Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4508 del 20/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 20/02/2020, (ud. 19/12/2019, dep. 20/02/2020), n.4508

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 25232-2018 proposto da:

D.S., elettivamente domiciliato in ROMA, alla VIA ATTILIO

REGOLO 12/D, presso lo studio dell’avvocato MARCO LANZILAO,

rappresentato e difeso dall’avvocato PATRIZIA ADRIANA SINDONI, con

procura speciale in atti;

– ricorrente –

contro

C.M.A.S., elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato GIUSEPPE DE GERONIMO, con procura speciale in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1252/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 31/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/12/2019 dal Consigliere relatore, Dott. CAIAZZO

ROSARIO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

Con sentenza emessa il 5.11.14 il Tribunale di Catania pronunciò la separazione personale dei coniugi C.M.A.S. e D.S., disponendo l’affidamento congiunto della figlia minore A. e disciplinando gli incontri con il padre, assegnando la casa coniugale alla moglie, ponendo a carico del D. il pagamento mensile della somma di Euro 1100,00 a titolo di mantenimento della stessa figlia, oltre al pagamento del 50% delle spese mediche e il versamento della somma mensile di Euro 650,00 quale contributo al mantenimento della C.. In particolare, il Tribunale rilevò che: vi era un consistente divario reddituale tra le parti in favore del marito le cui dichiarazioni fiscali non erano attendibili; erano state esaminate anche le proprietà del marito, le partecipazioni sociali e l’intero stile di vita del D. (il quale aveva acquistato negli anni due gommoni di rilevante valore e vetture costose); la C. percepiva uno stipendio mensile di Euro 1700/1800,00.

Con sentenza emessa il 31.5.18, la Corte d’appello di Catania rigettò l’appello proposto da D.S., osservando che: come evidenziato dal Tribunale, ricorrevano vari indici presuntivi che le dichiarazioni fiscali prodotte dal D., relative agli anni 2013 e 2014, non fossero veritiere e che i redditi del marito fossero superiori a quelli della C.; nel corso del giudizio di separazione il D. aveva acquistato un immobile intestato alla figlia al prezzo di Euro 250.000,00, nonchè diverse vetture, anche alla figlia, ed un gommone per il prezzo di Euro 80.000,00; la professione di ginecologo svolta dal D., l’attività di c.t.u. e la collaborazione con l’Università di Catania, costituivano elementi in forza dei quali poter presumere che lo stesso marito avesse redditi mensili molto più elevati di quelli dichiarati; tali considerazioni legittimavano la decisione di porre a carico del D. l’assegno di mantenimento per la figlia A. e per la moglie, avuto riguardo anche al tenore di vita goduto nel periodo della convivenza; non vi erano i presupposti per revocare il provvedimento di assegnazione della casa coniugale alla moglie, in quanto con quest’ultima conviveva la figlia A. la quale, anche se divenuta maggiorenne, non era autonoma.

D.S. ricorre in cassazione con tre motivi.

Resiste la C. con controricorso.

Il giudice delegato ha formulato la proposta ex art. 380bis c.p.c..

Diritto

RITENUTO

CHE:

Con il primo motivo è denunziata violazione e falsa applicazione dell’art. 155quater c.p.c. e dell’art. 337sexies c.p.c., comma 1, degli artt. 2041 e 2697 c.c., degli artt. 112 e 115 c.p.c., nonchè omesso esame di un fatto decisivo, ovvero motivazione inesistente o apparente, lamentando l’assegnazione della casa familiare alla C., in considerazione che la figlia A., pur convivente anagraficamente con la madre, di fatto risiedeva a Enna come comprovato dai documenti prodotti. Il ricorrente si duole altresì che la Corte d’appello abbia confermato l’obbligo a suo carico di contribuire al mantenimento della moglie, in mancanza di elementi probatori.

Con il secondo motivo è denunziata violazione e falsa applicazione dell’art. 156 c.c., degli artt. 2041 e 2697,c.c. e dell’art. 116 c.p.c., avendo la Corte d’appello ritenuto che tra i coniugi vi fosse sproporzione reddituale, con erronea valutazione degli elementi probatori, sebbene la C. godesse di redditi superiori a quelli del marito, nonchè omesso esame di fatto decisivo e motivazione inesistente o apparente circa l’insussistenza della suddetta sproporzione.

Con il terzo motivo, si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 337 ter e 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., nonchè omesso esame di fatto decisivo e motivazione inesistente o apparente, in quanto il ricorrente si duole dell’obbligo di mantenimento a favore della figlia A. per Euro 1100,00, sia perchè già provvedeva al sostentamento dell’altra figlia Cl., sia perchè la C. era stata del tutto esentata dal mantenimento di A..

Il primo motivo è inammissibile, in quanto diretto al riesame dei fatti in ordine all’assegnazione della casa coniugale alla C.. Al riguardo, la Corte d’appello ha ritenuto di confermare tale assegnazione in quanto la figlia A., sebbene divenuta maggiorenne nelle more del giudizio, non era autonoma economicamente. Invero, il ricorrente, da un lato, ha censurato l’interpretazione dei fatti effettuata dalla Corte territoriale, con una critica inammissibile in questa sede, e dall’altro ha invocato, a sostegno della doglianza, un fatto nuovo, che non risulta dedotto quale motivo d’appello, cioè l’asserita residenza di fatto della figlia A. ad Enna e, dunque, lontana dalla casa familiare.

Parimenti inammissibile è la critica afferente all’inesistenza o apparenza della motivazione, in quanto il giudice d’appello ha esplicitato chiaramente le ragioni della decisione.

Il secondo motivo è inammissibile, poichè diretto al riesame dei fatti relativi alla determinazione dell’assegno di mantenimento. Invero, il ricorrente, nel lamentare che la Corte d’appello ha posto a suo carico l’obbligo di mantenimento della figlia A. e di contribuire a quello della moglie ritenendo la sproporzione tra la situazione reddituale dei coniugi, censura in maniera inammissibile l’interpretazione dei vari elementi probatori acquisiti da parte del giudice di secondo grado, prospettandone una diversa interpretazione. Al riguardo, occorre richiamare il consolidato orientamento di questa Corte – cui il collegio intende dare continuità – secondo cui con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito poichè la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (Cass., n. 29404/17; n. 16056/16).

Nè emerge alcun omesso esame di fatti rilevanti, ovvero vizio della motivazione, avendo la Corte territoriale esplicitato con chiarezza le ragioni della decisione.

Peraltro, il motivo è alquanto generico nella parte in cui richiama l’omesso esame di documenti, non specificamente indicati e di cui, pertanto, non è rilevata la decisività.

Il terzo motivo è inammissibile perchè parimenti diretto al riesame dei fatti inerenti alla misura della contribuzione dei coniugi alla spese per la figlia A., prospettando il ricorrente solo una diversa interpretazione degli elementi di prova rispetto a quella adottata dalla Corte d’appello.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida nella somma di Euro 5100,00 oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati significativi, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2020

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