Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4518 del 11/02/2022

Cassazione civile sez. II, 11/02/2022, (ud. 20/10/2021, dep. 11/02/2022), n.4518

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 27551/2014 R.G. proposto da:

C.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA QUATTRO FONTANE

20, presso lo studio dagli Avvocati ANTONIO LIROSI, ANTONIO

AURICCHIO, e PAOLO IEMMA, che lo rappresentano e difendono per

procura speciale in calce del ricorso.

– ricorrente –

contro

CONSOB – COMMISSIONE NAZIONALE SOCIETA’ E BORSA – con domicilio

eletto presso la propria sede in ROMA, V. G.B. MARTINI n. 3,

rappresentata e difesa dagli avvocati MARIA LETIZIA ERMETES, PAOLO

PALMISANO, ANTONELLA VALENTE, e MICHELA DINI, giusta procura

speciale a margine del controricorso e procura speciale spillata

alla memoria 12.10.2021 di nomina di nuovi difensori.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Milano n. 1364/14

depositata il 3/4/2014.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 20/10/2021 dal

Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dtt.

MISTRI Corrado, che ha concluso “accoglimento del ricorso per quanto

di ragione con particolare riferimento al sesto motivo di

doglianza”;

uditi gli avvocati LIROSI, per il ricorrente, e VALENTE, DINI e

PALMISANO per la controricorrente.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con la Delib. 6 dicembre 2011, n. 18024, la CONSOB irrogò nei confronti del sig. C.P., ai sensi del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (T.U.F.), le seguenti sanzioni amministrative:

a) una sanzione pecuniaria di Euro 100.000 in relazione all’illecito di cui all’art. 187 bis (nel testo, cui da ora in poi si farà riferimento, anteriore alle modifiche recate dal D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 107), commi 4 e 6, del T.U.F., per avere egli effettuato, tra il (OMISSIS), l’acquisto di azioni della Sirti s.p.a. sulla base del possesso dell’informazione privilegiata relativa alla promozione di un’imminente offerta pubblica di acquisto (o.p.a.) obbligatoria su dette azioni, resa nota al pubblico il 27 luglio 2007;

b) una sanzione pecuniaria di Euro 100.000 in relazione all’illecito di cui all’art. 187 bis, commi 4 e 6, del T.U.F., per avere egli effettuato, tra il 12 ed il 13 febbraio del 2008, l’acquisto di azioni della Sirti s.p.a. sulla base del possesso dell’informazione privilegiata relativa alla promozione di un’offerta pubblica di acquisto (o.p.a.) volontaria su dette azioni, resa nota al pubblico il 14 Febbraio 2008;

c) una sanzione pecuniaria di Euro 50.000 ai sensi dell’art. 187 quinquiesdecies T.U.F., per avere egli rilasciato, nel corso dell’audizione del 17 Marzo 2010, dichiarazioni mendaci che avrebbero ritardato l’esercizio dell’attività di vigilanza della CONSOB;

Con la medesima Delib. la CONSOB irrogò altresì al sig. C. la sanzione accessoria della perdita temporanea dei requisiti di onorabilità prevista dall’art. 187 quater, comma 1, T.U.F., per la durata di 6 mesi, e, da ultimo, ai sensi dell’art. 187 sexies, comma 2, T.U.F., dispose la confisca per equivalente di beni del sig. C. fino a concorrenza del complessivo importo di Euro 2.865.771, pari alla somma del profitto tratto dagli illeciti contestati e dei mezzi impiegati per ottenerlo.

2. Con la successiva Delib. 2 maggio 2013, n. 18544, essendo frattanto emersa la disponibilità, in capo al sig. C., di beni ulteriori rispetto a quelli già confiscati in esecuzione della Delib. n. 18024 del 2011 – la CONSOB dispose la confisca di tali ulteriori beni, per Euro 1.979.105,06, onde raggiungere la concorrenza con il suddetto importo di Euro 2.865.771, equivalente alla somma del profitto tratto dagli illeciti contestati e dei mezzi impiegati per ottenerlo.

