Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4519 del 26/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 4519 Anno 2014
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: LAMORGESE ANTONIO PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 2388-2007 proposto da:
TEMPERINI

FRANCESCO ,(C.F.

TMPFNC40E15E621F),

e

TEMPERINI MATTEO (C.F. TMPMTT76M03F952C), nella
qualità di eredi di MONTOBBIO MARIANGELA, SCARPA
PIERLUISA (c.f. SCRPLS53A47C509D). nella qualità di
titolare dell’impresa individuale E.T.D TERMODIESEL,
2013
2015

TEMPERINI MARCELLA (C.F. TMPMCL69B49F952M),
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA OTTAVILLA 14,
presso l’avvocato COLANGELO MAURIZIO, che li
rappresenta e difende, giusta procura speciale per

Data pubblicazione: 26/02/2014

Notaio dott. PAOLO SEDINO – Rep.n. 107758 del
27.11.2013;
– ricorrenti contro

BANCO POPOLARE DI VERONA E NOVARA S.C.R.L. (C.F.

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
BARBERINI 86, presso l’avvocato CARDIA MARCO, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato
BELCREDI REMIGIO, giusta procura in calce al
controricorso;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1483/2006 della CORTE
D’APPELLO di TORINO, depositata il 27/09/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/12/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO
PIETRO LAMORGESE;
udito,

per

i

ricorrenti,

l’Avvocato MAURIZIO

COLANGELO che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

03231270236), in persona del legale rappresentante

udito, per il controricorrente, l’Avvocato GIAN LUCA
MARUCCHI, con delega, che ha chiesto il rigetto del
ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PIERFELICE PRATIS che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

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Svolgimento del processo
La Banca Popolare di Novara (ora Banco Popolare di Verona e
Novara) ottenne un decreto che ingiungeva a Scarpa
Pierluisa, titolare della E.D.T. Termodiesel, e ai
fideiussori Temperini Marcello, Francesco e Matteo nonché a

Montobbio Mariangela il pagamento di £. 237.121.911, a
titolo di scoperto di conto corrente bancario con apertura
di credito e varie ricevute bancarie. Nel giudizio di
opposizione gli ingiunti dedussero quanto segue. Il
direttore della sede di Borgolavezzaro della predetta
banca, Manfredi Pier Carlo, nel corso del 1993 aveva
chiesto un prestito di £. 27.000.000 a Temperini Francesco
che glielo aveva concesso e, successivamente, affermando di
non potere onorare il debito in un’unica soluzione, gli
aveva promesso di “cambiargli” in contanti assegni con data
posticipata o privi di provvisti e poi aveva iniziato a
richiedere varie somme a titolo di competenze proprie; il
meccanismo escogitato prevedeva che, quando il Tempestini
(verosimilmente per conto della E.D.T.) faceva pervenire
alla banca un assegno privo di copertura, il Manfredi lo
copriva con denaro liquido prelevato da un conto corrente
di comodo, lo timbrava come “pagato” e si faceva rilasciare
un altro assegno bancario (maggiorato delle sue competenze)
che lo stesso Manfredi provvedeva a coprire con denaro
liquido a fronte del rilascio di un ulteriore assegno
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anch’esso maggiorato, e così via; essi erano quindi rimasti
prigionieri di un vorticoso giro di assegni finalizzato al
pagamento di interessi usurari. Ad avviso degli opponenti,
responsabile di tale vicenda per i danni arrecati da un
proprio dipendente era la banca, a norma dell’art. 2049
c.c., trattandosi di illeciti commessi nei locali della

stessa, alla presenza di suoi dipendenti e senza
l’attivazione dei necessari controlli, nonché a norma
dell’art. 1391 c.c. stante la mala fede della stessa banca,
con conseguente illiceità (artt. 1343 e 1345 c.c.) delle
anticipazioni erogate all’impresa E.D.T.
La Corte di appello di Torino, con sentenza 27 settembre
2006, ha confermato la sentenza del Tribunale di Novara che
aveva rigettato l’opposizione.
Per quanto ancora interessa in questa sede, la corte ha
giudicato inammissibili per genericità il (primo) motivo di
gravame riguardante la violazione degli artt. 1343 e 1345
c.c. e i profili del (secondo) motivo riguardanti la
violazione degli artt. 1391 e 2395 e 2396 c.c.; nel
giudicare infondato l’ulteriore profilo (del secondo
motivo) concernente la violazione dell’art. 2049 c.c., ha
escluso il nesso di occasionalità necessaria tra l’illecito
e le mansioni svolte dal Manfredi di direttore della sede
della banca, il cui comportamento rispondeva esclusivamente
a sue finalità personali ed estranee alla banca la quale

