Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4512 del 22/02/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 4512 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: CAPPABIANCA AURELIO

Data pubblicazione: 22/02/2013

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
in persona del direttore pro

AGENZIA DELLE ENTRATE,
tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei

Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello
Stato, che le rappresenta e difende;

ricorrente

contro
SALCA S.R.L.,

in persona del legale rappresentante pro

tempore;

per la cassazione della

intimata

sentenza della Commissione

tributaria regionale della Sardegna, sez. IX,
depositata il 15 maggio 2007.

n. 88,

■r”

R.G. 22.602/07

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19.12.2012 dal consigliere relatore dott.
Aurelio Cappabianca;
udito, per l’Agenzia ricorrente, l’avvocato dello Stato
Francesco Meloncelli;

generale dott. Pasquale Fimiani, che ha concluso per
raccoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
Il fallimento della società contribuente propose
ricorsi avverso avvisi di accertamento ilor ed irpeg
per gli anni 1993, 1994, 1995 e 1996 emessi
dall’Ufficio sulla scorta di p.v.c. redatto in data 24,
25 e 26 maggio 2000.
A fondamento dei ricorsi, il Fallimento deduceva,
in via preliminare, la nullità dell’attività
accertativa dell’Ufficio, per violazione dell’art. 52,
comma 5, d.p.r. 633/1972, poiché l’Ufficio aveva
indebitamente interpretato come rifiuto la difficoltà
del curatore ad esibire la documentazione al momento
dell’accesso e, conseguentemente, non gli aveva
concesso termine per produrre gli atti temporaneamente
indisponibili. Contestava, inoltre, la fondatezza di
tutti i rilievi, sia di ordine formale che sostanziale,
e produceva

“scritture contabili e documentazione

udito il P.M., in persona del sostituto procuratore

R.G. 22.602/07
reperite successivamente all’accesso presso lo studio
del curatore”.
L’adita commissione provinciale, riuniti i ricorsi,
li accolse, annullando gli accertamenti impugnati
perché i verificatori avevano

“erroneamente considerato

atti

contabili”

e, in esito all’appello dell’Agenzia,

la decisione fu confermata dalla commissione regionale.
Avverso la decisione di appello, l’Agenzia ha
proposto ricorso per cassazione in quattro motivi.
Il Fallimento non si è costituito
Motivi della decisione
I giudici di appello affermano l’illegittimità
degli atti impugnati, ritenendo non sufficiente, nella
prospettiva di cui all’art. 32 d.p.r. 600/1973, il
termine di due giorni concesso al curatore fallimentare
per la presentazione di tutta la documentazione,
relativa alle ultime quattro annualità, non presente
nel suo studio all’atto dell’accesso ed arbitraria
l’assimilazione a “rifiuto” della conseguente omessa
esibizione della documentazione medesima, atteso anche
che tale comportamento proveniva da parte di un organo
terzo ed esterno, quale il curatore fallimentare, cui
non può ascriversi la volontà di sottrarsi
all’ispezione. Aggiunsero che

“dall’esame del documenti

come rifiuto la momentanea impossibilità di esibire gli

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prodotti, e nonostante la loro quantità, si può
ricavare la presenza, oltre ad alcuni registri fra cui
11

libro

degli

inventari,

soprattutto

dei

giustificativi di spesa la cui tassazione ha
rappresentato la parte più importante dell’accertamento

gli accertamenti notificati non corrispondano alla
reale situazione contabile dell’azienda negli anni dal
1993 al 1996, cosi come rappresentata dall’esame
complessivo della documentazione prodotta ed esaminata
dalla commissione; in pratica non si ravvisano
illegittimità così gravi, dal punto di vista
amministrativo, tali da innescare provvedimenti cosi
importanti e definitivi’.
Tale essendo

la motivazione della decisione

impugnata, con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia
deduce “violazione e falsa applicazione degli artt. 32.
39 e 42. d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600, dell’art.
52, quinto comma, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, e
dell’art. 2697 c.c..” e formula il seguente quesito di
diritto:

se

sia legittima l’attività di

accertamento eseguita dall’Ufficio tributario e fondata
sul mancato rinvenimento, in sede di accesso, di vari
libri contabili obbligatori e della documentazione
giustificativa di vari costi ripresi a tassazione,

contestato” e che “resta il fatto incontestabile che

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ancorché la verifica – a giudizio del giudici di merito
sia stata espletata e conclusa con “una fretta
inconsueta ed inspiegabile”.
Con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia deduce
“insufficiente ed illogica motivazione su fatti
anche perché la

