Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4513 del 24/02/2010

Cassazione civile sez. lav., 24/02/2010, (ud. 13/01/2010, dep. 24/02/2010), n.4513

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BALLETTI Bruno – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 18350-2006 proposto da:

S.L., + ALTRI OMESSI

), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA VAL GARDENA 3,

presso lo studio dell’avvocato DE SANCTIS ERNESTO, rappresentati e

difesi dall’avvocato SAVOLDI MASSIMO, giusta mandato a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

BANCA ANTONIANA POPOLARE VENETA S.P.A. in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliatA in ROMA, CORSO

VITTORIO EMANUELE II 326, presso lo studio dell’avvocato SCOGNAMIGLIO

RENATO, che lo rappresenta e difende, giusta mandato a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 454/2005 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 24/06/2005 R.G.N. 590/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/01/2010 dal Consigliere Dott. GIANFRANCO BANDINI;

udito l’Avvocato SAVOLDI MASSIMO;

udito l’Avvocato PORCELLI VINCENZO per delega RENATO SCOGNAMIGLIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

S.L., + ALTRI OMESSI ex dipendenti (o loro aventi causa) della Banca Nazionale dell’Agricoltura, poi incorporata nella Banca Antoniana Popolare Veneta, convennero in giudizio l’ex datrice di lavoro avanti al Tribunale di Milano, per sentirla condannare al pagamento di quanto dovuto a ciascuno di loro in forza delle prestazioni della polizza Ina, stipulata in ottemperanza al disposto del R.D.L. n. 5 del 1942, art. 4 così come modificata il 18.5.1946, stante l’impegno assunto dalla parte datoriale, e disatteso in prosieguo di tempo, di versare l’intera indennità di anzianità annua come premio annuo per ciascuno dei dipendenti, compreso il rendimento derivante dagli importi relativi ai premi unici di ingresso e agli aumenti di stipendio verificatisi nel corso del rapporto.

Il Giudice adito respinse il ricorso e la Corte d’Appello di Milano, con sentenza del 12.5 – 24.6.2005, rigettò il gravame proposto dagli originari ricorrenti.

A sostegno del decisum la Corte territoriale osservò che il “congelamento” del capitale assicurato, attuato dalla Banca nel 1950 e costituente revoca del contratto a favore di terzi a suo tempo stipulato, era da ritenersi efficace nei confronti di coloro che, siccome assunti successivamente alla stipula della convenzione, non avrebbero potuto dichiarare di volerne approfittare; inoltre la revoca della precedente concessione, “attuata senza contrasti mediante un comportamento concludente, consistito nella mancata corresponsione, per un tempo ormai lunghissimo, degli importi aggiuntivi”, a prescindere dalla revoca che sarebbe stata contenuta in una circolare del 1955, rendeva irrilevante la questione riguardante la natura di semplice fotocopia di tale documento, peraltro non contestato nella sua corrispondenza con l’originale.

Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, S. L., + ALTRI OMESSI hanno proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi, depositando memoria.

L’intimata Banca Antoniana Popolare Veneta spa ha resistito con controricorso, illustrato con memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità del controricorso, siccome non corredato, sia a margine (come pure indicato), sia in calce, della procura speciale a favore del difensore, nè risultando la stessa rilasciata con atto parte (artt. 365 e 370 c.p.c.).

2. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione di legge (R.D.L. n. 5 del 1942, artt. 2 e 4; art. 2712 c.c.), nonchè vizio di motivazione, deducendo che erroneamente la Corte territoriale aveva elevato l’inadempienza della Banca (ossia l’unilaterale ed illegittimo “congelamento”, con la conseguente mancata corresponsione degli importi aggiuntivi) a rango di condotta negoziale legittima, con ciò prescindendo altresì dalla questione relativa alla cosiddetta circolare abrogativa del 1955, rispetto alla quale, contrariamente a quanto ritenuto nella sentenza impugnata, era stata tempestivamente sollevata in prime cure, e riproposta in appello, eccezione sia di totale carenza di validità probatoria della semplice riproduzione fotocopiata in quanto tale, sia di non conformità della medesima ad alcun asserito originale; viene inoltre rilevata la particolare posizione del ricorrente P.B. G., siccome assunto, contrariamente agli altri ricorrenti, prima della data attribuita all'”elenco di circolare revocate” del 19.2.1955.

Con il secondo motivo, denunciando violazione dell’art. 91 c.p.c. i ricorrenti si dolgono dell’intervenuta compensazione delle spese.

3. Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 8182/1993, da cui il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi, dopo aver ricostruito il complesso sistema derivante dal R.D.L. 8 gennaio 1942, n. 5, convertito con modificazioni nella L. 2 ottobre 1942, n. 1251, hanno enunciato il principio di diritto secondo cui i contratti di assicurazione stipulati dal datore di lavoro in relazione al R.D.L. n. 5 del 1942, art. 4 per garantire ai singoli dipendenti un sistema di liquidazione dell’indennità di anzianità superiore al minimo legale, hanno natura di contratti a favore di terzi, rispetto ai quali, però, la facoltà, attribuita dall’art. 1411 c.c., allo stipulante, di revocare o modificare la statuizione prima che il terzo dichiari, nei confronti di entrambe le parti del contratto, di volerne profittare, è preclusa dal fatto che, nei modi suddetti, si introduce una variazione migliorativa del trattamento economico che, una volta accettata, sia pure tacitamente dai lavoratori, impegna alla sua osservanza entrambe le parti dei singoli contratti di lavoro, senza che su tale impegno influisca la proroga o la riapertura dei termini stabiliti, ai fini delle provvidenza in questione, dallo stesso R.D.L. n. 5 del 1942, ari. 8; pertanto, fino all’abrogazione delle norme relative al sistema del Fondo suddetto, operata dalla L. 29 maggio 1982, n. 297, art. 4 l’attuazione di tali provvidenze con contratti di assicurazione corrispondenti, nell’intento delle parti, ai requisiti posti dal R.D.L. n. 5 del 1942, art. 4 implica il persistente assoggettamento dei relativi rapporti a questa disposizione, con la conseguenza – atteso il richiamo ivi formulato al medesimo R.D.L. n. 5 del 1942, art. 2 – della sussistenza dell’obbligo legale del datore di lavoro di adeguare i premi dell’assicurazione ai successivi aumenti delle retribuzioni, indipendentemente dalla circostanza che un obbligo siffatto discenda o meno dallo stesso contratto di assicurazione;

