Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4517 del 08/03/2016
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4517 Anno 2016
Presidente: FORTE FABRIZIO
Relatore: GENOVESE FRANCESCO ANTONIO
per
ORDINANZA
– tha RI
cassazione.
Questione di
sul ricorso 4585-2013 proposto da:
rilevante
importanza.
TODINI COSTRUZIONI GENERALI S.P.A. (p.i. 01959721000),
in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI
82, presso l’avvocato FEDERICA IANNOTTA, che la
R.G.N.
4585/2013
Cron.4.5-q:
Rep.
Ud. 02/02/2016
rappresenta e difende unitamente all’avvocato GREGORIO
IANNOTTA, giusta procura in calce al ricorso;
PU
Data pubblicazione: 08/03/2016
ALTAREA SCA, già ALTAREA SA, e ALTAREA ITALIA S.R.L.,
in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro
tempore, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA
FLAMINIA 318, presso l’avvocato FIORAVANTI FABRIZIO,
che le rappresenta e difende unitamente all’avvocato
RUFFINO FRANCESCO, giusta procure in calce al ricorso
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successivo;
– ricorrente + ricorrenti successivi contro
LACCHINI MARCO, VINTI STEFANO, FRISINA PASQUALE,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GAETANO
rappresenta e difende, giusta procura in calce al
controricorso e al controricorso successivo
notificato;
–
controri correnti + controricorrenti successivi
–
avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 10/09/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 02/02/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCO
ANTONIO GENOVESE;
udito, per la ricorrente TODINI, l’Avvocato GREGORIO
IANNOTTA che ha chiesto l’accoglimento del proprio
ricorso;
udito, per le ricorrenti successive ALTAREA +l,
DONIZETTI 7, presso lo studio di quest’ultimo, che li
l’Avvocato FRANCESCO RUFFINO che ha chiesto
l’accoglimento del proprio ricorso;
udito, per i controricorrenti, l’Avvocato CATERINA
MERCURIO, con delega, che ha chiesto l’inammissibilità
o il rigetto dei ricorsi;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CUOMO LUIGI che ha concluso per
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l’inammissibilità.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.La Corte d’Appello di Roma ha parzialmente accolto il
reclamo,
ex art. 814, 3 ° co., e 825 c.p.c., avverso il
decreto di liquidazione delle competenze arbitrali compiuta
dal Presidente del Tribunale della stessa città, riducendo
la somma liquidata dal primo in favore degli arbitri sigg.
dr.
Marco Lacchini,
avv.
Stefano Vinti
e avv.
Pasquale
Frisina e posta a carico solidale delle parti del giudizio
arbitrale (ma ripartiti in 2/3 alla
Todini Costruzioni
ed 1/3 ad Altarea sca,
società di diritto
Generali SpA
francese,e
Altarea Italia ari.),
con compensazione delle
spese del procedimento.
2. La Corte territoriale, per quello che ancora interessa e
rileva in questa sede, ha affermato che l’abrogazione delle
tariffe forensi, ad opera del DL n. l del 2012, in attesa
del decreto attuativo ex art. 9 del detto DL, non impediva
di servirsi di quelle, come strumento equitativo per
valutare l’adeguatezza del compenso liquidato agli arbitri,
ancor più perché questi formavano un collegio misto, e
senza che potesse rilevare, in quella sede, l’asserita
inesistenza o nullità dell’attività arbitrale.
3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione
la società Todini Costruzioni Generali SpA, con due mezzi,
3
articolati, e sulla premessa di una rimeditazione, da parte
di questa Corte, dell’ammissibilità del ricorso ex art. 111
Cost.
Contro
3.1.
tale
ricorso
hanno
resistito,
con
controricorso, i sigg. dr. Marco Lacchini, avv. Stefano
4.
Vinti e avv. Pasquale Frisina.
Hanno altresì proposto «controricorso» le società
condebitrici Altarea sca e Altarea Italia srl, chiedendo la
cassazione del provvedimento impugnato.
4.1.
Avverso di esso hanno resistito, con controricorso, i
predetti sigg. dr. Marco Lacchini, avv. Stefano Vinti e
avv. Pasquale Frisina.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.
Il controricorso delle società Altarea deve essere
qualificato come ricorso per cassazione, avendo con esso,
le «società controricorrenti» richiesto la cassazione del
provvedimento impugnato.
1.1.
