Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4504 del 08/03/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 4504 Anno 2016
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: LORITO MATILDE

SENTENZA

sul ricorso 23602-2012 proposto da:
VARESANO

DOMENICO

C. E.

VRSDNC63L04F2050,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ASINARI DI SAN
MARZANO, 38/40, presso lo studio dell’avvocato
GRAZIELLA SUPPA, rappresentato e difeso dall’avvocato
ALBERTO TRUOSOLO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2015
4939

contro

VINCI 2011 S.R.L. già COMET AXIAL FANS S.R.L. C.E.
02076890157, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA C.

Data pubblicazione: 08/03/2016

MIRABELLO 25 SCALA R, presso lo studio dell’avvocato
GIOVANNI MORTELLITI, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato GIUSEPPE LUIGI BRENNA, giusta
delega in atti;
– controricorrente

di MILANO, depositata il 26/07/2012 r.g.n. 220/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

o

udienza del 15/12/2015 dal Consigliere Dott. MATILDE
LORITO;
udito l’Avvocato TRUOSOLO ALBERTO;
udito l’Avvocato MORTELLITI GIOVANNI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 388/2012 della CORTE D’APPELLO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A fondamento del decisum, per quel che in questa sede rileva,
avuto riguardo alle istanze risarcitorie riproposte .dal
Varesano in sede di gravame (risarcimento del danno da
licenziamento illegittimo, danno da mobbing, danno
professionale) delle quali si richiedeva l’integrale
accoglimento, la Corte distrettuale rimarcava la correttezza
degli approdi ai quali era pervenuto l’ausiliare nominato in
prime cure, il quale aveva diagnosticato a carico del
lavoratore un disturbo psichico-depressivo da ricondurre alla
condizione di stress in cui si era esplicata la prestazione
lavorativa, ed ascrivibile a responsabilità aziendale ex
art.2087 c.c. In tal senso respingeva l’appello principale
interposto dal lavoratore sul rilievo che congrua era da
ritenersi la quantificazione dell’indennità sostitutiva della
reintegra; che il pronto reperimento di altra occupazione
escludeva il pagamento delle retribuzioni al pari del preeso
danno professionale; che corretta era da ritenersi la
liquidazione del risarcimento danni disposta dal giudice di
prima istanza, irrilevante essendo il titolo formale di
attribuzione degli importi riconosciuti (se da risarcimento
danni da stress ovvero da mobbing). Respingeva altresì
l’appello incidentale spiegato dalla società inteso a
conseguire la riforma della pronuncia di primo grado in ordine
alla quantificazione del pregiudizio risentito dal dipendente.
Avverso tale decisione interpone ricorso per cassazione il
Varesano affidato a cinque motivi, resistiti con controricorso
dalla società intimata. Entrambe le parti hanno depositato
memoria illustrativa ai sensi dell’art.378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si denuncia ex art.360 coma primo n.3
c.p.c. la nullità della sentenza per assenza di motivazione.
Ci si duole che la Corte territoriale non abbia enunciato le
ragioni di reiezione dell’appello, ivi compreso del
riconoscimento del danno ex art.18 1.300/70 nella misura
1

La Corte d’Appello di Milano respingeva il gravame proposto da
Varesano Domenico nei confronti della s.r.l. Comet Axial Fans
(oggi Vinci 2011 s.r.1.) avverso la sentenza del giudice di
prima istanza con cui era stata accertata la illegittimità del
licenziamento disciplinare intimatogli in data 19/6/06 e
parzialmente accolte le domande risarcitorie formulate nel
ricorso introduttivo.

minima ivi prevista, limitandosi a formulare una motivazione
per relationem, con richiamo alle statuizioni della pronuncia
di primo grado.

Questa Corte ha affermato il principio, che va qui ribadito,
secondo cui “il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto
censure espressamente e tassativamente previste dall’art.360,
primo comma, cod. proc. civ., deve essere articolato in
specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed
inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione
)stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria
. adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione
numerica di una delle predette ipotesi (vedi Cass. Sez. U.
;24/07/2013
Il
principio
di
effettività
dello
n.17931).
strumento giudiziario, deve, tuttavia correlarsi con il
principio della specificità dei motivi di cui all’art.366 n.4
e la censura appare carente sotto tale profilo.
c.p.c.
Da un canto il ricorrente denuncia la nullità della sentenza
che consentirebbe di ricondurre la fattispecie ad error in
procedendo ex art.360 comma primo n.4 c.p.c.; dall’altro
facendo leva sulla motivazione che si deduce svolta per
relationem, lamenta l’esistenza di un vizio di motivazione
denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360,
comma primo, n. 5 cod. proc. civ., che ricorre (vedi Cass.
6/06/2012 n. 9113) quando il giudice di merito ometta di
indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio
convincimento (difetto assoluto di motivazione) ovvero indica
tali elementi senza una approfondita disamina logica e
giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo
sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento
(motivazione apparente).
Questa contraddizione, ridonda in termini di inammissibilità
del motivo giacché si sostiene che la motivazione sia
mancante, (argomentandosi peraltro, in ordine alla violazione
di legge), chiedendo nel contempo, in modo non univoco,
dichiararsi la nullità della sentenza, senza indicare le
specifiche ragioni per le quali la motivazione appaia omessa o
apparente, su un punto decisivo della controversia (vedi Cass.
25/07/2002 n. 10945).
In tema di ricorso per cassazione, è contraddittoria la
denuncia, in un unico motivo, dei due distinti vizi di omessa
2

