Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4512 del 26/02/2018


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 4512 Anno 2018
Presidente: DIDONE ANTONIO
Relatore: FERRO MASSIMO

Data pubblicazione: 26/02/2018

ORDINANZA

Sul ricorso proposto da:
OD
2g )

FALLIMENTO FRATELLI PROVENZALE s.r.I., in persona del curatore fall.
p.t., rappr. e dif. all’avv Francesco Fimmanò, elett.dom. in Roma, presso lo

i
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estensore cons. m. ferro

studio Sandulli & associati di Roma, in via XX Settembre n.3, come da procura
a margine dell’atto
– -icorrenteContro

ICOM s.p.a.
– intimato-

per la cassazione del decreto del Trib. Napoli 30.3.2012, n.506 in R.G. 36528;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 29
novembre 2017 dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;
il Collegio autorizza la redazione del provvedimento in forma semplificata,
giusta decreto 14 settembre 2016, n.136/2016 del Primo Presidente.

FATTI DI CAUSA
Rilevato che:
1.

FALLIMENTO FRATELLI PROVENZALE s.r.I., in persona del curatore

fall. impugna il decreto del Trib. Napoli 30.3.2012, n.506 in R.G. 36528, con
cui veniva parzialmente accolto il reclamo di ICOM s.p.a. avverso la mancata
maggiore ammissione al passivo e in prededuzione dei canoni relativi all’affitto

(di ramo) d’azienda da parte della curatela, per quanto qui di interesse
riconosciuti, in riforma del decreto denegativo del giudice delegato (che aveva
ammesso il credito per minor somma al chirografo), in 20.680 euro e nella
richiesta qualità, cioè sulle somme maturate dalla data del fallimento al rilascio
e nella misura pari ai canoni di contratto, oltre agli interessi legali con decorso
dal decreto collegiale al saldo;
2.

ha ritenuto il tribunale di premettere il principio per cui, in caso di

fallimento del conduttore di immobile e ai sensi dell’art.80 I.f., finché il curatore
non esercita il recesso, il locatore mantiene il diritto al pagamento dei canoni
locatizi come da previsione contrattuale, maturando un credito di massa, per
via della operatività ex nunc di tale atto, dunque da quando interviene; e nel
presupposto che comunque la penale prevista in contratto per la mancata
restituzione subir be la riduzione ad equità ex art.1384 c.c., nei limiti del
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estensore cons. m.ferro

letta la requisitoria del P.G. dott. Federico Sorrentino che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;

canone, il tribunale dichiarava non rilevante stabilire se il contratto fosse o
meno pendente alla data del fallimento, ai fini di disciplinare la vicenda ex
art.79 I.f. ed eventualmente riscontrare la revocabilità

ex art.67 I.f. della

risoluzione se avvenuta prima; con la decisione, tuttavia, veniva dato atto che
la curatela aveva “occupato il locale commerciale …ai fini dell’inventario dei
beni”, riconoscendo la “pendenza del contratto”; la domanda d’indennizzo ex

3.

il ricorso è su tre motivi, con i quali si contesta la pronuncia per: 1)

mancata applicazione dell’art.79 I.f., l’unica norma che si attagliava alla
fattispecie, ancorchè poi correttamente disattesa dal tribunale sotto il profilo
della tardività della domanda di indennizzo, giudicata inammissibile; 2)
violazione degli artt.72 I.f., 1456 c.c., 80 I.f., e vizio di motivazione, non avendo
il decreto tenuto conto che si era determinata con il fallimento la sospensione
del contratto e che una eventuale risoluzione pregressa rispetto al fallimento
necessitava di una più esplicita dichiarazione giudiziale, quale presupposto per
concedere la somma a penale, che comunque, nel caso, avrebbe avuto sorte in
mero chirografo; 3) violazione dell’art.111 I.f., in quanto non vi era stato
esercizio provvisorio e l’unica scelta per il curatore era di recedere dall’affitto
d’azienda, conseguendone la necessaria invocazione dell’art.79 I.f., però non
ccrrettamente domandata dal creditore.