mentre è escluso che il datore di lavoro possa revocare la rinuncia agli interessi o rendimenti su detti premi, una volta che essa sia stata da lui effettuata ed accettata dai dipendenti.

Quindi, come è stato condivisibilmente osservato (cfr. Cass., n. 2894/2007), con la predetta sentenza le Sezioni Unite della Corte hanno stabilito, da un lato, che l’obbligo del datore di lavoro di adeguare i premi dell’assicurazione ai successivi aumenti delle retribuzioni costituisce “un obbligo legale” derivante dal R.D.L. n. 5 del 1942, art. 4 “indipendentemente dalla circostanza che un obbligo siffatto discenda o meno dallo stesso contratto di assicurazione”; dall’altro lato hanno precisato che, per quanto riguarda la rinuncia operata dalla Banca al rendimento dei premi a seguito della convenzione aggiuntiva del 1946, la stessa “non può essere riguardata come rientrante tra i doveri imposti dal sistema normativo in esame, ma è l’oggetto di una fattispecie negoziale rispetto ad essa del tutto autonoma”, sicchè “è escluso che il datore di lavoro possa revocare la rinuncia agli interessi su detti premi, una volta che essa sia stata da lui effettuata ed accettata dai dipendenti.

4. Ne consegue che l’obbligo della Banca di adeguare i premi agli aumenti di retribuzione, derivando direttamente dal disposto del R.D.L. n. 5 del 1942, art. 4 non può essere posto nel nulla da una manifestazione unilaterale di volontà dello stipulante e continua ad operare in favore di tutti i dipendenti fino al 1982. Invece, l’obbligo della Banca di devolvere ai dipendenti gli interessi sui premi corrisposti all’assicuratore, trovando origine esclusivamente nella convenzione aggiuntiva del 18 maggio 1946, costituente essa stessa un contratto a favore di terzi, può essere revocato, a norma dell’art. 1411 c.c., fino al momento in cui il terzo non dichiari di volerne profittare.

5. Da tali considerazioni emerge anzitutto l’erroneità, in diritto, dell’assunto della sentenza impugnata secondo cui anche l’obbligo datoriale di adeguare i premi dell’assicurazione ai successivi aumenti delle retribuzioni potrebbe essere oggetto di revoca unilaterale. Per quanto invece concerne l’obbligo della Banca di devolvere ai dipendenti gli interessi sui premi corrisposti all’assicuratore, il mero riferimento alla durata temporale della mancata corresponsione non può costituire di per sè elemento conducente al fine di ritenere l’opponibilità della revoca in tal modo attuata ai dipendenti assunti successivamente, non spiegando affatto se, e in che termini, detti dipendenti sarebbero stati messi a conoscenza della suddetta tacita revoca e posti così in grado a loro volta di accettarla, dovendosi per contro ritenersi che gli stessi, pacificamente assunti dopo la convenzione del 18.5.1946, in difetto di elementi di giudizio di opposto segno, avessero per contro tacitamente dichiarato di voler profittare del beneficio loro concesso con tale atto.

Per ulteriore conseguenza potrebbe assumere rilevanza (contrariamente all’avviso della Corte territoriale, che, come detto, non ha esaminato le questioni, anche processuali, sollevate al riguardo) il contenuto della ridetta circolare del 1955, dovendo peraltro preliminarmente accertarsi se di tale documento, a fronte delle eccezioni svolte dagli odierni ricorrenti, possa tenersi conto ai fini del decidere.

Infatti ove dallo stesso, semprechè se ne possa tener conto ne presente giudizio, dovesse ricavarsi l’intervenuta comunicazione della riduzione del beneficio concesso ai lavoratori con la convenzione del 18 maggio 1946, i lavoratori assunti dopo l’emanazione di tale circolare sarebbero venuti a partecipare, come terzi beneficiari, ad una situazione in cui il diritto al rendimento premi era limitato al capitale assicurato al 1950, sicchè la manifestazione di volontà di costoro, ancorchè tacita, di volersi avvalere del beneficio, non potrebbe che riferirsi al minore vantaggio in quel tempo assicurato dagli stipulanti (cfr, in tal senso, Cass., nn. 16490/2004, 17221/2004, 17224/2004, 17270/2004, 2894/2007, cit.).

6. Non essendosi la Corte territoriale attenuta ai suddetti principi e risultando la motivazione adottata insufficiente rispetto all’indicato punto decisivo della controversia, il motivo all’esame va accolto. Ne consegue, restando assorbita la disamina del secondo motivo, l’accoglimento del ricorso e la cassazione dell’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa per un nuovo esame al Giudice indicato in dispositivo, che si atterrà ai principi enunciati e provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di Cassazione.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, dichiara inammissibile il controricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2010

 

 

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