Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4522 del 08/03/2016


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 4522 Anno 2016
Presidente: NAPPI ANIELLO
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 20548-2012 proposto da:
F.G.H. S.P.A., in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
AREZZO 38, presso l’avvocato MAURIZIO MESSINA, che la

Data pubblicazione: 08/03/2016

rappresenta e difende unitamente all’avvocato TULLIO
CASTELLI, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente-

2016

contro

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S.A. EREDI GNUTTI METALLI S.P.A.;

intimata

Nonché da:

1

S.A. EREDI GNUTTI METALLI S.P.A. (C.F. 00293910170),
in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, Via PACUVIO 34,
presso l’avvocato GUIDO ROMANELLI, che la rappresenta
e difende unitamente all’avvocato CESARE CARMIGNANI,

incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

F.G.H. S.P.A., in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
AREZZO 38, presso l’avvocato MAURIZIO MESSINA, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato TULLIO
CASTELLI, giusta procura in calce al ricorso
principale;

controrícorrente al ricorso incidentale

avverso la sentenza n. 667/2012 della CORTE D’APPELLO
di BRESCIA, depositata il 25/05/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

giusta procura in calce al controricorso e ricorso

udienza del 27/01/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO
VALITUTTI;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato CASTELLI T. che
si riporta e chiede l’accoglimento del proprio
ricorso;
uditi,

per

la

controricorrente

e

ricorrente

incidentale, gli Avvocati ROMANELLI CHIARA, con

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delega, e CARMIGNANI C. che si riportano;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso

per il rigetto dei ricorsi.

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RITENUTO IN FATTO.
1. Con atto di citazione notificato il 13 febbraio 2006, la società
F.G.H. s.p.a. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Brescia, la
società S.A. Eredi Gnutti Metalli s.p.a., chiedendo annullarsi – per
violazione degli artt. 2377 e 2423 cod. civ. e 32 dello statuto sociale
– la delibera in data 21 novembre 2005, e per l’effetto dichiararsi il

luglio 1979, al 31 luglio 1980, ed al 31 luglio 1981, così come rettificati – in conseguenza della pronuncia n. 23976/2004, emessa da
questa Corte – ed approvati nella delibera suindicata, oltre agli accessori di legge. In via subordinata la F.G.H. s.p.a. chiedeva annullarsi la delibera del 25 novembre 2005, nella quale era stato approvato il bilancio al 31 luglio 2005, in quanto il documento contabile in
questione non rispondeva – a suo dire – ai principi di chiarezza e
precisione, non prevedendo conseguenza alcuna per effetto della
rettifica dei bilanci precedenti, operata nella delibera del 21 novembre 2005. Con sentenza n. 1986/2007, depositata il 12 giugno
2007, il Tribunale adito rigettava la domanda attorea, disattendendo, peraltro, anche la domanda di risarcimento dei danni ex art. 96
cod. proc. civ., proposta dalla convenuta.
2. Avverso tale decisione proponeva appello la F.G.H. s.p.a., che
veniva rigettato dalla Corte di Appello di Brescia con sentenza n.
667/2012, depositata il 25 maggio 2012, e notificata il 14 giugno
2012. Con tale pronuncia il giudice di seconde cure riteneva
l’appellante carente dell’interesse ad agire ex art. 100 cod. proc.
civ., in relazione all’impugnativa della delibera del 21 novembre
2005, e reputava insussistente la dedotta violazione del diritto della
medesima a percepire gli utili in essa approvati e la denunciata violazione dei principi di chiarezza e veridicità del bilancio oggetto di
detta delibera. La decisione di appello escludeva, altresì, che la successiva deliberazione assembleare del 25 novembre 2005 fosse in
contrasto con il principio di continuità dei bilanci ed affetta dal vizio
di eccesso di potere, dedotto dall’appellante.

diritto dell’attrice alla riscossione degli utili risultanti dai bilanci al 31

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3. Per la cassazione della sentenza n. 667/2012 ha, quindi, proposto ricorso la F.G.H. s.p.a. nei confronti della S.A. Eredi Gnutti Metalli s.p.a., sulla base di due motivi, illustrati anche con memoria ex
art. 378 cod. proc. civ,
4. La resistente ha replicato con controricorso, contenente, altresì,
ricorso incidentale affidato a due motivi, illustrati anche con memo-

