Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4517 del 27/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4517 Anno 2018
Presidente: CRISTIANO MAGDA
Relatore: GENOVESE FRANCESCO ANTONIO

ORDINANZA
sul ricorso 22942-2016 proposto da:
PRESTIGE ROLDING SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del
liquidatore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DELLA
CANCELLERIA N. 85, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO

LUCCI, rappresentata e difesa dagli avvocati EUGENIO TARGA,

MASSIMO) ZUPPA;

– ricorrente contro
VINCENZO- ONGARO, MARIA ONG ARO, ANNA ONGARO,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G.G. AVEZZANA 1, presso
lo studio dell’avvocato ORNELLA NIANFREDINI, rappresentati e
difesi dagli avvocati NINO SCRIPELLM, ELENA BELLANDI;

– controrícorrenti –

Data pubblicazione: 27/02/2018

avverso la sentenza n. 1987/2016 della CORTE D’APPELLO di
VENEZIA, depositata il 31/08/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 14/12/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCO

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
La Corte d’appello di Venezia, con la sentenza n. 1987 del
2016 (pubblicata il 31 agosto 2016), in totale reiezione del
reclamo proposto dalla società Prestige Holding srl contro la
Curatela del Fallimento omonimo e i creditori istanti, Ongaro
Vincenzo e Anna, ha confermato la sentenza del Tribunale di
quella stessa città che aveva dichiarato il fallimento della
società e respinto le eccezioni sollevate dalla medesima,
affermando la sussistenza dello stato d’insolvenza della
debitrice.
Secondo la Corte territoriale, andavano respinti tutti i motivi di
appello: a) quello relativo alla competenza del Tribunale di
Verona a dichiarare il fallimento, atteso che non era stata data
la prova dell’esistenza di una sede effettiva diversa, per luogo,
rispetto alla sede legale; b) quello relativo alla prova dei
requisiti di fallibilità, spettante alla stessa debitrice, per la
mancanza di genuinità ed affidabilità dei bilanci (degli anni
2013 e 2014), depositati solo nel corso del 2016, ossia a
procedura prefallimentare già avviata; c) quello riguardante lo
stato d’insolvenza della società in liquidazione, risultando dai
bilanci il saldo passivo e l’esito infruttuoso dell’esecuzione
immobiliare subita, con l’abbattimento del prezzo base
dell’asta, rispetto al valore di stima.
Il ricorrente assume, di contro: i) l’incompetenza del Tribunale
di Verona a pronunciare il fallimento; l’inesistenza del
credito portato dalla società ricorrente (per essere esso ancora
sub iudice, per la parte contestata) e, in conseguenza della
riforma della procedura fallimentare, iii) l’impossibilità del
giudice di accertare d’ufficio l’insolvenza (peraltro inesistente,
come dimostrato dalla rateizzazione del debito fiscale) in
difetto della valida istanza di un creditore legittimato a
chiedere il fallimento del suo debitore.
proposta di definizione della
Il Collegio condivide la
controversia notificata alle parti costituite nel presente

Ric. 2016 n. 22942 sez. M1 – ud. 14-12-2017
-2-

ANTONIO GENOVESE.

Ric. 2016 n. 22942 sez. M1 – ud. 14-12-2017
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procedimento, alla quale non sono state mosse osservazioni
critiche.
Il ricorso per cassazione è manifestamente infondato in quanto
le tre doglianze sono anche in contrasto con i principi posti da
questa Corte:
a)
quello secondo cui «la competenza territoriale per la
dichiarazione di fallimento spetta al tribunale del luogo in cui
l’imprenditore ha la sede principale dell’impresa, che si
identifica con quello in cui vengono individuate e decise le
scelte strategiche cui dare seguito, e coincide, di regola, con la
sede legale, salvo che non emergano prove univoche tali da
smentire la presunzione suddetta.» (Cass. Sez. U, Sentenza n.
15872 del /2013): nella specie l’univocità della prova è stata
esclusa dall’accertato svolgimento delle assemblee societarie in
Verona e dall’inattendibilità di ogni altra documentazione;
b)
quello secondo cui «in tema di fallimento, ai fini della
prova della sussistenza dei requisiti di non fallibilità di cui
all’art. 1, comma 2, I.fall., i bilanci degli ultimi tre esercizi che
l’imprenditore è tenuto a depositare, ai sensi dell’art. 15,
comma 4, I.fall., sono quelli già approvati e depositati nel
registro delle imprese, ex art. 2435 c. c., sicché, ove difettino
tali requisiti o essi non siano ritualmente osservati, il giudice
può motivatamente non tenere conto dei bilanci prodotti,
rimanendo l’imprenditore onerato della prova circa la
sussistenza dei requisiti della non fallibilità» (Sez. 1, Ordinanza
n. 13746 del 2017): nella specie i bilanci (relativi agli anni
2012, 2013 e 2014) sono stati considerati non genuini e non
affidabili, perché depositati oltre il termine di legge (e durante
la fase della procedura prefallimentare);
c)
inoltre, la sussistenza dello stato d’insolvenza non è stato
motivato esclusivamente in rapporto alle risultanze dei bilanci
(che attestavano il saldo passivo) ma anche con la svalutazione
dei valori dei cespiti oggetto di esecuzione immobiliare, che
erano rimasti invenduti.
Alla infondatezza del ricorso conseguono le spese processuali
(che si liquidano come da dispositivo) e l’affermazione dei
presupposti per il raddoppio del contributo unificato.
PQM
La Corte,
Respinge il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali che liquida in complessivi C 5.100,00, di cui
C 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori
di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del
2002, inserito dall’art. I, comma 17, della legge n. 228 del
2012, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento,

da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma
del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6-1a
sezione civile della Corte di cassazione, il 14 dicembre 2017.
Il Presidente
Magda -Cris iano

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