Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4523 del 21/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 21/02/2017, (ud. 13/07/2016, dep.21/02/2017),  n. 4523

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso per regolamento di competenza 17783-2015 proposto da:

INDUSTRIE MECCANICI SICILIANE SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del

liquidatore legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA SISTINA, 4, presso lo studio dell’avvocato

ALESSANDRO LANZI, che la rappresenta e difende giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

NUOVA CIMIMONTUBI SRL IN LIQUIDAZIONE ED IN CONCORDATO PREVENTIVO, in

persona del liquidatore nonchè legale rappresentante pro tempore,

MASSA DEI CREDITORI DEL CONCORDATO CON CESSIONE DEI BENI DI NUOVA

CIMIMONTUBI SPA IN LIQUIDAZIONE, in persona del Commissario

liquidatore e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliate in ROMA, PIAZZA DEI CAPRETTARI 70, presso lo studio

dell’avvocato DOMENICO SCORDINO, che le rappresenta e difende

unitamente all’avvocato LUIGI 13ORLONE giusta procura speciale in

calce al controricorso;

– controricorrcnte –

e contro

FINEURO SPA;

– intimata –

sulle conclusioni scritte del P.G. in persona del Dott. GIACALONE

Giovanni, che chiede che la S.C. in camera di consiglio accolga il

ricorso e dichiari la competenza del Tribunale di Mantova, emettendo

le pronunzie conseguenti per legge;

avverso la sentenza n. 573/2015 del TRIBUNALE di MANTOVA, depositata

il 04/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/07/2016 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

quanto segue:

p.1. La s.r.l. Industrie Meccaniche Siciliane in liquidazione (di seguito I.M.S.) ha proposto istanza di regolamento di competenza contro la s.r.l. Nuova Ciminontubi in liquidazione e concordato preventivo (di seguito NC) e nei confronti della s.p.a. Fineuro, avverso la sentenza del 4 giugno 2015, con la quale il Tribunale di Mantova ha declinato la propria competenza e dichiarato la competenza del Tribunale di Brescia, Sezione Specializzata in materia di Impresa, sulla controversia insorta a seguito di opposizione proposta dalla Nuova Cimimontubi avverso il decreto ingiuntivo, ottenuto dalla qui ricorrente per l’importo di Euro 2.031.509,95, oltre interessi e spese, relativo ai crediti – rimasti poi inadempiuti dai debitori ceduti – che l’opponente, socia della creditrice ingiungente, aveva ceduto pro solvendo, nell’ambito di un atto di conferimento di ramo di azienda in data 30 maggio 1997 a fronte della sottoscrizione dell’intero aumento del capitale sociale deliberato dalla Industrie Meccaniche Siciliane.

Nell’atto di opposizione l’opponente in via pregiudiziale eccepiva l’incompetenza del tribunale mantovano a beneficio del tribunale e, oltre a svolgere altre difese di merito, eccepiva l’esistenza di un proprio controcredito e chiedeva ed otteneva di essere autorizzata alla chiamata in causa della Fineuro, che l’opponente assumeva avere assunto obbligazione di garanzia della cessione del capitale sociale.

p.2. Nella costituzione dell’opposta e della chiamata in causa, il Tribunale di Mantova ha motivato la declaratoria di incompetenza, alla quale ha fatto seguire quella di nullità del decreto opposto, reputando in prima battuta (con espresso richiamo a Cass. (ord.) n. 21910 del 2014) che la domanda proposta con il ricorso monitorio fosse riconducibile all’ambito della competenza del tribunale delle imprese ai sensi del D.Lgs. n. 168 del 2003, art. 3, comma 2, lett. b), come modificato dal D.L. n. 1 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 27 del 2012, ed adducendo, in seconda battuta che comunque la stessa competenza si sarebbe potuta configurare in ogni caso o ai sensi della lett. a) o – essendo l’opponente società controllante dell’opposta – ai sensi della lett. f), della stessa norma. Il tribunale ha, altresì, rilevato che anche le domande dell’opponente relative al controcredito e alla pretesa di garanzia erano riconducibili alla stessa competenza del giudice specializzato.

p.3. All’istanza di regolamento di competenza ha resistito con memoria soltanto la Nuova Cimimontubi.

