Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4502 del 24/02/2010

Cassazione civile sez. III, 24/02/2010, (ud. 27/01/2010, dep. 24/02/2010), n.4502

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – rel. Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 28969-2005 proposto da:

IMAGINE SRL IN LIQUIDAZIONE (OMISSIS), in persona del liquidatore

Sig.ra V.M. elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ASIAGO 8, presso lo studio dell’avvocato VILLANI LUDOVICO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato RUSCA FRANCO con delega

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

REGIONE LIGURIA (OMISSIS) in persona del Presidente in carica

Sig. B.C., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

DELLA LIBERTA’ 13, presso lo studio dell’avvocato SIVIERI ORLANDO,

che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati BAROLI BARBARA,

BENGHI GIGLIOLA con delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1074/2004 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

Prima Sezione Civile, emessa il 20/10/2004, depositata il 21/12/2004;

R.G.N. 302/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/01/2010 dal Consigliere Dott. MARIO FINOCCHIARO;

udito l’Avvocato LUDOVICO VILLANI;

udito l’Avvocato ORLANDO SIVIERI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARINELLI Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto 16 novembre 1995 il presidente del tribunale di Genova ha ingiunto alla Regione Liguria – ufficio per la gestione a stralcio dei rapporti di debiti facenti capo alle unità sanitarie locali – il pagamento della somma di L. 8.284.185.792 in favore della Imagine s.r.l., a titolo di corrispettivo di forniture e materiali sanitari effettuate tra il (OMISSIS) a favore di strutture sanitarie e ospedaliere liguri, oltre interessi convenzionali di mora ai sensi dell’art. 19 del capitolato generale di oneri per la fornitura di beni e servizi alle unità sanitarie locali e interessi anatocistici.

Proposta opposizione, avverso il descritto decreto, dalla ingiunta Regione Liguria questa ultima ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva.

Costituitasi in giudizio la Imagine s.r.l. ha chiesto la fissazione di nuova udienza, ai fini della chiamata in causa delle neocostituite Aziende USL (OMISSIS) Imperiese, (OMISSIS) Savonese, (OMISSIS) Genovese, (OMISSIS) Chiavarese, (OMISSIS) Spezzino, nonchè delle aziende ospedaliere Ospedale San Martino, Ospedale Villa Scassi di (OMISSIS), Ospedale Santa Corona di (OMISSIS) e dell’ente ospedaliere Ospedali Galliera.

Disposta la chiamata in causa dei detti enti gli stessi si sono costituiti in giudizio e svoltasi l’istruttoria del caso, nel corso della quale la Regione Liguria chiedeva di essere autorizzata alla chiamata in causa della Amministrazione del Tesoro, l’adito giudice con sentenza ex art. 281 sexies c.p.c. ha dichiarato la legittimazione passiva della Regione Liguria e cessata la materia del contendere tra questa e la Imagine s.r.l. revocando il decreto opposto.

Gravata tale pronunzia dalla Imagine s.r.l. limitatamente alla dichiarata intervenuta cessazione della materia del contendere e alla revoca del decreto opposto si sono costituite in grado di appello la Regione Liguria nonchè le Aziende USL (OMISSIS) Imperiese, (OMISSIS) Savonese, (OMISSIS) Genovese, (OMISSIS) Chiavarese, (OMISSIS) Spezzino, nonchè le aziende ospedaliere Ospedale San Martino, Ospedale Villa Scassi di (OMISSIS), Ospedale Santa Corona di (OMISSIS) e l’ente ospedaliere Ospedali Galliera e la Corte di appello di Genova, con sentenza 20 ottobre – 21 dicembre 2004 dichiarato inammissibile il primo motivo di appello ha rigettato il secondo e il terzo, compensate le spese di lite.

Per la cassazione di tale ultima pronunzia, non notificata, ha proposto ricorso illustrato da memoria la Imagine s.r.l. in liquidazione, affidato a 4 motivi, nei confronti della sola Regione Liguria, con atto 17 novembre 2005.

