Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4524 del 11/02/2022

Cassazione civile sez. II, 11/02/2022, (ud. 24/01/2022, dep. 11/02/2022), n.4524

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10341/2017 proposto da:

HOSPITAL INSTRUMENTS SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

TACITO N. 41, presso lo studio dell’avvocato FORTUNATO FRANCESCO

MIRIGLIANI, rappresentata e difesa dall’avvocato MICHELE SURACE;

– ricorrente –

contro

B.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OSLAVIA 6,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE ALESSI, rappresentato e

difeso dall’avvocato FRANCESCO SOFIA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 50/2016 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 16/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/01/2022 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La società Hospital Instruments proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Palmi che aveva accolto l’opposizione a decreto ingiuntivo di B.R. in relazione a forniture medicali da questi commissionate alla società. L’opposizione era stata accolta nella parte in cui l’opponente aveva dedotto l’eccessività del prezzo fatturato nella fornitura dei beni.

2. B.R. resisteva all’appello e proponeva a sua volta appello incidentale, deducendo che era stata erroneamente disattesa la sua domanda riconvenzionale volta ad ottenere il pagamento di quanto pattuito circa il compenso di Euro 50 per ogni intervento oculistico praticato con impiego dei materiali forniti dalla società opposta.

3. La Corte d’Appello di Reggio Calabria rigettava sia l’appello principale che l’appello incidentale. Quanto all’appello principale, evidenziava che il Tribunale di Palmi dopo aver dato atto dell’ordine delle domande e delle eccezioni aveva ritenuto di dover esaminare prioritariamente l’ultima, dipendendo dal suo eventuale accoglimento l’epilogo in concreto della riconvenzionale proposta. Sicché, ritenuta la mancata consensuale determinazione del prezzo per le forniture si imponeva l’accoglimento dell’opposizione poiché il B. aveva sollevato una vera e propria eccezione inadimplenti non est adimplendum e non era stato provato dalla società fornitrice, sulla quale incombeva il relativo onere, che quello fatturato al B. fosse il prezzo normalmente praticato. Quanto alla riconvenzionale di compensazione per il controcredito pur ritenendo fondato l’an della domanda aveva ritenuto non provato il quantum.

Ciò premesso, la Corte d’Appello ricostruiva la vicenda fattuale del rapporto intercorso tra la società ricorrente e il B. anche sulla base delle prove documentali e testimoniali assunte nel giudizio di primo grado. Il giudice del gravame evidenziava che erroneamente la testimonianza di M.M.T. era stata ritenuta inammissibile perché incapace a testimoniare, in quanto la stessa non aveva un interesse personale, concreto ed attuale, essendo solo socia e dipendente della parte. In ogni caso non era necessario riaprire l’istruttoria, in quanto le sue eventuali dichiarazioni non sarebbero state sufficienti perché non riscontrate da altri elementi.

La Corte d’Appello, sulla base delle altre dichiarazioni testimoniali, riteneva che il B., già prima del giudizio, avesse utilmente ed efficacemente contestato alla controparte nella sua duplice formulazione l’eccezione di inadempimento poi azionata anche processualmente: sia come rilievo della mancata erogazione del compenso integrativo per lui pattuito a carico della società fondatrice, sia dell’avvenuta contabilizzazione a suo carico di un debito incongruo e superiore a quello corrispondente al prezzo di mercato delle forniture richieste e ricevute.

La società fornitrice non aveva assolto l’onere della prova della congruità del prezzo fatturato a carico del B., onere che su di essa incombeva, atteso che non era stato previsto il prezzo per iscritto e che si trattava di materiali di comune consumo, sicché, di fronte alla contestazione del debitore di esorbitanza dei relativi corrispettivi, la determinazione del prezzo doveva far riferimento a merci di largo consumo sicché non poteva farsi riferimento al criterio del prezzo corrente di mercato risultante dai listini di cui dell’art. 1474 c.c., comma 2, né a quella del giusto prezzo. L’impresa avrebbe potuto dimostrare, vista la notoria consistenza dei profitti lucrabili nel settore, l’applicazione di prezzi inferiori, uguali o superiori a quelli normalmente conseguibili o applicati agli altri concorrenti.