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo di ricorso, la F.G.H. s.p.a. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1421, 2377, 2379 e 2423 cod.
civ. e 100 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3
cod. proc. civ.
1.1. Con la censura in esame, avente ad oggetto la delibera del 21
novembre 2005, la F.G.H. s.p.a. si duole del fatto che il giudice di
secondo grado – dopo avere riconosciuto che l’appellante aveva
piena legittimazione attiva ad impugnare la suddetta delibera – abbia, poi, erroneamente negato la sussistenza, in capo alla medesima, dell’interesse ad agire in giudizio, ex art. 100 cod. proc. civ., sia
sotto il profilo della violazione del diritto alla ripartizione degli utili,
essendo i bilanci approvati in rettifica nella delibera impugnata precedenti l’ingresso della appellante F.G.H. s.p.a. nella società S.A.
Erede Gnutti Metalli s.p.a., avvenuto solo il 15 gennaio 1985, sia
sotto quello della denunciata mancanza di chiarezza e di veridicità
del bilancio. Ritiene, per contro, la ricorrente che non avendo la
suindicata delibera disposto alcunchè in ordine agli utili risultanti dai
bilanci 1979, 1980 e 1981, come rettificati in quella sede, sussisterebbe il diritto della F.G.H. s.p.a. a percepire i dividendi indicati in
detti bilanci, poiché approvati in un’assemblea successiva al suo ingresso nella società deliberante. Ne conseguirebbe che l’odierna
ricorrente – contrariamente all’assunto della Corte di Appello – sarebbe legittimata, ed avrebbe, di conseguenza, interesse, ad impugnare la delibera in parola.

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ria.

1.2. Sotto il profilo della chiarezza e veridicità dei bilanci approvati il
21 novembre 2005, sussisterebbe, del pari, l’interesse dell’odierna
ricorrente ad impugnare il deliberato in questione, adottato dopo
l’acquisto della qualità di socio in capo alla medesima, essendo stati
palesemente violati da detta delibera i principi suindicati, posti a
tutela del diritto del socio di minoranza alla corretta formazione del

1.3. Il motivo è infondato, anche se la motivazione dell’impugnata
sentenza sul punto va corretta, ai sensi dell’art. 384, ultimo comma,
cod. proc. civ.
1.3.1. Per quanto concerne il diritto a percepire gli utili, deve, invero, rilevarsi che l’impugnata sentenza, al di là dell’improprio riferimento al difetto di interesse del socio F.G.H. s.p.a. ad impugnare la
delibera del 21 novembre 2005, ha inteso, nella sostanza, escludere
il diritto del menzionato socio a percepire gli utili risultanti dai bilanci
al 31 luglio 1979, al 31 luglio 1980, ed al 31 luglio 1981, così come
rettificati – in conseguenza della pronuncia n. 23976/2004, emessa
da questa Corte – ed approvati nella delibera suindicata. Tanto si
evince con evidenza dal fatto che la decisione di appello ha inequivocabilmente ritenuto ammissibile tale impugnativa, essendo senza
dubbio la socia in questione legittimata – e, di conseguenza, interessata – a far valere l’invalidità di una delibera societaria adottata
quando la F.G.H. s.p.a. era già socia della S.A. Eredi Gnutti Metalli
s.p.a. E tuttavia, la medesima decisione ha ritenuto di negare, nel
merito, il diritto dell’odierna ricorrente alla percezione di utili.
E tale conclusione non può che essere condivisa.
1.3.1.1. Va osservato, infatti, che in tema di società per azioni, il
diritto individuale del singolo azionista a conseguire l’utile di bilancio
sorge soltanto se e nella misura in cui la maggioranza assembleare
ne disponga l’erogazione ai soci, mentre, prima di tale momento, vi
è una semplice aspettativa, potendo l’assemblea sociale impiegare
diversamente gli utili o anche rinviarne la distribuzione all’interesse
della società. Ai sensi dell’art. 2433, comma 1, cod. civ., non è, per-

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bilancio societario.

