Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4511 del 21/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 21/02/2020, (ud. 27/09/2019, dep. 21/02/2020), n.4511

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 224-2019 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato DIEGO GIUSEPPE PERRICONE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1332/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata l’08/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ALBERTO

PAZZI.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con ordinanza del 21 novembre 2016 il Tribunale di Catania dichiarava inammissibile il ricorso presentato D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, da S.M. per tardività, in quanto il provvedimento di rigetto emesso dalla commissione territoriale a motivo della manifesta infondatezza della domanda di protezione presentata doveva essere impugnato nel termine ridotto di quindici giorni dalla notifica del provvedimento amministrativo di diniego previsto dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, applicabile ratione temporis;

la Corte d’appello di Catania, con sentenza dell’8 giugno 2018, rigettava il gravame proposto dal richiedente asilo dopo aver rilevato che il dispositivo notificato dalla commissione, tradotto in una lingua conosciuta dal migrante, specificava non solo il termine ordinario di impugnazione, ma anche i casi di dimezzamento del medesimo, dovendosi di conseguenza escludere il ricorrere di una violazione del diritto di difesa;

nel contempo la corte distrettuale revocava l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, a cui era stato provvisoriamente ammesso l’appellante, in ragione della manifesta infondatezza del gravame;

3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso S.M. prospettando due motivi di doglianza;

l’intimato Ministero dell’Interno non ha proposto alcuna difesa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4.1 il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 3, la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 10, comma 4, e, conseguentemente, del diritto di difesa a causa della mancata traduzione del provvedimento emesso dalla commissione territoriale nella lingua parlata dall’odierno ricorrente: la Corte d’appello avrebbe omesso di considerare che il provvedimento reso dalla Commissione territoriale indicava espressamente un termine di impugnazione di trenta giorni, richiamando genericamente il disposto del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 28-bis, comma 2, senza alcuna ulteriore precisazione, e così avrebbe indotto in errore il migrante in merito al lasso temporale a sua disposizione per proporre ricorso; tale errore non poteva perciò essere addebitato al richiedente asilo, in quanto la disposizione normativa che prevedeva il dimezzamento dei termini non era stata tradotta nella lingua urdu parlata dal migrante;

4.2 la corte territoriale ha accertato che il richiedente asilo era stato compiutamente messo in grado di esercitare il proprio diritto di difesa, dato che il dispositivo della decisione assunta dalla Commissione territoriale a lui notificato specificava tanto il termine ordinario di impugnazione, quanto i casi di dimezzamento dei termini anche nella versione comunicata nella lingua veicolare conosciuta dal migrante;

la censura in esame prescinde da un simile accertamento e insiste nell’addurre un’intervenuta violazione del diritto di difesa che contrasta con l’accertamento in fatto compiuto dal giudice di merito;

il che comporta l’inammissibilità della doglianza in esame, non solo perchè sotto le spoglie della denunciata violazione di norme procedurali sollecita il riesame, nel merito, del fatto già valutato dalla corte di merito, ma anche perchè nel ricorso per cassazione la parte non può limitarsi alla mera riproposizione delle tesi difensive svolte nelle fasi di merito e motivatamente disattese dal giudice dell’appello, operando così una mera contrapposizione del suo giudizio e della sua valutazione a quella espressa dalla sentenza impugnata (Cass. 11098/2000) senza considerare le ragioni offerte da quest’ ultima;

5.1 il secondo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, comma 2: la Corte d’appello avrebbe fondato la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato su una valutazione di manifesta infondatezza dell’impugnazione, in contrasto con i principi contenuti nella norma denunciata come violata;

5.2 il motivo è inammissibile;

in vero la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato adottata con la sentenza che definisce il giudizio di appello, anzichè con separato decreto, come previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, non comporta mutamenti nel regime impugnatorio che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione stesso D.P.R., ex art. 170, dovendosi escludere che la pronuncia sulla revoca, in quanta adottata con sentenza, sia, per ciò solo, impugnabile immediatamente con il ricorso per cassazione, rimedio previsto solo per l’ipotesi contemplata dall’art. 113 del D.P.R. citato (Cass. 29228/2017);

6. in forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile;

la mancata costituzione in questa sede dell’amministrazione intimata esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 27 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2020

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