Resiste, con controricorso notificato il 20 dicembre 2005 la Regione Liguria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. In margine alle transazioni intervenute tra la odierna ricorrente per cassazione e i commissari liquidatori delle gestioni stralcio, i giudici di appello hanno confermato la interpretazione data a tali transazioni dal tribunale allorchè ha affermato che il loro (contenuto si estende oltre che al credito per l’importo capitale al credito per interessi moratori e convenzionali già maturati su tali somme.

Trascritto il testo, redatto secondo uno schema uniforme, delle transazioni, i giudici del merito hanno evidenziato:

– la semplice lettura del testo trascritto rende palese la convergenza dell’interesse e dell’intenzione delle parti stipulanti a una definizione totale e definitiva delle controversie in essere, che esplicasse efficacia novativa su tutti i rapporti pendenti e che non lasciasse in vita alcuna residua ragione di contendere;

– i reiterati riferimenti formulati nella parte dispositiva alle premesse impongono quale strumento di corretta esegesi, una indissolubile correlazione tra l’una e l’altra componente;

– è significativo, in particolare che il capo e) e il capo d) delle premesse richiamati nel capo d) fanno espresso riferimento agli interessi dovuti sul capitale, senza esclusione o discriminazione alcuna;

– non lascia adito a dubbi il tenore del capo 1) della parte dispositiva da cui emerge che la transazione ha ad oggetto l’intero importo capitale, maggiorato degli interessi, nella misura ivi indicata e concordata con espressa rinuncia a ogni altro accessorio del suddetto credito, di qualsivoglia natura e specie, e cosi per rivalutazione, maggiori interessi e spese;

– viene in rilievo quale elemento di interpretazione della volontà delle parti, il tenore della Delib. regionale 24 febbraio 1997, n. 2801, richiamata nelle transazioni dalle quale emerge evidente la finalità di esonerare l’ente debitore dal costo degli interessi contro la garanzia di abbreviazione dei termini di pagamento di almeno una parte del credito ancora in sofferenza;

– non si può, per contro, fare a meno di sottolineare quella che sarebbe stata la incongruenza della ipotetica accettazione in via di transazione e/o a saldo e stralcio della liquidazione transattiva includente gli interessi relativi alla parte del credito ancora da pagare e non implicante invece la rinuncia agli interessi sulle somme già corrisposte;

contro la suesposta ricostruzione ermeneutica l’appellante non adduce elementi apprezzabili di segno contrario, atteso che nessuna incidenza ha esplicato sulla correttezza motivazionale l’errore di fatto in cui sembra essere incorso il primo giudice nella individuazione dei tabulati allegati alle transazioni, che lo ha portato a – ma solo incidentalmente – il mancato rinvenimento in atti di uno dei tali allegati, del quale l’appellante segnala la inesistenza.

2. La ricorrente censura la riassunta sentenza denunziando da una parte, sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, la ripetuta violazione e falsa applicazione da parte della sentenza gravata degli artt. 1362 e 1363 c.c. (motivi 1^, 2^ e 3^), dall’altra, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, la omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia (motivo 4^).

3. I motivi per più aspetti inammissibili, per altri manifestamente infondati, non possono trovare accoglimento.

Alla luce delle considerazioni che seguono.

3.1. Giusta quanto assolutamente pacifico, presso una giurisprudenza più che consolidata di questa Corte regolatrice, e da cui totalmente e senza alcuna motivazione prescinde la difesa di parte ricorrente, si osserva che il vizio di violazione di legge (di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) consiste nella deduzione di una erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa (da cui la funzione di assicurare la uniforme interpretazione della legge assegnata dalla Corte di cassazione).

Viceversa, la allegazione – come prospettate nella specie da parte del ricorrente – di una erronea ricognizione della fattispecie concreta, a mezzo delle risultanze di causa, è esterna alla esatta interpretazione della norme di legge e impinge nella tipica valutazione del giudice del merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione.

Lo scrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa della erronea ricognizione della astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato, in modo evidente, che solo questa ultima censura e non anche la prima è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (recentemente, in termini, Cass. 5 giugno 2007, n. 13066, nonchè Cass. 20 novembre 2006, n. 24607, specie in motivazione; Cass. 11 agosto 2004, n. 15499, tra le tantissime) .