tanto, configurabile un diritto del socio agli utili senza una preventiva deliberazione assembleare in tal senso, rientrando nei poteri
dell’assemblea – in sede approvativa del bilancio – la facoltà di disporne l’accantonamento o il reimpiego nell’interesse della stessa
società (cfr. Cass. 2959/1993; 1395/1973).
1.3.1.2. Ebbene, nel caso di specie, l’assemblea del 21 novembre

14-16 del ricorso) – “il riporto a nuovo del residuo utili” per gli anni
1979, 1980 e 1981, in tal modo decidendo di non distribuire affatto i
relativi dividendi ai soci, come consentito dalla disposizione normativa succitata. D’altro canto, lo stesso art. 32 dello statuto sociale nel testo all’epoca vigente, trascritto nel ricorso per cassazione della
F.G.H. s.p.a. (p. 5) – disponeva che gli utili netti, detratta la riserva
legale del 5% e la quota destinata al consiglio di amministrazione a
titolo di compenso per l’attività svolta, venissero attribuiti per “il
rimanente alle azioni, a meno che l’assemblea non ne disponga in
tutto o in parte diversamente”. Ne discende che deve reputarsi insussistente – sulla base del deliberato in esame – un diritto della
socia F.G.H. s.p.a. a percepire i dividendi in relazione ai bilanci rettificati al 1979, 1980 e 1981.
1.3.2. Analoghe considerazioni vanno fatte, peraltro, anche per
quanto concerne il secondo profilo, concernente il diritto del socio a
far valere la pretesa violazione dei principi di chiarezza e di veridicità del bilancio.
1.3.2.1. Secondo il costante insegnamento di questa Corte, infatti, il
bilancio d’esercizio di una società di capitali, che violi i precetti di
chiarezza e precisione dettati dall’articolo 2423, comma secondo
cod. civ. (anche nel testo anteriore alle modificazioni apportate dal
d.lgs. n. 127 del 9 aprile 1991), è illecito, ed è di conseguenza nulla
la deliberazione assembleare con cui esso sia stato approvato. Siffatta situazione può considerarsi ricorrente, sia quando la violazione
della normativa in materia determini una divaricazione tra il risultato
effettivo dell’esercizio (o il dato destinato alla rappresentazione

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2005 aveva deliberato – come riferito dalla stessa ricorrente (pp.

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complessiva del valore patrimoniale della società) e quello del quale
il bilancio dà invece contezza, sia in tutti i casi in cui dal bilancio
stesso e dai relativi allegati non sia possibile desumere l’intera
gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite per ciascuna delle singole poste iscritte. Il diritto del socio ad impugnare
per nullità la deliberazione di approvazione di un bilancio redatto in

frustrazione dell’aspettativa, dal medesimo socio vantata, alla percezione di un dividendo o, comunque, di un immediato vantaggio
patrimoniale che una diversa e più corretta formulazione del bilancio
possa eventualmente evidenziare, ma può nascere anche dal fatto
che la poca chiarezza o la scorrettezza del bilancio non permetta al
socio di avere tutte le informazioni – destinate a riflettersi anche sul
valore della singola quota di partecipazione – che il bilancio dovrebbe invece offrirgli, ed alle quali, attraverso la declaratoria di nullità e
la conseguente necessaria elaborazione di un nuovo bilancio, emendato dai vizi del precedente, egli legittimamente aspira. (Cass.S.U.
27/2000; Cass. 4784/2006; 4937/2001).
Da tali premesse di principio si è tratta, pertanto, la conclusione che
il socio ha diritto di agire per l’impugnativa della detta delibera solo
quando egli possa essere, in concreto, indotto in errore dall’inesatta
informazione fornita sulla consistenza patrimoniale e sull’efficienza
economica della società, ovvero quando, per l’alterazione od incompletezza dell’esposizione dei dati, derivi o possa derivare un pregiudizio economico circa il valore della sua partecipazione (Cass. n.
23976/2004).
1.3.2.2. Orbene, nel caso di specie, è pienamente condivisibile
l’assunto del giudice di appello, secondo il quale la delibera del 21
novembre 2005 è del tutto immune da censure in ordine ai suesposti principi di chiarezza e di veridicità del bilancio, sanciti dall’art.
2423, comma 2, cod. civ. L’assemblea in questione si è, invero, limitata a rettificare – in conformità alla decisione di questa Corte n.
23976/2004 – le poste dei bilanci al 1979, 1980 e 1981, ed è pie-

