Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4524 del 27/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4524 Anno 2018
Presidente: FRASCA RAFFAELE
Relatore: DELL’UTRI MARCO

ORD INANZA
sul ricorso 6247-2017 proposto da:
GAMOIL SRL, in persona del legale rappresentante, CUDA MARIO,
CUDA ALDO ROMANO, NIARRAZZO MARIA, elettivamente
domiciliati in ROA’. \, VIA VICENZA 17, presso lo

s tudio

dell’avvocato GIUSEPPE DI DOMENICA), rappresentati e difesi
dall’avvocato MARIO SAPORITO;
– ricorrente contro
13PER BANCA SPA, in persona del legale rappresentante,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARIANNA DIONIGI 57,
presso lo studio dell’avvocato AURELIO TRICOLI, rappresentata e
difesa dall’avvocato GAETANO GRILLO;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 27/02/2018

avverso la sentenza n. 283/2016 del TRIBUNALE di CROTONE,
depositata il 13/03/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 13/12/2017 dal Consigliere Dott. MARCO

DELL’UTRI.

Ric. 2017 n. 06247 sez. M3 – ud. 13-12-2017
-2-

rilevato che, con ordinanza resa in data 30/12/2016, la Corte
d’appello di Catanzaro ha dichiarato l’inammissibilità, ai sensi dell’art.
348-bis c.p.c., dell’appello proposto dalla Gamoil s.r.I., da Mario Cuda, da
Maria Marrazzo e da Aldo Romano Cuda, avverso la sentenza con la quale
il Tribunale di Crotone, in accoglimento della domanda proposta dalla
Banca Popolare di Crotone s.p.a., ha dichiarato l’inefficacia (sia pure pro-

Marrazzo e Aldo Romano Cuda (già costituiti quali fideiussori in favore
della banca attrice), hanno ceduto alla Gamoil s.r.l. un compendio
immobiliare di loro spettanza;
che, a fondamento della decisione assunta, il giudice di primo grado,
accertata la responsabilità debitoria e fideiussoria dei convenuti, ha
rilevato la sussistenza dei presupposti per l’accoglimento dell’azione
revocatoria, con particolare riguardo al pregiudizio inferto alle ragioni
della banca creditrice e alla relativa consapevolezza da parte dei
disponenti;
che, avverso la sentenza di primo grado, Gamoil s.r.I., Mario Cuda,
Maria Marrazzo e Aldo Romano Cuda propongono ricorso per cassazione
sulla base di due motivi d’impugnazione;
Che la Banca Popolare dell’Emilia-Romagna soc. coop. (già Banca
Popolare del Mezzogiorno s.p.a., successore della Banca Popolare di
Crotone s.p.a.) resiste con controricorso;
che, a seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla
proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis parte
resistente ha depositato memoria;
considerato che, con il primo motivo i ricorrenti censurano la
sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 1936,
1941 e 1945 c.c., nonché per nullità della sentenza per omessa
motivazione su un punto decisivo della controversia (in relazione all’art.
360 nn. 3 e 4 c.p.c.), per avere il giudice di primo grado trascurato di
verificare se le fideiussioni prestate dai ricorrenti fossero valide ed efficaci

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quota), ai sensi dell’art. 2901 c.c., dell’atto con il quale Mario Cuda, Maria

ed effettivamente riferibili ai rapporti debitori dedotti in giudizio
dall’istituto bancario avversario;
che il motivo è inammissibile per difetto di specificità;
che, al riguardo, osserva il Collegio come, con la censura in esame,
gli odierni ricorrenti abbiano del tutto trascurato di specificare il preteso
vizio in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata in relazione al

