Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4513 del 24/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 24/02/2011, (ud. 09/12/2010, dep. 24/02/2011), n.4513

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2726-2007 proposto da:

P.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CIPRO 77,

presso lo studio dell’avvocato RUSSILLO GERARDO, che la rappresenta e

difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 175, presso

lo studio dell’avvocato URSINO ANNA MARIA, (DIREZIONE AFFARI LEGALI

POSTE ITALIANE), che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 198/2006 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 06/02/2006 R.G.N. 1145/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/12/2010 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito l’Avvocato RUSSILLO GERARDO;

udito l’Avvocato MICELI MARIO per delega ANNA MARIA ROSARIA URSINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza dell’11/1/06 la Corte d’Appello di Salerno sezione lavoro rigettò l’appello proposto da P.G. avverso la sentenza emessa il 6/10/04 dal giudice del lavoro del Tribunale di Salerno, con la quale le era stata respinta la domanda formulata nei confronti della s.p.a Poste Italiane per l’accertamento della nullità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato in relazione al periodo 8/7/00 – 30/9/00 ai sensi dell’art. 8 del CCNL 26.11.94 per necessità di espletamento del servizio di sportelleria in concomitanza di assenze per ferie, nonchè in funzione di punte di più intensa attività stagionale e, per l’effetto, confermò la sentenza gravata e compensò tra le parti le spese del grado. La Corte salernitana pervenne a tale decisione dopo aver rilevato che le risultanze processuali, considerate nel loro complesso, avevano evidenziato l’effettività dell’esigenza sostitutiva posta a fondamento dell’assunzione a termine presso l’ufficio postale di (OMISSIS) nel suddetto periodo estivo in ossequio alla previsione collettiva summenzionata che, a sua volta, mutuava la propria legittimità dall’ampia delega di cui alla L. n. 56 del 1987, art. 23 mentre il limite temporale del 30/4/98 per il ricorso ai contratti a termine era stato previsto dalla stessa disciplina collettiva per la diversa ipotesi dei contratti stipulati per esigenze eccezionali legate al processo di trasformazione dell’ente.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso la P. affidando l’impugnazione a due motivi di censura. Resiste con controricorso la s.p.a Poste Italiane.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo di censura la ricorrente deduce la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione della L. n. 230 del 1962, oltre che della L. n. 56 del 1987, art. 23 sostenendo che, se per un verso è vero quanto ritenuto dal giudice d’appello circa il fatto che quest’ultima normativa permette alle organizzazioni sindacali di individuare altre ipotesi di stipula di contratti a termine rispetto a quelle tassativamente previste dalla prima, d’altra parte resta fermo il principio che il contratto a termine rappresenta pur sempre l’eccezione rispetto alla regola del contratto a tempo indeterminato. In particolare, la P. evidenzia che nella fattispecie, contrariamente a quanto ritenuto nell’impugnata sentenza, si era verificata la violazione della L. n. 230 del 1962, posto che la causale della sua assunzione a termine era stata genericamente riferita alle assenze del personale per concomitanza di ferie, peraltro per un periodo di ben tre mesi, e senza l’indicazione del dipendente da sostituire.

Il motivo è infondato.

Invero, questa Corte Suprema (cfr., da ultimo, Cass. 2 marzo 2007 n. 4933; conf. anche Cass. sez. lav. n. 18293 del 30/8/2007), decidendo su una fattispecie sostanzialmente simile a quella in esame (contratto a termine stipulato ex art. 8 ccnl 26.11.1994, in relazione alla necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno-settembre) ha cassato la sentenza di merito che aveva affermato la sussistenza dell’obbligo di indicare nel contratto a termine il nome del lavoratore sostituito avendo ritenuto la sussistenza di una violazione di norme di diritto e di un vizio di interpretazione della normativa collettiva.

In particolare la violazione di norme di diritto è stata individuata nella statuizione con la quale la sentenza di merito ha negato che l’ipotesi di contratto a termine introdotta dalla contrattazione collettiva fosse del tutto autonoma rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti assenti per ferie; tale statuizione del giudice di merito si pone in contrasto col principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte (Cass. S.U. 2 marzo 2006 n. 4588) secondo cui la L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 che demanda alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare – oltre le fattispecie tassativamente previste dalla L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1 e successive modifiche nonchè dal D.L. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 8 bis convertito con modificazioni dalla L. 15 marzo 1983, n. 79 – nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria delega in bianco a favore dei sindacati, i quali, pertanto, non sono vincolati alla individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge.

Inoltre, altre decisioni di questa Suprema Corte (cfr. ad esempio Cass. 6 dicembre 2005 n. 26678, Cass. 7-3-2008 n. 6204) hanno confermato la decisione di merito che, decidendo sulla stessa fattispecie, aveva ritenuto l’ipotesi di contratto a termine introdotta dalla contrattazione collettiva del tutto autonoma rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti assenti per ferie e interpretato l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo nel senso che l’unico presupposto per la sua operatività fosse costituita dall’assunzione nel periodo in cui, di norma, i dipendenti fruiscono delle ferie.