RAGIONI DELLA DECISIONE
4.

premette il Collegio che il decreto, nel medesimo contesto e più

correttamente inteso alla luce di alcuni elementi di fatto addotti con il ricorso,
ha per un verso dichiarato applicabile la disciplina della locazione d’immobile di
cui all’art.80 I.f. e per altro qualificato il contratto da cui originava il godimento
dei locali commerciali proseguito dal curatore post fallimento siccome titolato
alla stregua di un affitto di ramo d’azienda, invero non restituito, finendo poi
per l’ammettere il credito del locatore in prededuzione per misura pari a quella
dei canoni del contratto e con calcolo dalla predetta dichiarazione di fallimento
al rilascio; nell’ambito di tale complessa e almeno duplice ratio decidendi, il
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estensore cons. m.ferro

art.79 I.f. era invece inammissibile, perché nuova;

tribunale ha evitato di confrontarsi con la questione della ipotetica risoluzione
ante fallimento dello stesso contratto, impugnata di revocabilità dalla curatela,
assegnando però portata decisiva al fatto in sé dell’occupazione de facto del
bene, protratta dal curatore;
5.

il primo motivo, laddove invoca la diversa disciplina dell’art.79 I.f.

ad una vicenda in cui il rilascio da parte del curatore dei locali equivale tuttavia,

d’azienda rinvenuto alla data della pronuncia della dichiarazione di fallimento,
non spiega effetti sulla decisione comunque assunta dalla pronuncia
napoletana; questa ha limitato – per la stessa ricostruzione operata dalla
curatela – il riconoscimento del debito maturato dopo il fallimento e
conseguente all’occupazione dei beni aziendali ad una somma parametrata
sulla entità del canone d’affitto, dunque in adesione lineare, al di là delle
premesse, proprio con l’istituto invocato in ricorso; nella determinazione di
quanto ammesso in prededuzione, infatti e a prescindere dalla tardività della
domanda ex art.79 I.f., assorbita all’evidenza dall’avere ICOM sin dalla
insinuazione chiesto l’ammissione di un credito in prededuzione per via della
mancata restituzione dei locali, il giudice ha enunciato con chiarezza i
riferimenti concreti alla fattispecie, adeguando il credito ad essa e dando conto
della condotta di non restituzione della curatela, obiettivamente considerata;
6.

sul punto, il ricorrente difetta dunque di interesse a conseguire una

rivisitazione di detta fissazione monetaria, non potendo giovarsi di alcun vizio
applicativo interno al congegno creditorio dell’art.79 I.f. (posto il netto richiamo
alla inammissibilità della domanda di ICOM, passata in giudicato) e
contraddicendo la richiesta di corretta disciplina dell’art.79 I.f. anziché
dell’art.80 I.f. ove la parte volesse sfuggire all’effetto, l’ammissione in
prededuzione del credito, presupposto dal giudice di merito e da questi
riscontrato in fatto per come derivante dalla non restituzione dei locali in cui
era stata esercitata e prefigurata in contratto la gestione dell’azienda data in
affitto alla società fallita;
7.

il secondo e il terzo motivo sono inammissibili, posto il richiamato

accertamento di fatto condotto dal tribunale, che ha inequivocamente dato

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per come apprezzato dal giudice di merito, alla scelta di non proseguire l’affitto

cpnto di un rilascio da parte della curatela dei locali commerciali solo successivo
al fallimento, in ciò rinvenendo la conclusione in ogni caso della vicenda
contrattuale preg ressa .
Il ricorso va dunque complessivamente respinto.
P.Q.M.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29 novembre 2017.

il Presidente
dott. AntoniociDidione

EFN:
IN

F

La Corte rigetta il ricorso.

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