3. La Corte d’appello di Milano, con la sentenza n. 1364/2014, ha rigettato l’opposizione proposta dal sig. C. avverso la suddetta Delib. n. 18544 del 2013.

4. Il sig. C. ha chiesto la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Milano n. 1364/2014 sulla scorta di sei motivi di ricorso, di cui i primi cinque concernenti la legittimità del regolamento sanzionatorio della CONSOB e la regolarità del procedimento conclusosi con l’adozione della Delib. impugnata ed il sesto concernente la confisca per equivalente applicata al sig. C. ai sensi dell’art. 187 sexies T.U.F..

5. La CONSOB ha resistito alla impugnazione depositando controricorso.

6. La causa, iscritta nel registro generale di questa Corte con il numero 27551/2014, venne discussa una prima volta alla pubblica udienza del 27.2.2017, per la quale tanto il ricorrente quanto la CONSOB depositarono memorie illustrative. Con ordinanza interlocutoria n. 7448/2018 il Collegio – frattanto riconvocatosi – dispose il rinvio della causa a nuovo ruolo in attesa della decisione della Corte costituzionale sulle questioni di legittimità costituzionale sollevate da questa stessa Corte con l’ordinanza n. 3831/2018, emessa nel giudizio N.R.G. 8878/2014.

7. Dopo la pronuncia delle sentenze della Corte costituzionale nn. 112/2019 la causa è stata nuovamente chiamata alla pubblica udienza del 20 ottobre 2021, per la quale il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta, concludendo per “l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione, con particolare riferimento al sesto motivo di doglianza”.

8. Il 13 ottobre 2021 la CONSOB ha depositato la propria Delib. 5 dicembre 2019, n. 21178, di annullamento, “limitatamente alla parte eccedente la somma di Euro 182.024,91 corrispondente al profitto dell’illecito”, del capo della Delib. 6 dicembre 2011, n. 18024, con cui era stata disposta la confisca di beni del sig. C. fino a concorrenza del complessivo importo di Euro 2.865.771, pari alla somma del profitto tratto dagli illeciti contestati e dei mezzi impiegati per ottenerlo.

9. Nella memoria successivamente depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c., la stessa CONSOB ha quindi concluso per la inammissibilità/infondatezza dei primi cinque motivi di ricorso e, per quanto riguarda il sesto motivo, ne ha chiesto la declaratoria di inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse, rilevando che il parziale annullamento della Delib. 6 dicembre 2011, n. 18024, cui si è fatto cenno nel paragrafo precedente, estendeva i propri effetti anche alla Delib. n. 18544 del 2013, impugnata in questo giudizio, giacché quest’ultima era funzionale ad assoggettare a confisca ulteriori beni di pertinenza del sig. C. fino a concorrenza dell’intero prodotto (ossia della somma del profitto e dei mezzi impiegati per ottenerlo) dell’illecito per cui egli era stato sanzionato con la Delib. n. 18024 del 2011.

10. Il ricorrente ha a propria volta depositato in data 15.10.2021 una memoria ex art. 378 c.p.c., nella quale ha dato atto che la CONSOB, accogliendo l’istanza da lui stesso presentata, aveva annullato la delibera n. 18024/2011 per la parte relativa alla confisca di somme eccedenti il profitto dell’illecito, pari ad Euro 182.024,91 “e, per l’effetto, anche la Delib. 2 maggio 2013, n. 18544” (pag. 4, terzo rigo, della memoria 15.10.2021) ed ha insistito per l’accoglimento di tutti i motivi di ricorso.

