Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4507 del 22/02/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 4507 Anno 2013
Presidente: ADAMO MARIO
Relatore: BRUSCHETTA ERNESTINO LUIGI

SENTENZA

sul ricorso n. 14237/07 proposto da:
Cecilia Massimo, Cecilia Alessandro, Rossi Marisa,
quali eredi di Cecilia Primo, titolare dell’impresa
individuale “Cecilia Primo”, elettivamente domiciliati
in Roma, Via Giuseppe Revere n. 12, preso lo Studio
dell’Avv. Valeria ecari, che li rappresenta e difende,
giusta delega;

– ricorrente –

24(cit

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del suo Direttore pro
tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12,
presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la
rappresenta e difende ope legis;

Data pubblicazione: 22/02/2013

- controricorrente
avverso la sentenza

n.

15/02/07 della Commissione

Tributaria Regionale del Lazio, depositata il 27
febbraio 2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Ernestino Bruschetta;
udito l’avv. Valerio Ficari, per i ricorrenti;
udito l’Avv. dello Stato Pietro Garofoli, per la
resistente;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Ennio Sepe, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

Con sentenza n. 15/02/2007, depositata in data 27
febbraio 2007, la Commissione Tributaria Regionale del
Lazio, in riforma della decisione n. 18/01/2006 della
Commissione Tributaria Provinciale di Rieti, in
parziale accoglimento del ricorso proposto dal
contribuente Cecilia

Primo,

annullava la cartella di

pagamento n. 09620050003072803 IVA IRPEF 2000
limitatamente alla “parte relativa all’irrogazione
delle sanzioni”.
A giudizio della CTR, la cartella sub iudice,
seguito di controllo automatizzato

2

ex

emessa a

artt. 36

bis

udienza del 12 dicembre 2012 dal Consigliere Dott.

d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600 e 54

bis

d.p.r. 26

ottobre 1972, n. 633, in quanto non era stato
riconosciuto un credito IVA rinveniente dal precedente
anno d’imposta 1999 in cui la dichiarazione dei redditi
era stata omessa, doveva andare nel resto confermata

accertamento IVA, emesso per l’identico anno d’imposta
2000 di cui alla impugnata cartella; b) la cartella era
stata tempestivamente notificata in data 15 giugno
2005; c) non esisteva prova, siccome richiesta
dall’art. 1, coma 8 e 10, d.p.r. 22 luglio 1998, che
la dichiarazione dei redditi del precedente anno 1999
fosse stata presentata.
Contro

la

sentenza

della

CTR,

il

contribuente

presentava ricorso per cassazione affidato a sei
motivi.
L’Agenzia delle Entrate resisteva con controricorso.
Si costituivano gli eredi del defunto contribuente,
avvalendosi della facoltà di presentare memoria.
Motivi della decisione

1. Col primo motivo il contribuente censurava la
sentenza a’ sensi dell’art. 360, coma 1, n. 3, c.p.c.
per “violazione del divieto di doppia imposizione (art.
53 Cost.; art. 67 d.p.r. 600/73)” deducendo la
“indubitabilità dell’effetto sostitutivo dell’avviso di

perché: a) “nessun rilievo” poteva avere l’avviso di

accertamento” IVA emesso per lo stesso anno d’imposta
2000 di cui alla opposta cartella, in quanto
coll’avviso di accertamento IVA era stato negato “una
seconda volta il credito derivante dalla dichiarazione
per l’anno 1999″. L’illustrazione del motivo, terminava

che la cartella non sia stata sostituita dall’avviso di
accertamento notificato in data ad essa successiva ma
sulla stessa questione di fatto e di diritto, violi il
divieto di doppia imposizione a causa della duplicità
delle pretese avanzate dall’Agenzia in palese spregio
dell’art. 67 del d.p.r. n. 600/1973”.
Il motivo è inammissibile perché, in violazione
dell’art.

