Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4510 del 27/02/2018

Cassazione civile, sez. I, 26/02/2018, (ud. 28/11/2017, dep.26/02/2018),  n. 4510

Fatto

Il Tribunale di Treviso, con decreto depositato il 12 luglio 2012, respinse l’opposizione allo stato passivo del fallimento della (OMISSIS) s.p.a., in liquidazione, promossa dal Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca (di seguito MIUR), sulla sua domanda di insinuazione al passivo, con il rango privilegiato, delle somme dovute a seguito della revoca del finanziamento concesso alla società fallita, nonchè per gli interessi di mora spettanti a titolo risarcitorio.

Il tribunale ritenne che la revoca del finanziamento alla fallita fosse stata disposta solo successivamente alla sua dichiarazione di fallimento, non spettando quindi alcun diritto al risarcimento del danno, trattandosi di contratto pendente all’epoca dell’apertura del concorso; soggiunse che non poteva essere riconosciuto il rango privilegiato sulle somme ammesse al passivo, poichè esso trovava fondamento in una norma contenuta in un decreto ministeriale anzichè in una legge dello Stato.

Avverso il detto decreto il MIUR ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi; il fallimento della (OMISSIS) s.p.a., in liquidazione, ha depositato controricorso.

Le parti hanno depositato memorie ex art. 380-bis c.p.c., comma 1.

Diritto

1. Con il primo motivo deduce il MIUR violazione del D.M. 8 agosto 1997, n. 954, art. 4, comma 18, poichè la revoca del finanziamento poteva essere disposta, proprio a causa dell’intervenuta dichiarazione di fallimento del beneficiario, soltanto dopo l’apertura della procedura concorsuale.

Con il secondo motivo lamenta violazione del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 123, art. 9, comma 5, del D.Lgs. 27 luglio 1999, n. 297 e del D.M. n. 954 del 1997, art. 12, comma 2, avendo il giudice di merito erroneamente ritenuto non spettante il privilegio generale previsto dalla vigente normativa in tema di finanziamenti agevolati per la ricerca.

2. Il primo motivo è fondato.

Secondo il tradizionale orientamento di questa Corte, dal tenore della disposizione dell’art. 72 L. Fall. – nel testo introdotto dalla legge del 42 – si desume il principio secondo cui lo scioglimento del rapporto contrattuale, determinato dalla dichiarazione di fallimento, non giustifica l’insorgere, in favore del contraente in bonis, del diritto al risarcimento dei danni subiti a causa dell’anticipata interruzione del rapporto, salvo che il danno non sia riconducibile ad inadempimenti verificatisi prima della sentenza dichiarativa del fallimento. A tale principio si ricollega l’art. 55 L. Fall., il quale, disponendo che i crediti sono conteggiati, agli effetti del concorso, per l’importo esistente alla data di apertura della procedura, esclude la possibilità di riconoscere, agli stessi fini, in favore dei singoli creditori, malgrado ogni intesa contraria, pretese risarcitorie o indennitarie non riconducibili a situazioni determinatesi prima di tale momento (Cass. 04/09/2009, n. 19219; Cass. 25/02/2002, n. 2754).

E l’art. 72, comma 5, L. Fall., nel testo novellato dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, proprio in applicazione dei suddetti principi, stabilisce oggi che soltanto l’azione di risoluzione del contratto promossa prima del fallimento nei confronti della parte inadempiente, spiega i suoi effetti nei confronti del curatore, soggiungendo il comma sesto del medesimo art. 72, che sono “inefficaci le clausole negoziali che fanno dipendere la risoluzione del contratto dal fallimento”.

Occorre tuttavia considerare che in materia di contributi e sovvenzioni pubbliche, chiamate a stabilire il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e amministrativo, le Sezioni Unite di questa Corte hanno precisato che l’Amministrazione, nel revocare il contributo già accordato ovvero nel dichiarare la decadenza del soggetto beneficiario, non compie alcuna valutazione discrezionale, ma si limita ad accertare, con la cessazione dell’attività imprenditoriale (per intervenuto fallimento), il venir meno di un presupposto già previsto in modo puntuale dalla legge (Cass. s.u. 20/07/2011, n. 15867).

