioni ivi contemplate e proprio presupponendo – in via generale – l’onerosità degli adempimenti successivi effettuati dal notaio, stabilisce – in via di deroga – che nessun onorario può esser preteso per gli atti di consenso alla surrogazione (i quali, ove operasse l’art. 39, cit., andrebbero considerati un tutt’uno con il finanziamento iniziale), comportando, ai sensi del D.M. n. 265 del 2012, art. 7, comma 1, l’inesigibilità anche di tasse e contributi.

Peraltro lo stesso D.M. n. 265 del 2012, art. 6, lett. d), n. 11 del rendendo applicabile il parametro di Euro 46,00 alle quietanze relative alle somme concesse a mutuo stipulate con atto successivo, mostra di riferirsi nuovamente alle attestazioni di pagamento rilasciate dal mutuatario al momento della concreta erogazione del finanziamento e non a quelle emesse in occasione di un’operazione di portabilità. Non può comunque invocarsi, nel caso di surroga mediante un unico atto a struttura trilaterale, il disposto del D.M. n. 265 del 2012, art. 7, comma 8, in tema di più disposizioni connesse o derivate le une dalle altre (che peraltro non contiene alcun esonero dall’indicazione dei parametri): ove esteso anche alle quietanze di pagamento, risulterebbero privi di spazio applicativo l’art. 5, comma 2, e le disposizioni dell’allegato B alla tabella di cui al D.M. n. 265 del 2012.

6. Ribadita l’illiceità della condotta tenuta dal ricorrente, può procedersi all’esame del secondo motivo di ricorso, che va respinto per le ragioni che seguono.

In tema di responsabilità disciplinare dei notai, è necessario che l’illecito sia ascrivibile (almeno) a titolo di colpa all’autore del fatto, con la conseguenza che, anche per il notaio, l’errore sulla liceità del fatto deve ritenersi rilevante (e scriminante) solo se incolpevole, dovendosi desumere il necessario profilo di non colpevolezza da elementi positivi (quale un’assicurazione di liceità da parte della P.A. preposta, ovvero, come nella specie, un provvedimento dell’autorità giudiziaria), sempre che l’agente non possa ovviarvi con l’uso dell’ordinaria diligenza (Cass. 6383/2001).

Questa Corte ha anche recentemente ribadito (Cass. n. 6625/2020) che, con riferimento alla L. n. 689 del 1981, art. 3 viene in rilievo la mera condotta secondo un criterio di agire doveroso, essendo il giudizio di colpevolezza ricollegabile a parametri normativi estranei al dato puramente psicologico.

Se quindi l’indagine sull’elemento oggettivo dell’illecito è focalizzata essenzialmente sull’accertamento della condotta inosservante, ne discende che, integrata e provata dall’autorità amministrativa la fattispecie tipica dell’illecito, grava sul trasgressore, ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 3 l’onere di provare di aver agito in assenza di colpevolezza (Cass. 19759/2015; Cass. 16320/10; Cass. 13610/2007; Cass. 11012/2006; Cass. 9862/2006, Cass. 5426/2006; Cass. 11253/2004).

L’errore di diritto può escludere la colpa solo se inevitabile, occorrendo la sussistenza di elementi positivi, estranei all’autore dell’infrazione, idonei ad ingenerare la convinzione della liceità della condotta, sempre che il soggetto sanzionato abbia fatto tutto il possibile per osservare la legge, onde nessun rimprovero possa essergli mosso, neppure sotto il profilo della negligenza omissiva (Cass. 33441/2019).

L’accertamento dell’elemento soggettivo della violazione involge profili in fatto, il cui apprezzamento è di stretta competenza del giudice di merito, restando sindacabile solo sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass. 23019/2009).

6.1. Le conclusioni cui è giunta la Corte distrettuale – quanto all’impossibilità che il ricorrente potesse legittimamente confidare nella liceità della propria condotta in base alle circostanze allegate in giudizio – appaiono logicamente argomentate.

La pronuncia ha evidenziato che la dottrina formatasi in occasione della novella del 2007 in tema di cd. portabilità dei mutui ed in ordine alla necessità di indicare i parametri repertoriali aveva optato per le soluzioni contrarie a quelle adottate dal ricorrente e che l’opinione espressa in proposito dal Sovrintendente all’Archivio notarile era ambigua e contraddittoria, quindi tale da non poter affatto rassicurare il ricorrente circa la bontà delle proprie tesi.

Non si vede come poi l’ordinanza del Tribunale di Milano del 22.8.2018, successiva alla consumazione delle infrazioni contestate, potesse convalidare ex post le prassi seguite dal notaio o, nella situazione data, rendere plausibile l’interpretazione prescelta dal ricorrente.