Infine, è stato anche affermato (v. Cass. 28-3-2008 n. 8122) che “l’unica interpretazione corretta della norma collettiva in esame (art. 8 ccnl 26-11-1994) è quella secondo cui, stante l’autonomia di tale ipotesi rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti in ferie, l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo non prevede come presupposto per la sua operatività l’onere, per il datore di lavoro, di provare le esigenze di servizio in concreto connesse all’assenza per ferie di altri dipendenti nonchè la relazione causale fra dette esigenze e l’assunzione del lavoratore con specifico riferimento all’unità organizzativa alla quale lo stesso è stato destinato”.

Il sopra citato orientamento, ormai costante, di questa Corte deve essere pienamente confermato atteso che le tesi difensive che si sono confrontate nelle fasi di merito e quelle oggi proposte all’attenzione della Corte non sono sorrette da argomenti che non siano già stati scrutinati nelle ricordate decisioni o che propongano aspetti di tale gravità da esonerare la Corte dal dovere di fedeltà ai propri precedenti, pur riguardanti la interpretazione di norme collettive (cfr. Cass. 29-7-2005 n. 15969, Cass. 21-3-2007 n. 6703).

2. Col secondo motivo la ricorrente denunzia la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del C.C.N.L del 26/11/94, degli Accordi integrativi del 25/9/97 e del 16/1/98, stipulati in virtù della L. n. 56 del 1987, art. 23 sul termine di durata. In pratica la ricorrente si duole del fatto che, ad onta del limite temporale del 30/4/98 fissato dagli accordi integrativi per il ricorso alla tipologia del contratto a termine, il contratto di assunzione del 7/7/00 che la riguardava era stato concluso per il periodo 1/7/00 – 30/9/00, vale a dire in epoca successiva alla scadenza del termine per l’adozione di siffatti contratti. Anche tale motivo è infondato, in quanto la ricorrente trascura la circostanza fondamentale rappresentata dal fatto che il predetto limite temporale del 30/4/98 era riferito ad ipotesi diversa da quella oggetto di causa, tanto più che tale questione è stata risolta dal giudice d’appello con specifica motivazione avverso la quale difetta ogni argomentazione di censura specifica: la Corte territoriale ha, infatti, evidenziato che il limite del 30/4/98 era stato previsto per la diversa ipotesi, di cui all’art. 8 del citato ccnl, della stipula di contratti a termine per esigenze eccezionali legate al processo di trasformazione e ristrutturazione dell’ente. Si osserva, infatti, che l’accordo del 25 settembre 1997, nell’aggiungere l’ipotesi delle esigenze eccezionali, ha confermato la volontà congiunta delle parti stipulanti di ritenere tuttora legittimamente operanti le altre ipotesi, tra cui quella dell’assenza per ferie, previste dall’art. 8 del c.c.n.l. del 1994; tale volontà di ritenere vigente quest’ultima ipotesi a prescindere da limitazioni di carattere temporale ha trovato esplicita conferma nell’accordo 27 aprile 1998 che estende al mese di maggio, limitatamente all’anno 1998, il periodo di ferie di cui all’art. 8 del c.c.n.l. del 1994.

Infatti, l’estensione al mese di maggio 1998 del periodo di ferie previsto dall’art. 8 del c.c.n.l. del 1994 (inizialmente fissato al periodo giugno – settembre) dimostra l’implicito riconoscimento dell’operatività dell’ipotesi legittimante la stipulazione di contratti a termine per necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie anche per i successivi mesi estivi del 1998 (e per i successivi periodi feriali), a prescindere da ulteriori accordi autorizzatori; deve osservarsi da ultimo che la suddetta interpretazione non si pone in contrasto con la sopra citata norma di cui all’art. 87 del c.c.n.l. del 1994, la quale fa salve le diverse decorrenze fissate per singoli istituti.

Il fatto che il limite del 30/4/98 era stato previsto esclusivamente per la diversa ipotesi, di cui all’art. 8 del citato ccnl, della stipula di contratti a termine per esigenze eccezionali legate al processo di trasformazione e ristrutturazione aziendale oltre che di rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di trattativa, trova riscontro anche in una recente pronunzia di questa Corte, resa in un caso analogo riflettente l’ulteriore ipotesi, prevista dallo stesso accordo collettivo, dell’assunzione a termine in punte di più intensa attività stagionale. Si è, infatti, accertato (Cass. sez. lav. n. 16302 del 12/7/2010) che “in tema di contratto a termine dei dipendenti postali l’assunzione per “punte di più intensa attività stagionale”, rientra nell’originaria formulazione dell’art. 8 del c.c.n.l. del 1994 ed è una ipotesi di contratto a termine direttamente introdotta dalla contrattazione collettiva, che ha natura autonoma non solo rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti assenti per ferie ai sensi della l.

n. 230 del 1962, ma anche rispetto ai vincoli cui è sottoposta la fattispecie introdotta dall’accordo integrativo 25/9/1997 (le cd.

esigenze eccezionali). Pertanto deve essere escluso per le “punte stagionali” il limite temporale del 30/4/1998 previsto per l’assunzione per esigenze eccezionali, in quanto l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo contempla, quale unico presupposto per la sua operatività, l’assunzione in periodo caratterizzato da intensa attività di servizio. Ne discende che il giudice di merito è tenuto unicamente a verificare se sussistano elementi di fatto tali da supportare l’esistenza delle “punte” richieste dal CCLN.” Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di eURO 2000,00 per onorario, oltre IVA, CPA e spese generali ai sensi di legge, nonchè alle spese di causa in Euro 15,00.

Così deciso in Roma, il 9 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2011

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