Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4513 del 26/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 4513 Anno 2014
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: CAMPANILE PIETRO

SENTENZA
sul ricorso n. 27961 – 2006 proposto da:
RIZZO VINCENZO
Elettivamente domiciliato in Roma, via Arezzo, n. 38,
nello studio dell’avv. Maurizio Messina, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del
ricorso;

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Data pubblicazione: 26/02/2014

avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo
n. 853, depositata in data 18 luglio 2006;
sentita la relazione svolta all’udienza pubblica del 29

sentito per il ricorrente l’avv. Antonio Matonti, munito di delega;
sentito per il controricorrente l’avv. Antonio Sinesio,
munito di delega;
udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del sostituto dott. Federico Sorrentino, il
quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

l – Con atto di citazione in data 11 febbraio 2003 il
Comune di Raffadali impugnava davanti alla Corte di appello di Palermo nei confronti dell’Ing. Vincenzo Rizzo
il lodo arbitrale sottoscritto il 9 novembre 2002, con
il quale era stato condannato a pagare a detto professionista la somma di E 241.850,86, oltre interessi, per
l’attività progettuale svolta in esecuzione
dell’incarico relativo al progetto di recupero urbanistico del rione Barca.
Per quanto qui maggiormente interessa, veniva dedotta
la nullità della delibera di conferimento dell’incarico
professionale, in quanto priva di copertura finanziaria, e quindi, del disciplinare contenente la clausola

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maggio 2013 dal consigliere dott. Pietro Campanile;

compromissoria, invalida anche sotto il profilo della
carenza di specifica approvazione per iscritto.
1.1 – Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di
appello adita ha dichiarato la nullità del lodo, rile-

all’indicazione, nella delibera che prevedeva la spesa
in oggetto, dell’ammontare del compenso al professionista e dei mezzi per farvi fronte, a fronte della genericità del richiamo a un non meglio precisato finanziamento della Cassa per il Mezzogiorno, rendevano invalida la delibera.
1.2 – Per la cassazione di tale decisione propone ricorso l’Ing. Rizzo, deducendo quattro motivi, illustrati da memoria.
Resiste con controricorso il Comune di Raffadali.
Motivi della decisione

1.3 – Preliminarmente deve costatarsi la tardività della notifica del controricorso rispetto al termine previsto dall’art. 370 c.p.c. : tale inammissibilità, per
altro, non incide sulla validità della procura speciale, con conseguente legittimità della difesa svolta in
sede di discussione (Cass., 5 giugno 203, n. 9023;
Cass, 28 maggio 2013, n. 13183).
2 – Con il primo motivo si deduce violazione e falsa
applicazione degli artt. 99, 112 e 929 c.p.c., per aver
la Corte territoriale esaminato la questione della nul-

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vando che l’inosservanza della prescrizione inerente

lità della clausola compromissoria, in relazione alla
nullità del lodo, del tutto nuova e diversa rispetto
alla eccezioni proposte dal Comune di Raffadali nel
giudizio arbitrale.
“Dica

codesta On. Corte se nel giudizio di impugnazione del
lodo arbitrale ex art. 829 c.p.c. al giudice
dell’impugnazione sia consentito o meno di riesaminare
il merito della controversia al di fuori delle ipotesi
di cui all’art. 829 c.p.c., e comunque se tal riesame
di merito possa essere fondato su domande che, per qualificante e determinante ” causa petendi”, concretizzano
una “mutati° libelli” rispetto alle domande avanzate in
sede arbitrale”.
2.1 – Con il secondo motivo, denunciando violazione e
falsa applicazione degli artt. 1418 e 1421 c.c. e degli
artt. 822 e 829 c.p.c., in relazione all’art. 360,
primo comma, n. 3, c.p,c., il ricorrente sostiene che
la Corte di appello avrebbe erroneamente rilevato
d’ufficio la nullità della clausola compromissoria,
sulla base di rilievi non avanzati davanti al collegio
arbitrale.
Viene indicato il seguente quesito di diritto. ” Dica
la Corte di cassazione se in un giudizio avente ad oggetto la nullità di lodo la Corte di appello competente
possa, o meno, avvalersi d’ufficio, ed anche oltre i

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Viene formulato il seguente quesito di diritto:

limiti dei consentiti “petitum” e “causa petendi” della
facoltà e/0 diritto di agire in fase rescissoria avvalendosi di elementi di giudizio direttamente e/o indirettamente derivanti da detti motivi di merito che non

più, esulano dalla previsione dell’art. 829 c.p.c.”
2.2 – Con il terzo mezzo si deduce violazione e falsa
applicazione degli artt. 829 e 808 c.p.c., per aver la
corte territoriale disatteso

il

principio

dell’autonomia della clausola compromissoria, estendendo alla stessa la nullità derivante dalla nullità della
delibera e, quindi, del contratto di prestazione
d’opera professionale.
Il quesito di diritto viene così specificato :

“Dica

codesta On. Corte se, nell’ipotesi di impugnativa di
lodo ex art. 829, n. 1, c.p.c., così come vigente alla
data dell’1.2.2003, sia legittimo l’accoglimento di
detta impugnativa sull’unico dichiarato presupposto che
sarebbe nullo il contratto in cui è contemplata la
clausola compromissoria”.
2.3 – Con il quarto motivo, infine, si prospetta vizio
di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione
su un punto decisione della controversia, ai sensi
dell’art. 360, primo comma, n. 5. C.p.c., in relazione
alle questioni inerenti alla validità e all’efficacia
della clausola compromissoria.