La censura presenta profili di inammissibilità.

Il motivo è, comunque, infondato ove si consideri che, sia pur
I con sintetica motivazione, la Corte di merito ha confermato la
itstatuizione del giudice di prima istanza, rendendo conto della
/ liquidazione del risarcimento danni nella misura minima
sancita dall’art.18 1.300/70, laddove ha fatto riferimento
alla circostanza del pronto reperimento da parte del Varesano,
di una nuova occupazione.
Con il secondo mezzo di impugnazione si deduce violazione
dell’art.360 n.3 c.p.c. Si lamenta che la Corte territoriale
abbia ritenuto non significativa la equiparazione delle
distanze fra il luogo di residenza del lavoratore ed il luogo
di reperimento della nuova sede rispetto alla precedente sede
di lavoro (al fine del riconoscimento della pretesa
risarcitoria azionata), laddove la piantina allegata agli atti
denunciava l’esistenza di una distanza ben maggiore.
Il motivo è privo di pregio.
La violazione dei criteri di valutazione delle risultanze
probatorie (ai sensi degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.) è
apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti
del vizio di motivazione di cui all’art.360 c.p.c., comma 1,
n.5, e deve emergere direttamente dalla lettura della
sentenza, non già dal riesame degli atti di causa,
inammissibile in sede di legittimità (vedi ex aliis, Cass.
15/1/14 n.687).

3

pronuncia e di omessa motivazione su un punto decisivo della
controversia la cui denuncia è contraddittoria. Il primo,
infatti, implica la completa omissione del provvedimento
indispensabile per la soluzione del caso concreto e si traduce
in una violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., che deve
essere fatta valere esclusivamente a norma dell’art. 360 cod.
proc. civ., n. 4, e non con la denuncia della violazione di
norme di diritto sostanziale, ovvero del vizio di
motivazione ex art. 360, n.5, cod. proc. civ., mentre il
secondo presuppone l’esame della questione oggetto di
doglianza da parte del giudice di merito, seppure se ne
lamenti la soluzione in modo giuridicamente non corretto
ovvero senza adeguata giustificazione, e va denunciato ai
sensi dell’art.360, n.5, cod. proc. civ. (vedi Cass.18/06/2014
n. 13866 ).

Con il terzo mezzo di impugnazione è denunciata ex art.360 n.5
c.p.c. omessa motivazione in ordine’ al risarcimento danni da
mobbing oggetto della pretesa azionata.
Con il quarto, si lamenta, ex art.360 n.3 c.p.c. che la Corte
territoriale non abbia dato ingresso alle prove documentali
inerenti al danno psicofisico risentito.
I motivi, che possono trattarsi congiuntamente stante la
connessione che li connota, sono inammissibili.
Nel ricorso per cassazione il requisito della esposizione dei
motivi di impugnazione – nella quale la specificazione dei
motivi e l’indicazione espressa delle norme di diritto non
costituiscono requisiti autonomi, avendo la seconda la
funzione di chiarire il contenuto dei motivi – mira ad
assicurare che il ricorso consenta, senza il sussidio di altre
fonti, l’immediata e pronta individuazione delle questioni da
risolvere, cosicché devono ritenersi inammissibili quei motivi
4