In effetti, già la Circolare n. 2007 9/T dell’Agenzia delle Entrate, diretta a dare risposta ai dubbi posti dal D.L. n. 7 del 2007, si era inequivocabilmente espressa in favore della soluzione accolta dalla COREDI, evidenziando che “ai fini dell’eseguibilità dell’annotazione e dell’applicazione delle disposizioni da ultimo citate, occorre verificare la compresenza di entrambi i citati requisiti: la quietanza rilasciata dal creditore originario e la stipulazione del contratto di mutuo con espressa indicazione della volontà di utilizzare le somme ricavate per l’estinzione di un precedente finanziamento”.

Per quanto evidenziato, avuto riguardo alla data di commissione degli illeciti contestati, l’errore in cui è incorso il ricorrente poteva essere evitato con l’ordinaria diligenza, apparendo anche inspiegabile che, inizialmente e sino al 2011, il ricorrente avesse correttamente messo a raccolta le quietanze, con annotazione dell’onorario graduale.

In tale contesto nessun esimente poteva trarsi dal fatto che al ricorrente, sottoposto ad altre ispezioni dal Sovrintendente dell’Archivio notarile, non fossero stati mossi analoghi rilievi: il principio dell’obbligatorietà dell’azione disciplinare esclude che l’inerzia dell’autorità investita del potere disciplinare possa far sorgere un legittimo affidamento nella liceità della condotta, ove la stessa contrasti con precetti imposti dalla legge, dal codice di comportamento o dalla contrattazione collettiva (così, in materia di lavoro subordinato, Cass. n. 8722/2017; Cass. 14245/2019).

Le valutazioni espresse in proposito dalla Corte distrettuale restano incensurabili anche con riferimento alla presunta pretermissione di taluni evidenze processuali, dato che l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sè vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze istruttorie (Cass. s.u. 8053/2014).

6. Il quinto motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1.

Neppure il ricorrente pone in dubbio che, per orientamento costante di questa Corte, il cumulo giuridico di sanzioni si applica solo nel caso in cui con un’unica azione o omissione vengano più violate più disposizioni di legge, mentre in caso di una pluralità di condotte che comportino violazione della medesima norma o di disposizioni diverse si applicano tante sanzioni quante siano le infrazioni.

La tesi secondo cui dovrebbe guardarsi all’unicità dell’errore comune alle diverse violazioni e mitigare il trattamento sanzionatorio per esigenze di ragionevolezza, non considera che l’unicità dell’errore non elimina sul piano oggettivo la pluralità delle azioni lesive, nè incide sulla loro gravità: ciascuna di esse conserva il medesimo tasso di offensività e di disvalore pur se generate da un errore iniziale, essendo indubbio che la diligenza del professionista deve essere profusa in ugual grado con riferimento a ciascuno degli atti compiuti, dovendosi sempre verificare la bontà delle soluzioni accolte ed eventualmente emendarle, specie se destinate ad essere applicate in un numerdrilevantissimo di casi.

7. Il sesto motivo è infondato.

La Corte ha motivatamente escluso che l’art. 2 dell’atto di conferimento delle cariche della BMP fosse destinata ad operare solo nell’ambito dell’organizzazione della singola banca, prevedendo un divieto per il notaio di rilasciare copia a soggetti diversi dai titolari delle cariche stesse o da pubblici ufficiali che necessitassero per legge di ricevere gli atti.

La possibilità che, ai sensi dell’art. 743 c.p.c., il rilascio dell’atto possa essere legittimamente rifiutata non consentiva certamente di prevedere una generale limitazione di carattere soggettivo o associata alla modalità di rilascio, a fronte dell’incondizionato obbligo di consegnare le copie, essendo ammissibili limitazioni nei soli casi tassativamente contemplati dalla legge.

L’obbligo di rilasciare copia, a differenza di quanto prevede la L. n. 241 del 1990, non è neppure condizionato alla verifica di un concreto interesse del richiedente, come infondatamente si sostiene in ricorso: ogni cittadino ha il diritto di ottenere copia degli atti detenuti per lui da coloro (notai, cancellieri, conservatori di registri, ecc.) cui la legge attribuisce la qualifica di pubblico depositario, poichè questi detiene non (soltanto) per sè (per l’esercizio di una pubblica funzione) ma (anche) per il pubblico, salvo che sussistano impedimenti previsti dalla legge (art. 476 c.p.c., art. 698 c.p.c., comma 3, tutela della privacy, ecc.; Cass. S.U. 1629/2010).

La clausola contestata era – per quanto detto – in contrasto con l’art. 743 c.p.c., venendo a circoscrivere in modo illegittimo il dovere del notaio, coessenziale alla funzione svolta e derogabile solo in ipotesi tassative, di rilasciare le copie degli atti a chiunque ne facesse richiesta.

Il ricorso è respinto con aggravio di spese secondo soccombenza. Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad Euro 200,00 per esborsi ed Euro 10.500,00 per compenso, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese di lite, in misura del 15%;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile, il 9 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2021

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