3.1 Quanto all’appello incidentale non era provato il quantum debeatur.

4. Hospital Instruments ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di otto motivi.

5. B.R. ha resistito con controricorso.

6. La ricorrente, con memoria depositata in prossimità dell’udienza, ha insistito nella richiesta di accoglimento del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio rileva che deve essere esaminata in via preliminare l’eccezione di inammissibilità per tardività della notifica del ricorso formulata dalla parte controricorrente.

1.1 L’eccezione è infondata.

La sentenza impugnata non è stata notificata, ai fini della decorrenza del termine breve ex art. 325 c.p.c., ed è stata pubblicata in data 16 marzo 2016, come risulta dall’annotazione di cancelleria in calce e come afferma lo stesso ricorrente nel ricorso. Ne consegue che il termine c.d. lungo ex art. 327 c.p.c., scadeva il 17 aprile 2018. Infatti, il giudizio è sorto anteriormente al 5 luglio del 2009 ed è oramai del tutto consolidato l’orientamento secondo il quale: In materia di cosiddetto termine lungo di impugnazione, l’art. 327 c.p.c., come novellato dalla L. n. 69 del 2009, art. 46, mediante riduzione del termine da un anno a sei mesi, si applica, ai sensi dell’art. 58 della medesima Legge, ai giudizi instaurati, e non alle impugnazioni proposte, a decorrere dal 4 luglio 2009, essendo quindi ancora valido il termine annuale qualora l’atto introduttivo del giudizio di primo grado sia anteriore a quella data (Sez. 2, Sent. n. 6784 del 2012).

Il suddetto termine di un anno, decorrente dal 16 marzo 2016 con scadenza al 16 aprile 2017, deve essere prorogato per effetto della sospensione feriale dei termini ex L. n. 742 del 1969. Infatti, l’art. 1 della suddetta Legge stabilisce che non si deve tener conto ai fini del computo del termine per la proposizione dell’impugnazione e, quindi, anche del ricorso per cassazione – stabilito a pena di decadenza dall’art. 327 c.p.c., dei giorni compresi tra il 1 agosto ed il 31 agosto dell’anno della pubblicazione della sentenza impugnata. In proposito deve richiamarsi l’orientamento secondo il quale la riduzione della durata del periodo di sospensione feriale attualmente decorrente dal 1 al 31 agosto di ogni anno, ai sensi della L. n. 741 del 1969, art. 1, nel testo modificato dal D.L. n. 132 del 2014, art. 16, comma 1, conv. con modif. dalla L. n. 162 del 2014 – è immediatamente applicabile, con decorrenza dall’anno 2015, in forza dell’art. 16, comma 1, dello stesso D.L., a nulla rilevando la data di introduzione del giudizio, in attuazione, peraltro, del principio tempus regit actum (Cass. n. 30053 del 31/12/2020; Cass. n. 20866 del 06/09/2017).

Da quanto detto consegue che la notifica del ricorso è avvenuta nel termine annuale ex art. 327 c.p.c., tenuto conto del periodo di sospensione feriale ex lege n. 741 del 1969 e del fatto che i giorni 16 e 17 aprile del 2017 erano festivi (Santa Pasqua e lunedì dell’Angelo) e, dunque, la notifica del ricorso effettuata in data 18 aprile 2017 deve ritenersi tempestiva.

1.2 Il primo motivo di ricorso è così rubricato: nullità della sentenza per violazione di legge ex art. 132 c.p.c., n. 4, per manifesta e irriducibile contraddittorietà della motivazione.

La sentenza sarebbe viziata da un irriducibile contrasto tra affermazioni inconciliabili, da un lato si afferma che il B., già prima del giudizio, aveva azionato efficacemente e validamente l’eccezione di inadempimento poi azionata anche processualmente, mentre dall’altro si afferma che il B. aveva proposto per la prima volta con l’opposizione al decreto ingiuntivo la contestazione sulla congruità dei prezzi di fornitura.