Dunque, non potendosi ragionevolmente pretendere che il mero -accertamento di quello che è uno dei presupposti legali per la revoca del finanziamento – id est la soggezione del soggetto beneficiario ad un procedura concorsuale -, debba intervenire addirittura prima dell’evento medesimo, deve concludersi che la revoca del finanziamento pubblico, giustificata appunto dalla dichiarazione di fallimento del destinatario delle provvidenze pubbliche, risulta sempre opponibile al curatore fallimentare, ancorchè sia stata disposta com’è del resto inevitabile – sempre dopo l’apertura del concorso tra i creditori.

Conformemente all’orientamento già recentemente espresso da questa Sezione (Cass. 31/05/2017, n. 13751), deve allora pronunciarsi il seguente principio di diritto: “La revoca dei contributi pubblici in favore delle imprese, disposta dall’Amministrazione a causa della dichiarazione di fallimento dell’impresa beneficiata, ha natura di mero accertamento del venir meno di una delle condizioni per la permanenza del beneficio; sicchè essa resta opponibile alla massa anche se intervenuta dopo la pubblicazione della sentenza di fallimento dell’impresa”.

Nella vicenda di cui si discute, poi, è incontroverso che il D.M. 8 agosto 1997, n. 954, art. 4, comma 18, -Nuove modalità procedurali per la concessione delle agevolazioni previste dagli interventi a valere sul Fondo Speciale per la Ricerca Applicata – disciplina ratione temporis applicabile ai progetti, quale quello della (OMISSIS) s.p.a., presentati fino al trentesimo giorno successivo alla pubblicazione nella G.U. (risalente al 18.1.2001) del D.M. 8 agosto 2000 n. 593-Modalità procedurali per la concessione delle agevolazioni previste dal D.Lgs. 27 luglio 1999, n. 297 prevedeva la revoca della sovvenzione pubblica da parte dell’Amministrazione nel caso in cui il contraente “nell’ulteriore corso delle attività contrattuali (…) risulti in procedura concorsuale”.

Dunque, deve ritenersi che la revoca del finanziamento disposta con decreto ministeriale adottato il 28.12.2011, dopo la dichiarazione di fallimento della (OMISSIS) s.p.a. risalente al precedente 5.8.2011, fosse pienamente opponibile alla massa; con il risultato che spetta al ministero revocante il risarcimento del danno per il venire meno delle condizioni di ammissione al beneficio, come determinato in seno al ridetto contratto di finanziamento.

3. Anche il secondo motivo è fondato.

Va ricordato che in tema di finanziamenti pubblici per la ricerca, già la L. 25 ottobre 1968, n. 1089, art. 4, istituì il c.d. “Fondo speciale per la ricerca applicata” presso l’Istituto Mobiliare Italiano (IMI), che lo avrebbe amministrato con le modalità proprie dell’istituto ed in base ad apposita convenzione da stipularsi con il Ministro del tesoro.

Successivamente, il D.L. 8 febbraio 1995, n. 32, art. 6, comma 6, convertito dalla L. 7 aprile 1995, n. 104, stabilì che i crediti nascenti dai finanziamenti erogati in virtù della disciplina prevista per il detto “Fondo speciale”, fossero assistiti da “privilegio generale che prevale su ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall’art. 2751-bis del codice civile, fatti salvi i precedenti diritti di prelazione spettanti a terzi. La costituzione e l’efficacia del privilegio non sono subordinate nè al consenso delle parti, nè a forme di pubblicità”.

Siffatta disciplina venne ribadita, in sede attuativa, dal ricordato D.M. 8 agosto 1997, n. 954, che all’art. 12, comma 2, si limitò a ripetere alla lettera il dettato legislativo: “Ai sensi del D.L. 8 febbraio 1995, n. 32, art. 6, comma 6, convertito, senza modificazioni, dalla L. 7 aprile 1995, n. 104, i crediti nascenti dai finanziamenti erogati ai sensi della L. n. 46 del 1982, art. 2, comma 2, e successive modificazioni ed integrazioni, sono assistiti da privilegio generale che prevale su ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall’art. 2751 bis c.c., fatti salvi i precedenti diritti di prelazione spettanti a terzi”.