366,

assolutamente

comma 1,
esposto

n.

quale

4 c.p.c.,
sia

stato

non viene
l’errore

d’interpretazione o quale sia stata la falsa
applicazione normativa in cui sarebbe incorsa la CTR
nel dare supposto ingresso alla vietata doppia
imposizione. Ciò che, in effetti, impedisce a questa
Corte l’attività di nomofilachia (Cass. n. 1063 del
2005; Cass. n. 1821 del 1981).
2. Col secondo motivo il contribuente censurava la
sentenza a’ sensi dell’art. 360, coma 1, n. 3, c.p.c.
per violazione e falsa applicazione dell’art. 17 d.p.r.
n. 602 del 1973 applicabile ratione temporis, in quanto

col quesito: “se la sentenza impugnata, nel ritenere

l’applicazione dell’art. 17 ridetto avrebbe dovuto
condurre la CTR a dichiarare illegittima la cartella
per tardività della sua notifica. A conclusione del
motivo, veniva formulato il quesito: “se la sentenza
impugnata abbia correttamente applicato

ratione

una cartella di pagamento ex art. 54

bis

d.p.r.

633/1972 relativa alla dichiarazione tributaria per le
imposte dovute nell’anno 2000 sia tempestiva quando il
ruolo sia stato reso esecutivo dopo il 31 dicembre 2002

(id est dopo il «31 dicembre dell’anno successivo a
quello di presentazione della dichiarazione» e non
invece prima come richiesto dall’art. 6 d.lgs. n. 46
del 1999”.
Il motivo è infondato.
Deve esser rammentato come Corte cost. n. 280 del 2005
avesse dichiarato l’incostituzionalità dello “art. 25
d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602, come modificato dal
d.lgs. 27 aprile 2001 n. 193, nella parte in cui non
prevedeva un termine, fissato a pena di decadenza,
entro il quale il concessionario dovesse notificare al
contribuente la cartella di pagamento delle imposte
liquidate ai sensi dell’art. 36 bis d.P.R. 29 settembre
1973 n. 600”. E come, a sanare il “vuoto” normativo,
fosse intervenuto il legislatore ex art. l, comma 5 bis

temporis l’art. 17 d.p.r. n. 602/1973 nel ritenere che

e 5 ter d.l. 17 giugno 2005, n. 106 conv. con modif. in
1. 31 luglio 2005, n. 156, disposizioni ritenute
applicabili alle cartelle di pagamento “pendenti” in
quanto considerate di diritto transitorio (Cass. n.
1435 del 2006; Cass. n. 2212 del 2011). Per cui con

ancora “pendenti” emesse prima del 31 dicembre 2001,
come quella oggetto di lite, la notifica a pena di
decadenza doveva esser effettuata “entro il 31 dicembre
del quinto anno successivo a quello di presentazione
della dichiarazione”. Consegue che la cartella dedotta
in lite, relativa all’anno d’imposta 2000, è stata
tempestivamente notificata il 15 giugno 2005.
3. Col terzo motivo la contribuente ha censurato la
sentenza a’ sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
per violazione e falsa applicazione dell’art. 57 d.lgs.
31 dicembre 1992, n. 546 oltreché dell’art. 54
coma 3, d.p.r. 633 del 1972

bis,

e dell’art. 6, comma 5 e

10, 1. 27 luglio 2000, n. 212, deducendo che la
emissione della opposta cartella non era stata
preceduta dalla comunicazione del cosiddetto avviso
bonario, stabilito a pena di nullità. La illustrazione
del motivo si concludeva col quesito del seguente
letterale tenore: “Voglia codesta Ecc.ma Suprema Corte
di Cassazione stabilire se la impugnata sentenza abbia

riguardo alle cartelle di pagamento ex art. 36 bis cit.

correttamente applicato
Il motivo, in mancanza di quesito, è inammissibile
perché in contravvenzione coll’art. 366 bis c.p.c.
4. Col quarto motivo il contribuente censurava la
sentenza a’ sensi dell’art. 360, comma l, n. 3, c.p.c.

luglio 1998, n.
dall’intermediario
dichiarazione
<

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