1.3 Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

La motivazione non è apparente o inesistente e rende palese il percorso logico-giuridico compiuto per arrivare alla decisione senza alcuna contraddizione nella motivazione. D’altra parte, deve ribadirsi che le censure relative alla contraddittorietà della motivazione, se non determinano una motivazione apparente, e quindi inesistente, sono inammissibili, in quanto formulate sulla base del vecchio paradigma dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione). Le doglianze proposte con il motivo in esame non sono in linea con la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, applicabile ratione temporis, che ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, (fatto da intendersi come un “preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni”), la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.

La Corte nella ricostruzione del fatto inerente l’avvenuta proposizione prima del giudizio dell’eccezione di inadempimento con riferimento alla richiesta di pagamento del prezzo delle forniture non avrebbe esaminato i seguenti fatti: l’avvenuta fornitura di prodotti a titolo di vendita presso lo studio in (OMISSIS), l’inesistenza di contestazioni sui prezzi, l’ammissione di un debito da saldare per le forniture ricevute in relazione alla richiesta di saldo, il successivo invito del B. ad opporre in compensazione il credito reclamato, l’allegazione del B. circa la conferma dell’avvenuta vendita delle merci e, dunque, anche la domanda proposta dall’opponente che presupponeva un riconoscimento del credito. Tali fatti, se correttamente esaminati, avrebbero condotto la Corte a ritenere che la vendita era un rapporto contrattuale autonomo rispetto a quello ulteriore del compenso integrativo e che il B. non aveva mai contestato, prima del giudizio, la congruità dei prezzi e che anzi aveva al contrario riconosciuto la congruità del proprio debito, ponendo solo un’eccezione di compensazione.

2.1 Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.

Le censure si appalesano inammissibili, giacché tendono ad una non consentita rivalutazione delle emergenze processuali al fine di conseguirne una lettura favorevole, a fronte dell’accertamento compiuto dalla Corte territoriale, la quale ha individuato le fonti del proprio convincimento e valutato le risultanze probatorie dando conto dell’iter logico e deduttivo seguito. Spetta al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova.

Ne consegue che la complessiva censura si risolve nella sollecitazione ad effettuare una nuova valutazione di risultanze di fatto, cosi mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito giudizio di merito, nel quale ridiscutere tanto il contenuto di fatti e vicende processuali, quanto ancora gli apprezzamenti espressi dal giudice di appello non condivisi e per ciò solo censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni ai propri desiderata, quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa potessero ancora legittimamente porsi dinanzi al giudice di legittimità. Come questa Corte ha più volte sottolineato, compito della Corte di cassazione non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, né quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici del merito.

3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione o falsa applicazione dell’art. 1460 c.c., comma 1.

La Corte d’Appello avrebbe erroneamente applicato l’articolo citato in quanto l’eccezione di inadempimento è ammissibile se precede l’esecuzione delle prestazioni corrispettive dedotte nel contratto, ovvero se si colloca come mezzo di autotutela contrattuale per stimolare la reciproca esecuzione delle prestazioni convenute.

L’eccezione di inadempimento presuppone che l’altra parte non abbia adempiuto o offerto di adempiere la propria prestazione. Nella specie invece la fornitura del materiale è avvenuta a titolo di vendita e le contestazioni del B. sono intervenute in epoca successiva all’avvenuta esecuzione e ricezione della fornitura senza rilievi di vizi o difetti.

3.1 Il terzo motivo di ricorso è infondato.

Da un lato, deve osservarsi che la Corte d’Appello di Reggio Calabria ha accertato che la contestazione del prezzo era stata fatta anche prima dell’opposizione unitamente alla richiesta di pagamento della prestazione e, dunque, il motivo parte da un presupposto non riscontrato e per ciò solo si appalesa come inammissibile. Dall’altro, deve ribadirsi che la contestazione della congruità del prezzo non era preclusa, potendosi legittimamente fare anche in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, soprattutto in un caso come quello in esame dove il prezzo non risulta contrattualmente pattuito.

4. Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.

Il ricorrente lamenta la non corretta ricostruzione del fatto in relazione all’omesso esame dei seguenti fatti decisivi: l’opposta aveva dedotto come non vera e anche inverosimile l’allegazione di un accordo sul presunto compenso integrativo; il supposto controcredito non era stato riconosciuto; il B. aveva espressamente ammesso la congruità dei prezzi; la fornitura aveva abbracciato un arco temporale di un triennio; l’avvenuta accettazione e utilizzo ed il consumo del materiale acquistato senza reclami; la pacifica ammissione da parte dell’acquirente che le forniture non erano state saldate; i prezzi non avevano subito oscillazioni nel corso del rapporto.

