Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4517 del 21/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 21/02/2020, (ud. 20/11/2019, dep. 21/02/2020), n.4517

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2590-2018 proposto da:

R.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE

BELLE ARTI, 8, presso lo studio dell’avvocato ANTONINO PELLICANO’,

che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

A.G.E.A. AGENZIA PER LE EROGAZIONI IN AGRICOLTURA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 11683/2017 del TRIBUNALE di RONL-k, depositata

l’08/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO

TERRUSI.

Fatto

RILEVATO

che:

il tribunale di Roma, con sentenza in data 8-6-2017, ha respinto l’appello proposto da R.G. nei confronti della sentenza del giudice di pace di Roma, di rigetto della domanda avanzata contro Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) per il pagamento della somma di Euro 313,66, oltre interessi e maggior danno, a titolo di aiuto comunitario alla produzione dell’olio di oliva per la campagna olearia 1994;

la R. ricorre adesso per cassazione con quattro motivi, illustrati da memoria;

Agea non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

col primo mezzo la ricorrente censura la sentenza nella parte in cui ha respinto il motivo d’appello in ordine alla carenza di ius postulandi in capo al difensore di Agea, avvocato del libero foro, essendo Agea tenuta ad avvalersi, invece, del patrocinio dell’avvocatura dello Stato;

il motivo (dedotto come violazione e falsa applicazione del R.D. n. 1611 del 1933, e dell’art. 83 c.p.c., oltre che vizio di motivazione) è inammissibile ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., essendo sufficiente correggere la motivazione dell’impugnata sentenza sullo specifico punto;

il tribunale ha rigettato la doglianza paventandone la mancanza di realismo, a fronte dell’abnorme numero di micro controversie costituenti il contenzioso in parola;

l’affermazione non assume rilevanza giuridica e in verità la ragione di rigetto avrebbe dovuto essere un’altra: vale a dire che con riferimento all’Agea, subentrata a decorrere dal 16 ottobre 2000 alla Azienda di Stato per gli interventi nel mercato agricolo (AIMA) in tutti i rapporti attivi e passivi, la legge (D.Lgs. n. 27 maggio 1999, n. 165, art. 2, comma 4) prevede la mera facoltà – e non l’obbligo – di avvalersi del patrocinio della avvocatura dello Stato, ai sensi del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43, e successive modificazioni; tale patrocinio era invece obbligatorio per l’ente soppresso (v. ex aliis Cass. n. 863-06, Cass. Sez. U n. 22021-05);

col secondo e col terzo motivo, deducendo vizio di motivazione e violazione e falsa applicazione degli artt. 2943 e 1219 c.c., la ricorrente censura la sentenza per aver incongruamente ritenuto la prescrizione del diritto al contributo nonostante l’avvenuto dichiarato rigetto dell’appello incidentale di Agea;

i motivi, suscettibili di unitaria trattazione, sono manifestamente fondati nel senso che segue;

il tribunale ha affermato che, a fronte del recupero eseguito dalla (allora) Aima nell’anno 1997, la ricorrente aveva agito in giudizio solo nell’anno 2009, allegando un unico atto interruttivo della prescrizione costituito dalla nota cumulativa inviata l’11-11-2003; tale nota peraltro non era – secondo il tribunale – idonea allo scopo, poichè afferente alla richiesta di pagamento delle somme dovute a titolo di aiuto alla produzione per le annate olearie dette, quando invece la questione verteva non sull’erogazione dell’aiuto (che la ricorrente aveva a suo tempo ottenuto) ma sulla legittimità o meno del recupero disposto dall’Aima;

con tale argomentazione il tribunale ha infranto il principio pacifico nella giurisprudenza di questa Corte – per cui ai fini dell’interruzione della prescrizione è sufficiente la mera comunicazione del fatto costitutivo della pretesa, posto che si tratta di atto non soggetto a formule sacramentali, avendo l’esclusivo scopo di portare a conoscenza del debitore la volontà del creditore, chiaramente manifestata, di far valere il proprio diritto (v. Cass. n. 24054-15, Cass. n. 17123-15; e v. pure di recente Cass. n. 25032-18, in controversia praticamente sovrapponibile a quella odierna);

col quarto motivo la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dei Regolamenti (CE) nn. 154-75, 2276-79, 58688 in materia di istituzione dello “schedario oleario italiano”, e del Regolamento (CE) n. 2261-84 in ordine all’aiuto alla produzione dell’olio di oliva, nonchè il vizio di motivazione della sentenza, per aver ritenuto la parte decaduta dal diritto al contributo per la mancata richiesta di verifica in contraddittorio della discordanza relativa al numero delle piante, nel termine di tre mesi dalla rilevazione dell’anomalia;

anche il quarto motivo è manifestamente fondato;

il provvedimento di recupero era stato motivato – per quel che si evince dalla sentenza – in ragione della discrepanza delle piante di olivo esistenti rispetto a quelle dichiarate;

il tribunale ha osservato che la ricorrente non aveva mai richiesto nel termine di tre mesi dalla ricezione dell’avviso di accertamento la verifica dell’anomalia in contraddittorio con l’ente;

l’assunto integra un errore di diritto, poichè in ordine al termine detto non è prevista alcuna decadenza;

l’art. 1 Reg. (CE) n. 586 del 1998 ha sostituito il testo dell’art. 6 Reg. (CE) n. 2276 del 1979 nel senso che:

“1. I dati relativi alla superficie olivicola e al numero di olivi di ciascuna parcella, risultanti dall’applicazione dei metodi previsti dagli artt. 2 e 4 sono confrontati con i dati figuranti in una dichiarazione che deve essere presentata dagli olivicoltori allo scopo di stabilire il loro potenziale di produzione, eventualmente completati su richiesta dello Stato membro interessato.

In caso di discordanza significativa, ad ogni singolo olivicoltore sono comunicati i dati ottenuti dall’applicazione dei metodi previsti dagli artt. 2 e 4. Gli olivicoltori dispongono in tal caso di tre mesi, a decorrere dalla data della comunicazione, per chiedere una verifica dei dati trasmessi.

2. In questo caso, l’organismo incaricato dell’istituzione dello schedario oleicolo procede alla verifica, se necessario in loco, della superficie e del numero di olivi da prendere in considerazione per ciascun olivicoltore.

Ove dalla verifica non emergano differenze rispetto ai dati attribuiti all’olivicoltore in questione, questi è tenuto a rimborsare le spese occasionate da tale verifica.”;

questa Corte ha chiarito che nessuna decadenza si verifica nè in caso di erronea dichiarazione, da parte del produttore, dei dati destinati alla formazione dello “schedario”, nè a fortiori dall’intempestiva richiesta di verifica, poichè l’art. 6 del Reg. (CE) n. 2276/1979, e successive modificazioni, non prevede a tal fine un termine a pena di decadenza (v. Cass. n. 4763-14, Cass. n. 26280-14);

il profilo della mancata richiesta di verifica nel termine detto non poteva quindi considerarsi di per sè ostativo alla domanda; l’impugnata sentenza va cassata con rinvio al tribunale di Roma, il quale, in persona di diverso magistrato, riesaminerà la questione controversa uniformandosi ai principi di diritto sopra evidenziati;

il tribunale provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, accoglie i restanti; cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, al tribunale di Roma.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2020

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