11. All’esito della discussione orale la causa è stata decisa in Camera di consiglio.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

12. Con il primo motivo, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 4, il ricorrente deduce la illegittimità del regolamento sanzionatorio della CONSOB e del relativo procedimento, con conseguente nullità/illegittimità della disposta confisca, del procedimento dinanzi alla Corte d’appello e della sentenza qui impugnata. Il ricorrente, in particolare, richiama la sentenza della Corte EDU 4 Marzo 2014 Grande Stevens e sostiene che il regolamento sanzionatorio CONSOB ed il relativo procedimento sarebbero in contrasto con l’art. 6 della CEDU perché non rispetterebbero i principi del contraddittorio e della pubblicità del procedimento.

13. Con il secondo motivo, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente – sul presupposto dell’illegittimità della disciplina regolamentare del procedimento sanzionatorio della CONSOB, per le ragioni illustrate nel primo motivo di ricorso – censura l’impugnata sentenza per la mancata disapplicazione di tale disciplina, ai sensi della L. n. 2248 del 1865, art. 4 e art. 5, all. E.

14. Con il terzo motivo, riferito all’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5, si deduce la nullità dell’impugnata sentenza per l’omessa pronuncia della stessa sulla domanda del sig. C. di disapplicazione dell’art. 187 sexies, comma 2, T.U.F. “nella parte in cui risulta lesivo dei principi comunitari vigenti in maniera sanzionatorio e del diritto del ricorrente ad una tutela giurisdizionale piena ed effettiva”.

15. Con il quarto motivo, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 3, si ripropone, sotto il profilo della violazione dell’art. 111 Cost., comma 7, e dell’art. 6CEDU, la tesi dell’illegittimità del procedimento sanzionatorio della Consob con particolare riguardo alla mancata garanzia del contraddittorio procedimentale e della pubblicità del procedimento.

16. Con il quinto motivo, riferito all’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5, si denuncia la nullità dell’impugnata sentenza per l’omessa pronuncia della stessa sulla domanda del sig. C. di accertamento della nullità del regolamento sanzionatorio CONSOB e del relativo procedimento istruttorio, per violazione dei principi del giusto processo, con particolare riguardo alla mancata garanzia del contraddittorio procedimentale e della pubblicità del procedimento.

17. I primi cinque motivi possono essere esaminati congiuntamente perché tutti si fondano su un medesimo assunto, riproposto in ciascuno di tali motivi sotto diverse prospettive: quello della illegittimità del procedimento di applicazione delle sanzioni amministrative irrogate dalla CONSOB in materia di violazioni finanziarie (nella conformazione dettata dalla Delib. 21 giugno 2005, n. 15086, sotto la cui vigenza si è svolto il procedimento nei confronti del sig. C.), per essere detto procedimento non rispettoso dei principi del giusto processo fissati dall’art. 6 CEDU, con particolare riguardo alle garanzie del contraddittorio e della pubblicità del procedimento.

