Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4512 del 11/02/2022

Cassazione civile sez. un., 11/02/2022, (ud. 25/01/2022, dep. 11/02/2022), n.4512

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Primo Presidente f.f. –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente di Sez. –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6715/2021 proposto da:

CONSORZIO INTERPROVINCIALE DEL TERRITORIO DEI TRULLI E DELLE GROTTE,

in persona del Commissario Liquidatore pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA L. MANTEGAZZA 24, presso il Dott. MARCO

GARDIN, rappresentato e difeso dall’avvocato ALFREDO CAGGIULA;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI OSTUNI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA GOLAMETTO 4, presso lo studio dell’avvocato

LORENZO GIUA, rappresentato e difeso dall’avvocato ALFREDO

TANZARELLA;

REGIONE PUGLIA, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso la Delegazione

Romana della Regione, rappresentata e difesa dall’avvocato MIRIA

VIGNERI;

– controricorrenti –

e contro

M.D.;

– intimato –

per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n.

870/2019 del TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE di LECCE.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/01/2022 dal Consigliere Dott. LOREDANA NAZZICONE;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ANNA MARIA SOLDI, il quale chiede che la Corte di cassazione, in

Camera di consiglio, affermi che la giurisdizione appartiene al

giudice ordinario.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Comune di Ostuni ha proposto ricorso innanzi al T.a.r. Lecce il 3 giugno 2019 avverso il Consorzio interprovinciale del territorio dei Trulli e delle Grotte, chiedendo dichiararsi la nullità o annullarsi la Delib. assunta dal commissario liquidatore del Consorzio il 2 aprile 2019, n. 2, con la quale è stata posta a carico del Comune ricorrente la somma di Euro 194.435,34, e l’accertamento della inesistenza dei poteri in capo al commissario medesimo.

Ha resistito ivi il Consorzio, chiedendo dichiararsi inammissibile o comunque infondato il ricorso.

Si sono costituiti la Regione Puglia e M.D., commissario liquidatore del consorzio.

Con ricorso notificato in data 11 marzo 2021, il Consorzio interprovinciale del territorio dei Trulli e delle Grotte ha proposto regolamento preventivo di giurisdizione, ai sensi dell’art. 41 c.p.c., chiedendo dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinario.

Hanno depositato controricorsi il Comune di Ostuni e la Regione Puglia.

Il Procuratore generale ha depositato le conclusioni scritte, chiedendo del pari affermarsi la giurisdizione ordinaria.

Il Consorzio e la Regione Puglia hanno depositato la memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – La controversia è devoluta alla giurisdizione ordinaria.

Giova premettere che la pronuncia nelle more di una sentenza amministrativa di primo grado, per mancata sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 367 c.p.c., lascia sussistere l’ammissibilità del regolamento, in forza del principio di diritto, secondo cui, proposto regolamento preventivo di giurisdizione, la sentenza emessa, nelle more, dal giudice di merito è condizionata alla conferma del potere giurisdizionale e, dunque, non preclude la decisione sul regolamento medesimo in quanto inidonea a far venire meno l’interesse del ricorrente a coltivare il regolamento (e multis, Cass., sez. un., 11 maggio 2018, n. 11576; 16 maggio 2014, n. 10823; 22 settembre 2003, n. 14070; 17 dicembre 1999, n. 905).

2. – Con il ricorso innanzi al T.a.r. Lecce, il Comune di Ostuni, nel domandare l’accertamento della nullità o l’annullamento della deliberazione del 2 aprile 2019, n. 2 assunta dal commissario liquidatore del Consorzio, nonché l’accertamento dell’inesistenza dei poteri in capo al commissario medesimo, ha dedotto che:

– il Consorzio interprovinciale fu costituito dalla Regione Puglia il 7 ottobre 1978 e fu da essa posto in liquidazione il 1 luglio 1991;

– l’ultimo commissario è stato il Dott. M.D., nominato in data 10 dicembre 2002 sino al 31 dicembre 2002;

– nel bilancio al 31.12.2018, approvato con Delib. del Commissario n. 2 del 2019, risulta posta a carico del Comune ricorrente la somma di Euro 194.435,34.

Pertanto, con riguardo a detta deliberazione il Comune di Ostuni ha dedotto la sussistenza di vizi, compendiati nei seguenti motivi:

1) nullità della deliberazione per violazione della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 21-septies in quanto emessa da un soggetto privo di poteri ed in totale carenza di essi, con travolgimento di tutti gli atti compiuti;

2) in subordine, violazione del R.D. 3 marzo 1934, n. 383, artt. 156 e 164, Approvazione del testo unico della Legge Comunale e provinciale (in seguito abrogati dal D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267), perché il commissario ha consentito il recesso di taluni comuni, previe transazioni con i medesimi, in tal modo illecitamente ridistribuendo l’intero carico residuo dei costi consortili in capo ai comuni residui;

3) ancora in subordine, violazione del divieto di compiere nuove operazioni durante lo stato di liquidazione dell’ente, con aumento della situazione debitoria.

