Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4520 del 19/02/2021

Cassazione civile sez. II, 19/02/2021, (ud. 25/11/2020, dep. 19/02/2021), n.4520

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sul ricorso 23565-2016 proposto da:

EUROTEK SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUIGI CALAMATTA

16, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO BERTUCCI,

rappresentato e difeso dall’avvocato WALTER LIVIO VERRENGIA;

– ricorrente –

contro

M.A., P.M., PO.MA., EPM DI PO.MA. & C

SNC, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SISTINA 48, presso lo

studio dell’avvocato MARCO ORLANDO, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 3740/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 10/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/11/2020 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Busto Arsizio accoglieva la domanda di Eurotek srl e condannava i convenuti E.P.M. di Po.Ma. & c. snc e i soci Po.Ma., M.A. e P.M., al pagamento della somma di Euro 32.421,60 previa consegna da parte di Eurotek ovvero deposito della merce oggetto della compravendita e consistente in 158 alimentatori switching monofase 20 ampere.

In particolare, il tribunale riteneva provata la conclusione del contratto di vendita consegne ripartite avente ad oggetto la fornitura di alimentatori switching monofase nonostante il disconoscimento da parte della resistente, della conformità all’originale della copia della conferma dell’ordine del 23 settembre 2008. Il giudice di primo grado riteneva che anche in mancanza della suddetta prova risultasse comunque emerso dalle risultanze istruttorie che la convenuta avesse effettivamente ordinato verbalmente gli articoli in parola.

2. Avverso la suddetta sentenza E.P.M. di Po.Ma. & c. snc e i soci Po.Ma., M.A. e P.M. proponevano appello.

3. Si costituiva l’originaria attrice.

4. La Corte d’Appello di Milano accoglieva l’impugnazione e in riforma della sentenza appellata rigettava la domanda proposta da Eurotek nei confronti della predetta E.P.M. di Po.Ma. & c..

In particolare, la Corte d’Appello riteneva fondato il motivo con cui si era dedotto che il primo giudice non si era avveduto della mutatio libelli operata nel corso del giudizio dall’attrice, la quale nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado aveva prospettato la conclusione del contratto sulla scorta di un ordine verbale di fornitura inoltrato da E.P.M. di Po.Ma. & c. Tramite l’agente C.F. e confermato da Eurotek. Successivamente a seguito del disconoscimento del suddetto documento, sia nella sua conformità all’originale che nella sottoscrizione, l’attrice aveva dichiarato di non volersi avvalere dello stesso e nella memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, n. 1, aveva dedotto che la transazione si era perfezionata ex art. 1326 c.c. con la conoscenza da parte di EPM dell’accettazione dell’ordine del 23 settembre 2008.

La Corte d’Appello rilevava che la prospettazione dell’attrice era mutata del tutto, in quanto in un primo momento aveva sostenuto la sussistenza di un contratto perfezionato mediante l’apposizione della firma e del timbro per accettazione sulla conferma dell’ordine e poi aveva sostenuto che la ricezione della conferma dell’ordine avesse perfezionato il contratto. Peraltro, il fatto che la società convenuta fosse in possesso della conferma dell’ordine non dimostrava, in assenza di altri elementi, che la stessa avesse emesso l’ordine. In tal senso la Corte d’Appello citava anche alcune prove testimoniali dalle quali emergevano indizi contrastanti circa la sussistenza dell’ordine da parte di E.P.M. Sulla base di tali elementi rigettava la domanda attorea.

5. Eurotek ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi di ricorso.

6. E.P.M. di Po.Ma. & c. snc e i soci Po.Ma., M.A. e P.M. hanno resistito con controricorso e hanno proposto ricorso incidentale fondato su un motivo.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione mancata applicazione degli artt. 214,215,216 c.p.c.

A parere del ricorrente la Corte d’Appello si sarebbe riferita a un documento errato in quanto la conferma dell’ordine era stata disconosciuta dalla controparte solo con riferimento al timbro e alla firma ma non al contenuto. Tale circostanza processuale non sarebbe stata presa in considerazione dalla Corte d’Appello, mentre la prova dell’accettazione corrispondente al contenuto del documento poteva essere fornita con tutti i mezzi.

In sostanza la parte interessata ad avvalersi di una scrittura prodotta in copia fotostatica, la cui sottoscrizione sia stata disconosciuta dalla controparte, è tenuta a produrre l’originale e a chiedere la verificazione se l’altra parte ha insistito nel disconoscimento altrimenti del contenuto del documento potrà fornire anche altre prove comprese quelle testimoniali. Dunque, la Corte d’Appello non avrebbe fatto corretta applicazione dell’art. 214 c.p.c. e avrebbe disapplicato del tutto l’art. 215 c.p.c., n. 2, in quanto il documento non è mai stato disconosciuto quanto al contenuto ma solo rispetto alla firma e al timbro.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: omesso esame di fatti decisivi del giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti.