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non ne era partecipe né interessata; la corte ha poi
giudicato assorbito il (terzo) motivo concernente la
dedotta violazione dei principi della legge bancaria per
l’incontrollata emissione di numerosi libretti di assegni.
Avverso questa sentenza Scarpa Pierluisa, i Temperini e

Montobbio Mariangela ricorrono per cassazione a mezzo di
tre motivi cui resiste il Banco Popolare di Verona e
Novara. Le parti hanno presentato memorie a norma dell’art.
378 c.p.c.
Motivi della decisione
1.- I ricorrenti deducono nel primo motivo (per violazione
degli artt. 1343 e 1345 c.c.) che le operazioni illecite
commesse dal dipendente infedele della banca avevano
invalidato per illiceità della causa il credito della banca
verso la E.D.T.
1.1.- Il motivo è inammissibile.

Esso trascura di

considerare che l’analogo motivo riguardante la medesima
questione è stato giudicato inammissibile dalla corte di
appello perché privo di specificità ed è questa specifica
ratio

che avrebbe dovuto essere censurata in sede di

legittimità. Il motivo è, inoltre, a sua volta aspecifico,
perché non precisa quali siano in concreto i negozi viziati
né se la doglianza sia funzionale alla domanda risarcitoria
dei ricorrenti o alla contestazione del credito della
banca.

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2.- Nel secondo motivo (per falsa applicazione dell’art.
2049 c.c. e vizio di motivazione) è dedotta l’erronea
esclusione della responsabilità della banca a norma della
citata disposizione che postula l’esistenza di un rapporto
di occasionalità necessaria tra il fatto dannoso e le

mansioni del dipendente, nel senso che queste abbiano
determinato una situazione tale da rendere possibile e
agevolare l’evento dannoso, non rilevando la conoscenza
dell’illecito del proposto. La sentenza impugnata, ad
avviso dei ricorrenti, sarebbe errata, avendo illogicamente
affermato la estraneità della banca agli accertati illeciti
anche penali commessi dal Manfredi nello svolgimento delle
mansioni a lui affidate, senza neppure tenere conto che la
banca aveva concesso alla E.D.T. un’apertura di credito
“temeraria” alla luce del suo modesto volume di affari e,
dopo la revoca dell’affidamento, aveva autorizzato
l’emissione di altri assegni privi di provvista (fatti
pagare allo sportello) senza protestarli.
2.1.- Il motivo è fondato.
La

corte

territoriale,

nel

rigettare

la

domanda

risarcitoria dei ricorrenti, ha dichiarato di fare
applicazione del principio secondo cui, ai fini della
responsabilità indiretta del committente per il danno
arrecato dal fatto illecito del commesso, ai sensi
dell’art. 2049 c.c., è sufficiente che sussista un nesso di

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occasionalità necessaria tra il fatto dannoso e l’attività

:

lavorativa del dipendente, nel senso che le mansioni o le

i

incombenze affidate al secondo abbiano reso possibile, o
comunque agevolato, il comportamento produttivo del danno,
a nulla rilevando che tale comportamento si sia posto in

modo autonomo nell’ambito dell’incarico o abbia ecceduto
dai limiti di esso, anche con trasgressione agli ordini
ricevuti, sempre che il commesso abbia perseguito finalità
coerenti con quelle in vista delle quali le mansioni gli
furono affidate e non finalità proprie alle quali il
committente non sia neppure mediatamente interessato o
compartecipe

(ex plurimis

Cass. n. 12417/1998, n.

12939/2007).