p.4. Prestandosi il ricorso ad essere deciso con il procedimento di cui all’art. 380-ter c.p.c. è stata fatta richiesta al Pubblico Ministero presso la Corte di formulare le sue conclusioni ed all’esito del loro deposito, ne è stata fatta notificazione agli avvocati delle parti costituite, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

p.5. Parte resistente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

quanto segue:

p.1. Il Tribunale di Mantova ha giustificato la declaratoria di incompetenza, osservando quanto segue:

a) il decreto ingiuntivo si fondava su un atto notarile di conferimento di ramo d’azienda del 30 maggio 1997, con cui, sulla premessa che l’assemblea straordinaria di I.M.S. aveva deliberato l’aumento del proprio capitale sociale da Lire 20.000.000 a Lire 5.020.000.000 e che tale importo era stato sottoscritto integralmente dal socio N.C. (avendo l’altro socio allora esistente rinunciato al diritto di opzione), la N.C., per coprire l’aumento di capitale, aveva conferito l’unità produttiva costituita da un proprio stabilimento, come da relazione di stima, sia per gli elementi attivi sia per quelli passivi, impegnandosi a “prestare garanzia per la esistenza dei crediti ceduti e la solvenza dei debitori ceduti ai sensi degli artt. 1266 e 1267 c.c.”;

b) la somma ingiunta, nella prospettazione della I.M.S., era dovuta dalla N.C. sulla base del detto atto ed era pari ai crediti che non erano risultati onorati;

c) l’ingiunta aveva eccepito che, a seguito di rettifica del valore dei crediti ceduti per effetto del conferimento, l’assemblea della IMS aveva, in data 10 ottobre 1997, ridotto il capitale sociale a Lire 1.710.000.000, di modo che la sua partecipazione era risultata di Lire 1.709.000.000 e quella dell’altro socio pari a Lire 1.000.000;

d) era pacifica la riconducibilità delle parti della causa, sotto il profilo soggettivo, alla disciplina del D.Lgs. n. 168 del 2003, art. 3 e la sussistenza della competenza per materia della sezione specializzata in materia di impresa, quanto al profilo oggettivo, si giustificava alla stregua dell’art., comma 2, lett. b) detto D.Lgs., perchè l’atto di conferimento da cui originava il credito e, quindi, il titolo della domanda, non era un’autonoma cessione di crediti, ma si inseriva in una sottoscrizione di partecipazioni sociali della IMS, di modo che non risultava condivisibile il rilievo di parte ingiungente della estraneità al rapporto sociale della controversia in quanto inerente meri crediti e debiti, poichè “il valore dei suddetti crediti, in quanto integranti conferimento nella società, (era) di per sè idoneo ad influenzare la quota di partecipazione sociale della opponente (come in effetti avvenuto a seguito di rettifica della stima);

f) era condivisibile l’orientamento dottrinale sfavorevole all’interpretazione restrittiva della competenza del giudice specializzato, cioè nel senso della limitazione, “in caso di negozi tra (Ndr: testo originale non comprensibile) di trasferimento delle partecipazioni sociali, alle sole cause il cui oggetto incide effettivamente sulla composizione della società”, con esclusione delle “cause di adempimento delle obbligazioni nascenti dal contratto traslativo di partecipazioni sociali”, che, peraltro, già nel regime del D.Lgs. n. 5 del 2003, relativo al c.d. rito societario, appartenevano al giudice specializzato;

g) era, invece, da accogliere l’orientamento estensivo e favorevole alla competenza del giudice specializzato in tutti i casi in cui l’oggetto della domanda è un diritto derivante da un negozio avente ad oggetto il trasferimento di partecipazioni sociali.

Il Tribunale, a conclusione di tali argomenti, ha, poi, evocato a conferma il principio di diritto di cui a Cass. (od.) n. 21910 del 2014 ed ha, inoltre, sostenuto che comunque la competenza del giudice specializzato sarebbe stata sostenibile anche sulla base della lettera a) dell’art. 3, comma 2, per essere la controversia inerente rapporti societaria, oppure sulla base della lett. f), attesa la posizione di società controllata della ingiungente, rispetto alla controllante, cioè l’opponente.

p.2. Parte ricorrente ha motivato l’istanza di competenza, adducendo, a critica della motivazione esternata in via principale dalla sentenza impugnata, che l’oggetto della domanda non riguardava l’atto di conferimento, ma solo il saldo di un credito oggetto di conferimento da parte di chi, la NC, aveva garantito il saldo del debitore ceduto da esso originante, nonchè, a critica della motivazione subordinata evocante l’art. 3, comma 2, lett. a) ed f) che il Tribunale sarebbe incorso in un errore revocatorio, là deve avrebbe supposto la persistenza di un rapporto di partecipazione societaria della NC, nonostante che dagli atti emergesse, come, del resto, confermava la chiamata in causa della Fineuro, che la NC aveva ceduto la propria partecipazione alla medesima, onde non rivestiva più la posizione di controllante.