decisione non avrebbe considerato che l’omissione si è
protratta anche nei periodo successivo, fino alla
redazione del p.v. di constatazione avvenuta in data 16
giugno 2000.
Le doglianze si rivelano inammissibili, poiché non
colgono la

ratio

della decisione impugnata, che, nel

suo nucleo essenziale, è costituita dalla ritenuta
arbitrarietà dell’assimilazione a “rifiuto”, operata
nell’atto impugnato, della mancata esibizione da parte
del curatore, nell’assegnato termine di due giorni,
della documentazione relativa alle ultime quattro
annualità non presente nel suo studio all’atto
dell’accesso.
Con il terzo motivo di ricorso, l’Agenzia – dedotta
“violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c..
dell’art. 2697 c.c.

e dell’art. 39. primo comma, d.p.r.

29 settembre 1973. n. 600,

ed

insufficiente

motivazione su fatti decisivi e controversi del
giudizio”

formula i seguenti quesiti di diritto:

controversi e decisivi del giudizio – ,

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a)

se incorre nei vizio di omessa valutazione delle

prove, e comunque in quello di insufficiente
motivazione su fatti controversi e decisivi del
giudizio, il giudice di merito che si limiti ad
affermare genericamente che la documentazione prodotta

fini della determinazione del reddito di esercizio; e
altresì b) “… se la dimostrazione dell’effettiva
esistenza di tali costi, operata dal contribuente nel
corso del giudizio, possa comportare l’illegittimità
dell’avviso di accertamento emesso dall’Ufficio
impositore a causa della mancata produzione della
prescritta documentazione giustificativa nella fase
amministrativa”.
Il motivo è fondato quanto al dedotto vizio di
motivazione, posto che, cosi come lamenta la
ricorrente, la decisione impugnata afferma in termini
del tutto generici ed assolutamente apodittici e senza
analiticamente contrastare le contrarie indicazioni in
proposito addotte dall’Agenzia, che la documentazione
prodotta dal Fallimento, seppur parziale e nemmeno
comprensiva di tutte le scritture obbligatorie, si
rivela, comunque, idonea a comprovare i giustificativi
di spesa la cui tassazione ha rappresentato la parte
più importante dell’accertamento contestato.

dalla parte giustifica i costi portati in deduzione ai

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Il motivo è, invece, inammissibile quanto alla
doglianza sintetizzata nel quesito di cui alla lett.
b), non cogliendo, questa, la

ratio

della decisione,

laddove prospetta che l’impossibilità di avvalersi di
documentazione non esibita in sede di accesso non vale

Con il quarto motivo di ricorso, l’Agenzia
dedotta “violazione e falsa applicazione dell’art. 112
c.p.c.” – rileva come

“gli accertamenti effettuati in

relazione agli anni 1993 e 1994 si fondavano, oltre che
sul recupero a tassazione

del

costi non giustificati,

anche sulla rilevata eccedenza di accantonamenti al
fondo rischi su crediti dedotti in precedenti esercizi
e non assoggettati a tassazione in precedenti esercizi
e che tali rilievi, non esaminati affatto dai primi
giudici, erano stati riproposti all’esame della C.T.R.
con l’atto di appello, con cui l’Ufficio aveva
richiesto, tra l’altro, di valutare “la fondatezza
degli ulteriori rilievi specificamente contestati alla
parte”.
Alla luce delle incontrastate indicazioni fornite
dall’Agenzia in ricorso, nel rispetto del criterio
dell'”autosufficienza”, la doglianza si rivela fondata,
atteso che la questione richiamata, ritualmente
riproposta in appello non risulta esaminata e decisa

per il curatore.

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R.G. 22.602/07
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dal giudice a quo.
Alla stregua delle considerazioni che precedono,
s’impongono il rigetto del primo e del secondo motivo
di ricorso e l’accoglimento del terzo, con riguardo al
dedotto vizio di motivazione, e del quarto motivo di

La sentenza impugnata va, dunque, cassata, in
relazione, con rinvio della causa, anche per la
regolamentazione delle spese del presente giudizio di
legittimità, ad altra sezione della Commissione
tributaria regionale della Sardegna.
P.Q.M.
La Corte: rigetta il primo ed il secondo motivo di
ricorso ed accoglie il terzo, con riguardo al dedotto
vizio di motivazione, ed il quarto motivo di ricorso;
cassa, in relazione, la sentenza impugnata e rinvia

bié-fla causa, anche per la regolamentazione delle spese
del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione
della Commissione tributaria regionale della Sardegna.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 19
dicembre 2012.

ricorso.

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