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violazione delle prescrizioni legali, non dipende, quindi, solo dalla

namente conforme, come accertato dalla sentenza impugnata, a
tutte le delibere di approvazione del bilancio precedenti, dichiarate
valide o da considerarsi tali per omessa impugnativa.
Ed infatti, le delibere di approvazione dei bilanci al 1982, 1983 e
1984 – immediatamente posteriori a quelli oggetto della rettifica
suindicata – erano da considerarsi del tutto legittime, per non esse-

altre due ritenute definitivamente tali alla data di adozione della delibera impugnata in questa sede (21 novembre 2005), dalla sentenza di questa Corte n. 23976/2004. Né avevano dato luogo a contestazioni di sorta, in sede giudiziale, le successive delibere di approvazione del bilancio fino al 2005.
Ne consegue che l’impugnata deliberazione del 21 novembre 2005,
in quanto conforme, per un verso, alle prescrizioni di cui alla menzionata decisione di questa Corte, per altro verso, alle delibere di
approvazione dei bilanci precedenti – da considerarsi valide, per le
ragioni suindicate – è da ritenersi immune dai vizi denunciati dalla
ricorrente.
1.4. La censura in esame non può, pertanto, che essere disattesa.
2. Con il secondo motivo di ricorso, la F.G.H. s.p.a. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2377, 2379 e 2423 cod. civ. e
342 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod.
proc. civ.
2.1. La ricorrente, in relazione alla delibera del 25 novembre 2005,
denuncia la violazione delle norme succitate per avere la Corte territoriale escluso la fondatezza dei tre motivi di illegittimità di detta
delibera dedotti in appello, e cioè: a) l’omissione, nel bilancio al 31
luglio 2005, di qualsiasi dato emergente dalla rettifica dei bilanci al
1979, 1980 e 1981; b) l’eccesso di potere per violazione dei diritti
della minoranza; c) la mancanza di chiarezza della voce “altri fondi”,
priva di precisazioni nella nota integrativa.
2.1.1. Con riferimento al primo motivo di illegittimità, la ricorrente
assume che, per il principio della continuità dei bilanci, i bilanci retti-

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re stata la prima di esse neppure impugnata, e per essere state le

ficati debbono avere necessariamente un effetto sul bilancio immediatamente successivo all delibera concernente la loro approvazione, e cioè – nella specie – quella del 25 novembre 2005, relativa al
bilancio al 31 luglio 2005. D’altra parte, siffatta esigenza di tenere
conto dei bilanci rettificati, troverebbe, altresì, un fondamento – al
contrario di quanto ritenuto dalla Corte di Appello – nel disposto

dell’esercizio nel corso dei quale viene dichiarata l’invalidità di un
precedente bilancio, si deve tenere conto delle ragioni di detta invalidità.
2.1.2. Senonchè, deve, per contro, rilevarsi che il principio di continuità dei valori di bilancio, per cui le rimanenze finali di un esercizio
costituiscono esistenze iniziali dell’esercizio successivo e le reciproche variazioni concorrono a formare il reddito d’esercizio (Cass.
11748/2008; 17298/2014), comporta che il bilancio di una società
per azioni deve partire dai dati di chiusura del bilancio dell’anno precedente, anche nel caso in cui l’esattezza e la legittimità di questi
ultimi siano state poste in discussione in sede contenziosa. Infatti,
solo il passaggio in giudicato della sentenza che definisce la controversia fa sorgere il dovere degli amministratori di apporre al bilancio
contestato le variazioni imposte dal comando giudiziale, e, quindi, di
modificare conseguenzialmente i dati di partenza del bilancio successivo (Cass. 2379/1977).
E tanto si è puntualmente verificato nel caso concreto, nel quale la
società ha proceduto alla rettifica dei dati relativi ai bilanci 1979,
1980, 1981, per effetto del giudicato – formatosi a seguito della
sentenza di questa Corte n. 23976/2004 – sulle appostazioni contabili oggetto di contestazione in sede giurisdizionale. In tal modo, i
dati relativi ai tre anni in discussione nel predetto giudizio (1979,
1980 e 1981) si sono andati a ricongiungere, epurati dai profili di
illegittimità riscontrati in sede giudiziale, con quelli iniziali relativi
all’anno (1982), non oggetto di contestazione in giudizio, cui hanno
fatto seguito i dati relativi agli anni 1983 e 1984, ritenuti pienamen-