Infatti, questa Corte ha già avuto modo di chiarire
che «
Un controricorso ben può valere come ricorso
incidentale, ma, a tal fine, per il principio della
strumentalità delle forme – secondo cui ciascun atto deve
avere quel contenuto minimo sufficiente al raggiungimento
dello scopo occorre che esso contenga i requisiti
prescritti dall’art 371 in relazione agli artt 365, 366 e
4
369 cod. proc. civ. e, in particolare, la richiesta – anche
implicita – di cassazione della sentenza, specificamente
prevista dal n. 4 dell’art 366 cod. proc. civ. ed
essenziale per individuare nell’atto in questione un mezzo
di impugnazione, alla luce dei principi della domanda, del
contraddittorio e della corrispondenza tra il chiesto e i/
pronunciato, implicanti, rispettivamente, la chiara
indicazione del mezzo processuale azionato, il diritto
della controparte di essere messa in condizione di
difendersi e di replicare e il potere-dovere del giudice di
identificare la domanda senza incertezze, per non andare
oltre il limite della stessa.»
(Cass. Sez. l, Sentenza n.
20454 del 2005).
1.2.
Nella specie,
la richiesta di cassazione del
provvedimento della Corte territoriale è espressamente
enunciato e così anche le ragioni di essa, sicché l’atto
notificato dalle società francesi deve essere qualificato
come ricorso incidentale.
1.3.
Ne discende che i due ricorsi per cassazione (il
principale, notificato dalla Todini e l’incidentale delle
due società Altarea) vanno riuniti e trattati
congiuntamente, ai sensi dell’art. 335 del codice di rito.
5
2. Gli stessi, peraltro, vanno rimessi all’esame del Primo
Presidente della Corte di Cassazione perché valuti la sua
eventuale assegnazione alle Sezioni Unite Civili, per la
soluzione della questione di massima di particolare
importanza, ai sensi dell’art. 374, secondo comma, ult.
parte, c.p.c., sintetizzata nel ragionamento che segue.
*
3. Com’è noto, due pronunce delle Sezioni unite del 2009
(la n. 15586 e la n. 15592), nel modificare il precedente
orientamento della sezione «naturalmente competente» nella
materia processuale (per tutte: Cass. Sez. 1, Sentenza n.
5950 del 2003), hanno dichiarato che il procedimento di cui
all’art. 814 c.p.c.
•
(nella formulazione anteriore alla
riforma del D.Lgs. n. 40/2006) previsto per la liquidazione
del compenso agli arbitri svolge una
giurisdizionale non contenziosa»,
«funzione
che si conclude con una
ordinanza di natura essenzialmente privatistica, perciò
carente di vocazione al giudicato ed insuscettibile di
ricorso per cassazione,
ex art. 111, comma 7, Cost.
3.1. Successivamente, la Seconda sezione civile della Corte
di cassazione (ordinanza n. 17209, del 2011) ha rimesso il
ricorso al Primo Presidente per l’eventuale ritorno alle
Sezioni unite, sollecitando un ripensamento sul tema.
6
3.2. Le Sezioni unite – con la sentenza n. 13620 del 2012 –
hanno confermato l’orientamento già condiviso, seppure per
il diverso ordine di considerazioni «attinenti all’esigenza
di assicurare un sufficiente grado di stabilità agli
indirizzi giurisprudenziali formatisi riguardo
all’interpretazione di norme che, come l’art. 814 c.p.c.,
presentano in proposito margini di opinabilità».
3.3. Ne è seguito un, forse troppo, automatico adeguamento
giurisprudenziale (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 3069 del 2013
e, sulla sua scia, Cass. sez. 1, sentenze nn. 17394 del
2015, 20102 del 2015, 21835 del 2014, 19323 del 2014, 15458
del 2014 nonché Cass. sez. 6-1, Ordinanza n. 3836 del 2014:
tutte non massimate) che ha considerato ormai acquisito
quel risultato, nonostante l’intervenuta modifica della
disciplina applicabile (gli artt. 814 e 825 c.p.c.) e il
manifestatosi dissenso di ampia ed autorevole dottrina.
4.
Sennonché, il complessivo mutamento legislativo sulla
materia dell’arbitrato non ha mancato di produrre i suoi
rilevanti effetti, atteso che il noto arresto delle sezioni
unite di questa Corte (sentenza n. 527 del 2000), secondo
cui l’arbitrato è sempre atto di autonomia privata, è stato
superato dal recente «punto» reso dalle menzionati Sezioni
le quali, con l’ordinanza n. 24153 del 2013, resa in
materia di arbitrato estero ma sulla base di una
7
rivisitazione
dell’essenza
dell’istituto,
consapevolmente compiuto una consapevole
hanno
overruling
in
materia processuale (cfr. Sez. U, Ordinanza n. 23675 del
2014), affermando, tra l’altro, il principio di diritto
secondo cui «l’attività degli arbitri rituali, anche alla
stregua della disciplina complessivamente ricavabile dalla
legge 5 gennaio 1994, n. 5 e dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n.