Pacifico quanto precede si osserva che nella specie parte ricorrente pur invocando che i giudici del merito, in tesi, hanno malamente interpretato le molteplici disposizioni della legge sostanziale indicate nella intestazione dei primi tra motivi, in realtà, si limita a censurare la interpretazione data, dai giudici del merito, delle risultanze di causa, interpretazione a parere del ricorrente inadeguata, sollecitando, così, contra legem e cercando di superare quelli che sono i limiti del giudizio di cassazione, un nuovo giudizio di merito su quelle stesse risultanze.

3.2. Quanto in particolare, alle censure sviluppate nel primo motivo, per avere i giudici del merito, da un lato, richiamato un dato extratestuale (cioè la delibera della giunta regionale) dall’altro (quanto alla incongruenza di una diversa lettura dell’accordo transattivo) una propria soggettiva opinione la deduzione oltre che inammissibile per il profilo di cui sopra è inammissibile anche sotto un ulteriore, concorrente, profilo.

Come riferito sopra i giudici di appello dopo avere affermato che quella fatta propria dal tribunale è l’unica lettura possibile delle transazioni inter partes sulla base del loro contenuto quale risulta dal tenore letterale delle stesse hanno svolto, ad abundantiam altre considerazioni a suffragio della conclusione in precedenza raggiunta.

Certo quanto sopra è di palmare evidenza la inammissibilità delle censure mosse avverso le stesse, certo essendo che è inammissibile in sede di legittimità il motivo di ricorso che censuri un’argomentazione della sentenza impugnata svolta ad abundantiam e, pertanto, non costituente una ratio decidendi della medesima.

Infatti, un’affermazione siffatta contenuta nella sentenza di appello, che non abbia spiegato alcuna influenza sul dispositivo della stessa, essendo improduttiva di effetti giuridici, non può essere oggetto di ricorso per cassazione, per difetto di interesse (Cass. 9 aprile 2009, n. 8676; Cass. 5 giugno 2007, n. 13068, tra le tantissime).

3.3. Nell’ultima parte del primo motivo si assume ancora che quanto esposto nella prima parte della sentenza impugnata a fondamento della conclusione raggiunta (sopra trascritta) sono – almeno a parere della difesa del ricorrente – “sommarie, superficiali e generiche asserzioni, oltretutto in parte incomprensibili che evidenziano che non si sono avute ad effettivo riferimento le parole ed espressioni riportate nel contratto”.

A prescindere da ogni altro rilievo la censura è manifestamente inammissibile atteso che, in violazione della regola generale della tassatività dei motivi del ricorso per cassazione, pur prospettandosi il motivo sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3 (id est della violazione o falsa applicazione di norme di diritto) si censura una nullità della sentenza per inesistenza (o mera apparenza) della motivazione, che doveva essere fatta valere esclusivamente sub art. 360 c.p.c., n. 4 o a tutto concedere, un vizio di motivazione da prospettarsi esclusivamente sotto il diverso profilo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5.

3.4. Le considerazioni svolte sopra valgono anche quanto al secondo e al terzo motivo con i quali parte ricorrente denunzia:

– da un lato, violazione e falsa applicazione dell’art. 1363 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 secondo motivo;

– dall’altro, violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Entrambi i motivi, infatti, non tendono a dimostrare la erronea ricognizione da parte della sentenza impugnata della fattispecie astratta recata rispettivamente dagli artt. 1363 e 1362 c.c. ma censurano la valutazione compiuta dai giudici di appello delle risultanze di causa, assumendo che queste – diversamente interpretate – avrebbero potuto condurre a una diversa soluzione della controversia e sollecitando – di conseguenza – una inammissibile nuova lettura di quelle stesse risultanze da parte di questa Corte regolatrice.

4. Con il quarto motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata denunziando omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), per non avere di giudici del merito tenuto presente diversi passaggi dell’accordo.