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dell’art. 2434 bis cod. civ., laddove dispone che nel bilancio

te legittimi dalla succitata decisione di questa Corte, e poi tutte le
altre risultanze contabili successive, in relazione alle quali non è insorta controversia alcuna, e pertanto da reputarsi legittime, fino
all’anno 2005. Non si vede, pertanto, quali effetti sul bilancio al 31
luglio 2005 avrebbero dovuto ancora produrre i suindicati bilanci
rettificati, risalenti ad un quarto di secolo prima.

civ., va rilevato che la norma impone agli amministratori di redigere
nuovamente il bilancio dichiarato definitivamente irregolare in sede
giurisdizionale, ed i bilanci successivi sui quali l’irregolarità di quello
si sia, in qualche modo, ripercossa (Cass. 2379/1977). Per cui, essendo – nel caso concreto – tutti i bilanci successivi al 1981 e fino al
2005 da considerarsi, come dianzi detto, pienamente legittimi, o
perché non impugnati, o perché dichiarati tali in sede giurisdizionale, gli amministratori della S.A. Eredi Gnutti Metalli s.p.a. non avevano altro obbligo che quello di far riapprovare i bilanci al 1979,
1980 e 1981, dichiarati definitivamente invalidi con la menzionata
sentenza di questa Corte n. 23976/2004; cosa che i medesimi hanno puntualmente fatto.
2.2. Per quanto concerne, poi, il motivo relativo al denunciato eccesso di potere, va rilevato che il mezzo dedotto non è idoneo ad
elidere la ratio decidendi dell’impugnata sentenza. La Corte di Appello ha, difatti, osservato, sul punto, che la censura mossa
dall’appellante F.G.H. s.p.a. alla decisione di primo grado, relativa
all’eccesso di potere, è destituita di fondamento, essendo ancorata
ad argomentazioni tutte dirette a contestare la diversa e precedente
delibera del 21 novembre 2005, e che perciò “non possono efficacemente aggredire la deliberazione del 25 novembre 2005” (p. 16).
E comunque, a parere del giudice di seconde cure, la censura in parola è inammissibile, poiché fondata su considerazioni esposte
nell’atto introduttivo del primo grado del giudizio, laddove i motivi di
appello, per rispettare l’obbligo di specificità sancito dall’art. 342

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2.1.3. Quanto all’invocato disposto dell’art. 2434 bis, comma 3, cod.

cod. proc. civ., devono riferirsi alla decisione appellata, “e tali non
possono essere le osservazioni e le difese esposte prima di essa”.
2.2.1. Ebbene, la ricorrente si limita a riprodurre ancora una volta nel presente giudizio di legittimità – l’atto di citazione di primo grado”, dal quale si desume che effettivamente la censura, come esattamente rilevato dal giudice di appello, è interamente riferita alla

glianza che attenga specificamente al deliberato del 25 novembre
dello stesso anno. Né la ricorrente censura in alcun modo
l’affermazione della Corte di Appello circa il difetto di specificità del
motivo di gravame in esame.
2.2.2. Va, peraltro, soggiunto che l’assunto della Corte territoriale
circa il difetto di specificità del motivi di appello in questione si fonda
su un indirizzo consolidato di questa Corte – richiamato dalla sentenza impugnata e che si ritiene di confermare in questa sede – secondo cui l’onere di specificazione dei motivi di appello, imposto
dall’art. 342 cod. proc. civ., non è assolto con il semplice richiamo
“per relationem” alle difese svolte in primo grado, perché per dettato di legge i motivi di gravame devono essere contenuti nell’atto
d’impugnazione. La generica “relatio” a quanto prospettato negli atti
del giudizio di prime cure finisce, per contro, per eludere il menzionato precetto normativo, demandando inoltre al giudice “ad quem”
un’opera d’individuazione delle censure che la legge processuale
non gli affida (cfr., ex multis, Cass. 12140/2006; 21816/2006;
59/2009; 1248/2013).
2.3. Quanto al terzo motivo di illegittimità della delibera del 25 novembre 2005 dedotto in appello, concernente la mancanza di chiarezza della voce “altri fondi”, esposta in bilancio nella medesima
consistenza dell’esercizio precedente, va rilevato che l’impugnata
sentenza ha disatteso la censura sul presupposto che la F.G.H.
s.p.a. non avrebbe preso posizione in ordine alla motivazione addotta, al riguardo, dal consiglio di amministrazione – che aveva riferito,
sul punto, all’assemblea, in sede dell’approvazione del bilancio –