Il giudice dell’appello avrebbe omesso di considerare i fatti e le circostanze decisive comprovate dalla documentazione allegata dalle stesse parti sempre relativa alla conferma dell’ordine del 23 settembre 2008 oltre ai documenti di trasporto e fatture attinenti alle diverse consegne tutte riconducibili a quell’unico ordine verbale. Ciò corrispondeva alla prassi commerciale tra le due società e dunque si trattava di un ordine verbale aperto della cui esistenza si rinviene prova documentale anche nei documenti di trasporto e nelle fatture. Tutti questi fatti sarebbero stati ignorati dalla Corte d’Appello e costituirebbero prova dell’avvenuta accettazione della conferma d’ordine che peraltro non costituirebbe una mutatio libelli. La Corte d’Appello non avrebbe effettuato alcuna considerazione di fatti storici indicati idonei a determinare un diverso esito del giudizio in quanto senz’altro idoneo a provare perfezionamento della transazione commerciale.

3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e mancata applicazione dell’art. 2729 c.c. concernente l’utilizzo delle presunzioni da parte del giudice nella parte della sentenza in cui la Corte ha ritento che alla stregua delle disposizioni testimoniali emergono indizi contrastano l’ipotesi del conferimento dell’ordine.

Il ricorrente cita le deposizioni rese nel corso del giudizio di primo grado da Ca.Na., Mo.An. e C.F., e ritiene che mancassero i presupposti per fare ricorso a presunzioni non sussistevano, infatti, sufficienti indizi che contrastassero l’ipotesi del conferimento dell’ordine. Dunque, la Corte avrebbe violato l’art. 2729 c.c.

3.1 I tre motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono infondati.

Le censure involgono tutte la questione centrale del perfezionamento del contratto mediante la comunicazione da parte della ricorrente dell’accettazione della richiesta di fornitura di 158 alimentatori switching monofase 20 ampere asseritamente effettuata da parte della originaria convenuta E.P.M. di Po.Ma. & c.

La Corte d’Appello,(ha evidenziato che in un primo momento Eurotek, originaria attrice e oggi ricorrente, aveva dedotto circostanze del tutto diverse, ovvero che era stata la controparte ad accettare l’offerta di fornitura proveniente da Eurotek medesima, allegando alla citazione l’accettazione della proposta con timbro e firma di E.P.M. di Po.Ma. & C.. Successivamente, a seguito del disconoscimento del timbro e della firma con richiesta di esibizione dell’originale, Eurotek aveva dedotto di aver comunicato alla controparte l’accettazione della proposta verbale avente ad oggetto la medesima fornitura.

Sul punto deve confermarsi la decisione impugnata secondo cui la società attrice ha posto in essere una inammissibile mutatio libelli. In proposito è sufficiente richiamare la consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale: Esorbita dai limiti di una consentita emendatio libelli il mutamento della causa petendi che consista in una vera e propria modifica dei fatti costitutivi del diritto fatto valere in giudizio, tale da introdurre nel processo un tema di indagine e di decisione nuovo perchè fondato su presupposti diversi da quelli prospettati nell’atto introduttivo del giudizio, così da porre in essere una pretesa diversa da quella precedente (Sez. 2, Sent. n. 32146 del 2018).

La Corte d’Appello, inoltre, in accoglimento del secondo motivo di appello, ha ritenuto in ogni caso non provato il perfezionamento del suddetto contratto mediante la proposta verbale effettuata dalla controricorrente e la comunicazione dell’accettazione della ricorrente.

Secondo il giudice del gravame la conferma dell’accettazione dell’ordine proveniva unilateralmente dalla ricorrente e in assenza di altri elementi non poteva costituire prova sufficiente. Peraltro, le dichiarazioni testimoniali assunte nel corso del giudizio di primo grado erano contraddittorie e non erano idonee a suffragare l’effettiva richiesta di E.P.M. della suddetta fornitura.

Ciò precisato, rileva questa Corte che l’onere della prova rispetto alla sussistenza del titolo negoziale spetta al creditore e, dunque, Eurotek avrebbe dovuto fornire tale prova. Pertanto, la Corte d’Appello ha preso in esame il documento del 23 settembre 2008 ed ha ritenuto che, essendo privo di timbro e di firma per accettazione, e in assenza di elementi che consentissero di riferire il documento a E.P.M., lo stesso non poteva costituire prova dell’emissione dell’ordine emesso da E.P.M.

Non rileva pertanto” se il disconoscimento del documento prodotto dalla Eurotek attenga solo alla firma e al timbro e non al contenuto in quanto ciò che non risulta provato è che E.P.M. abbia effettuato la richiesta di fornitura. In altri termini, il suddetto documento non può essere prova della sussistenza della proposta contrattuale da parte di E.P.M. e, dunque, non può essere prova dell’avvenuta comunicazione dell’accettazione dell’altra parte.