Nel costituirsi innanzi al T.a.r. di Lecce, il Consorzio interprovinciale ha rilevato, fra l’altro, che l’incarico al predetto commissario è stato prorogato sino al 31 dicembre 2011, quando la Regione ha ritenuto non più necessario disporre altre proroghe, restando egli in carica sino al termine della liquidazione, in regime di c.d. prorogatio di fatto del pubblico funzionario.

Nel controricorso in sede di regolamento di giurisdizione, il Comune di Ostuni ha dichiarato l’avvenuta rinuncia, innanzi al T.a.r., al secondo ed al terzo motivo di ricorso.

3. – La giurisdizione si determina alla luce del petitum sostanziale fatto valere in giudizio: la giurisdizione va determinata, invero, sulla base della domanda e, ai fini del relativo riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo, rileva non già la prospettazione compiuta dalle parti, bensì il petitum sostanziale, il quale deve essere identificato non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, quanto, piuttosto, della causa petendi, ossia dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati (tra le molte, Cass., sez. un., 15 gennaio 2021, n. 615; 20 novembre 2020 n. 26500, 28 febbraio 2019 n. 6040).

4. – Secondo il D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, art. 7,Codice del processo amministrativo, sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie nelle quali si fa questione di interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi “concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni” (comma 1), per tali intesi “anche i soggetti ad esse equiparati o comunque tenuti al rispetto dei principi del procedimento amministrativo” (comma 2).

Quanto alle materie di giurisdizione esclusiva, sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo numerose controversie, fra le quali non rientra tuttavia quella in esame.

4.1. – Nella specie, il petitum sostanziale risulta integrato dalla contestazione dell’esistenza del debito, come risultante dal bilancio consortile, la cui sussistenza viene asserita in capo al Comune dal Consorzio interprovinciale, a titolo di contributi consortili, ma da quello negata.

Si tratta, dunque, di una controversia nella sostanza di natura patrimoniale, per la quale la giurisdizione appartiene al giudice dei diritti.

4.2. – Neppure la prospettazione, contenuta nel ricorso introduttivo, come volto all’accertamento della invalidità della deliberazione assunta dal commissario liquidatore del consorzio, in quanto emanata in carenza assoluta di poteri pur in concreto esercitati, induce a diversa conclusione: anzi, tale prospettazione è tale da rinforzare la conclusione dell’appartenenza della giurisdizione al giudice ordinario.

Il consorzio interprovinciale in discorso è un ente pubblico strumentale, il quale è volto con la sua attività al perseguimento di un pubblico interesse.

4.2.1. – Per le ipotesi di assenza di un regolare atto di investitura del pubblico funzionario ed altre equiparate è stata elaborata la nota teoria del c.d. funzionario di fatto, avente il fine di preservare la validità dei suoi atti, sebbene posti in essere in carenza di potere.

Tale è il soggetto che, secondo l’elaborazione giurisprudenziale, abbia svolto funzioni senza un atto di investitura o in presenza di un atto invalido o caducato, ma dove l’esigenza generale di tutela di un affidamento dei terzi induce a considerare, in una sorta di fictio iuris, comunque validi gli atti compiuti.

Come da tempo chiarito, il c.d. “funzionario di fatto” o “funzionario apparente” è figura che, inquadrata nell’ambito dell’ente pubblico, esercita un potere inesistente, i cui atti mantengono la propria validità, pur in presenza d’irregolarità nell’investitura e d’inefficacia della nomina del funzionario, stanti la diretta riferibilità degli atti stessi all’ente pubblico e l’esigenza di tutelare coloro che in buona fede abbiano avuto rapporti con il funzionario medesimo, dunque in presenza dell’esigenza di tutela del legittimo affidamento del privato, che in buona fede abbia avuto rapporti con il predetto funzionario, in realtà privo del potere esercitato in nome e per conto dell’ente pubblico.

I presupposti di essenzialità ed indifferibilità dell’esercizio della funzione e l’esigenza di tutela dell’affidamento dei terzi sono quelli che consentono di applicare i principi di diritto amministrativo relativi alla figura del c.d. funzionario di fatto.

Tale teorica permette, dunque, la salvezza – in via eccezionale degli atti da questi computi, allorché l’investitura dello stesso si sia palesata ex post irregolare od inefficace, ma ciò unicamente con riguardo agli effetti favorevoli dell’attività posta in essere, che il privato invochi a proprio vantaggio nei confronti della p.a..

A tale configurazione osta, da un lato, l’esistenza di una specifica controversia volta ad impugnare quell’atto; e, dall’altro lato, l’insussistente esigenza di tutela dell’affidamento del terzo che abbia confidato in buona fede nella validità dell’atto ai fini di un ampliamento in positivo della sua sfera giuridica, in quanto, al contrario, dalla validità dell’atto mediante la teoria de qua il terzo riceverebbe, invece, un danno.

Molte pronunce del giudice di legittimità hanno delineato tali presupposti (Cass. 27 aprile 2011, n. 9385; Cass. 19 ottobre 2006, n. 22492; Cass. 19 ottobre 2006, n. 22493; Cass., sez. un., 22 dicembre 2003, n. 19667; Cass. 18 dicembre 1995, n. 12910).

