Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4523 del 24/02/2010

Cassazione civile sez. I, 24/02/2010, (ud. 20/10/2009, dep. 24/02/2010), n.4523

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – Consigliere –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – rel. Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 7971/2006 proposto da:

D.P.M.R. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZA AUGUSTO IMPERATORE 22, presso l’avvocato CUCCIA ANDREA

rappresentata e difesa dall’avvocato BOCCHINI ERMANNO, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CRISPANO (c.f. (OMISSIS)), in persona della Commissione

Straordinaria pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZZA

CAVOUR 17, presso l’avvocato BARUCCO FERDINANDO, rappresentato e

difeso dall’avvocato CIANCIO MARIO, giusta procura a margine del

controricorso;

COMUNE DI CARDITO (c.f. (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA – LE TRASTEVERE 244,

presso l’avvocato PRIMAVERA RACHELE, rappresentato e difeso

dall’avvocato LUMBAU ENZO, giusta procura in calce al ricorso

notificato;

– controricorrenti –

contro

C.R., L.P.G., O.N.;

– intimati –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis,

– resistenti –

sul ricorso 12530/2006 proposto da:

COMUNE DI CRISPANO, in persona della Commissione Straordinaria pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZZA CAVOUR 17, presso

l’avvocato BARUCCO FERDINANDO, rappresentato e difeso dall’avvocato

CIANCIO MARIO, giusta procura a margine del controricorso e ricorso

incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

D.P.M.R., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

AUGUSTO IMPERATORE 22, presso l’avvocato CUCCIA ANDREA, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato BOCCHINI ERMANNO,

giusta procura a margine del ricorso principale;

– controricorrente al ricorso incidentale –

contro COMUNE DI CARDITO, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE,

C.R., L.P.G., O.N.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 251/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 01/02/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/10/2009 dal Consigliere Dott. MASSIMO DOGLIOTTI;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato ERMANNO BOCCHINI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso principale ed il rigetto di quello

incidentale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata in varie date, D.P.M.R., esponendo che il Tribunale di Napoli in data 8/6/1990 aveva omologato il verbale di separazione consensuale tra essa e il marito, C.R., dando luogo allo scioglimento della comunione legale tra di loro; che essa era comproprietaria, in virtù di tale regime, di un appezzamento di terreno agricolo in (OMISSIS) e di un fabbricato in (OMISSIS); che, ad istanza del Comune di Crispano, tali beni erano stati sottoposti a pignoramento in danno del coniuge e, nell’ambito di tale, procedura espropriati va, erano intervenuti altri creditorì conveniva in giudizio C.R., il Comune di Crispano, il Comune di Cardito e altri creditori, intervenuti nella procedura espropriativa, per sentire dichiarare lo scioglimento della comunione e procedersi alla divisione dei beni; sentire dichiarare altresì che le opere di ristrutturazione ed ampliamento dell’immobile di (OMISSIS) erano state effettuate a sua cura e spese, con attribuzione in natura della quota di valore equivalente.

Costituitosi il contraddittorio, il Comune di Crispano si opponeva alla domanda, deducendo che le spese di ristrutturazione dell’immobile erano state sostenute dal proprio debitore C., e, stante l’inerzia di quest’ultimo, agiva in via surrogatoria, quale creditore, al fine di far valere il diritto al rimborso di tali spese; il Comune di Cardito si opponeva alla domanda della D.P.; il Ministero delle Finanze precisava di aver iscritto ipoteca legale sui beni della comunione.

Veniva disposta ed espletata C.T.U..

Il Tribunale di Napoli, con sentenza 6/5/2003, rigettava la domanda di rimborso della D.P. nonchè la surrogatoria del Comune di Crispano; approvava il progetto di divisione redatto dal C.T.U.; disponeva il sorteggio dei lotti, subordinato al passaggio in giudicato della sentenza.

Con citazione in appello, la D.P. impugnava la predetta sentenza; chiedeva, in particolare, dichiararsi che le opere di ristrutturazione ed ampliamento del fabbricato di (OMISSIS) erano state eseguite a sua cura e spese, e che la divisione venisse effettuata, previa soddisfazione del predetto rimborso.

Costituitosi il contraddicono, il Comune di Crispano chiedeva rigettarsi l’appello principale e, in via incidentale, dichiararsi che le opere effettuate sul fabbricato di (OMISSIS) erano state eseguite dal C., e che doveva precedere la divisione il rimborso a proprio favore, in via surrogatoria, delle spese effettuate dal C. stesso. Il Comune di Cardito chiedeva rigettarsi l’appello principale. Il Ministero delle Finanze ribadiva di aver iscritto ipoteca legale sui beni della comunione. C.R. deduceva nullità del giudizio di primo grado e chiedeva rimettersi la causa al primo giudice.

La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza 19/11/2004 – 1/2/2005, rigettava l’appello principale e quello incidentale.

Ricorre per cassazione la D.P., sulla base di cinque motivi.

Resistono con controricorso il Comune di Crispano, che pure propone ricorso incidentale, il Comune di Cardite e il Ministero delle Finanze.

Hanno depositato memoria per l’udienza la D.P. e il Comune di Crispano.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Vanno riuniti i ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Come si è detto,l’odierna ricorrente ha chiesto, nel giudizio di merito, il rimborso di somme asseritamente prelevate dal proprio patrimonio personale ed impiegate in spese ed interventi sul patrimonio comune, ai sensi dell’art. 192 c.c., comma 3, che dispone la “restituzione” di tali somme, all’atto dello scioglimento della comunione (previsione volta ad evitare la confusione tra comunione legale dei beni e patrimoni personali dei coniugi) (sul punto, Cass. n. 10896 del 2005).