5. Il motivo è, per un verso, inammissibile, per altro, manifestamente infondato.

5.1. Quanto alla rilevata inammissibilità, si osserva – giusta quanto assolutamente pacifico presso una giurisprudenza più che consolidata di questa Corte regolatrice, da cui totalmente, e senza alcuna giustificazione, prescinde parte ricorrente, il motivo di ricorso per cassazione con il quale alle sentenza impugnata venga mossa censura per vizi di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 deve essere inteso a far valere carenze o lacune nelle argomentazioni, ovvero illogicità nella attribuzione agli elementi di giudizio di un significato fuori dal senso comune, o ancora, mancanza di coerenza tra le varie ragioni esposte per assoluta incompatibilità razionale degli argomenti ed insanabile contrasto tra gli stessi, mentre non può, invece, essere inteso – come ora pretende il ricorrente incidentale – a far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggetto della parte e, in particolare, non si può proporre un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti (cfr. Cass. 27 ottobre 2006, n. 23087, Cass. 27 ottobre 2006, n. 23087, specie in motivazione, nonchè Cass. 6 marzo 2008, n. 6064; Cass. 6 settembre 2007, n. 18709; Cass. 3 agosto 2007, n. 17076).

Certo quanto sopra è agevole osservare che il motivo in esame – totalmente prescindendo dai principi di diritto sopra riferiti – si esaurisce nel sollecitare – contra legem e cercando di superare quelli che sono i limiti del giudizio di cassazione, una nuova valutazione delle risultanze di causa, diversa da quella compiutane dai giudici a quibus.

5.2. Anche a prescindere da quanto precede si osserva – da un lato, che la interpretazione degli atti negoziali è riservata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità (oltre che violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, di cui all’art. 1362 c.c. e ss.) per motivazione inadeguata ovverosia non idonea a consentire la ricostruzione dell’iter logico seguito per giungere alla decisione (Cfr, ad esempio, Cass. 14 ottobre 2009, n. 21833;

Cass. 4 maggio 2009, n. 10232, nonchè Cass. 26 ottobre 2007, n. 22536);

– dall’altro, che il giudice, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (cfr. Cass. 24 luglio 2007, n. 1626 febbraio 2007, n. 4391; Cass. 5 ottobre 2006, n. 21412).

Pacifico quanto sopra è palese – anche sotto i riferiti principi – la impossibilità di accogliere il motivo in esame, atteso, da una parte, che la ampia, e articolatissima, motivazione addotta dai giudici del merito non è affatto inadeguata, specie considerato che permette agevolmente di ricostruire l’iter argomentativo che ha condotto quei giudici al rigetto dell’ appello e alla interpretazione degli accordi inter partes nei sensi ora criticati dalla ricorrente, dall’altra, che è irrilevante che alcuni passaggi della convenzione inter partes non siano stati specificatamente esaminati, dovendosi ritenere le argomentazioni fondate sugli stessi da parte dell’appellante implicitamente disattese, sebbene non menzionate specificamente, essendo logicamente incompatibili con la decisione adottata.

5.3. Da ultimo, infine, anche per completezza di esposizione, si osserva che le complesse (e non sempre chiaramente intellegibili) considerazioni svolte nel motivo, al fine di dimostrare la censurabilità, sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, della sentenza impugnata, non paiono in alcun modo idonee a superare le considerazioni svolte nella sentenza impugnata.

Specie nella parte in cui questa ha sottolineato come “la semplice lettura del testo sopra trascritto rende palese la convergenza dell’interesse e dell’intenzione delle parti stipulanti a una definizione totale e definitiva delle controversie in essere, che esplicasse efficacia novativa su tutti i rapporti pendenti e che non lasciasse in vita alcuna residua ragione di contendere. I reiterati riferimenti formulati nella parte dispositiva alle premesse impongono, quale strumento di corretta esegesi, una indissolubile correlazione tra l’una e l’altra componente. E’ significativo, in particolare, che il capo c) e il capo d) delle premesse richiamati nel capo d) fanno espresso riferimento agli interessi dovuti sul capitale, senza esclusione o discriminazione alcuna. E non lascia adito a dubbi il tenore del capo 1) della parte dispositiva da cui emerge che la transazione ha ad oggetto l’intero importo capitale, maggiorato degli interessi nella misura ivi indicata e concordata, con espressa rinuncia ad ogni altro accessorio del suddetto credito, di qualsivoglia natura e specie, e così per rivalutazione, maggiori interessi e spese”.

6. Risultato infondato in ogni sua parte il proposto ricorso deve rigettarsi, con condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 oltre Euro 7.300,00 per onorari e oltre spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 3^ sezione civile della Corte di cassazione, il 27 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2010

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