Quanto alla censura di cui al secondo motivo deve evidenziarsi che la stessa, se pure posta sotto l’ombrello dell’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, tende invece ad ottenere una rivalutazione in fatto degli elementi istruttori che complessivamente considerati hanno portato il giudice del merito a ritenere non provato l’assunto dell’attrice circa la propria accettazione della richiesta della controparte. D’altra parte, gli elementi indicati nel ricorso non appaiono decisivi, e anche i documenti di trasporto e le fatture attestanti il buon fine di precedenti richieste di fornitura del medesimo prodotto provano soltanto l’esistenza di un rapporto consolidato tra le due società ma non la sussistenza dell’ordine di cui si discute.

Quanto alla violazione dell’art. 2729 c.c. deve evidenziarsi che la Corte d’Appello non ha fatto ricorso al metodo presuntivo per dedurre un fatto noto da uno ignoto anche perchè ciò sarebbe precluso dalle testimonianze assunte nel corso del giudizio. In proposito deve richiamarsi l’orientamento secondo cui: “non è consentito fare ricorso alle presunzioni semplici per desumere, ai sensi dell’art. 2729 c.c., dal fatto noto uno ignoto, quando quest’ultimo ha costituito oggetto di prova diretta, in quanto, da un lato, ciò esclude che il fatto possa considerarsi “ignoto” e, dall’altro, lo stesso contrasto fra le risultanze di una prova diretta (nella specie, una testimonianza oculare) e le presunzioni semplici priva queste dei caratteri di gravità e precisione, con la conseguenza che il giudice di merito, il quale intenda basare la ricostruzione del fatto su presunzioni semplici, ha prima l’obbligo di illustrare le ragioni per cui ritiene inattendibili le prove dirette che depongono in senso contrario, non potendosi limitare ad una generica valutazione di maggiore persuasività delle dette presunzioni” (Sez. 3, Ord. n. 8814 del 2020).

La Corte d’Appello, dunque, si è limitata a ritenere sul piano probatorio che la ricorrente non ha soddisfatto l’onere probatorio che l’art. 2697 c.c. pone a suo carico circa il perfezionamento del contratto, non risultando provata la richiesta della fornitura del prodotto da parte della E.P.M.

Nei contratti a forma libera, infatti, incombe su chi ne invoca l’esistenza, validità ed efficacia, l’onere di dimostrare l’avvenuto perfezionamento del negozio. Quindi era Eurotek che avrebbe potuto assolvere l’onere posto a suo carico, anche mediante presunzioni semplici qualora le stesse avessero avuto, i caratteri della gravità e precisione e concordanza ex art. 2729 c.c. (Sez. 1, Ordinanza n. 12971 del 2018). Dunque, nessuna violazione della norma citata può ascriversi alla sentenza impugnata.

4. L’unico motivo di ricorso incidentale è così rubricato condanna di Eurotek alla restituzione della somma pagata da E.P.M. in ottemperanza della sentenza di primo grado.

La censura ha ad oggetto l’omessa pronuncia da parte della Corte d’Appello sulla richiesta di restituzione di quanto pagato al fine di adempiere alla provvisoria esecutività della sentenza di primo grado. In particolare, E.P.M. senza alcuna acquiescenza ha accettato la merce consegnata da Eurotek e corrisposto alla medesima l’importo complessivo di Euro 45.646,94 a mezzo assegno bancario. La Corte d’Appello dopo aver accolto l’impugnazione, respingendo la domanda formulata da Eurotek, ha omesso di pronunciarsi sulla richiesta di condannarla alla restituzione delle somme pagate in ottemperanza della sentenza di primo grado.

Con il ricorso incidentale si eccepisce, dunque, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 la nullità della sentenza della Corte d’Appello di Milano per violazione dell’art. 112 c.p.c. nella parte in cui è stata omessa la pronuncia sulla domanda di condanna alla restituzione delle somme corrisposte in forza della sentenza di primo grado riformata in appello.

4.1 Il motivo proposto con il ricorso incidentale è fondato.

La Corte d’Appello di Milano ha omesso di pronunciarsi sulla richiesta formulata dalla parte appellante in conseguenza dell’accoglimento dei restanti motivi di appello.

Deve richiamarsi in proposito l’orientamento consolidato secondo cui: “Incorre nella violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato il giudice che, accogliendo l’appello avverso sentenza provvisoriamente esecutiva, ometta di ordinare la restituzione di quanto corrisposto in forza della decisione riformata, pur essendo stata ritualmente introdotta con l’atto di impugnazione la relativa domanda restitutoria, non potendosi utilizzare la riforma della pronuncia di primo grado, agli effetti di quanto previsto dall’art. 474 c.p.c., nonchè dall’art. 389 c.p.c. per le domande conseguenti alla cassazione, come condanna implicita” (ex plurimis Sez. 3, Sent. n. 8639 del 2016, Sez. 3, Sent. n. 2662 del 2013, Sez. 3, Sent. n. 10765 del 2008).

5. In conclusione la Corte rigetta il ricorso principale e accoglie il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione che provvederà anche in relazione alle spese del giudizio di legittimità.

6. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale, cassa e rinvia alla Corte d’Appello di Milano che deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 25 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2021

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