Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4513 del 21/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 21/02/2020, (ud. 14/11/2019, dep. 21/02/2020), n.4513

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9747-2018 proposto da:

V.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

ALESSANDRO BELTRAME;

– ricorrente –

contro

L.C.G.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 15096/2017 del TRIBUNALE di UDINE, depositata

il 06/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/41/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA

ACIERNO.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Udine, in funzione di giudice di Appello, ha rigettato l’impugnazione proposta da V.A. avverso la sentenza del giudice di Pace con la quale l’appellante è stato condannato a pagare all’ex coniuge L.C.G. la somma di E 2.229,35 a titolo di rimborso, nella misura del 50% delle spese straordinarie sostenute nell’interesse dei quattro figli delle parti, secondo la ripartizione stabilita nel verbale di omologa della separazione consensuale e nella sentenza di divorzio.

A sostegno della decisione il Tribunale ha affermato:

sull’eccezione di difetto d’interesse perchè l’attrice era già in possesso di titolo esecutivo, viene rilevato che per principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, ove l’inadempienza si riferisca all’obbligo di contribuzione alle spese straordinarie sostenute nell’interesse dei figli si rende necessaria l’acquisizione di un titolo esecutivo specifico.

Nel merito è infondata l’eccezione relativa alla mancata concertazione preventiva tra i coniugi in relazione alle spese sostenute, essendo state provate le voci di credito mentre in relazione all’attività sportiva risulta emersa la corresponsione in passato da parte del padre di esborsi relativi all’attività stessa.

E’ stato, infine, accolto l’appello incidentale sia in relazione all’errata statuizione di compensazione delle spese processuali del primo grado, attesa la soccombenza pressochè integrale del convenuto in primo grado che all’applicazione dell’art. 96 c.p.c., dal momento che la domanda di responsabilità aggravata non è assoggettata al regime di preclusioni assertive proprie del giudizio di primo grado.

Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione V.A. affidato a cinque motivi accompagnati da memoria. La parte intimata non ha svolto difese.

Nel primo motivo viene riproposta la censura relativa al difetto d’interesse per il pregresso possesso di titolo esecutivo costituito dall’omologa della separazione personale e dalla sentenza di divorzio.

La censura è manifestamente infondata, dal momento che, contrariamente a quanto rilevato in ricorso e ribadito in memoria, la giurisprudenza di legittimità ha costantemente affermato che “In materia di assegno di mantenimento, nel caso in cui il coniuge onerato alla contribuzione delle spese straordinarie, sia pure pro quota, non adempia, al fine di legittimare l’esecuzione forzata, occorre adire nuovamente il giudice affinchè accerti l’effettiva sopravvenienza degli specifici esborsi contemplati dal titolo e la relativa entità. (Cass. 1758 del 2008 cui sono seguite Cass. 4543 del 2011; 1161 del 2017, in quest’ultima pronuncia si ritiene necessario l’accertamento giudiziale quando le somme da pagare non siano determinate o determinabili in base al titolo con un semplice calcolo aritmetico). L’orientamento richiamato dal ricorrente anche in memoria, così massimato: Il provvedimento con il quale, in sede di separazione, si stabilisce che il genitore non affidatario paghi, sia pure “pro quota”, le spese mediche e scolastiche ordinarie relative ai figli costituisce idoneo titolo esecutivo e non richiede un ulteriore intervento del giudice in sede di cognizione, qualora il genitore creditore possa allegare e documentare l’effettiva sopravvenienza degli esborsi indicati nel titolo e la relativa entità, salvo il diritto dell’altro coniuge di contestare l’esistenza del credito per la non riconducibilità degli esborsi a spese necessarie o per violazione delle modalità d’individuazione dei bisogni del minore. (cfr. anche Cass. 11316 del 2011) non si pone in contrasto con il primo dal momento che non esclude l’accertamento giudiziale a cognizione piena sulla debenza e quantificazione delle somme. Ne consegue che deve escludersi sia il difetto d’interesse della parte intimata, attrice in primo grado, per la scelta effettuata fin dall’inizio del giudizio di accertamento del proprio credito, sia il rischio di duplicazione di titoli esecutivi, comunque evidenziabile nei giudizi di opposizione esecutiva. Dalla giurisprudenza di legittimità emerge la pluralità di forme di tutela giudiziale rimesse alla parte creditrice a fronte dell’inadempimento del genitore obbligato, senza escludere la legittimità della scelta quando si ritenga necessario un accertamento a cognizione piena a fronte delle prevedibili contestazioni di controparte, nella specie effettivamente verificatesi.