18. L’assunto su cui si basano i suddetti motivi di impugnazione è infondato. Già il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1596 del 2015 – pur ravvisando, peraltro con un mero obiter dictum, l’illegittimità del regolamento CONSOB n. 15086 del 21 giugno 2005 in relazione alla legge nazionale (art. 187 septies e art. 195 T.U.F.) – ha tuttavia escluso che tale regolamento contrastasse con l’art. 6 CEDU (cfr. sent. n. 1596/2015 p. 18: ” In base all’art. 6, par. 1, della CEDU, quindi, gli Stati possono scegliere: o realizzare le garanzie del giusto processo già nella fase amministrativa – e, in questo caso, un successivo controllo giurisdizionale potrebbe persino (dal punto di vista della CEDU) non essere neppure previsto (cfr. ad esempio la sentenza della Grand Chambre, 22 novembre 1995, caso 19178/91, Brian c. Regno Unito) -, ovvero assicurare il ricorso di piena giurisdizione, consentendo che la sanzione applicata dall’autorità amministrativa sia sottoposta ad un sindacato pieno, di natura tendenzialmente sostitutiva. La scelta per la seconda opzione non dà evidentemente vita ad una anomala forma di sanatoria processuale di un procedimento oggettivamente illegittimo perché privo di adeguate garanzie. La fase amministrativa pur non connotata dal rispetto delle garanzie del giusto processo è perfettamente legittima, solo che essa postula l’esistenza di una fase processuale in grado di offrire quelle garanzie”). Tali conclusioni della giurisprudenza amministrativa risultano convergenti con i principi che questa Suprema Corte ha enunciato con la sentenza n. 8210 del 2016 ed ha poi successivamente precisato con la sentenza n. 770 del 2017; in quest’ultima si e’, infatti, chiarito che, in tema di sanzioni che, pur qualificate come amministrative, abbiano natura sostanzialmente penale, la garanzia del giusto processo, ex art. 6 della CEDU, può essere realizzata, alternativamente, nella fase amministrativa – nel qual caso, una successiva fase giurisdizionale non sarebbe necessaria – ovvero mediante l’assoggettamento del provvedimento sanzionatorio – adottato in assenza di tali garanzie – ad un sindacato giurisdizionale pieno, di natura tendenzialmente sostitutiva ed attuato attraverso un procedimento conforme alle richiamate prescrizioni della Convenzione, il quale non ha l’effetto di sanare alcuna illegittimità originaria della fase amministrativa giacché la stessa, sebbene non connotata dalle garanzie di cui al citato art. 6, è comunque rispettosa delle relative prescrizioni, per essere destinata a concludersi con un provvedimento suscettibile di controllo giurisdizionale.

19. Ne’, come pure questa Corte ha già affermato, il procedimento di applicazione delle sanzioni amministrative irrogate dalla CONSOB in materia di violazioni finanziarie (nella conformazione risultante dalla disciplina stabilita dalla Delib. CONSOB 21 giugno 2005, n. 15086, applicabile ratione temporis e, a maggior ragione, nelle conformazioni successive) presenta profili di illegittimità in relazione alle disposizioni dell’art. 195, comma 2 e art. 187 septies, comma 2, T.U.F., alla cui stregua il procedimento per l’applicazione delle sanzioni previste dal T.U.F. di competenza della CONSOB e della Banca d’Italia è “retto dai principi del contraddittorio, della conoscenza degli atti istruttori, della verbalizzazione nonché della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie”. Nella sentenza n. 8046/2019 (successivamente seguita da Cass. 23814/2019 e Cass. 24081/2019; vedi anche Cass. 16517/2020) si è infatti precisato che, proprio perché il provvedimento adottato all’esito procedimento sanzionatorio della CONSOB è assoggettato ad un controllo giurisdizionale pieno, le garanzie del contraddittorio ivi previste sono da ricondurre al livello proprio del contraddittorio procedimentale e non al livello del contraddittorio di matrice processuale, di tipo orizzontale, che riguarda due parti in posizione paritaria rispetto ad un decidente terzo e imparziale; con la conseguenza che – come già precedentemente affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 20935/2009 – tali garanzie possono ritenersi soddisfatte se, prima dell’adozione della sanzione, sia effettuata la contestazione dell’addebito e siano valutate le eventuali controdeduzioni dell’interessato; senza che sia all’uopo necessaria né la trasmissione all’interessato delle conclusioni dell’Ufficio sanzioni amministrative della CONSOB, né la personale audizione dell’interessato innanzi alla Commissione (né, può qui aggiungersi, la pubblicità del procedimento amministrativo).