Va al riguardo sottolineato che non avendo parte ricorrente,
in violazione del principio di autosufficienza del ricorso,
trascritto il contenuto di tutte le emergenze istruttorie di
cui denuncia la non corretta valutazione, è impedito a questa
Corte qualsiasi sindacato di legittimità. infatti
ius
receptum nella giurisprudenza di questa Corte che nel caso in
cui, con il ricorso per Cassazione, venga dedotta
l’incongruità o l’illogicità della sentenza impugnata per
l’asserita mancata valutazione di risultanze processuali•, è
necessario, al fine di consentire al giudice di legittimità il
controllo della decisività della risultanza non’ valutata (o
-insufficientemente valutata), che il ricorrente precisi,
mediante integrale trascrizione della medesima nel ricorso, la
risultanza che egli asserisce dedisiva e non valutata o
ì insufficientemente valutata, dato che solo tale specificazione
consente alla Corte di Cassazione, alla quale è precluso
l’esame diretto degli atti, di delibare la decisività della
medesima, dovendosi escludere che la precisazione possa
consistere in meri commenti, deduzioni o interpretazioni delle
parti (per tutte Cass. 3/7/2015 n.13677, Cass. 9/4/2013
n.8569).
In definitiva il motivo in esame sollecitando, nella forma
apparente della denuncia di error in iudicando, un riesame dei
fatti privo del requisito di autosufficienza nei sensi innanzi
descritti, si palesa inammissibile nella presente sede.

Nello specifico, guanto alla terza censura, appaiono del tutto
genericamente enunciati motivi di doglianza, facendosi un vago
riferimento alle ragioni di illegittimità di provvedimenti
disciplinari assunti nei confronti del ricorrente da parte
della società, ritenuti idonei a giustificare il
riconoscimento del pregiudizio da mobbing, ma omettendosi di
rimarcare le ragioni della illegittimità della esclusione di
una autonoma voce di danno rispetto a quella da stress
psicofisico già riconosciuta dal giudice di prima istanza e
confermata dalla Corte territoriale, adducendo elementi idonei
a concretizzare il contenuto delle censure.
O

o Con

riguardo
alla
quarta
critica,
manca
del
tutto
l’indicazione della norma di diritto che si assume vulnerata,
non consentendo di individuare le norme ed i principi di
diritto asseritamente trasgrediti, e così precludendo la
delimitazione delle questioni sollevate (vedi Cass. 7/11/2013
n.25044).

In ogni caso il motivo è privo di fondamento, giacchè la Corte
territoriale ha emesso una pronuncia conforme a diritto
escludendo l’ammissibilità della produzione documentale
offerta dal Varesano in quanto tardiva, facendo applicazione
del principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte
secondo cui nel rito del lavoro l’omessa indicazione dei
documenti prodotti nell’atto dì costituzione in giudizio, e
l’omesso deposito degli stessi contestualmente a tale atto,
determinano la decadenza dal diritto di produrli, salvo che si
siano formati successivamente alla costituzione in giudizio o
la loro produzione sia giustificata dall’evoluzione della
vicenda processuale (vedi per tutte, Cass. S.U. 20/4/2005
n.8202, Cass. 15/07/2015 n. 14820).
Con il quinto mezzo di impugnazione, è denunciata ex art.360
n.3 c.p.c. “falsa applicazione delle norme che regolano le
spese di soccombenza”.
Si lamenta che, diversamente da quanto argomentato dai giudici
del gravame, la parziale compensazione delle spese di lite di
primo grado non sarebbe stata giustificata da una situazione
5

che non precisino in alcuna maniera in che cosa consista la
violazione di legge che avrebbe portato alla pronuncia di
merito che si sostiene errata, o che sì limitino ad una
affermazione apodittica non seguita da alcuna dimostrazione
(vedi ex aliis, Cass. 6/7/2007 n.15263).

Orbene, al di là dell’assorbente rilievo del difetto di
autosufficienza che connota il motivo, giacchè non viene
riportato il tenore della sentenza di prime cure; e al di là
della circostanza che la domanda attorea non aveva rinvenuto
pieno accoglimento, tanto da indurlo ad interporre gravame, la
censura, è priva di fondamento ove si consideri il principio
affermato da questa Corte, cui si intende dare continuità, in
base al quale la particolare complessità sia degli aspetti
sostanziali che processuali della controversia ben può essere
posta a fondamento della compensazione delle spese legali ai
sensi dell’art.92 cod. proc. civ. nei procedimenti instaurati
dal l ° marzo 2006, a seguito della sostituzione del secondo
comma di detta norma per effetto dell’art. 2, comma l, lett.
a, della legge 28 dicembre 2005, n. 263, e succ. modif. ed
integrazioni (vedi ex allis, Cass. 30/03/2010 n. 7766).
In definitiva, il ricorso è respinto.
Il governo delle spese del presente giudizio segue il regime
della soccombenza nella misura in dispositivo liquidata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in
euro 100,00 per esborsi ed euro 3.500,00 per compensi
professionali, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma il 15 dicembre 2015.

di reciproca soccombenza, bensì dalla particolare complessità
della lite.

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