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possono trovare ingresso nel processo e che, per di

3 – I motivi sopra esposti, da esaminarsi congiuntamente in quanto fra loro intimamente connessi, sono infondati.
3.1 – Premesso che con la quarta censura si prospetta

sce alla ricostruzione della vicenda sotto il profilo
fattuale, ma contiene un esclusivo riferimento alle
questioni di natura giuridica inerenti alla vicenda in
esame (Cass., 30 marzo 2012, n. 5123; Cass., 22 maggio
2009, n. 11910), deve rilevarsi, in via generale, che
il ricorso è principàlmente incentrato sull’erronea declaratoria d’ufficio, nella sentenza impugnata, della
nullità della clausola compromissoria, non dedotta nel
corso del giudizio arbitrale, né per altro desumibile
dall’invalidità del contratto cui accede, in virtù del
noto principio dell’autonomia della convenzione arbitrale.
Tale deduzione sarebbe certamente meritevole di considerazione (sull’autonomia della clausola compromissoria, cfr. Cass., 12 marzo 1990, n. 2011; Cass., 20 giugno 2000, n. 8376; Cass., 8 febbraio 2005, n. 2529;
Cass., 31 ottobre 2011, n. 22608), se trovasse riscontro nella decisione impugnata. In essa, al contrario,
rilevatosi che con il primo motivo il Comune aveva denunciato la violazione, da parte degli arbitri, della
“normativa in ordine ai vincoli della finanza pubblica

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inammissibilmente un vizio motivazionale che non ineri-

nel non considerare che la delibera avente ad oggetto
l’incarico professionale era sostanzialmente priva di
copertura finanziaria”, si afferma la fondatezza della
censura, per altro già proposta davanti al Collegio ar-

3.2 – Vero è che, nel richiamare i termini della doglianza dell’ente territoriale, la Corte d’appello ha
fatto riferimento anche alla nullità della convenzione
arbitrale (” Afferma il Comune che la mancanza dì una
specifica copertura finanziaria determinerebbe la nullità della delibera in questione, con conseguente nullità del disciplinare stipulato dalle parti nonché della clausola compromissoria in esso contenuta”), ma è
sufficiente esaminare l’intera motivazione della decisione, fondata esclusivamente sulla nullità della delibera e – conseguentemente – del contratto inerente
all’incarico della prestazione professionale, per rendersi conto che tale ridondante accenno non sia stato
in alcun modo preso in considerazione dalla corte territoriale.
Invero la decisione impugnata è interamente incentrata
sull’applicazione dall’art. 284 del R.D. n. 383 del
1934, secondo cui le deliberazioni dei comuni, delle
province e dei consorzi che importino spese, debbono
indicare l’ammontare di esse e i mezzi per farvi fronte, nonché del successivo art. 288 dello stesso R.D.,

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bitrale.

che statuisce la nullità delle deliberazioni

“prese in

adunanze illegali, o adottate sopra oggetti estranei
alle attribuzioni degli organi deliberanti o che contengano violazioni di legge”.

la nullità della delibera, nullità che si estende al
contratto di prestazione d’opera professionale poi stipulato con il professionista, escludendone l’idoneità a
costituire titolo per il compenso.
Tale principio, del resto, è stato costantemente affermato da questa Corte (Cass., 10 giugno 2005, n. 12195;
Cass., 28 febbraio 2006, n. 2814; Cass. 26 maggio 2006,
n. 12636; Cass., 27 marzo 2008, n. 7966; Cass., 2 luglio 2008, n. 18144; Cass. 18 novembre 2008, n. 27406;
Cass., 28 dicembre 2010, n. 26202).
3.3 – Deve pertanto constatarsi che non sussistono i
vizi denunciati dal ricorrente, in quanto la Corte territoriale, rilevata la nullità del lodo in virtù della
violazione di regole di diritto relative al merito della controversia ritualmente dedotte dal Comune di Raffadali ai sensi della norma contenuta nell’art. 829,
secondo comma, c.p.c., nella formulazione vigente “ratione temporis”, nella fase rescissoria ha rigettato la
domanda dell’ing. Rizzo sulla base del consolidato
principio sopra richiamato.
4 – il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

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L’inosservanza delle suindicate prescrizioni determina

Le spese processuali seguono la soccombenza, e si liquidano – sulla base dell’attività validamente svolta :
studio della controversia e discussione – come da dispositivo.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali relative al presente
giudizio di legittimità, liquidate in C 7.200,00, di
cui C 7.000,00 per compensi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
prima sezione civile, il 29 maggio 2013.

P. Q. M.

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