I primi tre motivi del ricorso principale possono essere trattati congiuntamente, ma per ragioni sistematiche si inizierà la trattazione, partendo dal secondo e dal terzo.

Con il primo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 192 c.c., in quanto il giudice a quo, richiamando le argomentazioni della sentenza di primo grado, avrebbe ritenuto che gli interventi de quibus fossero espressione del dovere di solidarietà familiare ex art. 143 c.c., ed escludessero il relativo rimborso nei confronti dell’altro coniuge, ai sensi dell’art. 192 c.c..

Con il secondo motivo, si lamenta carenza, insufficienza e contraddittorietà di motivazione su un punto decisivo della controversia: la Corte di merito avrebbe contraddetto e smentito le risultanze della prova legale circa l’utilizzo di somme del patrimonio personale della D.P. per la ristrutturazione di un bene comune. Con il terzo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 192 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., in quanto il giudice a quo avrebbe disatteso i principi che presiedono alla prova legale, in particolare quella testimoniale. I motivi vanno rigettati, perchè infondati.

La pronuncia impugnata non ha affatto disatteso i principi che regolano la prova legale e ha fornito, al riguardo, una motivazione adeguata ed immune da vizi logici. La Corte di merito fa propri tutti i rilievi del Tribunale e, pur ammettendo che vari testi, operai o artigiani, hanno affermato di aver fornito alla D.P. materiale e mano d’opera, e che il teste appaltatore ha sostenuto di aver incassato circa L. 700.000.000, non solo rileva la mancanza totale di ogni documentazione scritta, ma pure evidenzia il divario notevole tra l’entità degli interventi dell’opera, accertati dal C.T.U. (di L. 1.600.000.000)) e l’importo asseritamente impiegato dalla D.P., richiamato pure dai testi (L. 700.000.000). Nella narrativa; il giudice a quo pure richiama la modesta posizione reddituale della D.P. (e la circostanza da essa provata circa la disponibilità di una somma di L. 250.000.000, derivante dalla vendita di un proprio appartamento) nonchè l’intervenuta separazione personale tra i coniugi, proprio quando i creditori iniziavano ad aggredire i beni della comunione legale.

Consegue – secondo la pronuncia impugnata – che la D.P. non poteva concorrere da sola alle spese di ristrutturazione dell’immobile, se non con il contributo determinante del marito.

L’odierna ricorrente non ha dunque fornito prova adeguata – secondo il giudice a quo – del credito al rimborso: dunque non potrà esservi rimborso alcuno, e i beni dovranno essere divisi in parti uguali, ai sensi dell’art. 194 c.c., per cui la divisione si effettua ripartendo in parti uguali l’attivo e il passivo.

La Corte di merito, seppur con qualche incertezza nell’esposizione, afferma che il Tribunale, non avendo ricavato dalla prova testimoniale elementi decisivi, avrebbe potuto presumere come uguali le quote incrementate dai condividenti, ma che questo ha richiamato i doveri di solidarietà familiare ex art. 143 c.c., per giustificare la parità dell’impegno dei coniugi. E’ evidente che l’impiego di somme prelevate dal patrimonio personale in spese ed interventi sul patrimonio comune, ai sensi dell’art. 192 c.c., comma 3, nulla ha che vedere con i doveri di solidarietà familiare (che hanno carattere generale, e prescindono, tra l’altro, dal tipo di regime familiare scelto dai coniugi). In questo senso, tuttavia, il richiamo della Corte di merito appare nulla più di un obiter dictum, che non ha incidenza sulla ratio decidendi della pronuncia. Dunque anche il primo motivo del ricorso, che si incentra su tale profilo, va rigettato.

Vanno considerati assorbiti i motivi quarto e quinto, relativi ai crediti tra coniugi e al rapporto tra coniuge e creditori personali dell’altro coniuge, che presuppongono un credito al rimborso, al contrario, per quanto si è detto, insussistente.

Conclusivamente, va rigettato il ricorso principale.

Il ricorso incidentale del Comune di Crispano consta di un unico motivo: si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 192 e 143 c.c., e degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata. Il ricorrente incidentale nel giudizio di merito, agendo in via surrogatoria, aveva chiesto, come si è detto, che le spese di ristrutturazione dell’immobile, impiegate dal C., venissero a lui rimborsate. La trattazione del motivo è assai generica. Ci si limita ad osservare che il giudice a quo avrebbe ritenuto implicitamente onere del Comune di provare che le somme di cui la D.P. assumeva la disponibilità non erano state investite nella ristrutturazione dell’immobile de quo. Ribadisce il Comune stesso, che, dalle risultanze istruttorie, emergeva che la ristrutturazione era stata effettuata solo con gli apporti del C..

Il ricorso va rigettato, in quanto infondato.

La pronuncia impugnata non ha affatto affermato, neppure per implicito, che fosse onere del Comune provare che la D.P. non aveva effettuato investimenti nella ristrutturazione dell’immobile; ha al contrario precisato che la D.P. non ha fornito prova decisiva di tali investimenti. Ma il giudice a quo pure ha ritenuto che il Comune di Crispano non abbia provato che gli incrementi fossero stati interamente pagati dal C. e che le somme di denaro da lui ottenute, anche illecitamente, a danno del Comune, fossero state impiegate per la ristrutturazione.

Rigettato l’appello principale e quello incidentale, stante la reciproca soccombenza, vanno dichiarate compensate le spese del presente giudizio tra le parti.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta; dichiara compensate le spese di giudizio del presente grado di legittimità; a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2010

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