Il D.Lgs. 27 luglio 1999, n. 297-Riordino della disciplina e snellimento delle procedure per il sostegno della ricerca scientifica e tecnologica, per la diffusione delle tecnologie, per la mobilità dei ricercatori (oggi integralmente abrogato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 63 -Misure urgenti per la crescita del Paese convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134), poi, innovando radicalmente la disciplina in materia, affidò invece direttamente al Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica (MURST) – attualmente il MIUR – l’erogazione dei finanziamenti agevolati alle imprese.

Più precisamente, il D.Lgs. n. 297 del 1999, art. 4, comma 3, di tenore esattamente identico al D.L. n. 32 del 1995, art. 6, comma 6, stabilì che “I crediti nascenti dai finanziamenti erogati ai sensi del presente titolo sono assistiti da privilegio generale che prevale su ogni titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall’art. 2751-bis c.c., fatti salvi i precedenti diritti di prelazione spettanti a terzi”.

L’art. 9 del detto decreto legislativo, inoltre, introdusse una complessa disciplina transitoria; in particolare, per quello che qui ancora rileva, il comma 4 del ridetto art. 9 fissò l’abrogazione, a decorrere dall’entrata in vigore del primo fra i decreti non regolamentari adottati dal MURST previsti dall’art. 6, comma 2, del medesimo decreto legislativo, sia della L. n. 1089 del 1968, art. 4 – che come visto aveva istituito il “Fondo speciale per la ricerca applicata” -, sia del D.L. n. 32 del 1995, art. 6, comma 6, in forza del quale godevano del privilegio generale mobiliare i crediti derivanti dai finanziamenti erogati attraverso il detto Fondo.

E’ noto, infine, che il primo decreto non regolamentare ai sensi del D.Lgs. n. 297 del 1999, art. 6, comma 2, fu adottato dal MURST, con D.M. 8 agosto 2000 n. 593-Modalità procedurali per la concessione delle agevolazioni previste dal D.Lgs. 27 luglio 1999, n. 297 (pubblicato come visto sulla G.U. del 18.1.2001, n. 14), che ancora una volta, all’art. 19, comma 2, ribadì la natura privilegiata dei medesimi crediti oggi vantati dal MIUR: “Ai sensi del D.Lgs. n. 297 del 1999, art. 4, comma 3, i crediti nascenti dai contributi di cui al comma precedente sono assistiti da privilegio generale che prevale su ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall’art. 2751 bis c.c., fatti salvi i precedenti diritti di prelazione spettanti a terzi”.

Così ricostruito il quadro normativo vigente all’epoca dei fatti per cui è lite, va anzitutto rilevato che – a differenza di quanto sostenuto dal Ministero ricorrente – nella vicenda all’esame non trova applicazione il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 123, art. 9, comma 5, -Disposizioni per la razionalizzazione degli interventi di sostegno pubblico alle imprese, a norma della L. 15 marzo 1997, n. 59, art. 4, comma 4, lett. c), essendo già vigente, al momento in cui venne erogato dal MIUR il finanziamento in favore della fallita (OMISSIS) s.p.a. (25.6.2003), il D.Lgs. n. 297 del 1999, art. 4, comma 3, ferma restando peraltro l’applicabilità del D.M. n. 954 del 1997, trattandosi di progetto presentato prima che divenisse efficace il D.M. n. 593 del 2000 (si veda il citato art. 23 di quest’ultimo decreto ministeriale).

Dunque, ha errato il Tribunale di Treviso nell’escludere il privilegio invocato dall’Amministrazione, spettando a quest’ultima, per i finanziamenti erogati alle imprese in favore della ricerca scientifica, il privilegio generale mobiliare riconosciuto dalla legge vigente al momento dell’erogazione del mutuo (il ridetto art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 297 del 1999); mentre assumono un valore meramente confermativo del chiaro dettato della legge, le disposizioni (prima il D.M. n. 954 del 1997, art. 12, comma 2, e poi il D.M. n. 593 del 2000, art. 19, comma 2) contenute nei decreti ministeriali di attuazione della disciplina di volta in volta divenuta applicabile nel corso degli anni.

4. In definitiva, accolti tutti i motivi del ricorso, nei limiti di cui in motivazione, il decreto impugnato deve essere cassato, con rinvio al Tribunale di Treviso, in diversa composizione, che statuirà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia al Tribunale di Treviso, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 28 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2018

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