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delibera del 21 novembre 2005, e non contiene alcun motivo di do-

fondata “sulla invarianza della situazione a tale appostazione sottesa”. Ebbene, tale giudizio di fatto della Corte territoriale avrebbe
potuto essere contestato dalla ricorrente solo con il vizio di motivazione, e non – come ha fatto – deducendo del tutto genericamente
una violazione di legge, neppure specificata ed individuata nel ricorso. Per cui, sotto tale ultimo profilo, la censura si palesa inammissi-

2.4. Per tutte le ragioni esposte il mezzo va, pertanto, rigettato.
3. Passando, quindi, all’esame del ricorso incidentale, va rilevato
che, con il primo motivo di ricorso, la S.A. Eredi Gnutti Metalli s.p.a.
denuncia la violazione degli artt. 163, comma 3, n. 3 e 164 cod.
proc. civ., nonché la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 cod. proc. civ.
3.1. La istante lamenta che la Corte territoriale abbia “omesso di
conoscere e di pronunziare in merito” all’eccezione di nullità dell’atto
di citazione di prime cure della F.G.H. s.p.a., per mancata determinazione della cosa oggetto della domanda, avendo la società attrice
proposto due domande – ad avviso della ricorrente – in stridente
contrasto tra loro: l’annullamento della delibera al 21 novembre
2005, che approvava la rettifica dei bilanci 1979, 1980, e 1981; la
declaratoria del diritto della F.G.H. s.p.a. di percepire gli utili risultanti da detti bilanci.
3.2. In ogni caso – quand’anche volesse ritenersi che una pronuncia
implicita su tale eccezione di nullità dell’atto di citazione vi sia stata,
per avere la Corte di Appello deciso le domande suindicate nel merito – l’eccezione in parola, riproposta nel ricorso incidentale della
Eredi Gnutti Metalli s.p.a., sarebbe stata da considerarsi fondata ed
avrebbe, pertanto, dovuto essere accolta dal giudice di seconde cure.
3.3. Il motivo è in parte inammissibile, in parte infondato.
3.3.1. Per quanto concerne, infatti, l’omessa pronuncia sull’ eccezione di nullità dell’atto di citazione di prime cure della F.G.H. s.p.a.,
va osservato che il mancato esame da parte del giudice di una que-

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bile.

stione puramente processuale non è suscettibile di dar luogo a vizio
di omissione di pronuncia, il quale si configura esclusivamente nel
caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito, potendo
profilarsi, invece, al riguardo, un vizio della decisione per violazione
di norme diverse dall’art. 112 cod. proc. civ. se , ed in quanto, si riveli erronea e censurabile, oltre che utilmente censurata, la soluzio-

ta dalla parte (cfr. Cass. 22952/2015; 22860/2004; 24808/2005;
4191/2006).
3.3.2. Sotto tale ultimo profilo, relativo alla decisione implicita
sull’eccezione di nullità dell’atto introduttivo del giudizio di prime
cure, la censura in esame si palesa, peraltro, del tutto infondata.
Non può revocarsi in dubbio, infatti, che nello stesso giudizio possano essere proposte, in forma alternativa o subordinata, due diverse
richieste tra loro incompatibili, senza che con ciò venga meno l’onere della domanda ed il dovere di chiarezza che l’attore è tenuto ad
osservare nelle proprie allegazioni, ai sensi degli artt. 163 e 164
cod. proc. civ. Ne discende che non incorre nel vizio di ultrapetizione, né nella violazione delle norme succitate il giudice che – come è
avvenuto nel caso di specie – si pronunci su una delle domande come sopra proposte, o gradatamente su entrambe, in quanto il rapporto di alternatività e/o di subordinazione tra le stesse esistente
non esclude che ciascuna di esse rientri nel “petitum” (Cass.
16876/2010; 4921/1980; 1835/1978).
3.4. Il motivo va, pertanto, disatteso.
4. Con il secondo motivo di ricorso incidentale, la S.A. Eredi Gnutti
Metalli s.p.a. denuncia l’omessa pronuncia, da parte della Corte di
Appello, sull’appello incidentale con il quale la appellata aveva censurato la decisione di prime cure, nella parte in cui aveva rigettato
la domanda proposta dall’odierna resistente ai sensi dell’art. 96 cod.
proc. civ., con la seguente motivazione: “in quanto nessuna prova è
stata fornita sulla sussistenza degli asseriti danni”.