20. I primi cinque motivi di ricorso vanno quindi rigettati.

21. Con il sesto motivo di ricorso, riferito al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, il ricorrente chiede la cassazione del capo dell’impugnata sentenza che ha rigettato l’opposizione da lui proposta avverso la confisca per equivalente non solo del profitto tratto dalle operazioni effettuate in base al possesso di informazioni privilegiate ma anche dei mezzi usati per ottenere detto profitto. Nel mezzo di impugnazione si denuncia la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 3 e 27 Cost., e si lamenta che la Corte d’appello non abbia rilevato la manifesta sproporzione e l’eccessiva afflittività della confisca disposta a carico del sig. C. in rapporto all’entità del profitto dal medesimo ritratto dall’illecito, pari a circa un quindicesimo del valore dei beni confiscati. Conseguentemente il ricorrente censura l’impugnata sentenza per aver giudicato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 187 T.U.F. – da lui prospettata in riferimento agli artt. 3,10,27,103,113 e 117 Cost., all’art. 6 della CEDU ed alla direttiva 2003/6/CE – e, comunque, per non avere esaminato la percorribilità di un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 187 sexies T.U.F. che qualificasse la confisca ivi prevista come facoltativa, invece che obbligatoria, e ne rapportasse l’oggetto al solo profitto conseguito dall’illecito e non anche all’entità dei mezzi utilizzati per commetterlo.

22. La censura veicolata nel sesto motivo di ricorso risulta superata dalla sopravvenuta sentenza della Corte costituzionale n. 112/2019, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 187 sexies T.U.F. “nella parte in cui prevede la confisca obbligatoria, diretta o per equivalente, del prodotto dell’illecito e dei beni utilizzati per commetterlo, e non del solo profitto”. All’esito di tale sentenza la CONSOB, come accennato al paragrafo 8 che precede, ha annullato in autotutela, con propria Delib. n. 21178 del 2019, la Delib. n. 18024 del 2011, nella parte in cui quest’ultima disponeva la confisca di beni del sig. C. per la parte eccedente la somma di Euro 182.024,91, corrispondente al profitto dell’illecito. Tale annullamento travolge la Delib. n. 18544 del 2013, impugnata in questo giudizio, ancillare alla Delib. n. 18024 del 2011, cosicché la materia del contendere su cui si è pronunciata la statuizione della Corte d’appello impugnata con il sesto motivo di ricorso risulta obiettivamente cessata. La statuizione di merito necessariamente conseguente all’accoglimento di tale motivo di ricorso, infatti, sarebbe priva di oggetto, dovendosi essa risolvere nell’annullamento dell’impugnato provvedimento di confisca per una parte – quella equivalente ai beni impiegati per commettere l’illecito – già annullata dalla stessa Autorità che ha emesso il provvedimento.

23. Va ancora aggiunto, infine, che la situazione di fatto determinata dall’emanazione in autotutela della Delib. CONSOB n. 21178 del 2019 impone, come detto, la declaratoria di cessazione della materia del contendere e non la declaratoria di inammissibilità del motivo di ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, la quale implicherebbe il passaggio in giudicato della statuizione impugnata (cfr. Cass. SSUU 8980/2018; si veda anche Cass. 26299/2018: “La cessazione della materia del contendere postula che sopravvengano nel corso del giudizio fatti tali da determinare il venir meno delle ragioni di contrasto tra le parti e, con ciò, dell’interesse al ricorso; la composizione in tal modo della controversia giustifica non già l’inammissibilità del ricorso in cassazione bensì, da un lato, la rimozione, con cassazione senza rinvio, delle sentenze già emesse, prive di attualità e, dall’altro, una pronuncia finale sulle spese, secondo una valutazione di soccombenza virtuale”).

24. In definitiva i primi cinque motivi di ricorso vanno rigettati e sul sesto va dichiarata cessata la materia del contendere, con cassazione della sentenza impugnata limitatamente alla statuizione di rigetto dell’opposizione alla confisca.

25. Il mutamento del quadro normativo sopravvenuto in corso di causa per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 112/2019 giustifica l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte rigetta i primi cinque motivi di ricorso, e dichiara cessata la materia del contendere sul sesto, conseguentemente cassando l’impugnata sentenza limitatamente alla statuizione di rigetto dell’opposizione alla confisca.

Dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 20 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2022

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