Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4503 del 21/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 21/02/2017, (ud. 11/01/2017, dep.21/02/2017),  n. 4503

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8381-2015 proposto da:

G.V., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ACIREALE

19/B, presso lo studio dell’avvocato MICHELA PALUMBO, rappresentata

e difesa dall’avvocato GIOVANNI KESLER giusta mandato in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLA ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENRALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

e contro

AMMINISTRAZIONI FINANZIARIA STATO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 8569/35/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di NAPOLI del 14/05/2014, depositata il 09/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’11/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI

CONTI.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

G.V. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, contro la sentenza resa dalla CTR Puglia indicata in epigrafe.

Nessuna difesa scritta ha depositato la parte intimata.

Il procedimento può essere definito con motivazione semplificata.

Il primo motivo di ricorso, con il quale si prospetta la violazione la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 30 e 38 bis, nonchè il vizio di motivazione, è fondato nei termini di seguito esposti e assorbe l’esame degli altri motivi.

Ed invero, questa Corte ha ritenuto in tema di IVA che “la richiesta di rimborso relativa all’eccedenza d’imposta, risultata alla cessazione dell’attività, essendo regolata dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 2, è soggetta al termine di prescrizione ordinario decennale e non a quello biennale di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21 applicabile in via sussidiaria e residuale, in mancanza di disposizione specifiche; proprio perchè l’attività non prosegue, non sarebbe infatti possibile portare l’eccedenza in detrazione l’anno successivo” (Cass. n. 9794/2010; Cass. 25318/10 e 13920/11; Cass. 27948/09, Cass. n. 14070/2012 e Cass. n. 7684, 7685, 23580/2012).

Si è poi chiarito che l’art. 30 cit., “laddove dispone che i contribuenti, che non hanno effettuato operazioni imponibili nell’anno cui il credito IVA si riferisce, non possono optare per il rimborso, ma devono necessariamente computare il credito in detrazione nell’anno successivo, riguarda esclusivamente le imprese in piena attività e non esclude quindi il diritto di quelle, che hanno cessato l’attività o che sono fallite, di ricorrere all’istituto del rimborso per il recupero dei loro crediti d’imposta, non avendo esse la possibilità di recuperare l’imposta assolta su acquisti ed importazioni nel corso delle future operazioni imponibili” (Cass. 5486/2003; Cass. n. 25353/2013) -.

Orbene, la CTR, dopo che il giudice di primo grado aveva dato atto della presentazione della dichiarazione IVA per l’anno 2003 da parte del contribuente, ha escluso il diritto al credito per la sola omessa presentazione del quadro VR, con ciò incorrendo nel vizio di violazione di legge prospettato dalla parte ricorrente.

La sentenza impugnata, nel non dare rilievo alla dichiarazione IVA compilata con l’indicazione del credito IVA dalla contribuente, va quindi cassata, non essendosi conformata al superiore principio, con decisione nel merito di accoglimento del ricorso della parte contribuente.

Ricorrono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di merito, mentre quelle del giudizio di legittimità vanno poste a carico della parte controricorrente.

PQM

La Corte, visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie il ricorso della parte contribuente.

Compensa le spese del giudizio di merito.

Condanna la parte intimata al pagamento delle spese processuali che liquida in favore della parte intimata in curo per compensi, oltre Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15 % degli onorari, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione sesta civile, il 11 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2017

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