Nel secondo motivo viene denunciato il vizio di omessa pronuncia in relazione all’eccezione avente ad oggetto la mancanza di accordo su alcune richieste di esborso.

La sentenza impugnata ha affrontato l’eccezione, affermando a pag. 9, di aver accertato (insindacabilmente trattandosi di valutazione scaturente dall’esame dei fatti) che vi era stato consenso sulle spese contestate.

Le altre censure impropriamente rubricate come in “ulteriore subordine” ed “in subordine” attengono prevalentemente (ad eccezione del punto n. 5 che contiene una censura autonoma) a contestazioni di merito, sulla natura e l’entità delle richieste. La dedotta violazione dell’art. 132 c.p.c. è manifestamente infondata, dal momento che la pronuncia impugnata non è priva di motivazione o fondata su motivazione apparente, essendo fondata sull’accertamento istruttorio svolto in primo grado (pag. 8 pronuncia impugnata) anche in relazione alla preesistenza del consenso alle spese suddette.

La censura rubricata “in estremo subordine” riguarda invece il regime delle spese processuali e denuncia l’illegittima determinazione delle spese del primo grado in quanto liquidate in misura superiore a quelle liquidate dal giudice di pace in corso di causa. La censura è manifestamente infondata alla luce del più recente orientamento di questa Corte così massimato:

In tema di patrocinio a spese dello Stato, qualora risulti vittoriosa la parte ammessa al detto patrocinio, il giudice civile, diversamente da quello penale, non è tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 133, e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente, ai sensi degli artt. 82 e 130 medesimo D.P.R., alla luce delle peculiarità che caratterizzano il sistema processualpenalistico di patrocinio a spese dello Stato e del fatto che, in caso contrario, si verificherebbe una disapplicazione del summenzionato art:. 130. In tal modo, si evita che la parte soccombente verso quella non abbiente sia avvantaggiata rispetto agli altri soccombenti e si consente allo Stato, tramite l’eventuale incasso di somme maggiori rispetto a quelle liquidate al singolo difensore, di compensare le situazioni di mancato recupero di quanto corrisposto e di contribuire al funzionamento del sistema nella sua globalità. (Cass. 22017 del 2018 cui è seguita Cass. 11590 del 2019),

Rimane da esaminare la censura rubricata a pag. 14 al n. 5. In essa il ricorrente lamenta la condanna per responsabilità aggravata inflittagli dal giudice di pace nonostante non fosse stato integralmente soccombente.

La censura è manifestamente fondata alla luce del costante orientamento di questa Corte secondo il quale il regime di responsabilità aggravata stabilito nell’art. 96 c.p.c. è compatibile esclusivamente con la piena soccombenza della parte. (Cass. 24158 del 2017). Deve precisarsi, al riguardo, che oggetto di censura è esclusivamente la statuizione sulla responsabilità aggravata relativa al giudizio di primo grado e non quella relativa al giudizio di secondo grado del Tribunale. Pertanto, in accoglimento della censura sopraindicata, la pronuncia impugnata deve essere cassata e, con pronuncia di merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, deve essere espunta la condanna dell’odierno ricorrente al pagamento della somma di Euro 222,93. Il regolamento delle spese di lite deve compiersi valutando l’esito complessivo del giudizio (Cass. 6259 del 2014; 17523 del 2011) che vede nettamente prevalente la soccombenza dell’originario convenuto V., il quale, peraltro, ha dato causa all’instaurazione del procedimento (Cass. 21069 del 2016). Egli deve pertanto essere condannato al rimborso in favore della controparte, e per essa dello Stato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 133, delle spese per entrambi i gradi di merito come liquidate dal tribunale. Le spese del giudizio di legittimità del ricorrente V. (la intimata L.C. non ha svolto difese) debbono restare a suo carico, per le ragioni sopraindicate.

P.Q.M.

Accoglie la censura sub. n. 5. Rigetta tutti gli altri motivi. Cassa la pronuncia impugnata e, decidendo nel merito, espunge dalla sentenza stessa la statuizione sub lettera a) del dispositivo, di condanna di V.A. ex art. 96 c.p.c. pari ad Euro 222,93, ferma la condanna al pagamento della restante somma. Condanna V.A. al pagamento in favore dello Stato delle spese di entrambi i gradi del giudizio di merito, nella misura liquidata nella sentenza impugnata. Dichiara irripetibili da V.A. le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2020

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