Questo condivisibile principio di diritto, tuttavia, è
stato male applicato nella fattispecie dalla corte
territoriale, la quale ha escluso la responsabilità
indiretta della banca con l’argomento, invero apodittico,
che l’illecito costituiva espressione di “finalità
personali” del dipendente Manfredi Pier Carlo ed “estranee
al servizio istituzionale della banca, in alcun modo ad
esse partecipe o cointeressata, neppure in via mediata”.
Questa conclusione avrebbe dovuto essere collaudata alla
luce dell’ulteriore principio secondo cui l’accertamento
della cd. “occasionalità necessaria” tra il fatto dannoso
del dipendente e le sue mansioni, nell’ambito degli

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istituti bancari, “va svolto con particolare rigore, in
considerazione della peculiare natura dell’attività di

7

raccolta del risparmio e di esercizio del credito, dei
controlli e dei vincoli pubblicistici oltre che della
conseguente particolare intensità dell’affidamento del

cliente in ordine alla correttezza e lealtà dei
comportamenti dei preposti alle singole funzioni” (Cass. n.
6033/2008). La sentenza impugnata ha del tutto svalutato
importanti circostanze che la giurisprudenza di legittimità
ha invece valorizzato ai fini di una corretta applicazione
del parametro normativo costituito dall’artt. 2049 c.c., e
cioè non ha tenuto in debito conto che il comportamento del
Manfredi era stato tenuto nei locali della banca e
nell’orario di lavoro (Cass. n. 6756/2001), verosimilmente
e

con l’utilizzo della modulistica e con spendita del nome
della banca (Cass. n. 17393/2009), né ha tenuto conto della
carica rivestita dal Manfredi di direttore della sede della
banca, che era idonea a ingenerare fiducia nella
correttezza del suo comportamento.
L’incidentale riferimento contenuto in sentenza ad una
“collusione iniziale” tra il Manfredi e Tempestini
Francesco con riferimento al prestito concesso da
quest’ultimo, non solo non è idoneo a dimostrare che il
secondo fosse consapevole di effettuare le contestate
.

operazioni con il Manfredi in proprio e non quale direttore

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della banca, ma potrebbe rilevare, in astratto, solo come
fattore eventualmente riduttivo (ex art. 1227 c.c.)
dell’ammontare del danno risarcibile e nei confronti del
solo Tempestini F.

Inoltre, apodittica è l’affermazione di

“incoerenza” tra le finalità perseguite dal dipendente e
quelle inerenti alle mansioni affidategli, non avendo la

J

corte considerato che le operazioni compiute dal Manfredi
consistevano in una forma, seppur con modalità deviate, di
esercizio del credito parallela a quella bancaria tipica
(ex art. 10 del d. lgs. n. 385/1993) e nei confronti di un
soggetto che agiva per conto di una impresa (la E.D.T.) che
era debitrice della banca.
3.- Il

terzo motivo (per “omessa valutazione delle

e risultanze istruttorie” e falsa applicazione della legge
bancaria, a proposito degli obblighi e delle condizioni
previste dalla circolare della Banca d’Italia 9 ottobre
1998 per il rilascio degli assegni bancari) è
inammissibile, avendo ad oggetto una questione trattata
nell’analogo motivo di appello (il terzo) che la corte
territoriale ha giudicato assorbito. In sede di
legittimità, infatti, sono inammissibili (per difetto di
interesse) le censure che riguardino questioni sulle quali
il giudice di appello non si è pronunciato ritenendole
assorbite, atteso che le stesse, in caso di accoglimento

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del ricorso per cassazione, possono essere nuovamente
riproposte al giudice di rinvio (Cass. n. 8817/2012).
4.- In conclusione, in accoglimento del secondo motivo, la
sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte di
appello di Torino che, in diversa composizione, dovrà

corretto e secondo le indicazioni date (al p. 3), nonché
provvedere alla liquidazione delle spese del giudizio di
legittimità.
P.Q.M.
La Corte, dichiara inammissibili il primo e terzo motivo;
in accoglimento del secondo motivo, cassa la sentenza
impugnata con rinvio alla Corte di appello di Torino, in
diversa composizione, cui demanda la liquidazione delle
spese del giudizio di cassazione.
Roma, 17 dicembre 2013.

applicare il principio di diritto sopra espresso in modo

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