p.3. La resistente, nella sua memoria, ha sostenuto la validità della tesi estensiva della competenza fatta propria dal Tribunale ed a invocato a sostegno il precedente da essa citato, mentre, a proposito del preteso errore revocatorio, ha dedotto che la valutazione sulla vicenda, ai fini della propria posizione societaria nei confronti della creditrice opposta, si correlerebbe all’epoca dell’atto di conferimento, di modo che sarebbe ininfluente la cessione della partecipazione alla Fineuro, avvenuta nel luglio del 2011.

p.4. Il Pubblico Ministero ha concluso, dopo avere esposto sia la tesi c.d. estensiva, sia quella c.d. restrittiva, per l’accoglimento dell’istanza di competenza, argomentando a favore della seconda a motivo che la ratio della competenza del giudice specializzato si rinverrebbe nell’incidenza della controversia sulla persistenza della compagine sociale, onde essa dovrebbe essere “limitata, in caso di negozi tra vivi di trasferimento delle partecipazioni sociali, alle sole cause il cui oggetto incida effettivamente sulla composizione della società, e quindi, ai casi in cui si impugni – diversamente da quanto accade nel caso in esame – il negozio traslativo per fare valere o ottenere la caducazione dei suoi effetti, ciò comportando l’accertamento della persistenza della preventiva composizione della compagine societaria (ad es. nullità, simulazione, risoluzione di un negozio di cessione di partecipazioni sociali)”. Viceversa, dovrebbe “escludersi la competenza delle sezioni specializzate laddove si discuta del medesimo negozio, ma senza una diretta incidenza sulla compagine sociale”.

La preferenza per la tesi restrittiva viene giustificata adducendo che “altrimenti, si assisterebbe a un’eccessiva, e peraltro dai confini assai incerti, espansione della competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa, che finirebbe per contrastare l’intento stesso del legislatore, consistente nel perseguimento di un’effettiva specializzazione”.

p.5. Il Collegio ritiene che l’istanza di regolamento di competenza debba rigettarsi e che debba, dunque, dichiararsi la competenza del Tribunale Brescia, Sezione Specializzata in materia di Imprese, come esattamente ha fatto la sentenza impugnata.

Si deve, infatti, dare continuità all’esegesi del D.Lgs. n. 168 del 2003, art. 3, comma 2, offerta dal precedente di questa Corte richiamato dalla sentenza impugnata, cioè dall’ord. n. 21910 del 2014.

La competenza del giudice specializzato, alla stregua di quanto sostenuto da detto precedente, sussiste sulla controversia oggetto di regolamento di competenza, sulla base della previsione dell’art. 3, comma 2, lett. b) detto D.Lgs., la quale la prevede per le cause e i procedimenti “relativi al trasferimento delle partecipazioni sociali o ad ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti”.

Nel caso di specie il credito per cui è stato richiesto il decreto ingiuntivo, ma anche quello opposto in compensazione, hanno come fonte negozi intervenuti riguardo ad una partecipazioni societaria e, dunque, la controversia sulla loro esistenza è da considerare relativa a negozi aventi ad oggetto partecipazioni sociali. Nel contempo concerne diritti “inerenti” tali partecipazioni.

Per quanto attiene alla pretesa creditoria oggetto della pretesa monitoria, che è quella su cui si è incentrato il contrasto fra le parti, è indiscutibile che essa trova la sua fonte nell’atto notarile di conferimento di ramo d’azienda del 30 maggio 1997, nell’ambito del quale verme conferita dalla NC alla IMS l’unità produttiva costituita da un proprio stabilimento, ivi compresi i crediti, che, rimasti insoluti, in forza della garanzia prevista nel negozio di cessione compreso nel conferimento, la IMS ha azionato monitoriamente.

Anche il controcredito oggetto di domanda della resistente ha origine da un negozio di relativo alla partecipazione sociale, cioè la modifica disposta dall’assemblea della IMS di riduzione del capitale sociale.

La domanda di garanzia, a sua volta, origina dalla cessione della partecipazione sociale della resistente alla terza chiamata.

Le pretese in discorso e, per quanto interessa la pretesa creditoria oggetto del ricorso monitorio, originano, dunque, tutti certamente da negozi aventi ad oggetto partecipazioni sociali e, quindi, integrano controversie “relative” a detti negozi.

Le relative pretese possono essere considerate anche, se si vuole, come “diritti inerenti” detti negozi.

Tanto in base alle motivazioni enunciate da Cass. n. 21910 del 2014, nell’esegesi della citata lett. b).