40, ha natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione
del giudice ordinario, sicché lo stabilire se una
controversia spetti alla cognizione dei primi o del secondo
si configura come questione di competenza, mentre il
sancire se una lite appartenga alla competenza
giurisdizionale del giudice ordinario e, in tale ambito, a
quella sostitutiva degli arbitri rituali, ovvero a quella
del giudice amministrativo o contabile, dà luogo ad una
questione di giurisdizione».
5.
Tanto sembra incidere, in termini diversi, anche sulla
questione oggetto del presente procedimento.
5.1.
Se la natura dell’arbitrato rituale è quella di un
vero e proprio processo, caratterizzato anche dalla difesa
tecnica delle parti, la materia delle spese di esso non
sembra esulare dal complessivo trattamento processuale di
un ordinario conflitto, tra i contrapposti diritti,
8
attinenti alla regolazione di esse, sia nell’an che nel
quantum.
5.2.
In questo rinnovato ambito sistematico, risulta un
evidente interesse al ripensamento dei punti critici già
segnalati dall’ordinanza di rimessione della terza sezione
richiamato
overruling)
civile del 2011 (pur anteriore, temporalmente, al
e della dottrina più attenta al
tema:
a) il procedimento dell’art. 814 c.p.c. non sembra più
inquadrabile tra quelli riguardanti gli
«atti integrativi
della volontà negoziale», ex art. 1349 c.c., espressa nel
contratto d’arbitrato, per il solo fatto che, mentre il
meccanismo dell’art. 1349 c.c. attribuisce alle parti la
facoltà di rivolgersi al tribunale per ottenere la
determinazione della prestazione non effettuata dal terzo a
cui era stato demandato il relativo compito nel contratto,
nella disciplina dell’art. 814 c.p.c. «tale potere è
sottratto alle parti e sono gli arbitri, in caso di non
accettazione della determinazione del proprio compenso, a
rivolgersi al presidente del tribunale per ottenere un suo
provvedimento»;
b) a sostegno del carattere contenzioso del procedimento
milita il contenuto dell’accertamento che svolge il
giudice, per come esso opera in concreto: non finalizzato
solo
alla
quantificazione
numerica
del
credito
9
dell’arbitro, bensì sovente destinato ad accertare anche la
sussistenza di presupposti della prestazione dai quali è
ragionevolmente difficile pensare che il tribunale adito ex
art. 814 c.p.c. possa prescindere;
c) né il carattere contenzioso del procedimento può essere
negato in ragione delle forme semplificate che lo
contraddistinguono, atteso che è sempre più frequente che
la giurisdizione contenziosa sia calata in modelli sommari,
i quali non perciò vanno privati della funzione di
risolvere una controversia tra parti contrapposte;
d) alla medesima conclusione conduce poi il confronto con
analoghi procedimenti per la liquidazione di altre
prestazioni professionali (non ultimo quello per i diritti
ed onorari di avvocato); procedimenti ai quali la
giurisprudenza
è
stabile nel
riconoscere carattere
contenzioso e nei quali è perciò consentito l’accesso in
cassazione.
6.
A tali elementi va aggiunto che la riforma del
procedimento di liquidazione delle competenze arbitrali ha
ora previsto (all’art.814, 3 0 co., c.p.c.) che l’ordinanza
presidenziale di liquidazione sia
«soggetta al reclamo a
norma dell’art. 825, quarto coma»,
ossia al regime
impugnatorio proprio del titolo esecutivo formatosi
nell’ambito del procedimento arbitrale, sul quale epilogo,
10
poi, vi era ed è ampia affermazione giurisprudenziale circa
la sua ricorribilità in Cassazione.
6.1. Peraltro, nonostante il testo della disposizione possa
lasciare intendere che la reclamabilità sia legata e
dipenda solo dalla qualificazione del provvedimento come
ordinanza che contenga un
quantum
«titolo esecutivo» (che sia quindi reclamabile la sola
e valga perciò quale
titolo per l’esecuzione forzata), appare più corretto
intendere l’estensione di questo tipo di reclamo non solo
all’ordinanza di prime cure che abbia contenuto
condannatorio, ma anche a quella avente anche un contenuto
processuale, come ad esempio quella con cui il presidente
tribunale si dichiari incompetente o chiuda il procedimento
per qualsiasi ragione di rito o che neghi nel merito il
diritto al compenso.
6.2.
Si comprenderà, ancor meglio, la necessità di un
ripensamento della soluzione negativa, specie se compiuta
alla luce
delroverruling compiuto dalle stesse Sezioni
unite, nel 2013.
PQM
Riunisce le cause e le rimette al Primo Presidente, per
l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite Civili, in
ragione e per la soluzione della questione di massima di
11
particolare importanza, ai sensi dell’art. 374, secondo
comma, ultima parte, codice di procedura civile.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della
la
sezione civile della Corte di cassazione, il 2 febbraio