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ne implicitamente data da detto giudice alla problematica prospetta-

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4.1. Orbene, va rilevato che effettivamente il giudice di secondo
grado ha omesso del tutto di pronunciarsi su tale domanda, e tuttavia – secondo il consolidato orientamento di questa Corte – alla luce
dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del
processo come costituzionalizzato nell’art. 111, comma secondo,
Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale

l’omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di cassazione
può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e
decidere la causa nel merito, allorquando la questione di diritto posta con il suddetto motivo risulti infondata e non siano necessari
ulteriori accertamenti di fatto (cfr., ex plurimis, Cass. 2313/2010;
21257/2014; 21272/2015; 21968/2015).
4.2. Nel caso concreto, la questione di diritto introdotta con il motivo di ricorso in esame è del tutto infondata. Ed invero, la domanda
di risarcimento dei danni ex art.96 cod. proc. civ. non può trovare
accoglimento tutte le volte in cui la parte istante non abbia assolto
all’onere di allegare, quanto meno, gli elementi di fatto necessari
alla liquidazione, pur equitativa, del danno lamentato (cfr. Cass.S.U.
7583/2004; S.U. 1140/2007; Cass. 21798/2015). In tema di responsabilità aggravata per lite temeraria, che ha natura extracontrattuale, la domanda di cui all’art. 96, primo comma, cod. proc. civ.
richiede, infatti, pur sempre la prova, incombente sulla parte istante, sia dell'”an” e sia del “quantum debeatur”, o comunque postula
che, pur essendo la liquidazione effettuabile di ufficio, tali elementi
siano in concreto desumibili dagli atti di causa (Cass. 9080/2013).
Nella specie, nessuna deduzione circa l’avvenuta allegazione, nel
giudizio di merito, di dati fattuali idonei ad evidenziare la sussistenza e l’entità di un concreto pregiudizio è, per converso, desumibile
dalla censura in esame. La domanda in questione va, pertanto, rigettata.
4.3. L’accoglimento del secondo motivo di ricorso incidentale comporta, pertanto, la cassazione della sentenza di appello in parte qua.

12

art. 384 cod. proc. civ. ispirata a tali principi, una volta verificata

- 13 –

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la Corte,
nell’esercizio del potere di decisione nel merito di cui all’art. 384, co.
2, c.p.c., rigetta la domanda ex art. 96 cod. proc. civ. proposta dalla
S.A. Eredi Gnutti Metalli s.p.a.
5. Le spese del presente grado del giudizio e di quelli di merito vanno poste a carico della ricorrente principale F.G.H. s.p.a., nella mi-

della parziale soccombenza anche della ricorrente incidentale S.A.
Eredi Gnutti Metalli s.p.a.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;
rigetta il ricorso principale; accoglie il secondo motivo del ricorso
incidentale, rigettato il primo; cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta la domanda
ex art. 96 cod. proc. civ. proposta dalla S.A. Eredi Gnutti Metalli
s.p.a.; condanna la ricorrente principale F.G.H. s.p.a. al rimborso
delle spese del presente giudizio, che liquida, per l’intero, in C
12.000,00, oltre ad C 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge; condanna la F.G.H. s.p.a. alle spese di merito, che
liquida, per il primo grado, in C 20.000,00 per l’intero, e per il secondo grado in C 21.000,00 per l’intero, oltre spese generali ed accessori di legge; dichiara le spese processuali, come sopra liquidate,
compensate per un terzo.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 27.1.2016.

sura di cui in dispositivo, con compensazione di un terzo in ragione

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