Dal suo canto, il giudice amministrativo ha da tempo enunciato la teoria del cosiddetto “funzionario di fatto”, consistente nel riconoscimento della legittimità dell’esercizio delle funzioni da parte di un organo o di un soggetto pur in mancanza di una regolare investitura, e degli atti emessi nell’esercizio di tali funzioni. Tuttavia, essa trova possibilità di applicazione, solo quando si tratti di esercizio di funzioni essenziali o indifferibili, che per loro natura riguardino i terzi con efficacia immediata e diretta, e si fonda sull’esigenza di garantire i diritti del privato o dei terzi che, in buona fede, vengono a contatto col funzionario medesimo. Onde l’istituto trova due ordini di limiti: l’uno derivante dal fatto che l’interessato insorga negando il potere del funzionario che ha emesso l’atto, e l’altro derivante dall’esigenza di tutela della buona fede del terzo (cfr., tra le altre, Cons. Stato, sez. IV, 29 agosto 2019, n. 5985; sez. IV, 29 agosto 2019, n. 5985; sez. V, 6 novembre 2017, n. 5092; sez. VI, 9 aprile 2015, n. 1782; sez. VI, 27 aprile 2015, n. 2116; sez. IV, 30 aprile 1999, n. 749; sez. IV, 20 maggio 1999, n. 853).

Gli atti adottati dal funzionario di fatto conservano, pertanto, valore giuridico, almeno fino al momento in cui non si dichiari la nullità o sia annullato dell’atto di investitura illegittimo o l’atto del medesimo funzionario: peraltro, come esposto, la teoria del funzionario di fatto trova due ordini di limiti, l’uno derivante dalla circostanza che l’interessato insorga negando il potere di chi ha emesso l’atto e l’altro proprio della tutela della buona fede del terzo, potendo la detta teoria essere invocata a vantaggio del terzo, ma non a danno del medesimo.

Pari elaborazione accoglie il giudice contabile (fra le altre, es. Corte Conti, sez. giur. reg. Lazio, 8 settembre 2010, n. 1724; Corte Conti, sez. I giur. centr. app., 5 agosto 2008, n. 361; Corte Conti, sez. giur. reg. Puglia, 7 ottobre 2005, n. 788).

In tal modo, tutte le giurisdizioni hanno condotto a delineare la figura ed i limiti di applicazione della figura.

4.2.2. – Nella situazione prospettata nel caso in esame, il Comune di Ostuni contesta la validità della decisione commissariale di approvazione del bilancio del Consorzio, in quanto ritenuta lesiva dei propri diritti, in thesi avendo essa illecitamente distribuito i costi consortili soltanto tra alcuni Comuni consorziati e non tra tutti quelli che (nell’esplicito assunto, fra l’altro, del Consorzio stesso) sono tuttora comunque ad esso aderenti, in mancanza di una deliberazione regionale che abbia sancito la legittimità ed efficacia del rispettivo recesso, come statuì il Consiglio di Stato in merito al Consorzio in esame (Cons. Stato, sez. V, 13 ottobre 2005, n. 5660; sez. V, 11 marzo 2005, n. 1037).

In mancanza della stessa possibilità di configurare tale fattispecie, l’asserita mancanza di poteri in capo al commissario liquidatore è dunque tale da confermare la giurisdizione del giudice ordinario.

Si deve, infine, richiamare quanto affermato già da queste Sezioni unite in altra controversia, afferente il medesimo Consorzio e sempre relativa alla debenza ed al quantum dei contributi dovuti dai comuni consorziarti (Cass., ord., sez. un., 22 dicembre 2009, n. 26972), secondo cui, con riguardo alla pretesa verso il Comune di partecipare ai costi maturati nell’ambito della gestione consortile, prima e dopo la messa in liquidazione, si controverte di una posizione di diritto soggettivo, proprio perché “si tratta di stabilire non tanto se c’e’ stato un cattivo uso di un potere autoritativo ma piuttosto se la richiesta (e i corrispondenti atti del commissario liquidatore) siano stati emessi in carenza di potere”.

La controversia si palesa nella sostanza di natura privatistica, avendo ad oggetto la relazione intersoggettiva tra il Consorzio ed il Comune partecipante: il Comune, con gli atti impugnati dal Consorzio innanzi al T.a.r. Lecce, non ha dedotto un cattivo uso di un potere pubblicistico, ma ha contestato in radice la sussistenza di un potere da parte del Consorzio, al fine di tutelare il proprio diritto soggettivo a non essere obbligato a prestazioni patrimoniali fuori dei casi previsti dalla legge.

Dunque, non si verte sulla estrinsecazione di poteri autoritativi, attenendo la domanda oggetto del giudizio – essenzialmente e sostanzialmente, ed al di là della sua letterale formulazione – a posizione di diritto soggettivo.

5. – In conclusione, va dichiarata la giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria. Le spese del giudizio di regolamento vanno rimesse al giudice di merito.

P.Q.M.

La Corte, a Sezioni Unite, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, demandando al medesimo la liquidazione delle spese di regolamento.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2022

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