Tali fatti sarebbero decisivi e avrebbero dovuto condurre la Corte a ritenere infondata l’eccezione del B. per mancanza di prova.

5. Il quinto motivo di ricorso è così rubricato: omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.

Il ricorrente lamenta l’affermazione della sentenza circa la non rilevanza istruttoria della deposizione testimoniale di M.T.M. e l’omesso esame dei fatti già indicati nei precedenti motivi. Sulla base dei fatti indicati la Corte avrebbe comunque dovuto ritenere ammissibile e rilevante la prova testimoniale, così come ammissibile e rilevante la richiesta di CTU.

5.1 Il quarto e il quinto motivo di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente stante la loro evidente connessione, sono inammissibili per le stesse ragioni espresse con riferimento al secondo motivo.

Le censure, infatti, si risolvono in un’inammissibile richiesta di rivalutazione in fatto complessiva del materiale istruttorio già valutato dalla Corte d’Appello, peraltro conformemente al giudice di primo grado.

6. Il sesto motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’art. 1474 c.c., comma 1 e dell’art. 2697 c.c..

La Corte d’Appello avrebbe errato nell’individuare l’onere della prova circa i prezzi applicati in capo alla società fornitrice. La fattispecie dovrebbe essere invece ricondotta nell’alveo dell’art. 1474 c.c., comma 1, con onere della prova contraria in capo al B., trattandosi di contestazione dell’insussistenza di un fatto presunto ex lege.

7. Il settimo motivo di ricorso è così rubricato: violazione o falsa applicazione degli artt. 1470 e 1474 c.c. e dell’art. 112 c.p.c..

Secondo il ricorrente, il meccanismo delineato dall’art. 1474 c.c., determinerebbe uno strumento di integrazione contrattuale automatica, spettando al venditore un prezzo e, dunque, dovendo il giudicante procedere al relativo accertamento. Pertanto, una volta ritenuto che le parti non avevano convenuto un prezzo della fornitura e che i beni erano di comune consumo e abitualmente venduti dal fornitore, bisognava procedere all’applicazione dell’art. 1474 c.c., con determinazione del prezzo per l’avvenuta regolare fornitura del materiale.

7.1 Il sesto e settimo motivo di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono fondati.

Deve premettersi che il contratto in oggetto è un contratto di somministrazione o fornitura di beni. L’art. 1559 c.c., definisce il contratto o accordo di fornitura o somministrazione come “il contratto con il quale una parte si obbliga, verso corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore dell’altra, prestazioni periodiche o continuative di cose”. In sostanza, tale tipologia contrattuale presuppone un accordo con il quale il fornitore o somministratore si obbliga ad eseguire, in favore di un cliente (c.d. somministrato), una fornitura di determinati beni, in cambio del pagamento di un corrispettivo.

Nel contratto di fornitura il prezzo è stabilito liberamente tra le parti, in base alla loro autonomia contrattuale. In mancanza di accordo sul prezzo dei contratti di fornitura periodica, l’art. 1561 c.c., richiama l’art. 1474 c.c., secondo cui: “Se il contratto ha per oggetto cose che il venditore vende abitualmente (…) si presume che le parti abbiano voluto riferirsi al prezzo normalmente praticato dal venditore. Se si tratta di cose aventi un prezzo di borsa o di mercato, il prezzo si desume dai listini o dalle mercuriali del luogo in cui deve essere eseguita la consegna o da quelli della piazza più vicina. Qualora le parti abbiano inteso riferirsi al giusto prezzo, si applicano le disposizioni dei commi precedenti; e, quando non ricorrono i casi da essi previsti, il prezzo, in mancanza di accordo, è determinato da un terzo, nominato a norma del comma 2 dell’articolo precedente”. Nell’adozione di questi criteri, si tiene conto del luogo di esecuzione delle singole prestazioni, nonché della scadenza delle stesse.