vincolo fideiussorio contratto dagli odierni ricorrenti, avendo del tutto
omesso, tanto di indicare le ragioni della pretesa estraneità delle ridette
fideiussioni al rapporto di credito della banca attrice, quanto di specificare
le eventuali ragioni dell’asserita invalidità e/o inefficacia del vincolo
fideiussorio;
che, pertanto, risolvendosi in una generica contestazione circa la
mancata verifica della validità, dell’efficacia o della rilevanza del rapporto
fideiussorio dedotto in giudizio (senza alcuna individuazione di specifici ed
eventuali vizi della sentenza impugnata), l’odierna censura deve ritenersi
radicalmente inammissibile, essendo rimasto del tutto indeterminato
l’ambito del controllo di legittimità destinato ad essere compiuto, dalla
Corte di cassazione, sui contenuti della decisione impugnata;
che, con il secondo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza del
primo giudice per violazione e falsa applicazione degli artt. 2901 e 2729
c.c. (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.), per avere il tribunale
erroneamente ritenuto sussistenti presupposti

dell’eventus damni, del

consilium fraudis e della partecipatio fraudis del terzo, in assenza di

adeguati elementi istruttori di riscontro;
che il motivo è inammissibile;
che, con il motivo in esame, i ricorrenti – lungi dal denunciare
l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato,
della fattispecie astratta recata dalla norma di legge richiamata allegano un’erronea ricognizione, da parte del giudice

a quo,

della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa: operazione
che non attiene all’esatta interpretazione della norma di legge, inerendo
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riconoscimento della validità e dell’efficacia, nonché della rilevanza del

bensì alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è
possibile, in sede di legittimità, unicamente sotto l’aspetto del vizio di
motivazione (cfr., ex plurimis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010,
Rv. 612745; Sez. 5, Sentenza n. 26110 del 30/12/2015, Rv. 638171),
non potendo dirsi coinvolta, nella prospettazione critica dei ricorrenti,
alcuna eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il profilo

che, infatti, osserva il Collegio come la combinata valutazione delle
circostanze di fatto indicate dalla corte territoriale a fondamento del
ragionamento probatorio in concreto eseguito (secondo il meccanismo
presuntivo di cui all’art. 2729 c.c.) non può in alcun modo considerarsi
priva, icto ocu/i, di quella minima capacità rappresentativa suscettibile di
giustificare l’apprezzamento ricostruttivo che il giudice del merito ha
ritenuto di porre a fondamento del ragionamento probatorio argomentato
in sentenza;
che, pertanto, nel caso di specie, al di là del formale richiamo,
contenuto nell’epigrafe del motivo d’impugnazione in esame, al vizio di
violazione e falsa applicazione di legge,

l’ubi consistam delle censure

sollevate dagli odierni ricorrenti deve piuttosto individuarsi nella negata
congruità dell’interpretazione fornita dalla corte territoriale del contenuto
rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti, dei
fatti di causa o dei rapporti tra le parti ritenuti rilevanti;
che tale operazione critica appare con evidenza diretta a censurare
una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità
mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa;
e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di
motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato;
che, ciò posto, il motivo d’impugnazione così formulato deve ritenersi
inammissibile, non essendo consentito alla parte censurare come
violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore
in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di
un fatto giuridicamente rilevante, sul quale la sentenza doveva
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dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in sé incontroverso;

pronunciarsi (Sez. 3, Sentenza n. 10385 del 18/05/2005, Rv. 581564;
Sez. 5, Sentenza n. 9185 del 21/04/2011, Rv. 616892), non potendo
ritenersi neppure soddisfatti i requisiti minimi previsti dall’art. 360 n. 5
c.p.c. ai fini del controllo della legittimità della motivazione nella
prospettiva dell’omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti;
che, sulla base delle argomentazioni sin qui indicate, dev’essere

ricorrenti al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del
presente giudizio di legittimità, secondo la liquidazione di cui dispositivo,
oltre al pagamento del doppio contributo ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002;

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso, in
favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità,
liquidate in complessivi euro 6.000,00, oltre alle spese forfettarie nella
misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori
come per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà
atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei
ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 1-bis, dello stesso articolo
13
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione
Civile — 3, il 13 dicembre 2017.

dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui segue la condanna dei

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