Detta decisione ebbe ad affermare che: “nella lett. b) (…) sono individuate come oggetto dell’attribuzione di competenza le controversie concernenti il trasferimento delle partecipazioni sociali e quelle concernenti ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali. Quindi con la disgiuntiva “o” si fa riferimento ai “diritti inerenti”. La previsione delle prime due tipologie di controversie è fatta anch’essa con l’uso della disgiuntiva “o”. Ne segue che l’ulteriore disgiuntiva “o” che precede il riferimento alle controversie relative ai diritti inerenti si presta ad essere intesa non già nel senso che il legislatore abbia voluto riferirsi ai diritti inerenti le sole partecipazioni sociali (cioè i diritti del socio discendenti dalla partecipazione sociale), bensì nel senso che tali diritti siano quelli nascenti dalle due ipotesi contemplate prima, cioè dal trasferimento delle partecipazioni sociali, id est dai relativi negozi di trasferimento, e da ogni altro negozio avente ad oggetto comunque le partecipazioni sociali.”.

Con riferimento al caso in esame, è palese che la pretesa creditoria della IMS, essendo giustificata nella sua prospettazione dalla previsione contenuta nell’atto di conferimento, in ordine alla garanzia assunta con la cessione dei crediti pro solvendo, è certamente pretesa che ha come fattispecie costitutiva quell’atto, che innegabilmente fu un negozio avente ad oggetto una partecipazione sociale. Pertanto, è pretesa oggetto di una causa che, secondo le espressioni certamente ampie del dettato normativo, si deve considerare “relativa” ad un negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali, in quanto si tratta di pretesa, che origina dal suo contenuto e concerne un diritto che tale contenuto ha come fattispecie costitutiva e, dunque, è per questo “relativo” al detto negozio.

Questa conclusione giustificherebbe la competenza del giudice specializzato anche se, come osservò Cass. n. 21910 del 2014 (a proposito di un caso in cui il diritto di credito oggetto del negozio concernente la partecipazione sociale era stata oggetto di cessione e la controversia era insorta fra ceduto e cessionario), l’espressione “i diritti inerenti”, contenuta nell’art. 3, comma 2, lett. b), “si considerasse, per assurdo, relativa ai diritti del socio connessi alla partecipazione sociale. Interpretazione non condivisibile perchè, in disparte le ragioni innanzi indicate sul piano letterale, è contraria all’esegesi complessiva del suddetto art. 3, in quanto omette di tener conto che risulterebbe in manifesta contraddizione con il fatto che le controversie inerenti i diritti di c.d. partecipazione del socio sono comunque già previste dalla lettera a), che parla di cause e procedimenti relativi a “rapporti societari” e si presta a comprendere anche il rapporto fra socio e società riguardo ai diritti nascenti dalla partecipazione sociale.”.

Peraltro, la stessa espressione cause relative “a ogni altro negozio avente ad oggetto comunque le partecipazioni sociali” risulta talmente generica da non poter essere intesa come limitata alle controversie sulla validità e efficacia del negozio, come vorrebbe la tesi limitativa. L’uso dell’espressione “relativi” quanto alle cause ed ai procedimenti è talmente lata, che implica solo che la controversia abbia un collegamento con il negozio.

In mancanza della previsione disgiunta della competenza sulle cause e sui procedimenti relativi ai “diritti inerenti”, la controversia sulla pretesa creditoria nascente dal detto negozio si configurerebbe appartenente alla competenza per materia perchè indubbiamente “relativa” ad esso, cioè originante dal suo funzionamento come rapporto negoziale.

Sicchè, può dirsi che detta appartenenza trova perfino ed in definitiva solo una conferma nella previsione concernente i “diritti inerenti”, una volta considerata l’esegesi data da Cass. n. 21910 del 2014.

p.6. Dev’essere, dunque, dichiarata la competenza del Tribunale di Brescia, Sezione Specializzata in materia di Imprese, sulla base del seguente principio di diritto: “Sussiste la competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa, con riferimento alla domanda, con cui il soggetto societario che, per effetto di un negozio di acquisizione di una partecipazione sociale, conseguente a deliberazione di aumento del suo capitale sociale, abbia ricevuto dal soggetto acquirente, come conferimento per l’acquisizione, la cessione di crediti pro solvendo, a seguito dell’inadempimento dei debitori ceduti, azioni detti crediti contro il cedente, in forza della garanzia prevista nel detto negozio, atteso che la controversia rientra fra quelle individuate dall’art. 3, comma 2, lett. b), come controversie “relative” a “ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali” e, nel contempo concerne, “diritti inerenti””.

La causa sarà riassunta davanti al giudice indicato come competente nel termine di cui all’art. 50 c.p.c., decorrente dalla comunicazione del deposito della presente ordinanza.

p.7. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte dichiara la competenza del Tribunale di Brescia, Sezione Specializzata in materia di Imprese. Fissa per la riassunzione il termine di cui all’art. 50 c.p.c. con decorso dalla comunicazione del deposito della presente.

Condanna la ricorrente alla rifusione alla resistente delle spese del giudizio di regolamento di competenza, liquidate in Euro quattromiladuecento, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori come per legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 13 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2017

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