Se il contratto ha per oggetto cose che il venditore vende abitualmente, o la fornitura di beni a carattere periodico ai sensi rispettivamente – degli artt. 1474 e 1561 c.c., la mancata determinazione espressa del prezzo non ne importa la nullità, giacché si presume che le parti abbiano voluto riferirsi al prezzo normalmente praticato dal venditore, che, se si tratta di cose aventi un prezzo di borsa o di mercato, si desume – salvo patto contrario – dai listini o dalle mercuriali del luogo in cui deve essere eseguita la consegna o da quelli della piazza più vicina (per la compravendita) ovvero dai listini o dalle mercuriali del luogo in cui devono essere eseguite le prestazioni – In applicazione del suindicato principio la S.C. ha escluso la nullità del contratto avente ad oggetto merce il cui prezzo era stato determinato dal giudice di merito mediante c.t.u., avuto riguardo ai prezzi ricavabili dalle fatture facenti espresso riferimento agli articoli messi in vendita (Sez. 3, Sent. n. 10503 del 2006).

La Corte d’Appello di Reggio Calabria, pertanto, una volta accertata la conclusione del contratto di fornitura e l’esecuzione dello stesso mediante la consegna della merce, non poteva rigettare la richiesta di pagamento della merce per mancanza di prova del prezzo. Nel caso, infatti, di indeterminatezza del prezzo e di impossibilità di determinarlo in base alle disposizioni negoziali o ai criteri integrativi previsti dal codice, in particolare dall’art. 1474 c.c., il contratto è nullo ai sensi dell’art. 1346, secondo cui l’oggetto del contratto deve essere determinato o determinabile. L’art. 1474 c.c., costituisce, infatti, espressione del principio di determinabilità dell’oggetto del contratto di cui al citato art. 1346 c.c., e pone norme dirette, per quanto possibile, a far salva la volontà negoziale, evitando la sanzione della nullità prevista dall’art. 1418 c.c., comma 2, per la mancanza nell’oggetto dei requisiti stabiliti dall’art. 1346 c.c..

Nella specie la Corte d’Appello si è limitata ad escludere la prova del maggior prezzo oggetto di contestazione, ma non ha compiuto tutti gli accertamenti necessari volti alla determinazione di quanto effettivamente dovuto per la somministrazione dei beni. Ed infatti, per l’ipotesi di mancata determinazione espressa del prezzo della fornitura, avrebbe dovuto risolvere la questione mediante il ricorso alle modalità di calcolo del prezzo generalmente applicato dal venditore alla stregua del combinato disposto di cui all’art. 1561 c.c. e art. 1474 c.c., comma 1, avendo il contratto per oggetto cose vendute abitualmente o in subordine in base ai criteri residuali di cui al medesimo art. 1474 c.c..

In altri termini, a seguito dell’opposizione al decreto ingiuntivo e in mancanza di contestazione circa l’avvenuta esecuzione della prestazione da parte della società ricorrente, la Corte d’Appello doveva farsi ricorso ai normali criteri integrativi di determinazione del prezzo, essendoci contestazione sulla sua determinazione.

8. L’ottavo motivo di ricorso è così rubricato: nullità della sentenza per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 2697 c.c..

La Corte d’Appello avrebbe violato gli articoli citati per non aver ammesso la testimonianza di M.M.T..

A prescindere dalla qualificazione del contratto come vendita o fornitura le regole da applicarsi sono le medesime.

8.1 L’ottavo motivo è assorbito dall’accoglimento del sesto e settimo motivo.

9. Conclusivamente, devono essere accolti il sesto e il settimo motivo di ricorso, rigettati i primi cinque, assorbito l’ottavo, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti, e la causa rinviata alla Corte d’appello di Reggio Calabria in diversa composizione che riesaminerà la questione del prezzo dei beni oggetto del contratto intercorso tra le parti alla stregua dei rilievi esposti. Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine al regolamento delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il sesto e il settimo motivo di ricorso, rigetta i primi cinque, dichiara assorbito l’ottavo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’appello di Reggio Calabria in diversa composizione, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile in data 12 gennaio 2022 e a seguito di riconvocazione in Camera di consiglio, il 24 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2022

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